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Autore: JunoEFP    20/10/2012    1 recensioni
Bene, questa è la prima storia che scrivo su Naruto, è tremendamente OOC, quindi se il genere non vi piace non vi consiglio di leggerla.
Ma adesso vi lascio alla trama:
Sakura Haruno, alunna del terzo anno delle superiori è una ragazza timida, e con una sola amica: Karin.
Innamorata da tempo di Sasuke Uchiha, un ragazzo simpaticissimo, allegro e solare, che una volta la difese da Naruto Uzumaki, un ragazzo chiuso e scorbutico.
La sua vita scolastica è sempre stata ostacolata da Hinata, la ragazza più popolare della scuola. Strafottente e bellissima.
Vedrete una serie di amori non corrisposti, amicizie distrutte e rivalità.
Il tutto, in una confusione terribile che giusto una mente idiota come la mia poteva inventarsi.
Premetto che detesto Sakura ed adoro Hinata, ma in questa fic ho deciso di far avere ad entrambe un ruolo pieno di sofferenza per motivi completamente diversi, ma allo stesso tempo piena di colpi di scena, e la serenità di un finale felice.
Spero possa piacervi!
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Il dolce profumo della libertà

 



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Un altro giorno era passato, e Tenten si stava ancora chiedendo quale fosse l’identità di quella strana vecchietta. Il pomeriggio del giorno in cui l’aveva incontrata, aveva percorso di corsa il parco, perlustrato le strade ed i vicoli, setacciato ogni angolo del cortile della scuola, ma niente.
Era come svanita nel nulla, e non era più riuscita a parlarci. Anche con Hinata le cose non andavano bene, si allontanavano sempre di più, e sembrava avesse litigato con Sakura. Non conosceva i dettagli, ma non sembrava nulla di buono. Di mezzo c’era senza dubbio Naruto, era da quando quei due si erano messi insieme che Hinata si comportava in modo strano.
E se Naruto significasse qualcosa per lei? Se Hinata provasse qualcosa per lui che non le aveva mai rivelato? No, non poteva essere così, altrimenti, perché mai non avrebbe potuto dirglielo? C’erano forse problemi nel rivelare ad un’amica di una cotta? Decise che era meglio non pensarci, e si diresse nel bagno.
Si sistemò meglio la gonna, ed entrò; si sciacquò il viso nel lavandino, e si sistemò i capelli osservandosi nell’ormai vecchio specchio. Non si vedeva bene, era tutto sfocato, spaccato a metà, e sporco. Si girò, e appoggiandosi al muro fissò la porta del bagno. Aspettava di vedere Hinata, o meglio, sperava di vederla.
-Tenten? Sei tu, giusto?- Sorrise voltandosi, e non si sorprese vedendo Sakura avanzare verso di lei con lo sguardo triste. Qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe potuto consigliarla, darle una mano. Ecco perché era voluta diventare sua amica, sapeva che con lei sarebbe stato diverso, che a differenza di Hinata si sarebbe sempre confidata con lei.
Si trovarono l’una davanti all’altra, e sebbene Tenten continuasse a sorridere, Sakura non aveva nessuna ragione per farlo, ed abbassò lo sguardo, lasciando le braccia morbide lungo i fianchi. –Qualcosa non va?- Scossa la testa, facendo oscillare i corti capelli rosa. Ma la ragazza sapeva che non era vero, infatti…
-In realtà, una cosa ci sarebbe… ma non so se posso raccontartela.- La castana sorrise nuovamente ed invitò Sakura ad uscire dal bagno e a passeggiare un po’ per i corridoi. La scuola era finita da un pezzo, ma potevano rimanere anche tutto il pomeriggio, mentre si svolgevano i corsi di recupero.
Dopo un po’ si fermarono, Tenten aprì la porta della sua classe, una delle tante ad essere vuota, ed entrò, sedendosi su un banco a caso. Sakura si avvicinò, ma non si sedette. Rimase in piedi, con lo sguardo basso a fissarsi le mani ossute e piccole.
-Allora, cosa volevi dirmi? Se riguarda Hinata puoi raccontarmelo tranquillamente, tanto noi due ci diciamo sempre tutto, probabilmente me lo avrà già detto.- Era una bugia, ma era necessaria a tranquillizzare Sakura. Funzionò, e dopo poco, anche Tenten venne a conoscenza della “cotta”, se così si poteva chiamare, di Hinata, e della strana reazione di Sasuke.
All’inizio, quando le aveva parlato di Hinata, l’espressione di Tenten era seria, e leggermente triste, ma quando incominciò a parlargli di Sasuke, sembrava un’altra persona. Un ghigno le si era dipinto sul volto, e si accarezzava malignamente il mento. –Ho capito. E dimmi, sei sicura che quello con cui vuoi stare sia Naruto? Oppure c’è dell’altro?- Non capì subito la domanda Sakura, ma quando ci pensò su un momento, si rese conto di cosa parlava l’amica.
-No Ten, mi dispiace. Sasuke mi piaceva, ma adesso non mi interessa più. E’ inutile continuare a corrergli dietro, devo imparare a non lasciarmi sfuggire quello che già ho, piuttosto che perdere tutto cercando di raggiungere un sogno davvero troppo lontano.- Tenten continuava a guardarla in modo strano, divertito forse, Sakura non riusciva a decifrare quello sguardo.
Nella mente di quest’ultima intanto, tutte le informazioni erano andate a posizionarsi perfettamente come i pezzi di un puzzle, ed adesso tutto era più chiaro. Aveva capito cose che nemmeno Sakura sapeva, ma non avrebbe detto nulla. Si sarebbe dovuta accorgere da sola di quello che provava, e non aveva il diritto di spiattellargli tutto in faccia rischiando solo di confonderla.
Decise che la cosa più saggia da fare in quel momento era rimanere sul vago ed assecondarla, in questo modo le sarebbe sicuramente venuto più facile capire cosa avrebbe dovuto fare. Il ghigno svanì, e sorrise dolcemente, fissando la ragazza dinnanzi a lei, e prendendole le mani disse: -Ascolta Sakura, io non so cosa provi, ma posso dirti che se sei sicura dei sentimenti per Naruto, allora quello che stai facendo è giusto. Non avere paura, se ne sarà accorta anche Hinata, e non te ne farà una colpa.- Sakura la ringraziò per il sostegno, e dopo essersi preparate, uscirono insieme dalla scuola, dirigendosi verso il parco.
 
-Bene Sakura, io devo andare dalla parte opposta, quindi ci salutiamo qui.- Quella sorrise, e si salutarono. Osservò la schiena di Tenten allontanarsi velocemente, il passo regolare e deciso. Avrebbe voluto tanto essere come lei.
Si girò dall’altra parte, e s’incamminò anche lei. Cercò di camminare come faceva Tenten, ma non ci riuscì; le gambe andavano tutte storte dove volevano loro, e dopo qualche tentativo, si arrese.
Sentì un fruscio in mezzo ai cespugli, e si girò di scatto, allarmata. –C-c’è qualcuno?- Non ricevette una risposta, e questo la tranquillizzò. Probabilmente era un animale innocuo, e non c’era motivo di preoccuparsi. Continuò a fissare quel punto però, come se qualcosa le dicesse che doveva indagare, scoprire cosa si celasse dietro a quell’ammasso di foglie.
Il suo istinto le diceva di avvicinarsi, ma la sua mente tutto il contrario. Sapeva che il cervello funzionava meglio, e decise di seguirlo, andandosene, ignara di cosa ci fosse la dietro, a casa.
 

* * *

 
Se da una parte c’era una ragazza che aveva da poco risolto tutti i suoi dubbi, dall’altra che n’era una che convinta di sapere quali dovesse risolvere, stava sbagliando tutto, passo dopo passo.
La ragazza si prese una ciocca di capelli scuri, e li posizionò dietro l’orecchio, spostando di poco anche la frangetta. Era passata a casa e si era cambiata, la divisa era tutta sudata per la corsa che aveva fatto, e con dei jeans ed una maglietta si stava molto più comodi.
Vide un grande cartello, ma non riuscì a decifrare ciò che c’era scritto sopra. Era una strana lingua, con dei caratteri molto simili a quella inglese. Si sforzò di ricordare, e le venne in mente di aver visto una poesia scritta su un menù di un ristorante Italiano, capendo finalmente a quale lingua appartenessero quelle scritte.
Guardò il locale sulla quale era stato appeso il cartello, e notò solo allora che era finita in un quartiere che lei non aveva mai visitato. Si girò più e più volte, sperando di vedere qualcosa che le ricordasse casa, o che la riportasse sulla strada di ritorno. Niente. Sospirò rumorosamente, e continuò a camminare, avventurandosi in quel quartiere.
Non le interessava molto non sapere dove si trovava, anzi, ad essere sinceri, non le importava affatto. Osservò le vetrine dei piccoli negozietti di oggetti antichi, e rimase incantata davanti ad una piccola scatoletta decorata con piccoli disegnini argento e blu. Continuò a guardarla, fino a quando il suo sguardo non cadde sul prezzo. “Troppo caro”, si disse rimettendosi dritta, e ricominciando a camminare, non riuscendo però a togliersi la scatoletta dalla testa.
Guardò l’orologio, ma non si curò molto dell’ora. Lo fece tanto per farlo, non le interessava che fossero le 20,00 o le 24,00, l’unica cosa che le importava, era passare meno tempo possibile a casa, e magari non tornarci affatto. Sospirò nuovamente, quella sera le capitava spesso di farlo, e si appoggi ad un muretto. Evidentemente doveva essere arrivata piuttosto lontana, visto che se guardava bene, riusciva a scorgere perfino il mare.
Lo osservò ammirata, con un mezzo sorriso stampato in faccia, ma dopo un po’, il sorriso di deformò, e le spalle della ragazza furono scosse da singhiozzi sempre più forti, mentre le lacrime uscivano. Piangere, lo faceva in continuazione, e non ne poteva più. Si sentiva debole, incapace di fermare i sentimenti, di contenersi. Ma infondo piangere era quello di cui aveva bisogno, ciò che la faceva sentire meglio. O quasi.
La cosa che più la faceva arrabbiare, era non sapere il motivo di quelle lacrime. Forse lo sapeva, o forse no. Era per quello che aveva fatto Sakura? No, sicuramente non era per quello, era molto improbabile. Insomma, ok che Naruto era l’unica persona che nonostante la facesse soffrire molto, le dava la forza di andare avanti, ma non le importava se stava con un’altra ragazza. In fondo si erano parlati talmente tante poche volte, che poteva benissimo dimenticarsi di lui, anche se non definitivamente. Ciò che la faceva piangere, era la decisione dei suoi genitori, o meglio di suo padre, di mandarla a Tokyo.
Tokyo… com’era lontana quella città dalla sua, com’era lontana da lei. Insomma, Hinata era una ragazza di periferia, non viveva nemmeno nel centro del suo quartiere, come poteva riuscire a vivere in una città? No, era impossibile. Insomma, Konoha e Tokyo erano come il cielo e la terra, non puoi vivere sempre sulla terra, ed improvvisamente riuscire a spiccare il volo.
Si asciugò le lacrime, quando si sentì meglio, e andò via di lì. Camminò a lungo, forse mezz’ora, o di più. Hinata non se lo ricordava, ma l’unica cosa che voleva era camminare ancora. Lo fece, e non si fermò nemmeno quando davanti a lei la strada non continuava più, e si ritrovò in mezzo ad una specie di campo, dove l’erba era secca, e l’aria più buona, pulita.
Prese un respiro profondo, e si lasciò cadere all’indietro. Cadde a terra, e si fece male, ma non urlò, ne emise versi di nessun tipo. Semplicemente strizzò gli occhi, e poi rise. Allargò le braccia e le gambe, creando un angelo come si faceva quando nevicava. Non si alzò per vederlo, ma chiuse gli occhi, respirando profondamente, ed assaporando il dolce profumo della libertà. Sorrise.
Era bello non avere pensieri, dover prendersi cura solo di se stessi, e non avere un passato, un presente, un futuro… nulla. In quel momento nemmeno il nome aveva un significato, c’era solo lei, e nessun ricordo.
Tutto era come svanito, l’unica cosa che c’era era il silenzio, e la pace. Nemmeno gli animali si vedevano, tutto era scomparso. Hinata avrebbe perfino azzardato a dire che quello era il Paradiso, sicuramente. Cosa c’era di meglio al mondo? Esisteva un altro posto simile? Dove potevi cancellare tutto, e lasciare spazio solamente a te stessa? No, non c’erano altri posti così, e se c’erano, Hinata non li avrebbe mai chiamati Paradiso.
Un fruscio la fece sobbalzare. Si mise velocemente a sedere, e si guardò in torno, all’erta. Cosa poteva essere? Un animale? Forse… una persona? Improbabile, ma non impossibile. Sentì una presenza alle sue spalle, e rabbrividì. Chiuse un momento gli occhi, e prese un bel respiro.
Si girò lentamente, mai si sarebbe aspettata di trovarsi davanti un vecchietta. –Dio mio, per fortuna, pensavo ci fosse… menomale!- Sospirò ancora, incurante dello sguardo serio che aveva la signora davanti a lei. –Hinata Hyuga?- Quella si spaventò nuovamente, il fatto che qualcuno conoscesse il suo nome in un quartiere in cui lei non era mai stata, e che addirittura la riconoscessero in un campo, era anche più spaventoso della situazione di pochi secondi prima.
-Lei invece chi è?- Lo sguardo che aveva la vecchia signora era indecifrabile, inizialmente contrario, poi più sospettoso, adesso invece più curioso ed indagatorio. Se Hinata avesse avuto con se uno specchio, si sarebbe resa conto che erano esattamente le stesse occhiate che stava lanciando lei.
Ora la sua espressione mostrava solamente dolcezza e compassione, ed uno sguardo che irritò molto la ragazza. Si sentiva una poveraccia, una di quelle persone che quando la gente gli passa davanti, vengono consolate con parole all’apparenza piene di preoccupazione, ma in realtà solamente vuote. –Si, sono Hinata. Adesso mi dice chi è lei?-
La vecchia sorrise impercettibilmente, senza smettere di guardarla. La scrutò per benino, e poi, senza degnarsi minimamente della domanda della ragazza, ne fece una nuova –Chi sei tu…? Te lo sei mai chiesto?- Hinata alzò un sopracciglio, contorcendo le labbra in una strana smorfia. Che cosa voleva dire? Quella tizia le stava già antipatica, si vedeva che era una di quelle persone che si divertono a giocare con i sentimenti altrui ed a confonderli.
Ignorò anch’essa la domanda, ma al contrario della vecchia, stette in silenzio. In attesa di qualcosa forse, o magari, non sapeva semplicemente come comportarsi. –Vuoi per caso partire? Andartene per sempre?- Si stranì sentendo quella domanda, perché mai sarebbe dovuta partire? E per andare dove, a Tokyo? Certo, così sarebbe morta di nostalgia. Non rispose ancora, voleva vedere fin dove arrivasse la pazienza di quella donna.
-Forse ti farebbe bene andartene in qualche grande città, non mi sembri il tipo a cui piace stare fermo. Non ti piacerebbe visitare… che so, Tokyo?- Possibile che fosse una moda quella di nominare quella stramaledetta città? No che non voleva visitarla, figuriamoci andarci a vivere, per sempre poi, assurdo! –Si sbaglia, adoro il mio quartiere, e ci abiterò per tutta la vita. Non partirò mai, può starne certa.- Ad Hinata parve di intravedere un ghigno formarsi sulle sottili labbra della vecchietta. –Come vuoi… ma secondo me, ti farebbe bene. Sai, non sempre scappare è tanto inutile, anzi, direi che ad una come te non farebbe che risolvere i problemi più intricati…-
Hinata sbuffò, ed alzandosi sparì immersa nell’erba alta. La vecchia rise, sarebbe partita sicuramente, era sicura. Doveva ammettere, che però aveva un caratterino niente male, per essere riuscita ad andarsene prima di lei. -Hinata Hyuga… sei destinata a fare grandi cose. Per te l’amicizia è come l’oro, non è così?-
 

* * *

 
-Adesso basta Sasuke, questa storia deve finire.- Il ragazzo al contrario, non era affatto convinto di voler dare retta al fratello maggiore. Dopo tutto quello che avevano passato, come poteva continuare a cercare il suo perdono? Itachi si era fatto in quattro da quando era bambino per essere come una madre, un padre, ed un fratello per lui, come poteva voler ancora bene ai loro genitori?
Sbuffò, che facesse quello che voleva, lui non li avrebbe mai perdonati. –Sei tu che la devi smettere. Insomma, come puoi credere ancora che io possa perdonarli? E volergli bene, addirittura? No, mi dispiace.- Itachi lo guardò serio, ma non si arrese. Era ovvio che Sasuke non capisse, era ancora un bambino quando tutto avvenne…
-Mi dispiace Sasuke… evidentemente non sono stato un bravo fratello come avrei dovuto.- E dopo quelle parole uscì, lasciando la casa vuota come era sempre. Sasuke sospirò, sdraiandosi sul divano che aveva di fronte. Itachi gli aveva sempre detto che non capiva, che quando era accaduto quell’evento era troppo piccolo, e Sasuke sapeva che aveva ragione. Infatti non capiva, come potevano aver fatto una cosa simile? I suoi genitori?
Si mise una mano sul volto, e si strofinò gli occhi, facendoli arrossare, ma scacciando tutta la rabbia che aveva raccolto. Li chiuse, e per un momento, ebbe la sensazione di dimenticare tutto. Purtroppo non avvenne nulla di simile, ma gli sembrò di sentirsi meglio credendo che fosse possibile dimenticare.
Sospirò ancora –Mamma, papà… perché?- Si alzò di scatto, afferrò le chiavi, un giacchetto, ed uscì chiudendosi la porta alle spalle. Corse poi, veloce e deciso. Sapeva dove doveva andare, aveva una meta precisa, ed aveva un infinito bisogno di raggiungerla.
Una volta arrivato, bussò forte, chiamò un nome talmente tante volte che non sapeva più quante, e diede calci alla porta. Non smise nemmeno quando da un balcone gli gridarono di smetterla. Quando non ce la fece più, si appoggiò alla porta, e scivolò giù, sedendosi ed appoggiando la testa sulle ginocchia.
Perché non rispondeva? Possibile che fosse uscito proprio in quel momento? Doveva parlargli, e subito. Aveva bisogno di… sfogarsi? Non proprio, quello che voleva era un consiglio, ma nessuno sarebbe andato bene come lui. Era l’unica persona che conosceva ad aver sofferto come lui. Non conosceva la sua storia, ma qualcosa gli diceva che erano simili.
Però, dopo l’enorme pressione che aveva fatto sul suo orgoglio, perché chiedere aiuto non era proprio da lui, venire a sapere che la persona che cercava non era in casa, era piuttosto demoralizzante. Molto…
Proprio quando le ultime speranze di trovarlo lo stavano abbandonando, il rumore di un paio di scarpe che battevano sull’asfalto, lo fece sussultare di spavento, ma anche provare una sorta di sollievo.
Si alzò in piedi, e sorridendo, salutò la figura del ragazzo davanti a lui. –Ehi, Sasuke, che ci fai davanti casa mia? Non sarai diventato uno stalker spero!- Rise, ed anche Sasuke si sforzò di farlo, non riuscendoci benissimo. –No, no… posso salire?- Naruto lo guardò un po’ confuso, ma intuì che qualcosa non andava, ed annuì, sorridendo amichevolmente.
 Quando entrarono, Naruto non chiese come mai sapesse dove si trovava casa sua, molto probabilmente lo sapeva già, e se ne andò in cucina parlando a vanvera su quello che vendevano al supermercato e di quanto costasse. Sasuke invece era rimasto a fissare l’arredamento del soggiorno, in piedi ed in silenzio. –Guarda che puoi sederti se ti va!- Appena udì quelle parole, si chinò meccanicamente sul divano, e vi si sedette a scatti, come timoroso di rovinarlo o di fare pasticci; nonostante non ci fosse assolutamente nulla di costoso o che potesse ritenersi importante.
Naruto si sarebbe sorpreso se lo avesse visto, ma lui era ancora in cucina, e adesso parlava delle trasmissioni noiose che trasmettevano alla TV. Sasuke invece ascoltava, per modo di dire visto che pensava ad altro, e si era rilassato un po’ di più, guardando fuori da una piccola finestra che dava su quella piazza dove stavano altri quattro palazzi esattamente identici a quello dove stava Naruto.
Smise di prestargli interesse quando quest’ultimo uscì dalla cucina, e si sedette accanto a lui, sorridendo proprio come stava facendo pochi minuti prima. –Cos’è che ti fa ridere tanto?- Sasuke era serio, così anche l’altro lo diventò. Doveva essere una cosa importante quella che doveva dirgli, e decise di prestargli tutta la sua attenzione.
 
-Così è questo il tuo dilemma… capisco. Beh, è una cosa difficile, niente a che vedere con quello che ho passato io, questa è tutta un’altra storia, e magari anche più complicata…- Naruto si fece pensieroso, mentre ormai Sasuke si era lasciato prendere dallo sconforto. La sua espressione non faceva trasparire alcuna emozione, ma dentro di lui c’era l’inferno.
Naruto lo guardò, anche lui aveva avuto quegli occhi prima di conoscere Sakura. O forse, quello sguardo ancora c’era, anche se l’odio era diminuito notevolmente. Era strano, mentre raccontava dei suoi a Sasuke, nella sua voce non c’era rabbia, solo una leggera nota di malinconia. Certo, il peggio se l’era tenuto per se, ma era comunque tutto molto strano. Sasuke odiava molto più di lui, ne era certo.
-Forse, l’unica cosa che puoi fare è dimenticare, ma dubito che ci riuscirai. L’odio che ti porti dentro è così forte nonostante tutti questi anni… mi dispiace, ma credo che l’unica medicina, adesso sia l’amore.- Sasuke non rispose, la mattonella del pavimento era diventata tanto interessante? No, niente a fatto. Ormai non lo ascoltava più, nella sua mente, ma soprattutto nel suo cuore, non c’era posto per l’amore, non più.
L’altro sospirò arrendendosi. Doveva ammettere che quel ragazzo era davvero cocciuto. Cosa veniva a fare a chiedergli consigli, se poi nemmeno lo ascoltava? Gli mise una mano sulla spalla, e lo accompagnò alla porta. –Credi che riuscirò a dimenticare…?- Quelle parole fecero fermare la porta che si stava chiudendo, e con un mezzo sorriso, l’amico rispose –Come ti ho già detto, la medicina migliore che può aiutarti adesso, è l’amore. Non ne so molto di queste cose, ma sono sicuro che funzionerebbe se ci provassi.- Sasuke annuì, e con lo sguardo basso se ne andò, in quella casa che avrebbe tanto voluto dimenticare insieme a tutto il resto.
Come fai tu, Itachi?
 
 





Note dell’autrice:

E così, anche Ten e Hinata hanno fatto il fantomatico incontro! (?)
Ma che maleducata, nemmeno saluto! Ahimè, che sbadata. Uff!
Beh, buonasera a tutti cari lettori e lettrici, come vi è sembrato questo capitolo? Ammetto che faceva pena (Io stessa non volevo postarlo .-.), ma comunque era necessario. Per lo sviluppo della storia, si intende.
Tra Tenten e Sakura si sta instaurando proprio un bel rapporto, e questo pare valga anche per Naruto e Sasuke, che da rivali, stanno diventando –a poco a poco- buoni amici. :)
Karin non c’era in questo capitolo :( ma non disperate, a breve tornerà, state tranquilli! :DD
Cos’altro… ah, si! Quasi dimenticavo, sapete, ho terminato i capitoli che avevo scritto quest’estate, quindi, purtroppo gli aggiornamenti rallenteranno, e non saranno più regolari.
Adesso vi spiego il motivo: una volta scritti i capitoli che ho postato in queste settimane, mi sono detta “Dai, tanto c’è ancora tempo, ricomincerò a scrivere più tardi…” il risultato? Beh, arrivata a questo punto, devo ricominciare a scrivere d’accapo, perché mi sono fermata… xD
Tranquilli però, ho deciso di impegnarmi, per cui, il prossimo capitolo non vi farà attendere troppo. Massimo due settimane, giuro!
Grazie mille per aver letto –anche- questo capitolo, spero che continuiate a farlo, perché anche se non ricevo chissà quante recensioni, il solo fatto che so di essere seguita, mi sprona a continuare.
Un bacione grande, e grazie! Kiss <3

PS: avete notato il titolo? Beh, non lo trovate assai poetico? Eeeh? (Bellissimo, brava brava, vuoi un euro? Mah! u.u)
   
 
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