Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Horrorealumna    20/10/2012    9 recensioni
"Noi, quali le foglie che la stagione di primavera dai molti fiori genera non appena crescono ai raggi del sole, ad esse simili godiamo per il tempo di un cubito dei fiori di giovinezza, dagli dei non sapendo né il bene né il male; ma già ci stanno vicino le nere Parche, reggendo l’una il termine dell’odiosa vecchiaia, l’altra quello della morte: il frutto della giovinezza dura un attimo, quanto sulla terra si diffonde il sole. Ma quando il termine di questa stagione sarà passato oltre, allora l’esser morto è meglio della vita."
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Presidente Snow
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'You Better Watch Out'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
YOU BETTER WATCH OUT
I Nostri 41esimi Hunger Games

 
 
Come Un Biglietto Può Condannare A Morte

Durante le avversità... tutti sono più vicini a noi di quanto possiamo mai immaginare.
Nemici si trasformano in amici, sconosciuti ti dimostrano un bene che non avresti mai potuto neanche immaginare.
Si è tutti più uniti.
Ma basta una scintilla, una parola, un gesto... e quell’armonia si va a spezzare... a volte per sempre.
 

DISTRETTO 1
 
Samantha, scorta Sophia camminare in mezzo ai suoi genitori, le fece cenno di avvicinarsi.
- Mamma. Papà - disse piano la biondina ai genitori - Là c’è Samantha che mi aspetta per la registrazione: io vado.
- Mi raccomando, tesoro - squittì la signora Devis accarezzando la guancia della figlia - Mostra al mondo cosa sei capace di fare.
- Offriti volontaria, sarà il più grande onore che potrai mai avere, Sophia - concluse suo marito, ma Sophia era già partita verso l’amica e si era subito messa in fila per la puntura al dito.
- Ehi, bambolina! Paura di rovinarti il bel faccino?! - urlò un ragazzo da lontano.
Samantha si accigliò:
- Cosa vuole, si può sapere?
- Mi prende in giro. Veniva con me all’accademia e pensa che io non sia in grado di... di... offrirmi volontaria - rispose secca l’altra.
Samantha si zittì.
La piazza era ghermita da gente curiosa, genitori in pensiero e cameraman. La cerimonia stava già per iniziare: il sindaco aveva già cominciato il suo solito discorso e sul palco c’era uno strano tipo, vestito viola di tutto punto e con i capelli sparati in aria, color rosa-shocking, che sorrideva al pubblico.
- Ogni anno diventano sempre più cretini! - sospirò Sophia a Samantha, prendendo posto tra le altre sedicenni - E brutti.
- Questo sembra abbia avuto un incidente col chirurgo! Non riesce neanche a sbattere le palpebre!
I ragazzi e le ragazze attorno a loro iniziarono a sbadigliare e a lamentarsi, chiedendosi quanto sarebbe finita quella lagna che pareva quasi interminabile.
Ecco.
L’uomo, a passetti quasi patetici, si avvicinò al microfono e annunciò a gran voce:
- Benvenuti! Benvenuti! Felici Hunger Games, e possa la fortuna sempre essere a vostro favore!
La piazza fu accolta da un rispettoso silenzio, non volava una mosca.
- Passiamo al filmato, e poi VIA con i nomi, ok?! - gridò alla folla senza abbandonare quello strano sorriso.
Per tutta la durata del video, Sophia scrutò tra la fila delle diciottenni: molte avevano intenzione di offrirsi volontarie... e nessuna di loro voleva essere da meno. Tutte belle e incipriate, con pettinature eleganti  e raffinate mandavano già i primi baci alla folla, spigliate e serene.
- Povere illuse - sussurrò Sophia, sorridendo e tornando ad osservare il palco.
Il filmato era finito.
Bene. Era ora.
Il capitolino infilò la mano nella boccia delle ragazze senza troppe altre storie. Appena tocco il biglietto scelto si levò una voce, alta e possente, ma orgogliosa:
- MI OFFRO VOLONTARIA!
Sophia Devis si fece largo tra le ragazze mandando spintoni a destra e a manca e, ancora prima che l’accompagnatore potesse ribattere, fu già sul palco al microfono:
- Mi chiamo Sophia Devis, Distretto 1. Non temete, vincerò io.
Tutti rimasero a bocca aperta.
Persino i suoi genitori, abbracciati l’uno all’altra, l’osservavano ad occhi sgranati.
 
 
- Che schifo... - sussurrò Diego osservando la ragazza salire sul palco con una prepotenza unica.
Non la conosceva di persona, ma l’aveva vista allenarsi nell’Accademia, ed era davvero bravina.
Ma...
Come si poteva decidere di porre fine alla vita di ogni giorno, così?!
“In effetti... cambiare non è così... orribile... ma... cosa l’ha spinta?”
- Ehm... bene... abbiamo una coraggiosa volontaria, qui - disse il presentatore, il cui sorriso si era leggermente affievolito - Passiamo ai ragazzi! Che bella edizione che sarà!
L’uomo fece ondeggiare la sua bizzarra chioma e si affrettò a raggiungere la boccia dei maschi. Il ragazzo poteva quasi sentire il fiato di suo padre sul collo.
Offrirsi volontario... al macello?
O offrirsi volontario... come eroe?
Eroe... o vigliacco?
Cosa avrebbe combinato suo padre vedendolo tornare a casa?
- Questo posto fa davvero schifo... la mentalità è assurda... - bisbigliò a sé stesso.
Capitol City e la sua politica del terrore, mascherata come reality show, gli davano la nausea. A causa della Guerra e delle armi disinnescate della Capitale perse sua madre e sua sorella, Maryl.
Uno scoppio... e Capitol City le portò via.
Il capitolino aveva già afferrato il biglietto e lo stava per scartare quando...
- ANCH’IO! MI OFFRO VOLONTARIO! IO!
L’aveva detto: era un tributo.
La ragazza, Sophia, alzò le sopracciglia sorpresa, mentre il suo nuovo compagno saliva lento le scale.
- Ma che tensione, eh? Non mi hanno fatto nemmeno leggere i biglietti, questi due giovanotti! - gongolò il presentatore - Come ti chiami, eh?
- Sono Diego Sallen.
- Ora stringetevi la mano, ragazzi!
Non lo faceva per suo padre. Né per il Distretto.
Solo e soltanto per Maryl e sua mamma. Avrebbe vinto, per loro!
 

 
DISTRETTO 2
 
Nella piazza c’era una confusione unica. Lavinia si era dovuta separare da Perla e si era diretta senza troppi indugi al banco della registrazione. Mostrò il dito al Pacificatore di turno e dopo aver lasciato che esaminassero la sua goccia di sangue, corse verso le panche riservate ai dodicenni. Molti di loro piangevano o tremavano, mentre Lavinia era calma e impassibile.
Sapeva tutto ciò che doveva fare, e non aveva per niente paura.
Agitò i lunghi capelli contro la faccia di una tredicenne piagnucolona e, dopo un lungo sospiro, rivolse lo sguardo verso l’accompagnatrice giunta da Capitol City per il Distretto 2. Era una donna ossuta e tutta pelle, con i capelli color acquamarina cortissimi e arruffati. Sembrava che nelle sue guance fossero incastonati piccoli diamanti.
La bambina si affaccio verso la fila dei maschi, sperando di scorgere John, suo migliore amico, senza successo.
Quando tornò a rivolgere lo sguardo sul palco, il filmato sui Giorni Bui era già finito.
- Allora, ragazzi. Pronti? Come sempre, prima le signore! - annunciò la capitolina, saltellando verso la boccia delle ragazze.
Pronta?
Afferrò il nome della predestinata; Lavinia si mise in piedi, sentendo tutte le telecamere puntarsi su di lei ed esclamò senza paura:
- Sono Lavinia Harmonia. E mi offro come tributo!
La gente sussultò: quel cognome non era nuovo per il Distretto 2, dopotutto sua sorella aveva vinto solo l’anno scorso e l’accompagnatrice se lo ricordò:
- Ahhhh! La sorella di Perla, giusto? Vieni su, bella!
 
- La conosco. Era una furia in Accademia... bhè, non quanto me - si ritrovò a sussurrare Brandon a nessuno in particolare. Renly era qualche fila più avanti di lui, tremava e si mordeva il labbro per la tensione.
Era solo un bambino.
- Bran! Bran!
Brandon si voltò indietro, per vedere chi lo stava chiamando. Un ragazzo dai capelli rossi l’osservava avido di parole. Si chiamava Brian, era un suo compagno di classe.
 - Cosa vuoi?
- Tuo padre, Bran. Tuo padre ha sparso questa voce... è vero? Che tu... se viene estratto tuo fratello... ?
Brandon rimase zitto per qualche secondo, poi sussurrò di rimando:
- Sì. Ma non l’ho deciso io, sia chiaro. Io non volevo... ma...
- E ADESSO I RAGAZZI! - urlò la presentatrice tuffando la mano nella boccia dei ragazzi.
Afferrato il bigliettino, si affrettò a leggere il nome.
Tutto il Distretto attese.
E...
- RENLY MAYERS!
Non ci fu un sussurro, né un sospiro di sollievo. Silenzio.
Ogni ragazzo si voltò... ma non per fissare il nominato.
Tutti gli occhi erano puntati su Brandon, che annunciò all’intera Panem:
- VENGO IO AL SUO POSTO! MI OFFRO VOLONTARIO.
Renly era scoppiato in un pianto disperato, di supplica.
I suoi lamenti rimbombarono per le strade e nelle televisioni della Nazione, mentre suo fratello maggiore si avvicinò a passo sicuro verso il palco.
 

 
DISTRETTO 3

- Ci vediamo Anthea. Non temere, presto sarà tutto finito e torneremo a casa da papà - annunciò India alla sorellina. Stavano camminando mano nella mano verso il banco della registrazione.
- Ti odio - sussurrò la dodicenne alla sorella.
- Perché?
- Perché non mi hai mai detto niente del... sangue! - sbottò la bambina svolazzando nel suo vestito bianco da cerimonia.
India sorrise:
- Vai a registrarti, è solo un pizzico! Ci vediamo dopo!
- Buona fortuna.
Dopo la puntura, la diciassettenne si diresse verso le sue coetanee  e prese posto accanto Zhanna, sua amica.
- Ciao India.
- Ciao.
- Hai lasciato andare tua sorella, vero? Si vede - ammise l’amica fissandola, perplessa e triste allo stesso tempo.
- Sì, è stata du-
In quel momento per tutto il Distretto risuonò la voce di una capitolina, vestita d’oro dalla testa ai piedi:
- Benvenuti e felici Huanger Games, possa la fortuna essere sempre vostro favore!
 - Sì, e possa anche l’udito essere sempre a nostro favore - bisbigliò Zhanna massaggiandosi le tempie - Credo di essermi giocata un timpano!
India ridacchiò e, quasi fosse un gesto involontario, afferrò la mano dell’unica amica, che ricambiò la stretta sorridendole serena.
- Andrà tutto bene, India. Il suo nome c’è una volta sola - sussurrò Zhanna, massaggiandole il palmo della mano destra. Era sempre un momento difficile... e nel giorno della Mietitura tutti si sentono più vicini.
- Prima le signore - trillò la donna sul palco affondando la mano nell’infinità di biglietti.
Ecco, ne aveva preso uno.
Silenzio e poi...
- INDIA EVEERY!
Il cuore della ragazza perse un colpo.
Zhanna ebbe uno spaventoso sussultò.
La sorteggiata sembrava muoversi come un manichino inanimato: a scatti si fece largo e a passi lenti ma decisi. Trasudava freddezza ma, se avesse potuto, si sarebbe messa a piangere e ad urlare.
- Abbiamo un bel tributo! Sì, sì!
Incrociò, solo per un secondo, lo sguardo di Anthea. La piccola era terrorizzata, più della stessa India.
Impotenza e terrore.
- Per mia madre... se vincerò... sarà per mia madre...
 
Essien tirò un sospiro di sollievo: sua sorella era stata risparmiata anche quest’anno.
Scorse il suo sguardo, profondo e felice, e lesse sulle sue labbra un “Sono salva”. Lui annuì, felice per lei. Ma ora toccava ai ragazzi, e nessuno poteva sapere se la sorte sarebbe stata a loro favore... almeno quel giorno... almeno in quel momento.
Essien riprese a respirare lentamente e a cercare di calmarsi.
- Bene, bene, bene - disse eccitata la presentatrice immergendo la mano nella boccia maschile - Tuffiamoci tra i nostri bei ragazzi adesso!
“Non verrò estratto”.
Un ragazzo, accanto a lui, iniziò a graffiarsi le braccia sporcandosi i vestiti di sangue.
“Non succederà”.
Una bambina tra la folla della ragazze scoppiò a piangere; doveva essere la sorellina di India.
“Non mi offrirò volontario”.
Il tributo femmina era sul palco, fissava il vuoto, ma sembrava stesse per piangere.
“E’ il mio ultimo anno, non... “
Pescato il biglietto, la donna tornò al microfono e, preso un lungo respiro, annunciò il nome:
- ESSIEN KONATE’!
- No!
Un grido disperato si unì al pianto della bambina dal vestitino bianco: Dalila si fece avanti, urlando a squarciagola; due Pacificatori la presero per le spalle e la portarono lontana dalla piazza.
- Essien? Dove sei? - chiamò la capitolina.
Il ragazzo mosse qualche passo e, in un secondo, tutta Panem lo ebbe davanti agli schermi.
“Sono un tributo... “
 

 
DISTRETTO 4

Alexandra e sua sorella si fecero largo tra la folla in tumulto.
- E non ti vengo a chiamare l’anno prossimo, intesi? - tuonò la sorella spingendola verso i Pacificatori per la registrazione.
- Grazie, so di poter sempre contare su di te! - ribatté sarcastica la ragazza - Hai visto Stephanie e Jenny?
- Le tue amiche? Sono già davanti al palco, scemotta! Sei tu quella che arriva sempre in ritardo, non loro. Ci vediamo dopo - rispose Hanna, dandole una pacca affettuosa sulla schiena.
Non fu difficile trovare le due ragazze tra la fila delle sedicenni e diciassettenni. La Mietitura era già iniziata: il sindaco stava dando la parola alla capitolina, una donna grassoccia, dai capelli lunghi e verdi.
- Ciao Alex - bisbigliò Stephanie abbracciandola forte e facendole spazio.
- Mi sono persa qualcosa di importante? - chiese.
- No, la solita rogna di ogni anno. Jenny è più avanti, tra le sedicenni.
- Ah.
- Non sta bene, Alexandra. Da quando ha... oh, ecco!
La donna si avvicinò a grandi passi verso i nomi delle ragazze; infilò la mano paffuta tra il mare di biglietti e, afferrato il prescelto, annunciò il nome:
- JENNY McGLENN
- Noooooooooooooooo! Non voglio andare via! No! NO!
Alexandra rimase pietrificata.
Due Pacificatori si avvicinarono di corsa a Jenny, prendendola per le braccia e trascinandola verso il palco. L’accompagnatrice era fuori di sé:
- No, lasciatela! Un attimo, un attimo... c’è qualcuno che si offre volontario?
Silenzio.
- Mi offro io - sussurrò Stephanie ad Alex - Saluta i miei.
- No - urlò Alex - Tu non ci vai!
- VOLONTARI, VOLONTARI! - trillò la capitolina impaziente.
- MI OFFRO IO! IO!
Quelle parole vennero fuori dalla bocca di Alexandra come un fulmine a ciel sereno, mentre era già diretta a liberare l’amica dalla presa dei Pacificatori. L’intero Distretto trattenne il respiro.
Se solo avesse potuto cantare...
 
Skandar dette una leggera gomitata a Xaber e disse divertito:
- Visto quante scene?!
- Non ci trovo niente di divertente! - lo rimproverò Xaber, ziettendolo.
Quella scena era stata davvero commovente e tutti i ragazzi ne stavano parlando, creando un brusio davvero fastidioso.
Xaber, seduto in prima fila, essendo un dodicenne, la vide bene: lei salì mesta sul palco e annunciò alla piazza il suo nome:
- Mi chiamo... Alexandra Ranger...
Le tremava la voce.
Aveva paura.
Non l’aveva mia vista in Accademia, perciò non poteva giudicarla. Eppure aveva qualcosa... oltre...
- Benissimo, il nostro incoraggiamento va tutto a te, cara - disse la donna allontanandosi verso la boccia dei maschi - Ma adesso vediamo chi ti farà compagnia!
- Tsk! Che ti farà compagnia o che ti farà la festa?! - borbottò Skandar.
Quel finto perbenismo lo faceva davvero infuriare!
Il biglietto del ragazzo era nelle mani della donna che, avida e sudaticcia, lesse il nome:
- XABER DABIS!
Skandar si voltò a fissarlo timoroso, ma il ragazzo, senza accenni di timore e paura, si incamminò verso il microfono e, senza preavviso, prese parola:
- Io vincerò, tornerò a casa!
- Quanta varietà! Che bei tributi!! - urlò al cielo l’accompagnatrice, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
 
 

DISTRETTO 5
 
- Il prossimo! - annunciò il Pacificatore addetto alla registrazione.
Connie si avvicinò timorosa all’arnese e senza storie si fece pungere il dito.
Procedura noiosa, discorso noioso, presentatrice noiosa... se non si finiva negli Hunger Games.
- Connie! - urlò Lisa tra il pubblico alla sorella - Connie! Connie, dov’è Matt? Perché non è con te?
- E’andato nella fila dei ragazzi, Lisa. Papà è con te? - rispose la rossa.
- Sì.
- Bene, non allontanarti da lui, capito? Stagli accanto!
Un uomo dai capelli bruni ai alzò in punta di piedi, per salutare Connie: era suo padre.
- Sii forte, piccina - sibilò.
Letto il labiale, la bambina si rasserenò e prese il suo posto tra le tredicenni.
Finito il filmato e il discorso del sindaco, la presentatrice si fece avanti: portava una parrucca gigantesca, color argento ed era vestita da un corto abitino, che sembrava fatto da pezzi di metallo raffinati.
Faceva quasi paura.
- Felice Hunger Games! E possa la fortuna essere sempre a vostro favore!
Le ragazzine attorno a Connie erano avvolte in un muto patto di rispetto e fiducia: alcune si tenevano per mano, altre sussurravano quelle che sembravano essere preghiere, altre ancora ridacchiavano nervose e sembrano pazze.
“Non finirò come loro, sarò forte. Come Matt e papà”.
- Ecco il nome della giovane donna! Vediamo un po’ chi è...
Presi un lungo sospiro.
“Tra un minuto, o meno, sarà tutto finito”.
- CONNIE STEVENSON!
La piazza sembrava deserta.
Ora c’era solo Connie e il percorso che la stava separando lentamente dalla libertà.
 
Mikayla aveva passato, in quella piazza, gli ultimi istanti trascorsi nella sua casa, al Distretto 5.
Questo era il pensiero che si faceva largo, pian piano, nella mente di William, mentre contemplava Connie Stevenson dirigersi triste verso il palco.
- Ecco la nostra ragazza! Benissimo, passiamo al ragazzo! - esclamò la capitolina.
La boccia dei maschi traboccava di biglietti.
“Cinque sono miei” si ritrovò a pensare William mentre scrutava torvo la mano della donna mescolare e mescolare tra i nomi.
Com’era facile... trovare un biglietto... un nome... un tributo da mandare ad uccidere...
Anche se il lavoro di accompagnatore doveva essere davvero duro: veder passare tributi e tributi, magari anche affezionarsi a loro, per poi vederli morire nell’Arena non doveva essere facile. Ma questa era la realtà.
- Eccolo, qui! Il giovane uomo è...
“Non io”.
- è... WILLIAM EBONY.
La sentii.
La sentii.
Sentii il pianto di sua madre. Stava per perdere anche lui, in quell’Arena, così come vide Mikayla andar via e non tornare mai più?
Fu uno scatto: William corse, letteralmente, sul palco e afferrato il microfono tuonò:
- Non ho niente da dire... solo che... mamma, non perdere la speranza!
La presentatrice sembrò quasi commossa dalle parole del giovane:
- Oh, che bello! Una dedica! Bene, ragazzi, stringetevi la mano!
Un diciassettenne e una tredicenne a confronto; si strinsero forte la mano e si guardarono negli occhi, consapevoli del fatto che ognuno di loro avrebbe fatto di tutto pur di tornare a casa.
 

 
DISTRETTO 6

Per Angela. Solo per sua sorella gemella, morta.
Katherine osservò un rivolo di sangue colarle per il polso ed andare a macchiare la camicetta bianca che indossava. Attorno a lei c’erano un sacco di bambini piangenti e tremanti, lasciati a sé stessi dai genitori che non potevano sorpassare le transenne e i Pacificatori.
- Il prossimo, signorina si sposti - la esortò un agente, facendole cenno di allontanarsi.
Lei, quasi incantata, decise di spostarsi e di camminare leggera e con lo sguardo perso nel vuoto, tra le sue coetanee.
- Ti offri volontaria Kety? - chiese timorosa una ragazzina bionda.
- NO! NO! - tuonò Katherine, proprio nel momento in cui il sindaco fece il suo ingresso sul palco, uscendo fuori dalla porta del Palazzo di Giustizia - IO. VOGLIO. VI-VE-RE. CAPITO?
A filmato concluso, la ragazzina a cui Katherine aveva riservato quegli urli non aveva ancora smesso di tremare. Pareva in procinto di crollare a terra svenuta.
- Felici Hunger Games! - tuonò con voce possente l’uomo venuto da Capitol City, un tipo alto e snello, pieno di strani piercing - Possa la fortuna sempre essere a vostro favore! Dunque... iniziamo dalle ragazze!
L’uomo si fece vicino alla boccia di vetro e ci tuffò la mano dentro. Esitò un po’, ma alla fine estrasse il biglietto.
- Non sarò io, non mi sceglieranno mai. La sorte è... a mio favore - disse tranquilla. Quelle parole quasi non sembravano uscite dalla sua bocca.
- Venga sul palco la signorina... KATHERINE MOONSTONE!
Tutti gli occhi e tutte le telecamere si puntarono verso di lei, che rimase, per qualche secondo, impassibile e senza espressione.
- Vai... vai... - sussurrò una ragazzina.
“E’ la mia occasione”.
- Perché? - chiese ad alta voce Katherine, assumendo un’espressione abbastanza ebete - Hanno chiamato me? Oh, come siete stati attenti!
 
Tom osservò il tributo Katherine.
- Ma cosa... ? - sussurrò il bambino - Quella ragazza ha qualche problema... o è soltanto... molto... strana?
Due Pacificatori la presero per le spalle e la condussero verso l’accompagnatore, che era rimasto senza parole.
- Ahhh! Abbiamo una sognatrice come tributo, vero gente?! - ebbe il coraggio di sussurrare nervoso.
Il ragazzino tornò a fissare il palco: non era il suo posto quello, era troppo piccolo, non aveva l’età adatta. Dieci anni erano troppo pochi per poter... avere qualche speranza di vincere gli Hunger Games.
Ma Tom era un ladruncolo... qualche possibilità... ce le aveva.
- Salutiamo la nostra Katherine - annunciò il presentatore. Il pubblico si esibì in un educato applauso.
- Questo applauso è per me?! - gridò sorpresa la ragazza, ancora più suonata -Oddio! Che emozione!
- Ecco... passiamo al ragazzo. Qui finisco in analisi - borbottò il capitolino.
Preso il biglietto, l’intero distretto trattenne il fiato.
- TOM ALLIUS! - annunciò allegro.
Tom alzò innocentemente la mano.
Era colpa di suo padre, ma non voleva accusarlo di niente.
Semplicemente la fortuna non era dalla sua parte.
- Ma dove andiamo adesso? - squillò ancora Katherine indicando il presentatore - Dove ci porta questo bel signore?
 


NOTE AUTRICE:
Ok, fucilatemi se dovete.
Spero di postare i restanti tra un po', ma in caso di problemi di servizio XD ci vediamo domani mattina con gli altri Distretti ;)
Alla prossimaaa :D
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Horrorealumna