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Autore: Horrorealumna    14/10/2012    14 recensioni
"Noi, quali le foglie che la stagione di primavera dai molti fiori genera non appena crescono ai raggi del sole, ad esse simili godiamo per il tempo di un cubito dei fiori di giovinezza, dagli dei non sapendo né il bene né il male; ma già ci stanno vicino le nere Parche, reggendo l’una il termine dell’odiosa vecchiaia, l’altra quello della morte: il frutto della giovinezza dura un attimo, quanto sulla terra si diffonde il sole. Ma quando il termine di questa stagione sarà passato oltre, allora l’esser morto è meglio della vita."
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Presidente Snow
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'You Better Watch Out'
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I Nostri 41esimi Hunger Games

 
 

Casa Dolce Casa - Seconda Parte
 

 


 
DISTRETTO 7

Joy Sparks

Dopo la morte di suo padre, Joy aveva promesso a sé stessa di essere forte: avrebbe aiutato la sua famiglia, avrebbe portato il pane in tavola, avrebbe avuto il comando e sarebbe andata a lavorare nei boschi. E ci era riuscita.
Ora stava tornando dalla sua amata foresta in anticipo, sotto stretto ordine del capo; in realtà era la Nazione a permetterle, per non dire obbligarla, di lasciare il turno prima: era il Giorno della Mietitura.
Arrivata a casa, filò subito in camera sua, dove l’aspettava, poggiato sul suo letto, un bellissimo vestito: sembrava fatto di veli sovrapposti, ognuno tinto di una tonalità diversa di verde.
- Mamma?! - urlò Joy - Cosa ci fa questo vestito in camera mia?
Non l’aveva mai visto prima, probabilmente era di sua madre. Ma era piccolo, adatto ad un fisico mingherlino e fragile... come lei.
Telia, sua madre, entrò nella stanza e disse:
- Ho pensato che ti sarebbe piaciuto; buon compleanno, Joy!
- Ah.
Era il suo compleanno e se ne era anche dimenticata! Sedici anni venivano una volta sola!
- E dove l’hai preso? Come, se non abbiamo soldi neanche per... ? - replicò la figlia.
- Ieri sera tuo fratello Peter è riuscito a vendere qualche vestito vecchio. E io stamattina sono andata a comprartelo.
Joy non aveva parole. Il vestito era splendido, non aveva mia indossato nulla del genere. Comunque non capiva una cosa: come mai i Distretti vedevano la Mietitura come una specie di festa?
Cercò di non pensarci: era il suo sedicesimo compleanno e un regalo, seppur costoso, se lo meritava.
Dopo un veloce bagno freddo, Joy si lasciò legare i lunghi capelli neri in una coda di cavallo da sua madre senza fiatare e indossò il vestito verde, pronta a dirigersi verso la piazza con la sua famiglia.

 
Markus Schwarz
 
- Potrei andarci, sai? - sussurrò il ragazzo.
- SEI IMPAZZITO?! Tu nell’Arena non ci metti piede! - urlò di rimando una donna.
Markus era seduto sul tavolo e con un coltello stava martoriando un pezzo di legno, cercando di dargli qualche forma. La donna che gli stava davanti era Marie, sua madre. In realtà non erano davvero imparentati: Markus era stato lasciato appena nato davanti alle porte dell’orfanotrofio del Distretto 7. Era cresciuto con una visione distorta dell’amicizia e dell’amore e la sua infanzia era stata un inferno. A otto anni, Marie lo adottò.
Non aveva mai avuto un padre, non sapeva cosa voleva dire un abbraccio, aveva pochi amici.
Il suo bell’aspetto - capelli neri e lisci e occhi blu chiaro - gli valsero una fidanzata Anna, era una ragazzina dolce, di quindici anni. Markus non la considerava più di tanto, eppure la ragazza non demordeva.
- Odio questo posto! Sarebbe meglio Capitol City... - continuò Markus in tono cupo.
- Ah! E quanto tempo pensi di trascorrere in Città se ti offri volontario, Markus? - tuonò Marie.
Lui alzò le spalle:
- Se non vuoi che io vada lì... significa che mi vuoi bene.
- Certo, ti voglio bene Markus - rispose lei - Non ho nessuna intenzione di vederti morire.
- E chi l’ha detto che morirò?
Silenzio.
- Cosa intendi... ?
- E se tornassi POTENTE?! Pensaci! - sibilò Markus.
Si alzò e, posato il pezzo di legno tra le mani della madre, si diresse verso la porta. Sentì Marie supplicare:
- Non ti offrire volontario, ti prego. Fallo per me.
Il ragazzo restò in silenzio; aprì la porta e corse via da quella casa, seguendo gli altri ragazzini diretti verso il Palazzo di Giustizia.



 
DISTRETTO 8
 

Mezzanotte Spielberg

 
- Io vado giù, mamma! - annunciò Mezzanotte, dando un bacino sulla sua guancia.
La madre, Shynelle, sgranò gli occhi, quasi incredula:
- Stai scherzando, Nott?
La ragazzina con un rapido gesto della testa fece vorticare i suoi lunghi capelli tendenti al blu e rispose semplicemente:
- No.
A quel punto parlò una’anziana signora, seduta su una sedia accanto a quello che sembrava essere suo marito:
- Tra qualche ora si va in piazza, Nott.
- Sì, nonna. Lo so, lo so. Ma non farò ritardo! Non voglio mica perdermi il noioso e schifoso discorso sui Giorni Bui - rispose la ragazza con evidente sarcasmo.
I presenti ridacchiarono e borbottarono; intanto Mezzanotte era già nel seminterrato di casa sua.
Adorava quel posto, anche se era pieno di ragnatele, polvere e puzzava di vecchio.
E lì, quasi coperto da scatoloni con vecchie foto o vestiti troppo piccoli c’era un pianoforte.
Il suo pianoforte.
Senza lezioni o maestri, Nott era riuscita a imparare a suonarlo e adorava quel suono alle volte dolce ed elegante, oppure forte e impetuoso. Riusciva quasi ad identificarsi in quell’oggetto.
Lo accarezzava per ore e ore, pulendolo e lucidandolo ogni giorno.
Anche suo padre sapeva suonare, ma dopo la sua morte prematura e improvvisa fu lasciato a sé stesso e spostato in cantina.
Arrivata davanti allo strumento musicale, Nott tirò fuori dalla camicetta il suo ciondolo, a forma di chiave di violino, ricevuto da sua nonna il suo sedicesimo compleanno; poi, sedutasi su uno sgabello tutto traballante adagiò le dita sui tasti del piano, pronta a suonare qualcosa.
Ma ci fu solo silenzio.
- Cosa... posso... ? - sussurrò ad un piccolo ragnetto che camminava tranquillo sul muro davanti a lei.
- NOTT, sali! E’ arrivato Ray! Dice che vuole accompagnarti in piazza!
 
Felix Andersen
 
Felix avrebbe tanto voluto incontrarsi con Sigmund, suo fidato amico, ma in quel momento la cosa sembrava alquanto impossibile.
Era seduto su uno sgabello in legno, nel bagno, e alla sue spalle una donna robusta lo pettinava con cura quasi maniacale.
- Silviette - chiamò flebilmente Felix.
- Sì, mi dica, signorino - rispose la balia.
- Posso vedere le mie sorelle o... ?
- No, no, no, no, no, signorino! Si stanno preparando per la Mietitura nelle loro stanze e sa benissimo che è altamente sconsigliabile farvi vedere dai vostri genitori scorrazzare per l’ala femminile.
Felix sbuffò. Essere il figlio del sindaco, vivere tra lusso, soldi, camerieri e stupide regole era davvero dura.
Jolanda, Ileana e Brianna erano le sue bellissime sorelle maggiori e probabilmente in quell’istante si stavano incipriando il naso, pronte per la Mietitura.
- E Joseph ?- chiese il piccolo Felix.
- Credo che per quest’anno i Pacificatori non faranno tante storie. Non riesce a camminare poverino! Non è in grado di partecipare ai Giochi.
Felix avrebbe dato tutto l’oro del mondo, pur di scappare dalle ruvide mani di quella donna. Il posto in cui adorava passare le giornate, dopo la scuola, era la fabbrica di tessuti. Rumorosa e puzzolente, quel posto significava tanto per il piccolo undicenne: qualche anno addietro ci entrò per caso -non aveva bisogno di lavorare, essendo il figlio (seppur adottato) del sindaco del Distretto- e fece amicizia con Sigmund, un piccolo bambino moro, che subito attirò la sua attenzione. Felix si offrì di aiutarlo coi noiosi movimenti meccanici che erano costretti a fare per dodici e più ore al giorno.
Fu la nascita di una meravigliosa amicizia.
- Siete bellissimo, signorino. Se non fosse per i vostri capelli indomabili... - commentò la balia osservandolo: un bambino dai capelli color avorio sparati in tutte le direzioni, le guance rosee e dei gli occhi color diamante, tirato a lucido e strigliato per bene, per la sua prima Mietitura.
- Sono pronto, Silviette? - chiese quasi non riconoscendosi più allo specchio.
- Sì, signorino. Siete pronto! - trillò felice la donna.
Avrebbe rivisto Sigmund alla mietitura ne era certo.

 

DISTRETTO 9
 
Beatriz Moore

 
- Sto divinamente. Vero, mamma? - annunciò all’intero soggiorno Beatriz scendendo le scale con lentezza sproporzionata.
Gli occhi dei suoi genitori erano su di lei.
Portava i singolari capelli viola raccolti in una elegante pettinatura e aveva una rosa bianca infilata tra i capelli. Il trucco aveva trasformato il suo volto da semplice diciottenne in quello di una foto-modella.
Indossava una camicia bianca e una gonna grigia, con scarpe in tinta. Non le piaceva non essere al centro dell’attenzione, ed era sicura che in piazza avrebbe avuto l’attenzione di tutti.
- Sei bellissima, tesoro - ammise il padre, Jonah, sorridendole gioioso.
Sua moglie invece arricciò il naso, infastidita:
- Dove vuoi andare così?
- Ovvio, mamma! Alla Mietitura! - rispose sua figlia divertita.
- Dai, Savannah! - disse Jonah alla moglie - E’ la sua ultima Mietitura! Lasciala.
- Ma così è troppo! - rispose infuriata la donna, avvicinandosi con passi veloci alla sua unica figlia.
Con un rapido gesto Savannah tolse il candido fiore dai capelli di Beatriz.
- Ma... Mamma! La mia rosa! - sbraitò la ragazzina.
- Quella è fuori discussione! - rispose sua madre - Ho dovuto lasciar perdere quei capelli... ma guardati! Sembri uscita da Capitol City! E poi la... rosa?! Vuoi farci arrestare tutti?! Oppure preferisci passare la tua esistenza come una senza-voce?! Jonah, diglielo anche tu!!
L’uomo, dopo un brevissimo contatto visivo con sua moglie, sospirò:
- In effetti... Triz... la rosa bianca è un po’... troppo...
- Solo perché la indossa quel vecchio bacu- - cominciò Beatriz.
- Shhhhhhhhhhhhhh!
- Shhhhhhhhhhh!
- Ok, ok. Niente rosa! Raggiungetemi, prima che una squadra di Pacificatori venga a fucilarmi per aver insultato quel grandissimo p-
- Shhhhhhhhh!
- ... grandissimo presidente che comanda Panem. Sì. Vai in piazza! - concluse Savannah con noncuranza, anticipando la frase della figlia.
- Certo! Possibile che per colpa sua non possa mettermi la rosa tra i capelli?!
 
Liam Burtom
 
- Andiamo?
- Sì, ho quasi finito, papà.
Liam era in bagno. Non stava facendo niente di particolare: era già pronto per la Mietitura e non aveva alcuna intenzione di far aspettare i suoi genitori, che avevano deciso d’accompagnarlo.
Ma c’era qualcosa...
In qualche modo...
Sentiva che lasciare quella casa era rischioso. Non che avesse paura dell’Arena o degli Hunger Games! Era cresciuto guardandoli!
Se ci fosse stato suo fratello, Charles, non avrebbe avuto così tanta paura? Non l’aveva mai conosciuto... eppure...
- Non ho paura, non ho paura! - sussurrò davanti allo specchio.
Charles non era morto per i Giochi: era stato arrestato con accusa di tradimento e ribellione quando Liam non era ancora nato. Senza nemmeno una sorta di processo, fu condotto a Capitol City dalle autorità, senza la sua famiglia, e venne impiccato in Città.
In realtà Charles non era un ribelle; doveva essere stato accusato ingiustamente da qualcuno.
Liam gli somigliava molto, ripeteva sempre suo padre.
Se solo l’avesse conosciuto...
- Stupida Capitol City; stupidi Hunger Games!
Non doveva piangere: così assecondava solo il predatore.
- Liam! - gridò sua madre.
- Arrivo!
- C’è Marina qui!
Marina?

 
DISTRETTO 10
 
Chloe Minnel

 
- Luce dei miei occhi! Sei bellissima! - esclamò Roseleen, appena scorse Chloe venirle incontro.
Le due si abbracciarono calorosamente.
- Grazie, Rosy - sussurrò Chloe al suo orecchio, gentilmente.
Una terza ragazza parlò:
- E io chi sono?! La ragazza invisibile?!
Chloe ridacchiò:
- No, Loucys! Sei splendida anche tu!
Le tre ragazza erano dirette verso la piazza del Distretto.
- I tuoi genitori non vengono alla Mietitura, Chloe? - chiese Roseleen dopo un po’.
- No, hanno il bar. Vorrebbero tanto comunque, ma non possono.
- Anche i miei non possono lasciare la fattoria - si intromise Loucys, prima di fermarsi di botto.
Le altre due, sorprese, l’osservarono curiose.
- Che ti succede?
- Stai male?
Loucys esibì una delle sue espressioni più tragiche e alzò il braccio destro, indicando qualcosa.
- Cosa c’è?! - chiese Chloe preoccupata scuotendola per una spalla.
- Q-q-quel... r-r-r-ra-r-ra... - balbettò l’altra, continuando a tenere il braccio teso.
- E parla bene, Lou! - sbottò Roseleen.
Loucys prese il respiro e disse velocemente:
- Quel ragazzo è Sam! Stava baciando quella ragazza lì! Che scoop!!
Le due amiche scoppiarono a ridere.
Chloe avrebbe dato di tutto pur di congelare quel momento, e quella felicità, per sempre. Ma la Mietitura le riportò velocemente alla tragica realtà che ogni anno si presentava, terribile e inevitabile.
 
Jay Carter
 
- Jay. Jay! Jay! Dov’è andata Sunset?
- E cosa ne so io, Rebekah! Si sarà infilata sotto il divano!
Jay vide sua sorella mettersi in ginocchio e sbirciare sotto il mobile, alla ricerca di Sunset, la sua bellissima gatta.
- Oppure - aggiunse Jay - dorme ancora.
- Andiamo a vedere! - esclamò la quattordicenne.
Jay aveva diciotto anni, perciò quella sarebbe stata la sua ultima Mietitura. Non era agitato o emozionato, era un giorno come gli altri. Seguiva gli Hunger Games sin da quando era bambino e li aveva sempre temuti, ma non aveva mai avuto tutta quella preoccupazione e quel terrore che gli altri suoi amici e compagni provavano nei confronti dei Giochi. Ciò, forse, era dovuto a sua nonna paterna, Melanie, che aveva la bellezza di 75 anni; la donna aveva vissuto in prima persona i Giorni Bui ed aveva passato momenti bruttissimi a causa di Capitol City. Non fu intaccata, però, dai Giochi, non ancora esistenti, e nessuno le tolse la voglia di vivere. Fu una dei ribelli ma, accettata la sconfitta, cercò di rimanere nell’anonimato insieme a suo marito, anch’egli un combattente. Distrutto il Distretto 13, le autorità arrestarono i rivoluzionari; Melanie non fu presa, ma suo marito fu deportato. Non rivide più sua moglie e non ebbe mai l’occasione di abbracciare il suo figlio, che Melanie portava ancora in grembo.
Questa tragica ma vera storia, fu raccontata milioni e milioni di volte a Jay, che ammirava molto sua nonna. Da bambino la considerava quasi una favola... peccato fosse vera.
- Jay! Jay! L’ho trovata! - sussurrò Rebekah tirando il braccio del fratello.
- Dov’era?
- Vieni.
La ragazzina condusse il fratello nella loro camera da letto.
Sunset ronfava beata accanto ad un meticcio, Carol, il cane di Jay.
- Come sono belli - bisbigliò dolcemente Rebekah - Li svegliamo? Verranno con noi in piazza, Jay?
- No, meglio lasciarli qui con nonna, visto che mamma e papà ci accompagneranno.
- Ok.
Jay cinse col braccio le spalle della sorellina, una semplice bambina terrorizzata dalla Mietitura... proprio quello che Capitol City voleva.

DISTRETTO 11
 
Elizaveta Pochka

 
Elizaveta strinse forte nel pugno destro il suo ciondolo a forma di quadrifoglio, un portafortuna avuto per il suo diciottesimo compleanno dallo “zio” Nikolai. Peccato che la fortuna non fosse mai stata a favore di quella ragazza!
“Strega” e “assassina”. Ecco come veniva chiamata da quasi tutto il Distretto 11.
Elizaveta viveva in una piccola casetta nel bosco, quasi al confine, da sola. I suoi genitori furono accusati di omicidio quando era davvero piccolissima e lei fu allontanata.
Non le interessava che la gente la considerasse pazza o strana: Elizaveta voleva vivere la sua vita in pace e, tra quelle mura, tra le teste delle sue prede, tra i paletti tombali che circondavano la casa e con suo zio, era relativamente felice.
Col tempo tutti suoi amici la dimenticarono; ma la ragazza non si sentiva mai sola: era come se i suoi genitori fossero ancora lì con lei sebbene, ne era certa, erano stati giustiziati a Capitol City. Il Distretto 11 non è molto tollerante di fronte a questi episodi, e non era neanche molto solidale nei confronti di un’orfana; lo stesso sindaco decise di lasciarla a sé stessa e prese persino parte alle razzie che si susseguirono nell’ormai casa abbandonata dei Pochka.
Ecco perché nei boschi nessuno l’avrebbe disturbata, la gente aveva paura di lei, la consideravano maledetta.
Toc toc
- Chi è? - chiese forte Elizaveta, anche se conosceva già la risposta.
- Sono io, Eliza. Posso... ?
La porta di aprì. Sulla soglia c’era un uomo sulla quarantina, ben piazzato e robusto, che indugiava, fissando la ragazzina.
- Entra, zio - disse piano lei.
Entrato in casa, Nikolai sospirò:
- Oggi niente lavoro, c’è la Mietitura. Vuoi che ti... accompagni?
Eliza alzò le spalle e con aria indifferente aggiunse:
- Se hai qualcos’altro da fare, non venire. Tanto durerà poco.
- Non hai paura... ?
- Degli Hunger Games? No. Anzi sono tranquilla - sorrise lei - Con tutto quello che mi hai insegnato... le corde, le trappole... so andare a caccia. Mi sento bene.
Sorrise anche lui: era una vita che non vedeva negli occhi di Eliza quella felicità e quella onestà che gli ricordavano una bambina.
Eliza non aveva molte occasioni di rapportarsi con altri essere umani, ma con lui si sentiva proprio bene. Forse perché era il suo unico parente ancora in vita.
- No, non intendevo quello - continuò Nikolai, tornando serio - Intendevo... non hai paura... della gente? Di quello che penseranno di te?
Lo sguardo di Elizaveta si fece duro e con strana e assoluta noncuranza rispose:
- No. Saranno loro ad aver paura di me.
Silenzio.
 
Mike Salt

 
- Mamma! Mamma! Io vado! - disse a bassa voce Mike, chinato sul letto di sua madre.
- Do-ve? - chiese lei.
- Oggi è il giorno della Mietitura, mamma!
- Ah...
La signora Salt non era stata più la stessa da quando suo marito morì. Rimase in uno stato di assoluta passività nei confronti della famiglia e non uscì più di casa, tanto che la gente iniziò a considerarla morta.
Mike, da quel momento, prese le redini del comando e portò avanti la famiglia lavorando come un pazzo. Nell’ultimo periodo una spaventosa febbre aveva colpito sua madre, che era stesa a letto da mesi e mesi, senza mangiare quasi niente e parlando poco.
La sorellina di Mike, Clara, di soli dieci anni, soffriva molto nel vedere sua madre in quello stato; perciò il suo unico punto di riferimento era il fratello quattordicenne.
- C’è Carl che mi aspetta. Vado - annunciò mestamente a sua madre.
- Vado... - ripeté la donna, incantata.
Mike si diresse verso la porta d’ingresso.
- Vai in piazza, Mike?
Una dolce vocina si fece largo nel silenzio: Clara.
- - rispose lui - Ma non preoccuparti, sarò a casa tra pochissimo. Tu rimani qui, intesi?
- Va bene. Torni, promesso? - continuò la piccola, agitando il mignolo destro verso il fratello.
- Certo - concluse Mike con un sorriso, stringendo il suo dito contro l’altro.
- L’hai promesso.
 

DISTRETTO 12
 
Rosalie White

 
Rosalie osservava i suoi fratellini, David e Robert, finire la colazione: uova e pezzi di mollica di pane, con qualche centilitro di latte appena barattato. Sarebbe stata una scena alquanto bella e solare... se non fosse per gli Hunger Games. Vincitori provenienti dal distretto 12 erano rarissimi ed offrirsi volontari era considerato un suicidio.
Per David e Robert sarebbe stata la prima Mietitura; Rosalie li aveva istruiti a dovere e quindi, a parte un leggero nervosismo, non avevano molta paura. Essendo gemelli, poi, i due bambini avrebbero trovato il modo di farsi forza a vicenda e non arrendersi.
- Passerà - osservò Rosalie rompendo il silenzio - Quest’anno passerà esattamente come gli altri, non dovete preoccupavi.
Non avevano tessere, per fortuna; era molto improbabile che i loro nomi venissero pescati... ma non sempre la sorte era dalla loro parte.
- Ehm... papà non viene insieme a noi, Rose? - chiese Robert.
- No. Non può alzarsi dal letto - rispose lei.
- Ah.
Il signor White era malato gravemente e stava ancora dormendo. Non riusciva a camminare, figuriamoci arrivare fino in piazza!
- Vorrei tanto che venisse - ammise sconsolato David tornando a giocherellare con la colazione dopo un fugace sguardo nei profondi occhi grigi della sorella.
La verità era che a nessuno dei tre ragazzi andava di mangiare. Persino Rosalie aveva la sensazione che avrebbe vomitato tutto in piazza, afflitta dalla tensione; per quanto un ragazzo potesse considerarsi temerario o coraggioso, non sarebbe mai rimasto lucido o totalmente calmo... soprattutto nel momento dell’estrazione dei nomi.
- Già - concordò il gemello.
- Anzi! - si corresse David - Vorrei che ci fosse anche la mamma ad accompagnarci...
La signora White morì dodici anni prima, di parto. I gemellini non l’avevano mai vista, ma l’amavano tanto, sebbene considerassero Rosa come una loro seconda mamma.
- Anch’io lo vorrei - sussurrò lei, afferrando le mani dei fratelli, e cercando di sorridere.
 
Nicholas Rayan

 
Appena Nicholas uscì di casa, diretto verso la piazza cittadina, fu attorniato da uno stormo di ragazze urlanti.
Una ragazza dalle treccine bionde si fece avanti per prenderlo per mano, ma fu presa a gomitate da un’altra che cercò in tutti i modi di guadagnarsi l’attenzione del ragazzo.
- Voglio venire con te! - urlò un’altra.
- Scherzi! Lui mi accompagnerà!
- Ma per favore! Sembri uno spaventapasseri, non ti sceglierà!
- Invece prenderà me!
- Nick, andiamo in piazza insieme!?
Essere circondato da ragazze che farebbero di tutto pur di toccarti era quasi una faccenda quotidiana per il ragazzo. Essendo abbastanza agiato, lontano anni luce dalla fame che affliggeva le zone più remote e povere del Distretto 12, e di bell’aspetto le ragazze cadevano letteralmente ai suoi piedi. Eppure Nicholas non aveva molti amici. E quelle ragazze non lo erano; alcune non le conosceva nemmeno.
Lo seguivano come un’ombra a lezione e cercavano di far colpo... senza successo.
Il diciassettenne non voleva certo stare dietro a quell’ammasso di galline, tutte belle e truccate come pagliacci. Se si sarebbe innamorato... voleva farlo con la ragazza giusta.
E poi, quello non era certo il momento di assecondare le “galline”: era il momento della Mietitura, la penultima volta per Nicholas. Voleva liberarsi in fretta di quel macigno! Voleva tornare a casa e non pensarci più.
- RAGAZZE! - urlò a squarciagola - FERME!
Come per magia, le ragazze si immobilizzarono: pendevano dalle sue labbra.
- Potreste... non so... lasciarmi in pace... ne parliamo dopo la Mietitura.
Loro si consultarono e subito si dispersero, in silenzio, per la strada, ma sempre tenendolo d’occhio.
Sarebbe stato un lungo tragitto.
E chissà... se la fortuna sarebbe stata a suo favore...
 

 
Note Autrice :D
Ce l'ho fatta! Ecco gli ultimi dodici, con i loro pre-Mietitura!
Belliiiii.... se c'è qualcosa che non và fatevi sotto!! XD No, ditemelo che provvedo subito a correggere ;)
E così... abbiamo i nostri bei tributi, tutti e 24 pronti e preparati!
Per Lovestory, alleanze o richieste particolari (che potete inziare a ipotizzare, visto che l'appello è finito!) che vedrò si esaudire... tutto via messaggio privato, mi raccomando ;) Si accettano scommesse!
Ditemi che ne pensate con le recenZioni :D mi raccomando!
Naturalmente il prossimo capitolo vedrà la loro Mietitura! ;) per eventuali volontari all'ultimo minuto, contattatemi. Dovrei postarlo tra circa una settimana visto che ho anche altre storie da portare avanti... e voi avete tutto il tempo di farvi sentire!
Detto questo miiiii diiissooolvooo :) 
Possa la fortuna essere sempre a vostro favoree... e anche ai vostri tributi!
A presto! :D

 

 
 
   
 
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