Figlia della Notte
Capitolo V
Il Grande Segreto
S |
ophie
si lasciò cadere sulla poltrona più vicina al caminetto e sprofondò la testa
tra i cuscini.
Era
aprile.
Se
ci pensava, Sophie stentava a crederci. Quell’anno scolastico era volato.
Le
sembrava solo il giorno prima, quando si trovava sul treno per Hogwarts.
Ripensò alle sue paure, a quella stupidissima ansia che l’aveva attanagliata per
tutto il viaggio di andata: aveva avuto paura di non finire a Serpeverde.
Pensandoci ora, a più di sette mesi di distanza, le sembravano tutte
preoccupazioni inutili. Possibile che proprio lei, Sophie Stones, fosse stata
angosciata per una cosa così banale? Ogni volta che ci pensava si sentiva una
stupida. Davvero aveva creduto di non finire a Serpeverde?
Lei
di cervello ne aveva. Era brava in tutte le materie, nessuna esclusa, e ogni
professore la lodava. Era orgogliosa di se stessa e ambiziosa. Insomma, tutte
qualità adatte per una Serpeverde. Eppure c’era qualcosa che la innervosiva
ogni volta che pensava allo smistamento, ma non riusciva proprio a capire
quale. Le sembrava di ricordare qualcosa, un piccolissimo particolare che le
aveva dato da pensare in quei mesi, ma per quanto si sforzasse di pensare non
riusciva a riportare alla memoria proprio niente.
Pochi
giorni prima aveva avuto un breve dialogo con Lumacorno al riguardo.
«Sono
proprio orgoglioso di avere una studente così nella mia Casa» le aveva detto il
professore durante l’ultimo appuntamento del Lumaclub.
Lei
aveva sorriso e aveva ribattuto «E io sono orgogliosa di appartenere a questa
Casa, professore. Ammetto che se fossi stata smistata a Grifondoro,
probabilmente me ne sarei andata…»
«Oh
oh! Addirittura? Dai, su, le altre non sono mica poi tanto male…» aveva
sorriso. «Comunque fai bene ad esserne orgogliosa, in pochi possono dire di
essere nella Casa giusta. In molti dicono che qui le persone sono tutte
disoneste, inutili e presuntuose. Io invece non la penso così. Noi ne siamo
l’esempio vivente, o no?». Il professore aveva scosso la testa, amareggiato.
«Non tutti i maghi che escono da Serpeverde divengono maghi oscuri…».
Sophie
era rimasta stupefatta all’affermazione del professore e qualcosa aveva
cominciato ad agitarsi nel suo stomaco. Quando l’uomo l’aveva guardata con aria
truce, poi, l’ansia era cominciata a crescerle nel petto.
«Bè…
dovremmo impegnarci per cambiare l’opinione comune» aveva infine concluso
Lumacorno e Sophie aveva tirato un sospiro di sollievo, annuendo.
Lumacorno
era forse il professore a cui stava più simpatica. La McGranitt invece sembrava
che la odiasse con tutto il cuore, benché lei non le avesse fatto niente di
male. Tutte le volte che rispondeva correttamente a una sua domanda, o anche
quando alzava solo la mano per provarci, la professoressa la fissava con astio
ed era sempre restia a darle punti bonus. Durante i lavori in classe, poi,
evitava sempre accuratamente di passarle di fianco e Sophie faticava a
ricordare anche solo una volta in cui si fosse complimentata con lei per
l’ottima trasfigurazione ottenuta. Cosa che tra l’altro avveniva quasi sempre.
L’unica
che sembrava essere simpatica a tutti i professori era forse Lily Evans. Sophie
non riusciva proprio a capire perché, ma la ragazza era brava almeno quanto
lei, cosa che le sembrava abbastanza strana, data la sua provenienza totalmente
Babbana.
Per
un certo periodo si era ostinata a pensare che fosse tutto merito di Severus,
con cui la rossa passava quasi tutti i pomeriggi a fare i compiti in
biblioteca. Quando, però, (molto stranamente a dire il vero) il ragazzo si era
preso un brutto voto in Erbologia e la ragazza aveva invece preso il massimo
che si potesse prendere, Sophie aveva dovuto rassegnarsi al pensiero che fosse
solo merito personale, e che nessuno l’avesse aiutata. La cosa la irritava non
poco.
Le
due ragazze erano in conflitto. Sembrava che ognuna delle due cercasse di
superare e di dimostrare all’altra quanto fosse migliore. Severus, del canto
suo, aveva tentato più volte a farle diventare amiche. Superfluo dire che la
cosa si era dimostrata del tutto inutile.
Sophie
si rifiutava categoricamente anche solo di pensarlo, mentre la Grifondoro,
anche se leggermente più incline ad accettare l’idea, ci ripensava sempre
quando vedeva i modi altezzosi e arroganti dell’altra. Insomma, le due non
potevano sopportarsi.
Poi
c’erano i Malandrini. Ormai tutti nella scuola li chiamavano così. Erano in
quattro. C’era James Potter, con l’aria superba di chi si sente il migliore,
che andava in giro per la scuola come se ne fosse il padrone. Non da meno era
Sirius Black, che si faceva apparentemente beffe del suo nobile cognome e non
perdeva occasione per dimostrarsi “un vero Grifondoro”, come andava in giro a
dire. Al contrario dei primi due, c’era Peter Minus, un ragazzo minuto e
fragile, che si limitava a ridere delle bravate dei suoi amici, rimanendo
sempre dietro le quinte. L’ultimo arrivato, ma non per questo da considerarsi
meno, era stato Remus Lupin, un ragazzo che sembrava essere capitato nel gruppo
per caso. Tra gli amici rimaneva sempre in silenzio, senza mai dare loro troppo
corda, tentando invece di sopprimere le loro idee insensate. Forse per la sua
aria quasi sempre malaticcia, o forse per il fatto che fosse dall’animo molto
più calmo, ma sembrava che fosse capitato tra i malandrini per caso. Alla fine,
però, partecipava anche lui alle malefatte del gruppo.
Sophie,
Rose e Severus cercavano sempre di evitarli. Alla fin fine, però, succedeva
quasi sempre che i tre ci rimettessero qualcosa, o meglio, che Severus ci rimettesse
qualcosa, come una figuraccia per esempio. I professori si lamentavano spesso
dei Malandrini. Durante tutto l’anno, i ragazzi erano finiti in punizione
almeno una ventina di volte. Questo però non sembrava fermarli.
Anche
per questo Sophie era orgogliosa di appartenere a Serpeverde. In quella Casa,
potevano anche essere tutti disonesti e arroganti, ma per lo meno erano di
animo molto più quieto. Tranne forse per un piccolo gruppo di ragazzi del sesto
e settimo anno.
Sophie
gettò un’occhiata al centro della Sala Comune, dove Lucius Malfoy sedeva su un
divanetto, accerchiato da Rabastan Lestrange e altri ragazzi dall’aria
tutt’altro che pacifica.
Sophie
aveva avuto modo di conoscerli, durante le vacanze di Natale. Benché non ci
avesse proprio parlato, si era limitata ad osservarli da lontano.
Rose
se ne era andata dai suoi, in vacanza in scozia, così lei era rimasta con
Severus. Nessuno del primo anno era rimasto, a parte un ragazzo di nome Charon
Avery e uno di nome Adam Mulciber, entrambi semplicemente chiamati con il loro
cognome. Erano del dormitorio di Severus, e siccome passarono anche loro le
vacanze ad Hogwarts Sophie ebbe modo di conoscerli.
Con
i tre ragazzi aveva più volte origliato involontariamente i discorsi del gruppo
di Malfoy. Il ragazzo, che a quanto pareva ne era il capo, parlava sempre al
suo gruppo di qualcosa, che tutti denominavano il Grande Segreto. Sophie non
era riuscita a capire di cosa si trattasse, e tutto sommato non voleva nemmeno
saperlo. Avery e Mulciber, però, non la pensavano allo stesso modo, e avevano
più volte provato a scoprirlo.
Dagli
origliati discorsi, aveva però capito una cosa: Lucius Malfoy era profondamente
innamorato di Narcissa Black. Lui cercava sempre di nasconderlo, ma i suoi
amici glielo ripetevano continuamente, tanto che ormai lo sapevano pure i muri.
Durante le vacanze natalizie, poi, data la mancanza della ragazza in questione,
i ragazzi non avevano fatto altro che parlarne.
Narcissa
era del sesto anno, uno in meno di Malfoy e dello stesso di Lestrange. Sophie
aveva avuto modo di conoscere la sua sorprendente capacità di arrabbiarsi senza
battere ciglio. Quando qualcuno la irritava rimaneva ferma e immobile come una
statua di ghiaccio, fissando quel qualcuno con uno sguardo gelido e scostante,
finché il povero malcapitato non si decideva ad allontanarsi.
Solo
Malfoy sembrava saper resistere a quello sguardo. Anche perché quando c’era
lui, la ragazza era abbastanza nervosa e l’effetto non era quello che si voleva
ottenere: finiva sempre che il ragazzo avesse la meglio.
Finite
le vacanze di Natale, spinto dai suoi compagni, Malfoy aveva cominciato a
corteggiarla.
I
primi tentativi erano andati a vuoto. Al primo il ragazzo era riuscito solo a
fare una pessima figura (almeno a quanto le avevano riferito). Al secondo era
andata un po’ meglio, ma la ragazza se ne era andata con una scusa, prima che
Malfoy avesse il tempo di invitarla ad uscire con lui. Il terzo tentativo era
andato sicuramente meglio: Malfoy era riuscito a darsi un controllo e aveva
chiesto a Narcissa, con una stranissima lucidità, di uscire con lui. La scena
era avvenuta in Sala Comune e quindi quasi tutti i Serpeverde ne erano al
corrente. La giovane Black, imbarazzata, aveva accettato.
Stranamente
nessuno era riuscito a sapere come fosse andato l’incontro, ma si presupponeva
che il risultato fosse stato positivo. E infatti il risultato fu più che
positivo: i due ragazzi si misero insieme a metà marzo. Fu un evento di cui
molti parlarono per settimane. E se ne parlava ancora.
In
quel momento Narcissa sedeva accanto a Lucius, abbastanza rigida, e ascoltava
in silenzio i discorsi del gruppo.
Rose
scese le scale del dormitorio e arrivò a passi pesanti vicino a Sophie, per poi
sedersi sul bracciolo della poltrona. Sbatté con rabbia il libro di Difesa
contro le Arti Oscure sulle ginocchia dell’amica e lo aprì a una pagina ben
precisa.
«Che
cav…?» fece in tempo a dire Sophie che Rose puntò un
dito contro una pagina del libro, adirata.
«Si
può sapere che cosa vuol dire?» sbuffò.
Sophie
mise a fuoco le parole del libro con una certa difficoltà, per poi scoppiare a
ridere dopo averle lette. «Ma stai scherzando?» disse tra una risata e
un’altra.
«Si
può sapere per quale motivo ridi?» sbottò Rose e incrociò le braccia al petto,
contrariata.
La
ragazza aveva talmente alzato la voce che in molti si girarono verso di loro,
guardandole contrariati.
«Vuoi
dirmi che non capisci le parole “l’incantesimo di protezione più efficace e sicuramente Protego”?» ribatté Sophie, abbassando un po’ la voce.
Rose
stava per ribattere quando qualcuno dietro di loro parlò. «Direi che questa
affermazione non è del tutto vera…»
Sophie
alzò lo sguardo e lo fissò su un ragazzo del gruppo che, seduto poco lontano da
loro, le guardava con aria beffarda.
«Esistono
alcuni incantesimi che riescono ad eludere la protezione del Protego… dico bene, Lucius?» sogghignò,
girandosi verso l’amico biondo.
Malfoy
alzò lo sguardo e sorrise al ragazzo. «Bè, sì. Ma non credo che al primo anno
si studino gli incantesimi più difficili di magia oscura, Fred».
Rose
rabbrividì e le sue guance si imporporarono leggermente. Sophie, invece,
sogghignò e incrociò le braccia al petto, fissando Lucius con falsa curiosità.
«E quali sarebbero questi incantesimi?» chiese con voce tagliente.
Rose
spalancò gli occhi e guardò l’amica con stupore, quasi spaventata. Anche
Rabastan alzò lo sguardo verso Sophie e la guardò stupito.
Il
sorriso sulle labbra di Malfoy si fece ancora più largo, mentre alzava il mento
e guardava la ragazza, fiero. «Temo di non poterti dire molto altro, stupida
ragazzina… i professori potrebbero sospendermi per questo. Sei ancora troppo
piccola».
Sophie
scattò in piedi, riducendo gli occhi a due fessure e guardando Malfoy con astio
per l’offesa appena ricevuta.
Qualcuno
da qualche parte nella sala ridacchiò e Sophie si accorse che quasi tutti i
presenti avevano appuntato la loro attenzione sulla discussione. «Forse, ci
sono cose che nemmeno uno del settimo anno dovrebbe sapere…» sibilò.
Il
sorriso di Malfoy si spense del tutto mentre il viso impallidiva e si induriva
per la rabbia. Il ragazzo sciolse Narcissa dall’abbraccio e si alzò, avanzando
lentamente verso Sophie. «Che cosa vorresti dire con questo?» ribatté, acido.
Sophie
sogghignò nuovamente. «Ci sono cose che qualcuno non dovrebbe sapere. Per
esempio quegli incantesimi che tu e il tuo gruppo usate spesso quando credete
di non essere visti».
Ora
tutti guardavano Sophie a bocca aperta. Rose trattenne il respiro mentre Malfoy
impallidiva sempre di più. Anche Rabastan si alzò, avvicinandosi a Lucius.
Molti del gruppo avevano cominciato a guardare prima Malfoy e poi Sophie,
alternando con stupore lo sguardo tra i due.
Nessuno,
a memoria di coloro che stavano nella Sala Comune in quel momento, ricordava
che qualcuno avesse mai osato tenere testa a Malfoy. Senz’altro nessuno del
primo anno.
La
mano di Malfoy scattò verso la
bacchetta, mentre il volto si induriva sempre di più. «Come osi…?» disse, e la
sua voce assomigliava sempre di più a un ringhio.
Sophie
inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo con falso stupore. «Come oso fare
cosa?»
Malfoy
scattò in avanti verso Sophie, e stava per afferrarla quando Rabastan lo prese
per un braccio e lo trattenne.
Sophie,
del canto suo, non si scompose e continuò a guardare Malfoy con un sorriso impertinente
sul volto. Rose rimase impietrita al suo posto.
In
quel momento Severus fece il suo ingresso in sala, accompagnato dagli amici
Mulciber e Avery. Tutti e tre si fermarono sull’uscio, guardando la scena che
li si presentava davanti accigliati.
«Dovreste
fare un po’ più di attenzione agli incantesimi che usate…» continuò Sophie
imperterrita.
Fu
al nuovo sguardo omicida di Malfoy che Rose si decise. Avanzò verso l’amica e
le prese il polso con mano tremante, come a intimarle di fermarsi.
«Tu,
stupida, ignorante ragazzina… chi ti credi di essere?» ringhiò Malfoy.
Questa
volta Sophie ricambiò lo sguardo di Malfoy con altrettanto odio. Avanzò di un
passo e puntò un dito contro il ragazzo «Pensi di…?»
Ma
non fece in tempo a finire la frase. Rose la scosse e la tirò per la mano,
cercando di allontanarla da Malfoy. «Che diamine ti salta in mente?» mormorò
spaventata. «Scusate…» mormorò poi rivolta al gruppo.
Sophie
gettò uno sguardo pieno di rancore verso Malfoy e i suoi amici per poi
lasciarsi trascinare su per la scala del dormitorio dall’amica.
Rabastan,
ancora fermo con una mano stretta intorno al braccio di Malfoy guardò la
ragazza allontanarsi mentre uno strano brivido gli percorreva la schiena.
Lucius
si ribellò dalla sua stretta e si guardò intorno disgustato. «Bè? Che avete da
guardare?» sbottò.
Ognuno
tornò alle proprie occupazioni, mentre Malfoy, rosso in viso per la figuraccia
appena fatta, si risedeva al suo posto.
«Devi
però ammettere che la ragazza ha del fegato…» mormorò Rabastan, continuando a fissare
il punto dove Sophie era sparita.
«Si
può sapere cosa ti salta in mente?» sbottò Rose, una volta che furono arrivate
nella stanza.
«Mi
salta in mente cosa?» mormorò Sophie sovrappensiero.
«Ti
sei appena messa contro Malfoy e la sua banda!» ribatté Rose esasperata.
«E
allora?»
«E
allora quelli non te la faranno passare liscia, cosa credi? Non riusciresti a
tenerli testa nemmeno con tutte le tue forze!». Ora Rose guardava l’amica con
apprensione, spaventata dalle conseguenza che la discussione di poco prima
avrebbe potuto portare.
Sophie
spostò lo sguardo su Rose e sorrise amaramente. «Tu credi?»
Rose
scosse la testa e la guardò quasi con timore.
«Quelli
non sanno a che cosa vanno in contro, Rose. Un giorno Malfoy si rimangerà le
sue parole, te lo assicuro» concluse Sophie, e nella sua voce c’era una punta
di stizza.
***
La
stanza era immersa nelle tenebre. L’oscurità avvolgeva i presenti con il suo
manto scuro e quasi soffocava le ammantate figure che sedevano apparentemente
immobili.
La
fioca luce che filtrava a fatica da una piccola finestra da un lato della
stanza illuminava i capi chini di una dozzina di persone. Il silenzio gravava
pesante su di loro e nessuno sembrava voler violare quel muto accordo.
Una
figura si elevò sulle altre e un brivido percorse silenziosamente la setta.
Gli
occhi rosso sangue della creatura percorsero i volti degli uomini e delle
donne, soffermandosi con cura su ognuno. Erano pochi, troppo pochi.
Aprì
le labbra e un nuovo brivido percorse i presenti. Quando parlò, la sua voce risuonò
cupa, gelida e sibilante. Rimbombò per le antiche pareti della stanza,
spezzando definitivamente la quiete che l’aveva accompagnata fino a quel
momento. «Vi ho creato perché mi aiutaste a conquistare il mondo magico» sibilò
serpentino.
Nessuno
si mosse. Nessuno sembrava respirare, sotto il suo sguardo distante.
«Ho
riposto la mia fiducia in voi…» continuò. Un raggio di luce più violento degli
altri riuscì a farsi strada nell’oscurità e colpì il pallido e freddo volto
dell’uomo, illuminando il profilo magro del suo volto. Un lampo attraversò i
suoi occhi, pieno di odio, rabbia e disprezzo. «…e voi ne avete approfittato!»
continuò.
L’uomo
strinse la mano a pugno e lo sbatté sul liscio piano di legno del tavolo,
facendo risuonare la stanza di un basso e cupo rombo.
Il
terrore percorse come un’onda i presenti, facendo pressione su ognuno di loro.
Mentre
la rabbia defluiva attraverso quella mano e si disperdeva nell’aria pesante
della sala, l’uomo rimase immobile, a capo chino, cercando di calmare la
collera che lo opprimeva. Soppesò attentamente le parole, cercando di trovare
quelle più adatte alla situazione.
Avevano
agito come degli scellerati. Avevano approfittato della sua fiducia e avevano
mandato a monte il piano. Inizialmente dovevano cercare l’appoggio della
società, poi avrebbero potuto fare quello che volevano. Prima di arrivare alla
soluzione finale dovevano aspettare pazientemente.
Alzò
nuovamente lo sguardo verso i suoi seguaci. «L’assassinio dei Robert non è
passato inosservato…». La calma era tornata nella sua voce. Non poté non notare
la paura che trafiggeva gli uomini vicino a lui. Era su questo che si basava il
suo regime, sul terrore. I suoi continui sbalzi di umore non facevano che
terrorizzare ancora di più i suoi uomini, e lui lo sapeva bene.
«Gli
Auror hanno gli occhi puntati su di me!» esclamò rabbioso. «La prossima volta
potrebbe essere l’ultima!». Rimase, ansimante, stringendo con le mani i bordi
del tavolo, il volto carico di rabbia repressa.
«Mio
signore…» una voce di donna risuonò flebile, raggiungendo le orecchie del
padrone a fatica. «Io ho cerc…»
«SILENZIO!»
ruggì, l’uomo. «Non mi interessa niente delle vostre banali scuse!». Trasse un
respiro profondo e cercò di placare la sua ira. «Non deve più succedere…»
disse, e la sua voce era tornata calma e distesa.
La
sedia grattò per terra e l’uomo cominciò a camminare per la stanza, seguito
dagli sguardi bassi e pentiti dei suoi seguaci. I suoi passi rimbombarono
cupamente nell’aria mentre compiva un paio di giri intorno alla lunga tavolata,
lo sguardo basso e pensoso. Si fermò in un punto preciso e abbassò il busto,
arrivando con il viso a pochi centimetri da quello di una donna, la quale
continuò a tenere gli occhi fissi di fronte a sé, senza muovere un muscolo.
«Mi
sembrava di essere stato chiaro…» sibilò dolcemente. «L’ordine era uno solo».
La
donna deglutì a forza, senza spostare lo sguardo.
L’uomo
strinse gli occhi a due fessure e continuò «Ti ho dato potere su di loro, ti ho
chiesto di tenerli a bada».
«Mio
signore…» mormorò la donna.
«Non
voglio più tornare su questo discorso!» esclamò l’uomo, questa volta rivolto a
nessuno in particolare. «Voglio che i miei ordini siano eseguiti alla
perfezione, nessuno sbaglio, nessuna sbavatura nel mio piano perfetto…»
«Mi
sono spiegato?» sibilò ancora, e la donna annuì lentamente.
L’uomo
tornò eretto e continuò a camminare intorno al tavolo. «Ho bisogno…» il suo
sguardo saettò tra le figure ammantate. «…di nuovi seguaci. Ho bisogno di
nuovi, uomini e donne, che siano convinti della propria causa e che tentino il
tutto e per tutto per ottenerla».
Tornò
al suo posto e poggiò le mani sul tavolo, puntando lo sguardo davanti a sé,
fissando la parete. «Voglio fare punta sulle famiglie Purosangue, loro sanno
molto bene ciò che voglio ottenere e so per certo che lo vogliono anche loro».
Un
uomo, verso metà tavolo si alzò e guardò il suo padrone, fiero. «Mio signore,
mio figlio… Credo che possa essere pronto» mormorò speranzoso.
Lo
sguardo dell’uomo a capotavola si fermò sugli occhi grigi del proprio seguace e
un sorriso si fece strada tra le sue labbra. Un sorriso privo della benché
minima gioia. «Non sono io a dover decidere. Voglio solo che sia convinto di
ciò che sta facendo».
L’uomo
annuì velocemente, felice della notizia.
«Voglio
solo…» continuò il padrone con voce flebile, rivolto più a se stesso che a
chicchessia. «…che sia all’altezza di Lord Voldemort».
Angolo autrice:
Et voila!
Ecco il quinto capitolo.
Devo dire che scrivere questo capitolo è stato abbastanza interessante.
La scena della discussione tra Malfoy e Sophie è forse una delle scena a cui ho
pensato per prima, durante la stesura della trama. La nostra amica ha un bel
caratterino, eh? ;)
Ci credete? Ho scritto ben mezza pagina di word sui Malfoy… Vi
svelerò un segreto (perché naturalmente a voi interessa…*sguardo omicida*).
All’inizio questo capitolo doveva intitolarsi Amore Purosangue, e doveva essere
interamente centrato su di loro. Ma sapete una cosa? Non mi piaceva. Credo che
vi dovrete accontentare della metà pagina. Non so perché, ma ho un certo
rifiuto naturale per quei due…
Bene, dopo questo interessantissimo discorso posso anche
ritirarmi nel mio angolino. Ah, a proposito degli angolini… ho eliminato
l’angolino pubblicità. *i lettori esultano di gioia*
Ok, ok, la finisco qua.
E naturalmente (non sia mai che non lo facessi), un grazie per
le vostre recensioni! Sono sempre ben accette.
Al prossimo capitolo…
Gageta98
P.S. (elimina l’angolino pubblicità ma pubblicizza la sua pagina
ugualmente… che trovata, eh?): http://www.facebook.com/Gageta98