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Autore: __lesbianquinn    21/10/2012    1 recensioni
Una storia originale tutta inventata da me, ispirata da telefilm che trattano la famiglia, che purtroppo non fanno più telefilm del genere. Spero che possa piacere.
Dal primo capitolo: E' da anni che tutto accade così, all'improvviso. La separazione dei miei genitori e il cambiamento improvviso di mia madre; il litigio dei miei fratelli e il loro continuo chiedermi favori senza mai fare qualcosa per me; la grave malattia del nonno; il brutto rapporto che ho con la maggior parte dei membri della mia famiglia. E' stato tutto improvviso.
Dal quinto capitolo: Per quanto in questi anni ci sia successa una cosa brutta dopo l'altra, riusciamo sempre a dare una parvenza di normalità. Dan e Gabriel sono essenziali per me e papà [...] -- Sospiro pesantemente e porto la testa all'indietro, chiudendo gli occhi. «Cerchi l'ispirazione?» -- «Papà, lei mi ignora!» [...] «Vorrei poter fare lo stesso anche io», borbotta uno dei gemelli [...] «Chi ci vieta di farlo?» -- «Tu non potresti piacere mai ad un ragazzo, figuriamoci ad uno bello e popolare come lui»
Tutti i personaggi sono frutto della mia invenzione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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B e l i e v e - i n - m e
 
10
«Non posso crederci che lo hai fatto!» Inizio a detestare anche la mia voce quando diventa così acuta, ma non è il momento di pensarci. Butto con forza la tracolla sulla sedia, rischiando anche di farla ribaltare a terra, poi mi volto di scatto verso mia sorella, incenerendola con lo sguardo. «Ti ho già detto che mi dispiace», la sua voce non è mai stata così intrisa di falsità, lo sento. Assottiglio lo sguardo e prendo dei respiri profondi, prima di fare qualcosa di cui sicuramente mi pentirò. «Finiscila di mentire, Katy! Tu sei così, è inutile che fai finta di essere dispiaciuta, non ti esce bene!», quasi urlo. Non ho mai dato di matto per le cose che mi faceva mia sorella, ma questa volta ha proprio esagerato. Tra l'altro Erik neanche mi piace, se fosse stato così avrei accettato meglio la bravata di Katy. «Ed io che ti ho anche difesa con papà! Mi sono presa la tua colpa, lui ora non si fiderà più di me e per cosa? Solo per parare il culo ad un insopportabile e stupida oca giuliva!», non riesco a trattenermi, le mie urla sono così forti che sento le corde vocali quasi bruciarmi. Sento dei passi provenire dalle scale, ma li ignoro. «Attenta a quello che dici», mi risponde guardandomi male. A queste parole le scoppio a ridere in faccia, con una tale cattiveria che mai avevo avuto. «Se no cosa mi fai? Mi hai già rovinato la vita, Katy. La mia vita è uno schifo ed è solo colpa tua!», urlo ancora, per poi darle le spalle e salire di corsa le scale. «Non voglio vedere nessuno per le prossime quattro ore!», urlo per l'ennesima volta, questa volta rivolta a tutti quelli che si trovano sotto il mio stesso tetto in questo momento. Entro in camera e sbatto con forza la porta, chiudendo poi a chiave. A differenza da tutte le normali ragazze della mia età non scoppio a piangere, non urlo - anche perché l'ho già fatto abbastanza -, non prendo a pugni nulla. Mi siedo d'avanti alla tastiera professionale che mi ha comprato papà per il mio compleanno, metto le cuffie e inizio a suonare, senza sentire così gli svariati squilli al mio cellulare.
 
11
Fare la strada per arrivare a scuola da sola non è brutto né deprimente, è sicuramente meglio di farla in compagnia di quell'oca di Katherine ... o anche di farla scortata dai miei fratelli, come la sto facendo ora. Raggiungiamo il portone della scuola e mi volto verso di loro. «Grazie ragazzi, ma in classe posso arrivarci sola», dico sorridendo ironica. I due si scambiano una strana occhiata. Divento seria, sospirando e guardandoli con attenzione. Sorrido dolcemente e mi avvicino a loro, abbracciando prima uno - inutile dire che Gabriel si è staccato dopo neanche mezzo secondo - e l'altro. «Siete dolci a preoccuparvi per me, ma io sto bene», dico seriamente, poi li saluto ed entro nell'edificio. Non ho mai avuto così tanti occhi addosso, è una sensazione assolutamente orribile. Le risatine, gli insulti, persone che mi indicano, tutto terrificante. Mi stringo nelle braccia e cammino velocemente verso la classe di spagnolo, incrociando così Marie, la quale mi saluta con un sorriso. Almeno questo non è cambiato e lei non mi tratta come tutti gli altri. «Ascolta Eve, ieri ho parlato con il professore di canto ... », inizia a parlare, sorridendomi appena. Alzo un sopracciglio, sembra nervosa. « ... e lui mi ha detto di chiederti se ... insomma, si, se ti andava di cantare una canzone come solista alla nostra piccola esibizione di sabato, come apertura dell'assemblea», mi spiega velocemente. Ora capisco perché è tanto nervosa, teme che io dica di no ... e fa bene, perché non potrei mai cantare d'avanti a tanta gente. Socchiudo le labbra e faccio per risponderle, ma vedo mia sorella e le sue amiche passarci d'avanti. Mi guardano, poi scoppiano a ridere, compresa quella stupida di Katy. Basta, mi sono stufata di essere la timida ragazzina insignificante dell'istituto. Prendo un respiro profondo e mi volto verso Marie. «Ci sto».
 
12
«Sono una stupida, sono una stupida, sono una stupida. Come ho potuto anche solo pensare di riuscirci? Non posso, io ... non posso». Sabato è già arrivato, il tempo è passato in fretta, troppo direi. Ora mi trovo dietro le quinte del piccolo palcoscenico che abbiamo in auditorium, a camminare nervosamente avanti e indietro sotto gli occhi di Marie e di altri componenti del coro, muovendo freneticamente le mani d'avanti al mio viso, senza smettere neanche un attimo di ripetere "sono una stupida". Il preside, dopo aver fatto un suo breve discorso, ci invita a salire sul palco ed esibirci. Prendo un respiro profondo e, senza riuscire a farne a meno, passo gli occhi su tutti i ragazzi seduti in auditorium. Sono tanti, troppi direi, è tutta la scuola, compresi i professori, ed io ... io non ce la posso fare. Il mio sguardo cade su Katy, la quale sta ridacchiando con le amiche, lanciandomi di tanto in tanto qualche sguardo. No, non mi posso tirare indietro. Devo dimostrare a lei, e anche a me, che io posso farcela. Prendo l'ennesimo respiro profondo, poi mi volto verso i ragazzi e faccio un cenno con il capo. Il pianoforte suona e, come al solito, la sua musica mi rilassa, mi calma, mi trasforma. «I'm losing myself», inizio a cantare. La mia voce è bassa, anche se amplificata dal piccolo microfono posizionato su di me e sul coro. «Trying to compete», continuo, chiudendo gli occhi e sentendo il cuore battere all'impazzata. «With everyone else ... instead of just being me». Solo adesso mi rendo conto di quanto questa canzone possa essere perfetta per me. Per paura di non essere in grado di competere con gli altri non sono mai stata me stessa e ora voglio rimediare. «I don't know where to turn», la mia voce si fa più forte, la mano destra si chiude a pugno attorno ad un pezzo di stoffa dei miei pantaloni bianchi. «I've been stuck in this routine», continuo a cantare, sentendo il cuore battere sempre più forte, mischiandosi con il dolce suono della musica. «I need to change my ways ... instead of always being weak». Dio, è vero anche questo. Devo cambiare il mio modo di fare, devo smetterla di avere paura, io non sono una debole. Apro di scatto gli occhi, ma non ho il coraggio di guardare le persone che ho d'avanti, così mi volto verso Marie, la quale mi sorride, come a darmi forza. «I don't wanna be afraid, I wanna wake up feeling beautiful ... today». Non posso crederci, ce la sto facendo. La mia voce è ancora più forte di prima, segue le note del pianoforte e, sembra strano detto da me, ma mi piace. «And know that I'm okay, 'cause everyone's perfect in unusual, ways you see ... », canto e sorrido. Si, mi apro in un sorriso sereno, spensierato, sono contenta di aver rischiato a modo mio, di aver sfidato la mia paura. « ... I just wanna believe in me», finisco il ritornello e il coro fa la sua parte. Sorrido ancora, muovendomi appena sul palco. Ormai è come se mi trovo alle semplici prove, dove posso liberarmi di tutti i miei problemi, cantare con il cuore e svuotare la mente. «The mirror can lie, doesn't show you what's inside». Lo specchio può rifletterti, ma non può mostrare quello che hai dentro. Mentre canto questa piccola frase mi volto verso Katy. Il mio sorriso è sparito; i suoi occhi sono puntati su di me, è seria. «And it, it can tell you your full of life». Quasi non presto attenzione alla mia voce, a quella dei miei compagni o alle dolci note del pianoforte, sono troppo presa a guardare mia sorella. «It's amazing what you can hide ... just by putting on a smile», cantando questa frase mi apro in un sorriso, un misto tra finsione e realtà, perché sono contenta che l'esibizione stia andando bene, ma non riesco ad essere del tutto felice, avendo d'avanti un membro della mia famiglia che, da egoista qual'è, non mi sostiene solo perché, in questo momento, i riflettori sono puntati su di me. Ed è proprio come penso, perché lei ora si alza e, senza degnarmi più di uno sguardo, se ne va. Parte il ritornello ed io non vedo l'ora di terminare la canzone e di andarmene a casa mia. «I'm quickly finding out I'm not about to break down ... not today», cantare questa frase mi ha fatto rendere conto che non posso perdere l'entusiasmo per la mia vittoria contro la paura per colpa di un oca egoista. «I guess I always knew that I had all the strength ... to make it through», dopo di questo ancora il ritornello, ma con un piccolo cambiamento, un cambiamento che, senza rendermene conto, sta avvenendo anche in me, anche se solo per un istante: «Now I believe in me».
 
13
L'auditorium si svuota lentamente, mentre ragazzi e ragazze non fanno altro che parlare tra di loro su quello che hanno appena visto: la piccola dei Taylor, la timida e insicura Eveline, ha tirato fuori le unghie e la voce, cantando come solista all'assemblea. E' così euforica che quasi non presta attenzione alle parole del preside e dei rappresentanti di istituto, così come gli altri alunni, tra l'altro. Esce velocemente dall'aula, seguita dalla sua amica Marie, ridendo spensierata, senza rendersi conto di un paio di occhi azzurri che la guardano da lontano e di un sorriso che si è appena disegnato sul volto di uno dei ragazzi del quarto anno, il quale viene subito raggiunto da alcuni dei suoi amici, che lo allontanano così dai pensieri che, da molto ormai, gli riempiono la testa.
 
 
 
Spiegazioni:
 
La canzone che canta Eveline è Believe in me di Demi Lovato, canzone che, tra l'altro è anche nel titolo del capitolo.

Ciao gente. In questo capitolo si può notare come ha reagito Eve dopo la cattiveria fatta dalla sorella e come decide, a modo suo, di sfidare se stessa e di mettersi in mostra, anche solo per un paio di minuti.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se non capite qualcosa basta dirlo.

 
Distinti saluti.
LesbianQuinn.
   
 
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