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Autore: ste87    21/10/2012    14 recensioni
"Sposto ancora lo sguardo e per poco non mi affogo con quello che sto bevendo quando mi accorgo chi è seduto due tavoli più in la. Non posso evitare di agitarmi ogni volta che lo vedo, se poi lo scopro in compagnia di altre donne è anche peggio. Con lui faccio sempre finta che non mi importi con chi si frequenta e che può fare quello che vuole della propria vita, ma non posso negare di sentire una fitta dilaniante alla base del cuore quando ci comportiamo come due estranei. Ma ormai è questo che siamo diventati, due estranei che si fanno costantemente la guerra per non rischiare di far riaffiorare dei sentimenti che ci farebbero solo soffrire. Lo so io, lo sa lui e lo sanno le persone che ci stanno intorno, almeno quelle a cui teniamo di più." Bella e Edward sono divorziati e genitori di una bambina di nome Sophie. Cosa li ha portati alla separazione? E soprattutto riusciranno a ricucire un rapporto lesionato da tempo? Non vi resta che leggere!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Buongiorno a tutte! Sono tornata con il nuovo aggiornamento. Prima di tutto volevo ringraziarvi per come avete accolto il primo capitolo e per le parole splendide che mi avete scritto nelle recensioni. Volevo chiarire, visto che qualcuno me lo ha chiesto, che il titolo della storia è proprio ispirato alla musica di Einaudi che fa da cornice al primo incontro dei nostri protagonisti. Non fate nessuna congettura, non cela nessun altro significato particolare, almeno… non per adesso! Chissà che vuol dire? Lo scoprirete più avanti, tranquille.

Un ringraziamento particolare va alla mia sorellona che mi ha aiutato in ambito tecnico, visto che è laureata in Scienze della formazione Primaria, perciò tutte le informazioni e gli esempi che troverete ad un certo punto del capitolo me le ha fornite lei. Diciamo tutte un bel grazie a Francesca? GRAZIE FRANCESCA!

E grazie alla mia amorosa AnImoR_ 7 che mi ha aiutato a correggere l’obbrobrio che vi apprestate a leggere…

Buona lettura, ci vediamo sotto!

  

 

Giovedì, 13 ottobre 2011

C’è un suono nell’aria, una melodia dolce che mi sembra di ricordare. Una nube fitta si staglia davanti ai miei occhi impedendomi di vedere bene; sento che sto per soffocare. Ma ecco che la musica cresce d’intensità e la nube si leva da terra dandomi un po’ di sollievo. Ad ogni accordo percepisco sempre di più la famigliarità di quel suono e quando mi rendo conto che è la canzone che mi lega a Edward comincio a correre per individuarne la provenienza. Ad ogni passo percorso corrisponde un battito in più del mio cuore, sono impaziente, troppo impaziente di trovarmi di fronte a lui. Si, so che è lui a suonare, chi altri potrebbe essere? Solo lui riesce a farmi fibrillare il cuore schiacciando il nero e l’avorio dei tasti di un pianoforte. Quando mi sembra di aver corso per chilometri sussurrando il suo nome ecco che all’improvviso vado a sbattere contro una porta. La nube in quel punto è profumata di… cosa? Zucchero a velo? E la musica è senza dubbio più forte. Non mi fermo neanche un secondo prima di abbassare la maniglia e vedere cosa c’è dietro. Quando apro la porta la scena che mi si presenta davanti è la medesima del primo incontro che ho avuto con Edward, perciò non mi stupisco di trovarlo seduto sul suo sgabello, concentrato a riprodurre quella stessa melodia. Non si accorge di me così decido di andargli incontro.

-Edward?- lo chiamo ma da lui non ricevo nessuna risposta. Comincio a giragli intorno troppo agitata e frastornata per quello che sta succedendo. Non capisco… perché non si gira? Perché non mi parla? –Edward- sussurro questa volta proprio all’indirizzo del suo orecchio, ma niente. Com’è possibile? Mi sembra di rivivere il momento peggiore della mia vita, quando speravo che l’unica cosa in grado di aggiustare il nostro rapporto fosse semplicemente parlare. Ma in quel periodo non c’era posto per le parole.

-cosa ci è successo?- sussurro quasi involontariamente sentendo un dolore sordo al petto al solo ricordare.

-abbiamo dimenticato cos’eravamo l’uno per l’altra- mi risponde lui sorprendendomi continuando tranquillamente a suonare. Sto per ribattere ma la musica finisce e tutto intorno a me scompare come risucchiato da un vortice ed Edward con lui. Adesso c’è solo il buio, lo sento come una seconda pelle cercare di stritolarmi e improvvisamente sento un’orribile sensazione di terrore. Non voglio rimanere sola, non voglio. –Edward!- grido questa volta affinché mi senta e venga ad aiutarmi, ma niente non mi sente nessuno. Una mano invisibile mi copre la bocca impedendomi di respirare e a nulla valgono le mie urla. Davvero non posso contare più su nessuno? Chi sarebbe venuto ad aiutarmi se avessi lanciato il mio S.O.S di soccorso? Mio padre? Edward? L’unica persona alla quale avevo affidato tutto il mio amore e la mia vita e che non aveva fatto altro che sbriciolare il mio cuore in mille microscopici pezzettini? No, ero davvero sola. Una lacrima sfugge al mio controllo e per quanto amara sia la verità mi dico che non posso permettermi di soccombere. Una risata argentina mi fa drizzare subito le orecchie e in quel momento capisco che in realtà c’è una persona sulla qualche potrò contare per sempre, la mia unica ragione di vita, il mio angelo… Sophie. Racimolo tutto il fiato che ho in corpo e facendomi coraggio comincio ad urlare a più non posso fino a che il buio scompare e la sensazione di vuoto non lascia il posto ai colori.

E poi mi sveglio.

Sobbalzo nel momento in qui apro gli occhi e mi accorgo di avere le guance umide e il respiro affannato. Non ho nemmeno il tempo di fare mente locale e capire quello che è successo che la sveglia suona puntuale. Sto per girarmi ma subito una manina si posa sul bottone e la ferma al posto mio. Sophie è distesa accanto a me nel lettone e mi guarda come se avessi tre teste.

-buongiorno amore- le dico prima di stringerla forte tra le braccia.

-mami stai bene?- mi chiede subito dopo tornando a guardarmi nello stesso modo di prima.

-certo, perché?- le chiedo soffocando in un sospiro la paura che ho provato durante quell’incubo.

-urlavi poco fa- mi dice con aria dispiaciuta e anche un po’ spaventata.

-non è niente tesoro- le dico rassicurandola, ci mancava solo che assistesse alla scena penso tra me e me. Tante volte durante la notte corre ad infilarsi nel mio lettone ed io la lascio fare, ma mi dispiace che poi debba assistere a situazioni di questo genere.

-hai anche detto il nome di papà, tante volte- non posso combattere la sensazione di sconcerto che provo in questo momento e neanche i brividi che mi percorrono la schiena al solo sentire quelle parole. Dannazione, e adesso?

-emmh… non è successo niente. Davvero Sophie sto bene. Vado a preparare la colazione, vieni con me?- le dico balzando giù dal letto e indossando una maschera di pura allegria. Sophie mi guarda scettica per un momento ma poi accetta la mia mano e insieme ci dirigiamo in cucina.

Per fortuna scorda presto quello che è successo incollandosi con il muso davanti al televisore. Guarda un po’ i cartoni spensierata ridendo di fronte alle disavventure di “Manny tuttofare” prima che la prenda, tra risate e lamentele generali, e la porti a prepararsi per l’asilo.

Quando usciamo di casa la città è già intasata dal traffico, i negozi sono affollati e le strade piene di gente, ma di cosa mi stupisco? Questa è New York ed è logico che le persone corrano frenetiche da una parte all’altra e che sembra che non dormi mai nessuno. Alla svelta ci infiliamo in macchina e con una manovra azzardata mi immetto nel traffico newyorkese.

-allaccia la cintura Sophie, non voglio ripetertelo due volte- le dico mentre guardo le sue mosse dallo specchietto retrovisore. Da brava si siede composta e allaccia la cintura proprio come le ho detto di fare. Nel contemplarla mi rendo conto sempre di più di quanto sia incredibile la somiglianza con il padre; non posso ritrovare che lui nelle sue mosse, nella sua bellezza quasi eterea, nei suoi boccoli ramati, nei suoi occhi verdi come i prati si montagna. Dio quegli occhi, sono la mia perdizione. Anche nel sogno di stamattina non ho fatto altro che cercarli. Era tutto così vero, così reale, e poi le parole di Edward che sento ancora chiare nella mente … “abbiamo dimenticato cos’eravamo l’uno per l’altra”. Sospiro pensando che tra poco meno di 10 minuti lo rivedrò per l’incontro con l’insegnate di Sophie.  

Il suono di un clacson mi fa rinsavire e capisco di star bloccando il traffico. La macchina dietro la mia aspetta impaziente che mi smuovi dal semaforo che intanto si è fatto verde.

Arriviamo a destinazione in perfetto orario nonostante il via vai delle automobili e subito parcheggio nel primo posto libero. Aiuto Sophie a scendere dalla macchina e insieme ci dirigiamo verso l’entrata dell’edificio scolastico.

-Buongiorno Sophie, buongiorno Signora Swan- mi saluta cordiale la maestra di mia figlia una volta entrata in aula. Dopo il divorzio ho deciso di ritornare al mio cognome da nubile, non aveva senso rimanere ancorate al passato.  

-buongiorno signorina Blanchard- le risponde subito la mia piccina con tono affettuoso per poi correre a giocare con le sue amichette. La signorina Blanchard è una ragazza molto solare, avrà si e no 30 anni, è alta all’incirca quanto me, ha i capelli scuri e due occhi azzurri da togliere il fiato. È sicuramente molto bella.

-signorina Blanchard, è un piacere rivederla. Se non sbaglio ha riferito a mia cogn… mi scusi alla signorina Cullen che voleva parlarmi- dico in fretta riprendendomi subito dalla gaffe.

-si, non sbaglia. Ma speravo che ci fosse anche il signor Cullen all’incontro- mi dice rammaricata.

-dovrebbe arrivare a momenti- le dico seguendola fuori dall’aula per dirigerci nel suo ufficio.

-aspettate! Ci sono anch’io!- urla una voce alle nostre spalle e sarei completamente rincoglionita se non la riconoscessi all’istante. 

Mi giro e lo vedo avanzare verso di noi con la sua solita camminata fluida e si, lo ammetto, anche molto sexy e appena mi si para davanti per un secondo smetto di respirare.

-volevate cominciare senza di me?- il suo tono vorrebbe essere ironico ma in realtà ha tanto l’aria di essere seccato. Non mi stupisco infatti che dopo aver stretto la mano della signorina Blanchard mi rivolga uno sguardo accusatorio.

-prego accomodatevi- dice la maestra indicando le due sedie davanti alla scrivania.

-vi ho invitato a venire qui perché dobbiamo parlare di Sophie – questo lo sapevo.

-e…?- la incito a continuare troppo agitata della situazione che si sta creando.

La signorina non dice nulla, si limita a tirare fuori dei fogli dal suo portadocumenti posto sul tavolo cominciando a fissarli.

-Sophie non vive bene la vostra separazione- butta lì facendomi ammutolire, rivolgo un occhiata a Edward e lo scopro a fissarmi, come me non accenna a dire niente. In verità è una cosa che sapevo benissimo, o almeno lo sospettavo. Quale figlio vive bene la separazione dei propri genitori? Adesso però la domanda è come ha fatto lei a capirlo.

-cosa intende per “non vive bene la vostra separazione”? Ha fatto o detto qualcosa che ci riguarda?- dico preoccupata.

- non direttamente, mi spiego meglio: apparentemente Sophie è una bambina come tutte le altre, non dimostra un disagio marcato, anzi è molto solare e… ed è per questo che vi ho invitati a venire qui oggi. Non vorrei che le cose peggiorassero. Ecco guardate- dice porgendoci dei disegni fatti chiaramente da un bambino.

-questi disegni li ha fatti vostra figlia. Sapete, la separazione attualmente viene considerata come un evento possibile nella relazione di coppia unita o no dal vincolo matrimoniale ma costituisce, sempre, una forte esperienza che può influire sui bambini in vari modi che dipendono da diversi fattori - dice interrompendosi- Nei disegni di bambini con genitori separati è possibile rilevare una scarsa valorizzazione di sé, espressa dall’assenza di particolari verso gli altri personaggi- dice indicando nel foglio che tengo in mano la figura mia e di Edward ai lati di una bambina dai capelli ramati - come ad esempio il colore di occhi e capelli con un utilizzo di colori più sfumati e freddi, o addirittura assenza di colore - infatti noto con rammarico le nostre figure messe meno in evidenza rispetto alla sua. I miei capelli risultano sbiaditi e gli occhi di Edward verdi come i suoi sono in realtà sul grigio. 

-anche quando disegnano personaggi sospesi per aria è indice di instabilità e insicurezza- dice indicando il foglio che invece ha in mano Edward. In questo caso è proprio Edward ad essere sospeso per aria attaccato ad un palloncino. Vedo il diretto interessato irrigidirsi e subito una fitta di insicurezza mi coglie impreparata.

-questo disegno potrebbe non voler dire quello che intende lei. Insomma… sono sospeso attaccato ad un palloncino, non ci vedo nulla di male- sento in Edward la stessa insicurezza che sento dentro di me mista alla volontà di non credere a quello che la signorina Blanchard ci sta dicendo.

Lo vedo deglutire a fatica mentre serra i denti in una morsa d’acciaio; la sua mascella è completamente contratta.

-capisco la sua reticenza signor Cullen, ma lasci che le spieghi-

Subito prende come esempio altri fogli dalla sua scrivania. I fogli in questione raffigurano esclusivamente due figure, la mia e quella di Sophie -   il bambino instaura un legame unico e totalizzante con il genitore affidatario, omettendo l’altro genitore, dal momento che i rapporti con questo diventano più scarsi o addirittura nulli, probabilmente meno significativi per il bambino-

-ma io passo molto tempo con mia figlia, non è vero Bella? Diglielo anche tu- il tono di Edward è molto allarmato per non dire terrorizzato e le sue parole giungono alle mie orecchie come una richiesta d’aiuto. Mi guarda come per dirmi “avanti passami quella cima, non lasciarmi affogare” ed io mi sento intimorita da quello sguardo. Perché lo conosco molto bene, e non si può resistere a quello sguardo è sicuro. Solo che a differenza mia lui non l’ha mai capito, avevo quello sguardo nel periodo in cui ci siamo lasciati e non è servito a niente, io invece l’ho sempre tirata quella cima, sempre. Comincio a sentirmi soffocare, vorrei chiedere alla maestra di aprire la finestra che c’è alle sue spalle. –Bella?- mi chiama ancora Edward vedendomi annaspare e questa volta la sua voce è una specie di balsamo per i miei nervi tesi. Lo guardo e come capita sempre, mi perdo dentro quei pozzi tanto profondi quanto pericolosi. Scuoto la testa per tornare con la mente al presente e al vero motivo per il quale siamo qui, e comincio a riflettere. Il tempo che Sophie trascorre con Edward non è moltissimo ma non è neanche poco se proprio vogliamo essere  sinceri. Dopo la separazione la bambina è stata affidata a me e come è normale che sia vede Edward solo su incontri stabiliti. Trascorre con lui quasi tutti i fine settimana, anche se lui è molto impegnato a lavoro e alcune volte si trova costretto a disdire e a passare con lei solo la domenica. Di una cosa sono sicura però, nonostante non sia molto il tempo che hanno da dedicare l’uno all’altra, il loro legame è molto forte. Lei stravede per lui e lui beh, per quanto la nostra vita insieme sia andata a rotoli, devo dire che invece gestisce molto bene il rapporto con Sophie. Ma il problema qui non è il rapporto che c’è tra i due, bensì quello che c’è tra me è Edward. A quanto ho capito la signorina Blanchard sta prendendo in esame la nostra separazione.

-il punto non è questo Edward- mi ritrovo a dirgli guardandolo scossa- lo sappiamo entrambi quanto tu voglia bene a nostra figlia ed anche lei lo sa, fidati-

- e allora qual è il punto?- riprende lui agitato portandosi una mano nella massa di capelli che si ritrova in testa.

-il punto è che per Sophie sta diventando importante vederci insieme. Lei vorrebbe che fossimo una famiglia, dico bene signorina?- dico rivolgendomi direttamente all’unica persona che può dirmi se il mio ragionamento è giusto o sbagliato.  

-non sbaglia, no-

-si, ma cosa possiamo fare a questo punto? Noi siamo separati e Sophie non ha mai dimostrato la sua necessità di volerci vedere insieme, dice che è capitato qualcosa che ha fatto nascere in lei questo bisogno?- dice Edward dando voce anche ai miei pensieri.

-beh, la risposta è semplicissima. E’ una bambina e come tale sta cominciando a sentire dei bisogni, sta crescendo. I bambini sono influenzati continuamente da tutto quello che li circonda, lei avrà visto qualche cartone in tv di una famigliola felice in cui mamma e papà abitano sotto lo stesso tetto, o molto probabilmente avrà visto qualche suo compagno insieme ai suoi genitori e si sarà chiesta perché anche voi non potete essere così, perché anche i suoi non la vengono a prendere insieme a fine giornata. Non so quale sia il fattore scatenante, so solo che sta dimostrando questo disagio attraverso i suoi disegni e mi è sembrato giusto farvi venire qui per parlarne-

-cosa ci consiglia di fare? Beh siamo separati e questa è la realtà, ma sono sicura che entrambi siamo disposti a fare qualsiasi cosa per darle sicurezza e farle capire che noi ci saremo sempre per lei- dico guardando prima la maestra e poi Edward che mi fissa come per dire “si sono con te, mi butterei anche tra le fiamme per lei” e questa è una cosa che mi riempie d’orgoglio.

-beh per prima cosa non fatela mai sentire come se fosse un peso per voi, e neanche come se fosse una vostra proprietà esclusiva, cioè che deve stare esclusivamente con la mamma o con il papà. Fatela divertire quando state insieme e se è possibile fate in modo che ogni tanto senta uscire dalle vostre labbra le parole “possiamo chiedere a mamma cosa ne pensa” oppure “che ne dici di invitare papà ad unirsi a noi?”, è questo quello che le serve. Sapere che nonostante non abitiate sotto lo sesso tetto per lei ci sarete sempre, per lei sarete disposti a fare una passeggiata tutti e tre insieme anche se alla fine le vostre strade si separeranno. Però il ricordo di aver passato del tempo piacevole con voi sarà più forte della mancanza che invece sente adesso. Io non so come sono i vostri rapporti e nemmeno voglio immischiarmi- dice abbassando per un attimo lo sguardo imbarazzata – ma fate in modo che non vi veda litigare o che diciate cose brutte l’una dell’altro in sua presenza-

Mi trovo ad annuire quasi inconsapevolmente mentre dentro di me cerco di immagazzinare ogni informazione che la signorina Blanchard ci sta dando. Non abbiamo mai inveito l’uno contro l’altro quando c’è Sophie nelle vicinanze e certamente non intendiamo farlo adesso.

-dunque suppongo che sia una cosa che dobbiamo risolvere tra noi, la ringrazio moltissimo signorina Blanchard. Adesso se non le dispiace vorrei vedere Sophie, posso salutarla?- chiede Edward cordiale quanto impaziente di vedere la bambina.

La signorina annuisce e dopo aver abbandonato il suo ufficio ci dirigiamo insieme da nostra figlia. Quando Sophie ci vede insieme sull’uscio della porta ci raggiunge per buttarci le braccia al collo cogliendoci un po’ impreparati; per poco non casco non il sedere per terra. Il suo volto è raggiante quando si stacca da noi.

-allora piccolina che stavi facendo?- le chiede Edward accompagnandola verso le altre bambine con le quali stava giocando poco prima che entrassimo.

-questo è il mio papà- dichiara orgogliosa lei mentre sul viso di Edward vedo spuntare un sorriso di pura estasi. È inevitabile a quel punto chiedermi come sia stato possibile non accorgermi mai di niente, come non abbia mai avvertito questo tipo di disagio in lei. Solo ora che la vedo ridere e giocare con il padre mi rendo conto di quanto le faccia bene stare con lui o comunque vederci insieme nella stessa stanza. Sento i brividi corrermi lungo la schiena e gli occhi inumidirsi al sol pensiero che basta veramente così poco per renderla felice.

Interrotti dalla maestra siamo costretti ad andarcene per consentirle di continuare il normale svolgimento della lezione. Salutiamo Sophie con un altro abbraccio e poi andiamo via.

-grazie infinite per quello che ha fatto oggi signorina Blanchard…- comincia a dire Edward che viene subito interrotto dalla diretta interessata. 

-oh ma la prego mi chiami Mary Margaret- un momento! A me non l’ha mai chiesto! La guardo assottigliando gli occhi quando mi rendo conto che è diventata più rossa di un peperone. Edward le rivolge un sorriso e penso che potrei vederla implodere da un momento all’altro. Questo pensiero mi fa alzare gli occhi al cielo troppo abituata a vedere ogni esemplare del genere femminile andare in iperventilazione quando c’è Edward nei paraggi, ed è più che evidente che il mio ex marito ha fatto colpo anche in questo caso.

-si, la ringrazio davvero tanto. Ora dobbiamo andare, grazie mille per la sua disponibilità- mi intrometto io per nulla contenta di fare da spettatrice a due pavoni intenti a fare la danza dell’amore. Spingo Edward ad andarcene, si può dire che quasi lo trascini verso la porta d’uscita e quando siamo fuori all’aria aperta mi guarda quasi male.

-che c’è?- gli chiedo stupita.

-niente- mi risponde lui con tranquillità scrollando le spalle.

-ah mi sembrava. Ti pare il caso? È la maestra di tua figlia!- questa volta il mio tono è un filino tagliente.

-Bella ma non stavo facendo niente, davvero-

-okay, se lo dici tu-

-ma la signorina Blanchard non aveva detto che dovevamo evitare di litigare?-

-si, evitare di farlo davanti a Sophie e guarda un po’, adesso Sophie non c’è-

Restiamo fermi a sbuffare e soffiare aria dal naso come due tori incazzati per un po’ prima che uno dei due si decida a parlare, e lo fa lui.

-senti, ti andrebbe di andare a prendere qualcosa in quel café che ti piace tanto? Così possiamo parlare tranquillamente della situazione- mi dice tornando improvvisamente serio. Guardo l’orologio, sono a malapena le 9.45 del mattino. Okay decido che si può fare, ho ancora tempo prima di andare al lavoro, ciò che mi stupisce è che ce l’abbia lui il tempo.

-ma non devi andare al lavoro tu?- gli chiedo incrociando le braccia al petto.

-dovrei, ma ho detto a Mike che mi serviva la mattinata libera per questioni di famiglia. Lo raggiungo in ufficio dopo pranzo- 

-okay- acconsento a quel punto – ma io vengo con la mia macchina-

Alza le braccia al cielo in un gesto di resa e ridendo si allontana verso la sua auto. Io salgo nella mia e diligentemente quando si immette nel traffico mi accodo dietro al suo posteriore. Improvvisamente scoppio a ridere come una cretina chiedendomi se le cose cambieranno mai tra noi due. Sono sempre stata io quella a inseguirlo, sempre e per una volta, una volta soltanto mi concedo di fare il contrario (anche se si tratta di una stupidaggine). Lo sorpasso proprio quando giungiamo in una strada abbastanza larga da permettermi di farlo e mi lascio andare a un – vediamo CHI insegue CHI adesso- mentre vedo nello specchietto retrovisore un sorriso illuminargli il volto.

 

***********

Il tragitto dalla scuola di Sophie al café non è tanto lungo perciò non ci mettiamo niente ad arrivare. Parcheggio proprio di fronte al Café Boulud sulla 76th Street/ Madison e scendo aspettando che Edward mi raggiunga prima di entrare dentro. Adoro questo café è incantevole e non sembrerebbe a giudicare dalla facciata esterna di semplici mattoni bianchi e dalle tende verdi con il nome del locale stampato sopra. In realtà è dentro che il Cafè Boulund ti stupisce. È dotato di una comoda sala interna in stile un po’ retro con le sedute in legno bianco e grandi tavoli dalla forma rotonda. Anche il bancone è una delle caratteristiche che mi piacciono di più. Sempre in stile retrò ha quel qualcosa di carismatico e di vissuto che sembra uscito direttamente da un film di Fellini. Ma al suo interno cela anche qualcos’altro, qualcosa di molto prezioso. Attraversando una porta finestra ci si ritrova all’aria aperta in un terrazzo con al centro una fontana bellissima e un giardino con mille fiori colorati. Un pergola scende dal soffitto completamente rivestita da una bouganville rossa e tu ti senti subito catapultata in un terrazzo della costiera amalfitana. Oh, quanto vorrei visitare quei luoghi e l’Italia in generale. Forse un giorno…

-eccomi, possiamo entrare- la voce di Edward mi arriva così vicino all’orecchio che sobbalzo dallo spavento presa com’ero dal mio viaggio pindarico.

-oh, si andiamo- mi guarda perplesso per un attimo per poi distendere le sopracciglia inarcate.

-Bella? Non ci credo! Come stai? È da un po’ che non ti vedo- esclama subito il padrone di casa quando varco l’ingresso del café. Lascia dei clienti agli altri camerieri e viene nella nostra direzione.

-ciao James- lo saluto calorosamente lasciando che mi abbracci forte. James è una persona veramente adorabile, lo conosco da tanto tempo. Ci siamo conosciuti grazie ad amici in comune e da allora non ci siamo più persi di vista. Gestisce questo locale da parecchi anni ormai, l’ho aiutato io ad inserirsi in questo mondo quando da semplice cameriera mi sono ritrovata con un libretto degli assegni in mano. Svolge il suo lavoro egregiamente nonostante i grattacapi siano tantissimi, ma in quanto a pazienza lui è super fornito, ne ha da vendere. Non lo vedrai mai con il broncio o incazzato nero, come qualcuno di mia conoscenza. Rido tra me e me pensando che potrei proporre a Steve di venire a prendere lezioni di autocontrollo da lui.

-è bello ritrovarti, non far passare così tanto tempo prima che veda di nuovo te e il tuo culo rinsecchito nel mio locale, chiaro?- rido della sua battuta mentre sento qualcuno schiarirsi debolmente la voce.

-sei sempre il solito, non cambierai mai- dico divertita.

-e chi ha intenzione di farlo!- esclama scandalizzato facendomi ridere ancora più forte.

-bene perché potrei rinnegarti come amico se solo lo facessi- gli punto l’indice alla faccia in segno di minaccia. Questa volta è il suo turno di ridere e di abbracciarmi nuovamente. Continuerei a scherzare all’infinito con James ma il gracchiare di Edward mi fa giare completamente nella sua direzione. È rimasto fermo e impalato, con le mani in tasca a fissarci con uno sguardo torvo per tutto il tempo.

Improvvisamente mi sento avvampare.

“finiscila cretina!” mi ammonisco mentalmente.

-emmh, James… ti ricordi di Edward, il mio… il mio ex marito?- dico mentre lo tiro da un braccio per fargli vedere che non siamo soli.

-oh, si che mi ricordo. Ciao Edward è un piacere rivederti- esclama il mio amico porgendo una mano ad Edward che gliela stringe forte. Per un attimo penso che potrebbe rompergliela.

-il piacere è mio. Anche io mi ricordo di te, “il mio amico impiccione e cazzone” non è così che lo chiamavi Bella?- per poco non mi affogo con la mia stessa saliva quando sento quelle parole. Lo guardo di sbieco e mi dico che ci penserò dopo a strigliarlo per bene, sempre che non lo uccida prima. Sto per replicare soprattutto per non creare malintesi con James che è proprio lui ad intromettersi.

-muhaha si, sono io. Bella può chiamarmi come vuole, non è vero scheggia?-

Anche questa volta il mio sguardo non è dei più pacifici e ammonisco con gli occhi James per come mi ha chiamata. È un botta e risposta che mi sta mettendo in agitazione, sembrano due galli che combattono nell’aia. Così decido di prendere in mano la situazione, non voglio vedere spargimenti di sangue.

-si, va bene. James vorremmo un tavolo fuori in veranda ci accompagni?-

-naturalmente, seguitemi-

Come se stessimo giocando a fila indiana ci dirigiamo uno dietro l’altro verso il terrazzo sul retro e per poco non vado a sbattere con la faccia sulle spalle del mio amico quando si ferma di botto.

-come sta Charlie? È da un po’ che non lo vedo, si sta riprendendo?- mi chiede affiancandomi e insieme riprendiamo a camminare. Dietro di me sento Edward sospirare.

-sta un po’ meglio-  mento – gli porterò senz’altro i tuoi saluti-

Quando arriviamo nel terrazzino ci fa accomodare al mio tavolo preferito e non posso che apprezzare il gesto. È nell’angolo illuminato dal sole e neanche troppo vicino alla fontana, è perfetto.

-cosa vi porto? A te il solito Bella? Caffè macchiato con panna e una spolverata di cannella? – lo guardo stupita, è incredibile che se lo ricordi! Ormai è parecchio tempo che non vengo qui e adesso che ci penso non so nemmeno perché.

-si per me va benissimo quello- dico entusiasta.

-fanne due- aggiunge subito dopo Edward e immediatamente lo guardo aggrottando le sopracciglia.

-okay, arrivano subito- dice James allontanandosi con le ordinazioni.

Il mio sopracciglio non accenna a distendersi e Edward lo nota subito.

-che c’è?- mi chiede indispettito.  

-tu odi la cannella- gli dico come se stessi parlando con Sophie. Lui mi guarda sbuffando e in questo momento le somiglia tantissimo, anche lei fa così quando dico qualcosa che non le piace.

-beh, adesso mi piace-

-ma… ma falla finita Edward. Non ti credo, cos’è una specie di sfida?-

-ma quale sfida? Di cosa stai parlando?- mi chiede agitandosi sulla sedia.

-parlo del tuo comportamento di poco fa, era solo un modo per far incazzare me o volevi provocare James?-

-beh si certo perché lui non ha fatto niente, ma hai sentito quello che ti ha detto? Il modo poco signorile con il quale ti ha invitata a tornare? E poi che vuol dire scheggia? Scheggia di cosa? E perché io non ne so niente?- mi urla tutte quelle domande una dietro l’altra e in maniera così veloce che quasi mi sembra di non capirle. La vena del collo gli pulsa vistosamente e il suo respiro e affannato, ma questo non giustifica il suo comportamento, questo… questo attacco. Che diavolo importa a lui cosa mi dice James o come mi comporto io!

-e a te che diavolo importa?- replico io altrettanto agitata, sento il cuore in gola.

Fa per rispondermi ma alla fine si tira indietro. Muove la bocca in cerca delle parole giuste da dire ma in realtà sembra più un pesce fuor d’acqua. Veniamo interrotti dal cameriere che ci porta le nostre ordinazioni e una volta che se ne va il gelo scende su di noi.

Prendo la mia tazzina in mano pronta a gustarmi il contenuto in religioso silenzio ma quando vedo la faccia disgustata di Edward avvicinare il cucchiaino alla bocca, assaggiare la cannella e fare una smorfia ancora peggiore di quella precedente non riesco a trattenermi e scoppio a ridergli in faccia.

-nof è diverfenfe- mi dice mentre cerca di mandare giù quello che ha in bocca senza troppi risultati. Alla fine mi trovo costretta ad allungargli un fazzolettino affinché metta fine a quest’agonia.

-smettila di ridere, è una cosa disgustosa- mi dice mortificato trasferendo con il cucchiaino la panna con la cannella nella mia tazzina. “E allora perché l’hai presa?” vorrei dirgli ma qualcosa mi trattiene dal farlo.

-muhahah dovevi vedere la tua faccia!- esclamo invece non riuscendo a trattenermi dal ridere tanto che alla fine si unisce pure lui alle mie risate. Da quanto tempo non trascorrevamo dei momenti così spensierati? Dal giorno del divorzio? No, da prima mi correggo mentalmente, molto prima.  Una fitta al petto di pura malinconia mi fa sentire come se potessi rompermi da un momento all’altro. Se solo allungasse una mano o anche solo soffiasse nella mia direzione mi ridurrei in cenere davanti ai suoi occhi. E allora addio, Bella!

Mi ricompongo immediatamente e mentre lo faccio vedo scomparire il sorriso dal suo viso. Ci guardiamo negli occhi cercando di regolarizzare il respiro mentre nell’aria sento una specie di elettricità che va da me a lui. Dio, non mi sentivo così da troppo tempo, il cuore che batte forsennato nel mio petto non accenna a calmarsi. Vorrei dire qualcosa per stemperare la tensione ma è come se la sua risata avesse schiacciato il tasto reset del mio cervello, la sento ancora chiara nella testa.

-dovremmo parlare di Sophie- dice all’improvviso facendomi sussultare.

-si, lo credo anch’io- prendo un’ abbondate cucchiaiata di panna e me la infilo in bocca giusto per non stare con le mani in mano, la tensione che si è creata tra di noi è così palpabile che potremmo tagliarla con un coltello. 

-se per te va bene, vorrei passare più tempo con Sophie. Lo so che abbiamo stabilito gli incontri e gli orari con i nostri avvocati, ma preferirei non metterli in mezzo questa volta. Che ne dici di organizzare noi stessi altri orari per stare con nostra figlia?-  lo guardo sbigottita e un po’ sorpresa dalla sue parole. Sarebbe un bellissimo gesto quello di non voler mettere gli avvocati di mezzo ma quello che mi chiede è praticamente impossibile.

-Edward, lo sai che non si può fare- dico continuando a ingozzarmi di panna.

-ma perché? Andiamo Bella, non ti ho mai chiesto niente da quando ci siamo separati-

-si… no, cioè non è per questo. Per me andrebbe anche bene risolvere la faccenda tra di noi, ma è alquanto impossibile che tu riesca a ritagliarti del tempo dal lavoro per stare con lei, e non voglio che mi chiami all’ultimo minuto per disdire un incontro e farla stare male- quello che mi chiede è veramente molto bello, assicurare la sua presenza ogni qual volta Sophie ne ha bisogno è un altro paio di maniche. Un bambino ha delle esigenze che sicuramente un uomo  in carriera non può soddisfare. Lui non può lasciare una riunione e scappare a prenderla perché ha il mal di pancia. Io invece posso farlo, posso correre da una parte all’altra della città senza dovermi scusare con nessuno.

-no Bella, posso farcela, posso delegare anche io qualcuno, posso disdire anche io un appuntamento come fai tu se fosse necessario- dice assennato neanche avesse letto i miei pensieri!

- Ti prego, dammi la possibilità di…-

-di cosa?- capisco subito che le sue parole non mi piaceranno per niente.

-di dimostrarti che di me ti puoi fidare- dice con reticenza. “che cazz…” comincio a pensare scuotendo la testa. Ma parla sul serio o cosa? “Di me ti puoi fidare” ha fatto la stessa fine di “io non ti tradirò mai” e adesso dovrei credere alle sue parole?

-lo so che con te non sono stato un buon marito e che le mie parole possono sembrarti poco convincenti…-

-poco dici? Io dico per nulla convincenti!-

-ma lo sai che con Sophie è diverso. Non puoi tradire un figlio, quello che hai con lui è un legame indissolubile ed io ti prometto che non le farò mai del male- mi dice guardandomi intensamente negli occhi e sembra che abbia appena giurato sulla Bibbia tanto le sue parole risuonano forti, ma soprattutto convincenti; percepisco ad ogni sillaba la sua voglia di farmi cedere. Gesù, fare la madre è un lavoro veramente frustrante, devi decidere qual è il bene di tua figlia e non puoi mai tirati indietro, mai. Anche se delle volte vuoi solo comprarti una fottuta isola e scomparire!

Okay, parliamoci chiaro, non è che devo decidere se affidare mia figlia all’orco cattivo. Stiamo parlando di suo padre, del sangue del suo sangue. Dovrei affidargliela ad occhi chiusi sapendo che nessuno potrà mai amarla quanto la ama lui, però perché è così dannatamente difficile? La verità è che ho paura. Paura che anche lei possa soffrire quanto ho sofferto io. Paura che lo possa vedere con un'altra donna e cominciare a farmi domande alle quali non saprei come rispondere. Gli occhi di Edward mi stanno ancora fissando ed io non vorrei farmi intimorire, davvero. Ma è inevitabile.

“smettila di guardarmi così” vorrei urlargli. Ma invece mi limito ad annuire. Quando capisce che gli ho dato la mia benedizione diventa così raggiante che penso di avergli appena fatto il regalo più bello della sua vita.

-ma.. ho delle condizioni!- dico subito puntandogli il dito contro.

-tutto quello che vuoi- risponde all’istante. 

-Sophie continuerà a stare da me ovviamente, perciò dovrai chiamarmi ogni volta che hai intenzione di vederla. Dovrai avvisarmi e dirmi dove andate e soprattutto se mai volessi portarla a casa con te, dovrai farle trovare tutto quello che le piace. Ti farò fare anche una replica esatta della sua stanza se necessario, ma non voglio che si senta a disagio. I fine settimana come stabilito sono i tuoi, ma visto che ti sto concedendo di portarla a casa anche quando non ti spetta, vorrà dire che qualche weekend lo passerà con me. Per cominciare mi sembrano delle concessioni abbastanza ragionevoli, non trovi? E poi potremo fare come ci ha suggerito la maestra, uscire ogni tanto noi tre insieme -

-okay, farò come vuoi tu. Ma non togliermi tutti i weekend…-

-ah queste sono le mie condizioni. Prendere o lasciare- mi guarda per un momento e senza esitare mi risponde – si, va bene, ci sto-

-e un'altra cosa. Sophie non dovrà mai e in alcun modo venire a conoscenza o entrare in contatto con qualsivoglia... donna – per non dire sgualdrina – avrai intenzione di portarti a casa, sono stata chiara?- se fossi Superman uscirebbero lambi infuocati dai miei occhi in questo momento; odio parlare delle questioni amorose del mio ex marito se non l’aveste capito.

-non c’è nessuna…- comincia a dire ma si interrompe bruscamente come se stesse per dire troppo. Nei suoi occhi vedo un lampo che non mi piace per niente. Cos’era? Delusione?

-non c’è nessuna… cosa?- lo incalzo io peggio del migliore degli avvocati.

-niente… no, niente. Okay, hai la mia parola- dice deglutendo a fatica. Perché tutta questa tensione adesso? Allunga una mano verso di me per sigillare il patto che abbiamo appena stipulato e istantaneamente sento una scia di brividi percorrermi tutta la schiena. “avanti Bella che ti prende? Neanche ti avesse offerto di fare un patto di sangue” no ma non è questo, è la paura di toccare di nuovo la sua pelle ad intimorirmi. Che diavolo mi prende? Dovrei odiarlo, dovrei provare solo disgusto nei suoi confronti dopo quello che mi ha fatto e invece ho paura di stringergli la mano per il terrore di quello che potrò provare. Sono proprio senza speranza.

Allungo anche io la mia mano e piano la appoggio sulla sua. Succede tutto talmente in fretta che non ho neanche il tempo di abituarmi alla sensazione di avere la sua mano calda nella mia che una scia di brividi parte dal collo per arrivare giù, sino alla punta dei piedi; il calore che sento alla mano mi fa tirare indietro di colpo e il cuore comincia a battermi forsennato. Deglutisco; lo sapevo che sarebbe successo questo, lo sapevo. A fatica faccio oscillare le nostre mani e subito dopo mi stacco da lui quasi scottata.

-bene allora- dico buttando giù il contenuto nella mia tazzina in una volta sola; se fosse stato più caldo mi sarei ustionata le tonsille.

Mi alzo pronta ad andare via e a lasciarmi alle spalle il nostro incontro che lui mi ferma per un braccio.

-aspetta Bella, ti prego-

-no Edward devo andare- gli rispondo io ancora girata.

-okay, come vuoi tu. Buona giornata- mi dice lasciandomi il braccio ma nella sua voce sento una nota di dispiacere.

-buona giornata anche a te- mi limito a dirgli per poi imboccare l’uscita.

Mentre percorro i metri che mi allontanano da lui mi rendo conto solo adesso perché non sono più venuta in questo posto. Mi ricorda troppo quello che siamo stati l’uno per l’altra e che, proprio come Edward stesso mi ha ricordato nel sogno, abbiamo ormai dimenticato.

 

 

 Bene, eccoci quà. Che ne pensate? Oddiooo non mi piace per niente! u_u"

Non voglio chiedervi nulla di specifico, voglio solo leggere le vostre impressioni. Sempre che decidiate di lasciarmi una recensione.

Volevo dirvi ancora grazie per aver letto il primo capitolo e per essere arrivate fin qui. Siete state fantastiche nelle recensioni, davvero. Tra poco risponderò a tutte.

Bene non mi resta che augurarvi buona domenica e darvi appuntamento alla prossima settimana! BACI!!!!

   
 
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