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Autore: Astry_1971    05/05/2007    1 recensioni
“Solo in quel momento, Severus si rese conto che il responsabile di quell’orrore era ancora in quella stanza. Sollevò lo sguardo e la vide: una giovane donna era rannicchiata in un angolo e fissava il Mangiamorte tremando e mugolando qualcosa di incomprensibile.”
Questa storia si svolge durante gli anni che precedono la morte dei Potter e la caduta di Voldemort.
Severus Piton è un giovane Mangiamorte alle prese con i suoi rimorsi e un amore impossibile. Sarà un Piton insolito, un Piton ragazzo, che commette errori, che ha paura e che farà quelle scelte sbagliate che lo renderanno, in futuro, l'uomo tormentato e solo che tutti conosciamo. Gli avvenimenti narrati si svolgono dopo il sesto libro della saga di Harry Potter e prescindono, ovviamente, dal settimo libro, ancora inedito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lucius Malfoy, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Cara Akiremirror se ti sono sembrata malefica nel capitolo precedente, mi chiedo cosa mi dirai ora che ci stiamo avviando verso il gran finale, presto saprò se avrò vinto la gara di sadismo, eheheheh!Sono contenta che il confronto con Silente ti sia piaciuto, in effetti, secondo me, lui doveva dare l’impressione di essere padrone della situazione, un condottiero come credo che sia Albus, deve restare calmo, anche se è cosciente di poter commettere errori. Beh, per convincere Severus a fare la spia, dovevo dargli una motivazione molto forte. Chissà quale sarà la versione della Rowling? Speriamo bene. Ora comincia a tremare, perché, da adesso in poi, non ho avuto pietà per nessuno.

Buona lettura!


CAP. 17: Goldrick’s Hollow

La via babbana era deserta, da quella piccola altura si poteva vedere bene tutto il quartiere, ma la casa dei Potter sembrava essere stata inghiottita in mezzo a decine di altre case.
L’Incanto Fidelius non permetteva a nessuno di individuarla, ogni volta che il mago cercava di fissare lo sguardo sul cortile che doveva ospitare il piccolo edificio a due piani, era come se l’intero quartiere cambiasse forma e lui si ritrovava a guardare dalla parte opposta.
Severus era giunto lì con un gruppo di Mangiamorte, Voldemort aveva ordinato loro di restare ad aspettare che tutto fosse finito: quella notte avrebbero assistito al suo trionfo.
Il loro Signore avrebbe agito da solo: lui era l’unico in grado di trovare la casa, l’unico ad aver avuto l’informazione dal Custode Segreto.
Il mago se ne stava lì, in piedi, nascosto dall’oscurità, un’ombra fra le ombre. Solo la Maschera d’argento, riflettendo la luce fioca e giallognola di un lampione, emergeva da quelle tenebre come un orrendo spettro.
“Sirius, maledetto traditore.” mormorò il giovane mago fra i denti, mentre fissava il vuoto davanti a sé, sperando che qualche miracolo lo aiutasse ad individuare quella casa.
In pochi istanti i suoi sogni e le sue speranze erano state spazzate via.
Quando Voldemort aveva annunciato ai suoi seguaci di aver finalmente trovato i Potter, non riusciva a credere alle sue orecchie.
Sapeva che il custode segreto, l'unico che avrebbe potuto svelare l'indirizzo al suo Signore, era l'uomo che James Potter considerava il suo migliore amico.
Odiava Sirius Black, ma non avrebbe mai messo in dubbio la sua lealtà verso James e Lily.
Non riusciva a capacitarsene, non era possibile, come avevano potuto commettere un simile errore? Silente aveva messo quella famiglia nelle mani di Black e lui li aveva consegnati a Voldemort.
Il sapore ferroso del sangue gli riempì improvvisamente la bocca: senza neppure accorgersene aveva affondato i denti nel labbro inferiore.
Si voltò appena per potersi pulire il sangue con la manica della tunica, senza che il suo compagno lo notasse.
Fingersi in trepidante attesa per la vittoria del Signore Oscuro lo nauseava. Non riusciva a pensare: l’ansia aveva completamente annebbiato la sua mente.
Cosa poteva fare? Anche se fosse riuscito a liberarsi dei suoi scomodi compagni, come avrebbe potuto trovare i Potter e soprattutto come avrebbe potuto fermare Voldemort?
Fece una smorfia, il Mangiamorte al suo fianco continuava a ridere e a magnificare il suo padrone, si sforzò di annuire pur non avendo prestato attenzione ad una sola parola pronunciata da quell’uomo.
Improvvisamente vide dei lampi, luci colorate sembrarono comparire dal nulla, erano lampi di incantesimi.
Era cominciata. Voldemort li aveva trovati.
Ora in quella casa si stava consumando una battaglia o, piuttosto, un massacro, i Potter non avevano alcuna speranza di sopravvivere.
Severus continuava a non vedere la casa, ma qualcosa in quegli incantesimi stava aprendo una breccia nella protezione creata dall’Incanto Fidelius.
Ora, forse, sarebbe riuscito ad individuarli. Non sarebbe rimasto lì fermo senza intervenire.
Sapeva di non aver alcuna possibilità contro Voldemort, ma quello che stava accadendo era colpa sua, era stata la sua stupidità a condannare a morte un’intera famiglia, non sarebbe rimasto a guardarli morire. Era arrivato il momento di gettare la maschera.
Afferrò la sua bacchetta, stringendola con forza: non poteva salvarli, ma poteva morire con loro affrontando Voldemort a viso aperto.
Si voltò di scatto, pronunciando l’incantesimo e, prima ancora di capire cosa stesse succedendo, due dei Mangiamorte che erano di guardia con lui caddero a terra morti.
Un terzo fece in tempo a reagire: dalla sua bacchetta esplose un raggio che sfiorò i capelli di Severus.
Il mago si gettò a terra cercando di colpire a sua volta, ma il suo avversario fu più rapido: il giovane mago si ritrovò disarmato, la sua bacchetta ora giaceva nell’erba a qualche metro da lui, troppo lontana.
Stese la mano, le sue labbra stavano per pronunciare l’incantesimo di richiamo, quando il suo compagno, puntò di nuovo la sua arma.
“Non provarci.” ringhiò.
Severus abbassò la mano, sapeva che era finita, aveva fatto il suo tentativo e aveva fallito, una parte di lui l’aveva sperato, aveva sperato di non sopravvivere, non avrebbe sopportato altro sangue innocente sulle sue mani, il rimorso per quello che si stava versando in quel momento in casa dei Potter sarebbe stato troppo doloroso da sopportare.
Era meglio morire piuttosto che vivere tormentato dal senso di colpa, il peso di quelle morti l’avrebbe schiacciato.
Il Mangiamorte si avvicinò, con la bacchetta puntata, fissando il mago a terra.
Severus guardò il suo volto coperto dalla Maschera d’argento, la stessa che nascondeva anche il suo viso.
Quanta gente aveva visto la morte nascosta dietro quel freddo metallo che, con la sua orrenda forma, preannunciava al malcapitato il suo triste destino.
Ora quella Maschera era venuta per lui.
“Schifoso traditore, i Potter non saranno i soli a morire questa notte.” sputò le sue parole con odio. Severus chiuse gli occhi trattenendo il respiro: era pronto?
Probabilmente no, aveva paura: nessuno può essere pronto a morire a vent’anni.
Il mago sospirò e strinse i pugni: nessuno dovrebbe avere tante colpe a vent’anni.
“NOOOOOO!” improvvisamente una voce di donna li fece voltare entrambi.
Severus rabbrividì, Iris era appena spuntata da dietro un albero, pallida e col volto rigato dalle lacrime.
L’aveva seguito, chissà da quanto tempo era nascosta tra quegli alberi.

La maga lo aveva aspettato inutilmente per ore quella sera, poi aveva deciso di cercarlo a casa sua. Immediatamente aveva capito che doveva essere accaduto qualcosa di grave.
Il giovane sembrava essersene andato in gran fretta lasciando le finestre aperte.
Era entrata in casa, tavoli e sedie erano in mezzo alla stanza, come se il mago fosse stato interrotto nel mezzo di un trasloco.
Si era guardata intorno, no, Severus non sarebbe mai uscito lasciando la casa in quel modo e, soprattutto, senza neppure degnarsi di chiudere le finestre.
Aveva provato a chiamarlo, anche se era certa che non avrebbe avuto risposta: il suo Severus non era lì.
Infine, abbassando lo sguardo, lo aveva visto: il piccolo anello di Eileen Prince brillava sul pavimento.
Si era precipitata a raccoglierlo, non era stato difficile per lei capire cosa significasse quel gioiello, ma il fatto di trovarlo in terra non era un buon segno.
Era sempre più preoccupata, ormai era chiaro che doveva essere successo qualcosa.
Era corsa al piano superiore, non sapeva se augurarsi di trovarlo, magari ferito e impossibilitato a rispondere, o sperare che fosse lontano, purché sano e salvo.
Forse non era solo, forse avrebbe trovato dei Mangiamorte al piano di sopra.
Non aveva importanza, l'unica cosa importante era trovare Severus.
Dimenticando la prudenza, l'aveva cercato stanza per stanza, spalancando le porte una ad una, mentre l'ansia cresceva ad ogni passo.
Aveva gridato il suo nome, ma inutilmente: Severus non era in quella casa.
Poi l'aveva sentita: una sensazione improvvisa.
Aveva sentito la rabbia stringerle lo stomaco, una rabbia che non riusciva a spiegare. Non era lei, lei non era arrabbiata, semmai spaventata. Quelle erano emozioni di un'altra persona, era Severus.
Si era bloccata e, ansimando, si era portata una mano al petto, mentre ascoltava ciò che sembrava provenire dal suo cuore, ma, nello stesso tempo, le era completamente estraneo.
Stava sentendo quello che provava Severus in quel momento.
Aveva preso a stringere e a tormentare la stoffa del suo abito, cadendo in ginocchio, gli occhi sbarrati e il sudore freddo ad imperlarle il viso che impallidiva a vista d'occhio.
Le labbra si erano spalancate cercando avidamente quell'aria che d'improvviso le era sembrata insufficiente a riempire i polmoni.
Si era sentita soffocare quando, alla rabbia, si erano sommate ansia e infine disperazione, le aveva sentite così forti che aveva cominciato a tremare scoppiando piangere.
Poi un nome era esploso nella sua testa, un nome sconosciuto.
La maga non era riuscita a trattenere un grido disperato, aveva gridato quel nome con tutta la voce che aveva, odiando inspiegabilmente quell'uomo, come non aveva mai odiato nessuno.
“Sirius Black!”
Erano gli effetti dell'incantesimo del vento, lo sapeva, gli stessi effetti che l'avevano condotta dal suo Severus nella foresta proibita, circa un anno prima.
Tuttavia, quella prima volta aveva sentito chiaramente il dolore al braccio, aveva sentito i colpi e il bruciore delle ferite che il mago si stava procurando. Quella sera, al contrario, non aveva sentito dolore, ma l'ansia, la rabbia e una terribile sensazione di impotenza erano chiari segni che Severus doveva essere in pericolo, più di altre volte, quando, pur avendo dovuto subire le conseguenze dell'ira del suo padrone, non aveva mai ceduto alla paura.
Era stata proprio quella paura a convincerla che stava certamente succedendo qualcosa di terribile.
Alle emozioni di Severus si erano aggiunte le sue, altrettanto forti, altrettanto devastanti, il terrore di perderlo l'aveva resa folle: doveva raggiungerlo, doveva vederlo, lei poteva trovarlo.
Il legame che si era formato con l'incantesimo era ancora attivo, poteva funzionare, doveva funzionare.
Doveva solo concentrarsi e, quelle forti emozioni, l'avrebbero trascinata da lui.
E così aveva fatto, si era lasciata risucchiare in quel baratro di disperazione, e si era ritrovata su quell'altura.


* * *



Nessuno si era accorto di lei fino a quel momento.
Gli occhi del mago incrociarono le scure pupille della ragazza, si senti morire, no, lei non c’entrava, queste erano le sue colpe, il suo destino.
Anche l’uomo che teneva Severus sotto tiro ebbe un attimo di esitazione, poi le sue labbra si piegarono in un ghigno cattivo sotto la Maschera.
“Avete deciso di morire tutti stanotte?” disse scoppiando in una risata, che però si mutò immediatamente in un grido disperato, come se fosse in preda alle fiamme.
Iris si era gettata su di lui e ora lo stringeva come in un abbraccio.
“Corri!” gridò rivolta a Severus. “Va’ a salvarli!”
Sì, doveva salvare i Potter, doveva correre da loro, eppure, per qualche istante che sembrò interminabile, il mago restò a fissare la sua Iris, mentre stringeva nel suo terribile abbraccio il suo avversario.
Ricordò quanto era sconvolta quando aveva ucciso involontariamente suo padre.
Lui sapeva bene che uccidere anche per difendersi può causare indelebili cicatrici nell’anima, quanto dolore si prova a togliere la vita ad un’altra persona.
Iris lo aveva fatto per lui, aveva fatto la cosa che temeva di più: dare la morte in quel modo orrendo.
Il Mangiamorte gridava in un modo straziante, ma lui sapeva che il fuoco che lo faceva urlare stava consumando anche la sua Iris nello stesso rogo.
Per lui, solo per lui stava uccidendo volontariamente la sua innocenza.
La vide svanire dalla sua vista, mentre costringeva il suo corpo a lasciare quel luogo. I Potter doveva andare da loro, non poteva più aspettare.
“Iris!” la voce del mago si perse nel vento, mentre lui, trascinato dalla forza della disperazione, si Materializzava di fronte a quelle luci che aveva visto da lontano.
Il cuore in gola per quello che si era lasciato alle spalle e negli occhi il terrore per ciò che lo attendeva.


* * *



La casa dei Potter doveva essere lì vicino. Continuava a vedere i lampi degli incantesimi, evidentemente James e Lily stavano disperatamente cercando di difendersi.
Quanto sarebbe durata? Quanto tempo gli restava? Era lì, a due passi da loro, ma non riusciva a vedere l’entrata.
Si portò entrambe le mani sui capelli, stava sudando, credette per un momento che il cuore stesse per esplodergli nel petto.
Cosa poteva fare? Sapeva che, a pochi passi da lui, si stava consumando una tragedia, cominciò a guardarsi intorno, loro erano così vicini, doveva esserci un modo, un maledettissimo modo per trovarli.
Cominciò a percorrere quella strada avanti e indietro, sempre più velocemente, nessuna porta, niente che potesse indicargli la casa, iniziò a piangere come un bambino.
Chiuse gli occhi e prese a muovere le braccia in modo folle colpendo l’aria.
Sapeva che non c’era modo di eludere l’Incanto Fidelius, il suo gesto era solo dettato dalla disperazione.
“James, James!” urlò con tutto il fiato che aveva. “Lily, fatemi entrare.”
Cadde in ginocchio non sperava certo che qualcuno gli aprisse la porta, ma sentirsi così impotente lo stava facendo impazzire.
“Maledizione!” urlò. “Sirius, mi senti? Me la pagherai.” prese a singhiozzare. “Li hai venduti, hai venduto i tuoi amici a Voldemort”.
Improvvisamente udì un grido, poi un boato sordo e la facciata di una casa in mattoncini rossi apparve dal nulla: la potenza degli incantesimi che si era scatenata all’interno aveva squarciato la barriera creata dall’Incanto Fidelius.
Immediatamente, il mago afferrò la bacchetta e la puntò contro la porta, le sue labbra non pronunciarono alcun incantesimo, ma fu come se la rabbia, il terrore e la disperazione che erano imprigionate nel suo cuore fossero improvvisamente sgorgate attraverso la piccola asticella di legno.
Una bolla di luce esplose davanti a lui, spazzando via il piccolo portoncino bianco e anche parte del muro della facciata.
Severus si precipitò all’interno.
I segni del combattimento appena avvenuto erano evidenti, il mobilio era in pezzi e i muri anneriti. Il pesante tavolo in noce del soggiorno era rovesciato.
Davanti ai suoi occhi terrorizzati, apparve l’immagine che non avrebbe mai voluto vedere, quella che spazzò via in un solo colpo la sua ultima fragile speranza: una mano spuntava da sotto il tavolo.
James Potter era lì, in terra, stringeva ancora tra le dita la sua bacchetta, ultima inutile difesa.
“Lily!” il mago distolse immediatamente lo sguardo e si lanciò su per le scale, al piano di sopra c’era Lily, erano le sue grida che aveva sentito.
Avrebbe voluto morire pur di non vedere con i suoi occhi il risultato della sua sconsideratezza, cosa avrebbe trovato al piano di sopra?
Sapeva di essere arrivato tardi, ormai ne era certo, erano morti, Voldemort li aveva uccisi tutti, ed era solo colpa sua.
Improvvisamente si sentì mancare il pavimento da sotto i piedi. Si aggrappò alla ringhiera della scala per non cadere.
Un boato che sembrava provenire da sottoterra lo fece rabbrividire. Quelle che parevano scosse di terremoto presero a scuotere la casa.
Gli occhi del mago bruno si spalancarono: grosse crepe si stavano formando nei muri, si arrampicavano rapidamente salendo dal pavimento e allargandosi fino al soffitto.
La casa si stava sgretolano, calcinacci iniziarono a staccarsi dalle pareti.
Con fatica, Severus riuscì a salire l’ultima rampa di scale praticamente inginocchio, mentre tutta la casa oscillava paurosamente.
Giunto alla porta della camera da letto la trovò aperta, i suoi occhi individuarono immediatamente la figura di spalle vestita di nero: Voldemort era ancora in quella stanza.
D’istinto il giovane mago afferrò la bacchetta e piombò all’interno come una furia, pronto ad affrontare il suo padrone, guidato, ormai, solo dal desiderio di vendetta.
Tuttavia, una volta attraversata la soglia, si trovò improvvisamente immerso in un’atmosfera irreale, non sentiva più le scosse, né alcun rumore. Ebbe l’impressione che il tempo si fosse fermato.
Voldemort sembrava non essersi accorto della sua presenza, era sospeso a mezz’aria e dalla sua bacchetta l’inconfondibile raggio verde dell’Avada Kedavra era come congelato.
All’altra estremità del raggio, un bambino, il figlio di James e Lily.
Severus fissava quella scena pietrificato, tutto sembrava svolgersi con estrema lentezza, qualcosa, anzi qualcuno si era messo nella traiettoria del raggio.
“Lily!” gridò il mago sbigottito, ma quella non era Lily, la vera Lily giaceva in terra poco distante.
Era morta come suo marito.
Forse stava vedendo il suo fantasma? Qualunque cosa fosse stava assorbendo la Maledizione come una barriera e diventava sempre più luminosa.
Voldemort sembrava intrappolato, come se quella luce e il calore che emanava, avesse la capacità di consumare i suoi poteri e non solo quelli: anche il suo corpo si stava prosciugando come fango al sole.
Le dita scheletriche del mago erano strette intorno alla sua bacchetta, ma somigliavano sempre più a rami secchi e anneriti.
Solo un leggero tremore scuoteva quel corpo a testimoniare che la vita non lo aveva ancora abbandonato.
Poi, all’improvviso, lo sentì gridare, un grido inumano e assordante, al quale si sommò il boato della terra che si stava aprendo sotto i suoi piedi.
Il tempo sembrava aver ripreso a scorrere normalmente e anche le mura di quella stanza, che fino a quel momento non erano state investite dal terremoto, presero a frantumarsi.
Severus si gettò sul bambino, lo afferrò Smaterializzandosi appena in tempo, prima che l’intero soffitto rovinasse su di loro.
Restò per un momento immobile appena fuori dalla casa dei Potter, ansimante e coperto di polvere, con quella piccola creatura, che non smetteva di piangere, in braccio. Poi si voltò a guardare quello che restava della casa, era terribile, pensare che Lily e James erano lì dentro.
Per un attimo aveva avuto l’impressione che il fantasma di lei gli sorridesse. Il mago scosse la testa, prese la sua bacchetta e, puntandola verso il cielo, evocò il suo Patronus: doveva avvertire Silente di quello che era successo.
Avvolse il piccolo Harry nel suo mantello e si Smaterializzò.


Continua…




Ahimè, siamo giunti alla fine di questa storia: il prossimo capitolo sarà l’ultimo, infatti si intitolerà “l’ultima notte”.Sarà meglio se non vi anticipo altro, solo fate una bella scorta di fazzoletti. Ah, Akiremirror, finalmente avrai il bacio che aspettavi ;-).

Ciao, ciao!




  
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