PARTE SECONDA: RON "Dunque io vado a chiarire con lui." "Dovresti. Serve aiuto?" "No, grazie…" "A…
a dopo?" "Ok, Ronald." "Ottimo." Ron era uscito
dalla stanza di Hermione in uno stato pietoso. Non voleva neanche pensare a cosa
sarebbe successo tra di loro se Harry non fosse entrato. Non voleva pensarci per
non correre il rischio di uccidere il suo amico, anche perché sopravvivere a
un’Avada Kedavra e poi morire per mano sua sarebbe
stato alquanto paradossale. Il problema era
che se un debole per Hermione ce l’aveva da sempre, quel pomeriggio, per la
prima volta dopo un sacco di anni, l’aveva vista sotto una luce diversa. Era
stato un po’ come svegliarsi di soprassalto e realizzare all’improvviso qualcosa
che era ormai palese a tutti tranne che a se stessi, senza capacitarsi di come
fosse stato possibile non rendersene conto prima. Provò a cercare
Harry dappertutto, ma di lui neanche l’ombra. Da ultimo, entrò nella loro stanza
e vide un semplice bigliettino poggiato sulla scrivania; scritto da Harry,
a giudicare dalla grafia: Ron, sono mortificato… spero
di non aver compromesso il tutto… Comunque era anche un po’
l’ora, non se ne poteva più. Vai e colpisci fratello! ;) Arrossendo da solo
all’inverosimile, accartocciò il messaggio e lo gettò con stizza alle sue
spalle. Non se ne poteva
più?! E lui cosa avrebbe dovuto dire, allora? Ma soprattutto, era così evidente
che tra lui e Hermione ci fosse qualcosa di latente, da arrivare a dire che era anche un po’ l’ora ? …Vai e colpisci?! Sconsolato, si
lasciò sprofondare nel suo letto. Aveva caldo, un
caldo assurdo, e il genere di pensieri che lo assalivano da quando aveva visto
Hermione come l’aveva vista poco prima non lo aiutavano di certo. Le provò tutte
per distrarsi e spostare la sua attenzione: da sua zia Muriel che gli stritolava
la guancia, passando per Piton che allacciava un’ipotetica relazione con
Lumacorno, fino alla fine lenta e dolorosa che avrebbe dovuto fare quel
maledetto di un cercatore bulgaro, ma nulla di tutto ciò sortì l’effetto
sperato. Continuava a pensare a Hermione. Così bella, così diversa dal solito,
con i capelli scarmigliati che le incorniciavano il viso e quei
pantaloncini… quello che per poco non era successo tra di
loro! Lamentandosi si
portò il cuscino sulla faccia, poi, dopo qualche attimo di meditazione, si alzò
di scatto e si diresse verso lo scrittoio, aprendone l’ultimo cassetto e
estraendone il suo più intimo segreto, una delle poche cose che lo riguardavano
di cui neanche Harry era a conoscenza. Con una veloce parola d’ordine, la
chiusura ermetica di quel vecchio quaderno impolverato si sbloccò.
Ebbene sì, Ronald
Bilius Weasley poteva anche possedere l’equivalente emotivo di un componente del
servizio da tè di sua madre, ma teneva un diario segreto; o per lo meno qualcosa
che ci andava vicino, su cui scrivere le proprie impressioni. Poi, il fatto che
la maggior parte delle sue riflessioni fossero tutte dedicate alla classifica
del campionato di Quidditch, all’ultima partita dei Cannoni o alle volte che
faceva delle parate di cui lui stesso si meravigliava, era abbastanza
irrilevante. Anche perché c’era
un altro argomento ridondante tra quelle pagine ingiallite e impolverate.
Lei. Il prefetto
insopportabilmente perfetto; quella che si impuntava come una vecchia zitella
repressa per non fargli copiare i compiti, ma che alla fine cedeva sempre; che
aveva dei gusti orrendi in fatto di maschi, tipo quel primate di Krum o McLaggen
l’uomo delle caverne; che era un’insostenibile saputella; che con suo grande
imbarazzo aveva sognato a più riprese; con cui aveva litigato innumerevoli volte
perché era davvero acida e bacchettona, ma con la quale non riusciva a non fare
sempre pace; che aveva un odioso gatto che gli aveva mangiato Crosta (anche se
poi non era vero e, anzi, sarebbe stato meglio per tutti se l’avesse fatto); che
lo sgridava sempre neanche fosse stata sua madre. L’unica che lo chiamava Ronald, in un modo di cui non si sarebbe mai
stancato… Hermione Granger,
in poche parole. * Aveva appena
afferrato la piuma per aggiornare il suo ‘diario’, quando vide la porta della
sua stanza spalancarsi. "Ron, questa cosa
riguarda entrambi e… ehi, ma non sei con Harry?" Ron avvampò,
nascondendo dietro la schiena il suo personale scheletro da armadio. Non usava
più bussare?! "Non si
trova…" Hermione inarcò un
sopracciglio. "Ah… che hai lì
dietro?" "Niente." La ragazza strinse
gli occhi e impugnò la bacchetta. "Accio!" Il diario di Ron,
ancora pericolosamente aperto, le finì tra le mani. "Ridammelo!" disse
allarmato il ragazzo, inseguendola. Lei saltò in piedi sul
letto. "Mi hai vista
cantare come una scema con un orso di peluche in mano, me lo devi!" esclamò
pregustandosi la dolce vendetta. "Così hai un diario, eh
Ronald?" Fece per leggerne
il contenuto ma lui le zompò addosso, cercando di rimpossessarsene e iniziando
una specie di lotta a colpi di solletico con la ragazza, che comunque difendeva
molto bene se stessa e l’oggetto conteso. "Che c’è di così
compromettente?" urlò, in preda agli spasimi da risa forzate. "Niente! Ora
mollalo però!" Ma Hermione si
divincolò da Ron e corse via, leggendo un paio di righe ad alta voce: "Ieri è stato il giorno più bello della mia vita… ho fatto
una parata a Ginny che lei, Fred e George sono rimasti a bocca aperta come due
fessi! …ma lo sai che sei un po’ fissato con questo
Quidditch?!" "Accio!" urlò
Ron. "Protego!" si
difese prontamente Hermione. "Expell…" "LEVICORPUS!" E di nuovo il
rosso si trovò sottosopra. Cominciava a essere un po’ frustrante, la
cosa. "Hermione, giuro
che se lo leggi dico a tutti di prima, balletto e peluche! E mettimi giù!" urlò
con le guance violacee per la situazione e la posizione
innaturale. "E io regalo il
diario a Fred e George!" "Devi solo
provarci!" Ma la ragazza lo
ignorava, prendendo a sfogliare il quaderno con interesse e un sorriso a
mezz’asta. Poi, dopo essersi soffermata più a lungo su alcune pagine, lo chiuse
di scatto e con un veloce colpo di bacchetta rifece scendere a terra il ragazzo,
voltandosi scioccata verso di lui.
"Ahio!"
"Ron, cosa
significa?" chiese seria.
"Che mi sono fatto
male a un polso, cadendo!" si lamentò il ragazzo. "No, io dico il
diario…" "Mi fa male,
Merlino! Me lo sono rotto per colpa tua!" Lei continuò per
la sua strada. "Qua dentro ci sono io. In ogni pagina. O meglio, ci siamo
noi." "Hermione,
davvero, si sta gonfiando…" continuò a piagnucolare l’altro, stringendosi la
mano. La ragazza tornò
in sé e si sedette vicino a un Ron dolorante, ma anche molto imbarazzato.
"Mi spiace se ti
ho fatto cadere male… su, fammi vedere" disse con la professionalità di una che
stava studiando per essere ammessa ai corsi di specializzazione del San Mungo.
Gli afferrò con gentilezza il polso e cominciò a massaggiarglielo. Dapprima
indecisi, i suoi gesti si fecero sempre più delicati, più lenti, i polpastrelli
cominciarono a risalire verso l’avambraccio in modo sempre meno distaccato e
sempre più sensuale. Alzò lo sguardo e trovò gli occhi chiari dell’altro
incollati su di lei, senza che smettessero un attimo di
guardarla. "Secondo me non…
non è niente, Ron." "Lo credo anche
io. Fa già meno male." Hermione arrossì
leggermente e abbassò lo sguardo, senza riuscire a smettere di stringergli la
mano. "Mi spiace per
prima, sono proprio una bambina a volte. Non dovevo farmi gli affari
tuoi." "Dai, ora siamo
pari. Cioè, il mio segreto è molto più inconfessabile del tuo, ma
vabbè." Dopo che lui
riuscì a strapparle un sorriso, la ragazza si fece forza. "Quello che hai
scritto su di me, su di noi… che poi ho letto molto poco, quasi niente…
però…" "Lascia stare,
sono stupidaggini" si difese prontamente lui, violaceo. "Oltre a straparlare, a
volte tendo anche a scrivere scemenze." Lei si mordicchiò
il labbro, incapace di rispondere. Incapace di ammettere quanto l’aveva toccata
scoprire che Hermione Granger fosse parte integrante dei pensieri di Ron
Weasley; e che il rendersi conto di come lui desse peso a ogni loro battibecco,
molto più di quanto non lo dimostrasse coi fatti, era davvero sconvolgente visto
che a lei capitava la stessa identica cosa. Non c’era un singolo giorno passato
assieme che non ricordasse alla perfezione, poteva rivivere attimo dopo attimo
ogni loro dialogo, ogni esperienza condivisa; da sempre. Le era entrato
dentro il momento in cui l’aveva salvata da quel Troll a undici anni e non se ne
era mai andato, neppure nei periodi in cui non volevano rivolgersi la
parola. Si scostò una
ciocca di capelli dal viso e tornò a guardarlo. "Non sono scemenze.
Sono…" "Ti è caduto quel
coso" la interruppe Ron, cercando di deviare quella discussione che stava
prendendo decisamente una brutta piega. Perché quella volta era differente, non
si trattava più solo di reprimere l’impulso di strapparle la canottiera a morsi.
Quella volta, ne era certo, le avrebbe detto quanto fosse terribilmente,
irriducibilmente e inevitabilmente pazzo di lei. Cotto a puntino e
da tempo immemore, ormai. E ne aveva paura,
una paura assurda e immotivata. "Cosa?" domandò,
presa alla sprovvista. "L’aggeggio della
musica. Mentre ci picchiavamo ti è caduto." Hermione si voltò
e vide il lettore mp3 abbandonato sul letto, evidentemente se l’era dimenticato
in tasca da prima. "Oh, grazie" disse
in un sussurro, afferrandolo. In realtà era un po’ delusa per come lui stesse
scappando da lei e da loro, da qualcosa rimandato troppo a
lungo. "Come
funziona?" Lei sorrise e gli
porse un auricolare per farglielo provare. "E’ semplice,
basta schiacciare qua e parte la musica." Ron si illuminò in
viso. "Forte. Ti do un
consiglio: fai in modo che non capiti per le mani a mio padre, se ci
tieni." Risero, e in
silenzio si misero a ascoltare. She had something to confess to
But you don't have the time so
Look the other way.
You will wait until it's over
To reveal what you'd never shown her Too little much too late…
Quando alzò il
viso verso di lui, vide che si era fatto improvvisamente serio, mentre di nuovo
un leggero rossore gli colorava le guance cosparse di
lentiggini. "Che
c’è?" "Niente." "Non è
vero…" "E’ che… questo
pezzo… bah, niente." Si voltò di scatto
per evitare di sostenere il suo sguardo, ma lei gli afferrò il viso e lo
costrinse a farlo. "Ron…" "E’ una bella
canzone, ma mi mette tristezza." Hermione
deglutì. "E perché?"
bisbigliò senza scostare la mano dalla sua guancia. "Perché parla di
uno che non ha mai trovato il coraggio… con lei… e quando lo trova è troppo
tardi, se n’è già andata." Hermione fece
scorrere le dita tra i capelli di Ron, che adesso non aveva più paura di
fissarla, e gli si portò più vicina. Seguì con lo sguardo la sua mano scivolarvi
in mezzo dolcemente e scostargli un ciuffo di capelli dalla
fronte. …Too long trying to resist it
You've just gone and missed it
It's escaped your world…
"Non
è troppo tardi. Io sono qua, non scappo." Colpita in prima
persona da quel suo slancio di coraggio, si ritrasse leggermente alla vista di
lui che la fissava immobile, con un sopracciglio alzato. Forse aveva sbagliato
ogni cosa, aveva frainteso tutto dalla prima all’ultima parola che, magari, era
riferita a qualcun’altra. Forse aveva appena
detto addio alla sua dignità, con quell’uscita infelice. Ma poi, veloci
come un battito di ciglia e destabilizzanti come un’improvvisa raffica di vento,
avvertì le labbra del ragazzo poggiarsi sulle sue. Nessuno dei due volle
abbassare le palpebre per non sprecare l’occasione di perdersi l’una negli occhi
dell’altro e acquistare appieno la consapevolezza di quello che stava
succedendo. Sentì la sua spina dorsale vibrare di un’elettricità sconosciuta e,
mentre le loro bocche si sfioravano e si incastravano alla perfezione, mentre i
loro sguardi si incrociavano stupiti e felici, quella crescente presa di
coscienza fece inarcare a entrambi le labbra, che si carezzarono in due leggeri
sorrisi destinati a fondersi in una cosa sola; come una cosa sola erano quel
ragazzo e quella ragazza, che in un afoso pomeriggio gli allacciava sorridente
le braccia attorno al collo, baciandolo. Un giorno come
tanti, ma non per loro. * "Hermione?" "Dimmi." "Quand’è che avresti detto basta, stufa di
aspettarmi?" Lei
gli carezzò una guancia con dolcezza. "Non mi sarei mai stufata." Lui
rise e le sfiorò il naso con il suo. "Non ti credo…" "Invece dovresti." "Il
fatto è che avevo paura." "Di
cosa?" "Di
qualcosa di troppo grande da sopportare. Troppo coinvolgente… troppo e
basta." "E
ora?" Inarcò un sopracciglio con un leggero ghigno. "Ora vorrei baciarti; sai, per rifarmi di tutte le volte ho
preferito guardare da un’altra parte come un fesso." Lei
gli sfiorò la fronte con le labbra. "Io
ti avrei davvero aspettato, Ronald. Lo faccio da sempre." Lui
sorrise e le scostò una ciocca di capelli dal viso. "Beh, adesso basta. Sono qua." Abbassò le
palpebre e lo baciò. Perché dopo quel
primo bacio, Hermione non aveva mai più potuto fare a meno di chiudere gli occhi
quando si trovava persa nel suo abbraccio; e allora riusciva anche a smettere di
pensare, smettere di ostinarsi a cercare certezze e rassicurazioni; tutto il
resto perdeva di importanza e la sua mente era già colma, appagata.
Completamente in
balia di Ron, il ragazzo che non si sarebbe mai stancata di aspettare. “Ron?” “Sì?” “Sono contenta di
aver smesso di aspettare.” “Anch’io,
Hermione.” FINE * Quella
inserita nella seconda parte, invece, è Muscle Museum,
dei Muse. Scelta perché mi pare sia abbastanza
pertinente… quei due devono darsi una scrollatina! Un saluto
affettuoso a chi ha letto questa semplice storiella, magari trovandola carina.
Anche se su di loro si è scritto ormai di tutto e di più… goldfish. *PS: non si
scrive in funzione delle recensioni, almeno non lo faccio io, ma non nego che se
mi lasciaste un commento mi farebbe piacere… giusto per sapere che, nel bene o
nel male, questa storia non vi è risultata indifferente. Mi auguro di no!
^^’