Libri > Le Cronache di Narnia
Segui la storia  |       
Autore: SusanTheGentle    22/10/2012    6 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

4. L’inizio di una nuova avventura

 

C’è qualcosa che si fa largo dentro l’anima
Più forte di te
Più forte di me
E adesso che tutto questo è cominciato
Non possiamo tornare indietro
Possiamo solo tornare ad essere una cosa sola

 

 
Il treno sfrecciava veloce verso la sua meta. I fratelli Pevensie si alzarono dal loro posto e, in tutta calma- almeno in apparenza- si spostarono di vagone in vagone, facendosi strada tra le persone che lo affollavano, dirette a scuola o al lavoro.
Raggiunsero la coda del treno dove non c’era nessuno, per poter parlare liberamente e decidere sul da farsi.
Non c’era molto da dire, veramente, perché dopo che Edmund aveva detto ‘Ritorniamo a casa’, tutti quanti avevano già le idee ben chiare sul cosa dovevano fare.
Ma si sa, la fretta è cattiva consigliera, specialmente se si ha a che fare con la magia. E loro, nonostante fossero rimasti a Narnia abbastanza a lungo da poterla conoscere, in realtà di magia ne sapevano ben poco.
Alla fine, Peter aveva proposto di scendere alla prossima fermata, con l’appoggio di Edmund e con grande sconcerto da parte delle ragazze.
«E la scuola?» aveva detto Lucy con i grandi occhi azzurri spalancati.
«Oggi non ci andiamo a scuola» era stata la risposta di Peter.
«Non ci andiamo?!» aveva esclamato Susan.
Incredibile come solo il giorno prima (almeno per il tempo di Narnia, perché in Inghilterra era passato meno di un minuto), la preoccupazione più grande era stata quella di tener testa all’esercito di Telmar, mentre ora era se fosse giusto o meno saltare la scuola.
«Ma Peter!» esclamò Lucy agitata. «Questo è…bigiare!»
«Oh, dai! Come se voi non l’aveste mai fatto!» disse Edmund guadando le due sorelle, che rimasero in silenzio a fissarlo.
Lucy era a bocca aperta; Susan aveva le sopracciglia che andavano pian piano incurvandosi in quella che era la sua tipica espressione di rimprovero.
«No?»
«No! Certo che no!» esclamarono le due in coro.
«Oh…davvero?» Edmund sembrava a disagio e scoccò un’occhiata in tralice a Peter.
«Perché, tu sì?» indagò Susan.
«Ehm…»
«Edmund!»
«Non prendertela solo con me! Anche Peter ha marinato la scuola, qualche volta!» disse Ed, indicando il fratello.
«Qualche volta…quante, di preciso?» fece Susan con occhi dardeggianti.
«Bè…» balbettò Peter. «Quando era necessario»
«Ad esempio? Peter, prima fai a botte con i tuoi compagni, e adesso questo! Bell’esempio che sei per Ed e Lucy!»
«Non stavamo facendo un altro discorso?» tagliò corto Peter, molto imbarazzato per il fatto che la sorella lo sgridasse.
Finalmente il treno rallentò, così che quella che sarebbe sicuramente stata una lite da ‘fratelli maggiori’ venne dimenticata in fretta.
Quando ebbero messo piede tutti e quattro giù dalla metropolitana, si diressero di corsa su per le scale e poi all’aperto. Era una tiepida giornata di settembre.
«Adesso dove andiamo?» chiese Lucy.
«Troviamo un luogo tranquillo» rispose Peter, prendendola per mano. «Non vorrei che un poliziotto ci vedesse e cominciasse a fare domande»
Vero, pensarono gli altri.
«Però è stato ingiusto da parte vostra» fece Lucy, risentita. «Godervi un’intera giornata lontano dalle lezioni a spassarvela chissà dove, mentre io e Susan chine sui libri!»
«Come avete fatto a non farvi scoprire?»
«Non credo che vorresti sentirlo, Sue» la mise in guardia Edmund.
Susan sospirò, poi si concesse un sorriso. Meglio non indagare…
Si diressero di gran carriera verso il parco più vicino. Di tanto in tanto, se vedevano che qualcuno li guardava con troppa curiosità, acceleravano il passo cercando di far finta di nulla. Dopotutto, non era consuetudine che dei ragazzi tra i tredici e i diciassette anni gironzolassero a piede libero per le strade alle nove del mattino- a meno che non fosse festa- con tanto di borsa e divisa scolastica ben identificabile per via degli stemmi ricamati sulle giacche.
Era un grosso rischio e lo sapevano, ma da un altro lato era emozionante, e anche Susan dovette ammetterlo: fare qualcosa di diverso anche se era sbagliato. O almeno, avrebbe dovuto esserlo.
Loro da soli, in giro per Finchley: c’era un qualcosa di avventuroso in tutto questo.
L’ansia di poter essere scoperti mista all’eccitazione della novità e al senso di libertà. Tutto sembrava strano, irreale, la città pareva perfino un poco diversa ai loro occhi, anche se nessuno di loro avrebbe saputo bene dire in cosa, effettivamente, fosse diversa.
Entrarono in un parco che stava di fianco a una chiesa. Si inoltrarono per i viali e sedettero tutti e quattro sulla stessa panchina, nel punto più nascosto dalla vegetazione: Peter e Edmund ai due lati, Lucy e Susan nel mezzo. Stavano un po’ stretti, ma andava bene lo stesso.
Lì, i rumori della strada erano lontani e quasi non si sentivano. Se chiudevano gli occhi, potevano immaginare di essere nuovamente tra le verdi foreste di Narnia.
«E ora, Susan, a te» disse Peter.
Tutti la guardarono, in attesa.
La ragazza estrasse di nuovo il corno d’avorio dalla borsa.
Quattro paia di occhi si posarono su di esso.
Lo osservarono a lungo, forse aspettandosi che accadesse qualcosa, magari perfino che spuntassero Aslan o Caspian da chissà dove.
«Ora il problema sta nel tornare indietro» disse Edmund dopo un po’. «Insomma, come funziona? Lo suoniamo e…che succede?  Torniamo a Narnia?»
«Vediamo...» cominciò Lucy, puntandosi un dito sul mento con fare pensoso. «Quando Caspian lo suonò, noi fummo trasportati da questo mondo all’altro. Forse dobbiamo fare lo stesso, oppure…». Ci pensò su e poi guardò gli altri. «Non so»
«Oppure, se lo suoniamo noi” azzardò Edmund, «Caspian, o qualcun altro, arriverà da Narnia in questo mondo»
Susan sentì una forte emozione.
Oh, se fosse stato davvero così! Se lui avesse potuto apparire lì, davanti a lei e sorriderle, parlarle, stringerla tra le sue forti braccia.
Caspian…
«Non penso sia così semplice. Dico bene, Susan?» disse Peter.
«Perché no?» chiese Lucy.
«Perché non credo che funzioni così» rispose Susan, rattristandosi.
Per un momento si era illusa di nuovo. Come al solito.
Quando sarebbero finite le illusioni e sarebbe cominciata la realtà? Perché non poteva semplicemente desiderare una cosa affinché questa si avverasse? Perché doveva essere sempre tutto così dannatamente difficile?
«Vedete, il mio corno ha il potere di richiamare i Sovrani di Narnia in aiuto di chi lo suona» disse la ragazza «Ma noi quattro siamo tutti qui, quindi non vedo come…»
«Anche Caspian è Re, adesso» la interruppe Lucy.
«Sì» disse Peter, «ma la magia funziona con i Re le Regine della Vecchia Narnia, cioè noi. Non possiamo richiamare noi stessi, vi pare? È una cosa assurda»
«Magari nel nostro mondo funziona al contrario» provò ancora Lucy, decisa a sostenere la sua idea.
«E cioè?» chiese Edmund.
«Cioè, se lo suoniamo noi stessi, ci possiamo autotrasportare a Narnia»
«No, no, è impossibile» Peter scosse il capo. «Il corno reagisce a un certo tipo di magia, ricordate? Viene suonato quando si ha bisogno di aiuto, non per altri scopi»
«Bè ma, in un certo senso, noi abbiamo bisogno di aiuto. Un aiuto per poter tornare»
«Lu…»
«No, ascoltate! Dopotutto, la prima volta che siamo tornati da Narnia, anche se tu e Ed avevate le spade con voi, non siete riusciti a portate al di qua dell’armadio, giusto? Le avevate legate al fianco, eppure sono svanite quando abbiamo riattraversato il portale magico del guardaroba. Invece, stavolta, un oggetto di Narnia ha attraversato la barriera ed è arrivato fino nel nostro mondo. Vorrà pur dire qualcosa! Forse è…una specie di indizio!»
«Indizio?» ripeté Edmund. «Credi che Aslan ci stia dicendo di tornare?»
«Sì, ne sono sicura!» gli occhi azzurri di Lucy brillarono di una luce splendente.
«Allora proviamo!» esclamò Edmund con il cuore che batteva forte. «Dobbiamo pur vedere che cosa succede. Non possiamo restare qui tutto il giorno a pensare o parlare e basta. Dobbiamo agire!»
Tutti si guardarono e furono d’accordo.
«Avanti, suona» Peter esortò Susan.
A lei tremavano le mani. «Io…io non so…» balbettò.
Il ragionamento di Lucy non faceva una grinza, però…
«Sarebbe meglio che lo suonasse uno di voi due» disse, porgendo il corno ai fratelli più piccoli, i quali la guardarono perplessi.
«No, è tuo» disse Edmund. «È giusto che lo faccia tu»
«Ed, io e Peter non potremo più tornare, l’hai già scordato? Quello che ha detto Lucy potrebbe anche essere vero: probabilmente ci è stato permesso di portare qui il corno per qualche motivo. Però, se anche fosse, il motivo riguarderebbe solo voi due, ormai»
«No. O ci andiamo tutti o niente» disse Lucy risoluta.
«Ma Aslan ha detto…»
«Di cosa hai paura, Susan?» chiese Peter.
Lei lo guardò dritto negli occhi.
Lui non vide paura ma puro terrore e capì come la sorella si sentiva.
Susan provava il suo stesso terrore. Il terrore che tutto si rivelasse di nuovo solo un bellissimo sogno.
Il terrore di non riuscire.
Il terrore di trovare tutto cambiato, come era già successo dopo lo scorrere di quei mille trecento anni: una Narnia diversa, senza amici ad aspettarli.
Il terrore che Edmund e Lucy fossero scomparsi davanti ai loro occhi, trasportati dalla magia del corno d’avorio; e loro due lì, soli. E se fosse accaduto, allora avrebbero avuto la certezza che era finita per davvero. Finita per sempre.
«Suonalo, Susan» le disse Peter, in un modo tale che lei non poté non obbedire.
Il Re Supremo era dentro di lui. In quell’attimo, sembrò quasi che fosse seduto ancora sul trono di Cair Paravel, non su un’anonima panchina di un parco inglese.
E Susan tentò, con la speranza che cresceva forte. Quella speranza che si era imposta di ignorare, di spegnere sul nascere, ma che adesso lasciò libera di propagarsi.
Suonò una, due, tre volte, ma non avvenne nulla.
Non un alito di vento si alzò, non un movimento tra le foglie. Niente.
La luce brillante negli occhi di Lucy si spense; l’emozione che aveva fatto battere fortissimo il cuore di Edmund, scemò pian piano fino a che si dissipò del tutto; Peter tornò ad essere un comune ragazzo di diciassette anni; Susan perse un’altra speranza. L’ennesima.
Dopo il terzo tentativo, il suono profondo del corno che aveva invaso l’aria, si spense, soffocato dal suono delle campane della chiesa vicina che segnavano le undici.
«Forse ci vuole un po’ di tempo» disse Lucy, con un tono di voce forzatamente fiducioso ma che tradiva la cocente delusione. «In fondo, il corno è impregnato di magia, la Grande Magia, che nel nostro mondo non esiste»
«No» disse seccamente Susan. «Non ha funzionato. Tutto qui» e poi si alzò dal suo posto, ricacciando bruscamente il corno nella borsa.
«Abbiamo provato solo una volta» disse Lucy timidamente. «Forse, la prossima…»
«Non ci sarà una prossima volta! Ci sono soltanto i forse, i probabilmente, i magari e chissà. Solo supposizioni!»
«E’ così che va, Sue, l’abbiamo sempre saputo» disse Edmund alzando le spalle. «Stiamo parlando di un altro mondo, un mondo magico. E poi, ricordate cosa diceva il professor Kirke? Non si torna mai a Narnia due volte nello stesso modo. Forse, il corno non funziona perché è già stato usato per chiamarci a Narnia»
«Ancora forse. Sempre e solo forse» mormorò Susan stringendo le mani attorno alla cinghia della borsa.
Gli altri la guardarono confusi mentre si allontanava.
«E ora dove vai?» gridò Edmund, schizzando in piedi e affrettandosi a raggiungerla, seguito subito dagli altri due.
«Vado a scuola»
«Non puoi presentarti a quest’ora» le disse Peter. «Ti faranno un mucchio di domande e finirai nei guai»
«Mi inventerò delle scuse» tagliò corto lei.
«Ti tiri indietro?»
Susan si voltò svelta per fronteggiare il fratello maggiore. «No, non è così»
«A me sembra il contrario»
«Ti sbagli»
«Allora rimani»
Lucy e Edmund li osservavano in silenzio.
«Ragazzi…sentite…» fece Lucy, ma non la sentirono nemmeno.
«Peter, è inutile!» ribadì Susan stancamente. «Credi davvero che io e te torneremo a Narnia? Aslan ha parlato chiaro: noi due non torneremo mai più
«Non vuoi nemmeno tentare? Non credo che Aslan ci punirà perché abbiamo cercato di tornare a casa. Alla nostra vera casa! Ma a quanto vedo, tu ti stai già arrendendo»
«Non è vero…»
«Sì, è verissimo!»
«Peter…Susan, ascoltatemi, per piacere…»
«Anche per me è dura sapere che forse non riuscirò più a rimettere piede laggiù, ma almeno un tentativo lo voglio fare!»
«Hai già fatto quel tentativo, Peter, proprio adesso, e non è successo assolutamente niente! Come sempre!» gridò Susan arrabbiata. «Sarà sempre la stessa storia: andremo là, vivremo momenti indimenticabili, avventure straordinarie…e poi? Poi torneremo di nuovo in questo mondo e tutto svanirà come se non fosse mai esistito! Non credevo sarei mai arrivata a pensarla in questo modo, mi dispiace, ma mi sono resa conto che Narnia è solo un bellissimo castello in aria»
«Hai fatto una promessa, Susan» le ricordò Peter. «Hai promesso che non avresti mai dimenticato. Se ti arrendi adesso dimenticherai in fretta, lo so. Non farlo, Susan. Non fare questo a Narnia»
«Tu pensi di sapere davvero cosa provo?» chiese la ragazza con gli occhi azzurri che le si riempivano di lacrime. «Pensi davvero che voglia vivere qui? No, non lo desidero affatto!»
«Bè, non lo stai dimostrando!» ribatté Peter serrando i pugni, urlandole contro. Non riusciva a capire perché era così arrabbiato con sua sorella, ma lo era.
«Non sai quanto vorrei non essere mai tornata qui!» gridò ancora Susan. «Aver fatto un passo indietro al momento di passare attraverso quel maledetto albero! Essere rimasta là, tra le braccia di Caspian!»
Peter stava per ribattere, ma non osò.
I due fratelli maggiori si fissarono un momento. Lei abbassò lo sguardo per prima. Una lacrima solitaria scese lungo la sua guancia. L’asciugò in fretta, passandosi una mano sul viso, non permettendo ad altre di cadere.
Era stanca. Stanca di collezionare delusioni una dietro l’altra. Prima la storia dell’armadio: da Re e Regine di nuovo a comuni ragazzini; poi Caspian, che per colpa sua stava sicuramente soffrendo. Non l’avrebbe biasimato se lui avesse deciso di dimenticarla non vedendola più tornare.
E ora questo.
Aveva avuto fiducia nel suo corno d’avorio, che mai l’aveva tradita…almeno fino a quel momento. Aveva dato l’ennesima possibilità al suo cuore di sperare, perché qualcuno diceva che la speranza era l’ultima a morire.
La sua era morta quel giorno.
«Mi dispiace» disse Peter dopo un po’. «Forse non posso capire il tuo punto di vista»
«No, scusami tu. Non volevo aggredirti, perdonami. E’ solo che…» Susan non terminò la frase.
«ADESSO BASTA E STATEMI A SENTIRE!!!» gridò Lucy a squarciagola.
Edmund, in piedi vicino a lei, si tappò prontamente le orecchie.
Peter e Susan si voltarono finalmente a guardare la più piccola.
«Siete ridicoli e non ve ne rendete nemmeno conto! E mentre perdevate tempo a litigare io invece mi sono messa a ragionare e credo di aver capito una cosa!»
«Vi prego, non contradditela, o mi romperà anche l’altro timpano» li pregò Edmund, infilando il mignolo nell’orecchio leso. «Quando ti arrabbi ruggisci come una leonessa, Lu, te l’hanno mai detto?»
Lucy gli sorrise. Aslan le aveva detto qualcosa di simile riguardo al suo coraggio poco tempo prima.
Pensare ad Aslan le infondeva coraggio, a lei come a tutti.
Tornò seria e guardò con rimprovero i più grandi.
«Adesso promettete di non litigare mai più in quel modo, o non vi dirò niente di niente»
Li costrinse letteralmente, e Susan e Peter non poterono far altro che giurare.
«Bene. Adesso ascoltatemi attentamente: ricordate che ore erano l’altro giorno- voglio dire, oggi- quando siamo arrivati sulla spiaggia accanto alle rovine di Cair Paravel?»
«Circa le dieci, mi pare» disse Peter.
«Esatto! E se la memoria non m’inganna, l’ora era la stessa anche la prima volta che siamo stati a Narnia!»
«No» disse Edmund sicuro. «Ricordo perfettamente che era pomeriggio quando ci parlasti del Signor Tumnus, della foresta e tutto il resto. Stavamo giocando a nascondino a casa del professor Kirke. E quando è toccato a me entrare nel guardaroba, era sera tardi»
«No, no» fece Lucy impaziente, scuotendo la testa. «Non riesco a spiegarmi…E’ vero, la prima volta che io entrai nell'armadio era un pomeriggio, la seconda volte era sera, ma io sto parlando di quando passammo tutti e quattro insieme attraverso il guardaroba. Stavamo giocando nel giardino del professor Kirke ed erano circa le dieci del mattino. Non potete non ricordarvi»
Ceto che lo ricordavano, e molto bene anche. Impossibile dimenticare quando entrarono nel paese di Narnia per la prima volta. Poi, Edmund trattenne il fiato. Lui fu il primo a capire.
«Sì...» proseguì Susan. «Sì, è vero: facemmo colazione intorno alle nove, quel giorno, e poi andammo subito fuori a fare una partita a cricket»
Peter aggrottò la fronte, perplesso. «Lu, dove vuoi arrivare?»
Lucy sbuffò. «Sono suonate le undici poco fa. Ancora non capite? Abbiamo mancato l’ora giusta!»
Tutti si guardarono. Sembrò che il mondo si fosse zittito. Per molto tempo, nessuno disse nulla.
«Il tempo...» mormorò Peter, fissando lo sguardo su un punto imprecisato del suolo. «Vuoi dire che è il tempo che determina la nostra partenza?»
«Non lo so. Ma tutto può essere, no?» fece Lucy, con un nuovo sorriso che le si apriva sul volto.
«Quindi possiamo ritentare domani» disse Edmund, ritrovando l’entusiasmo a una nuova prospettiva di riuscita. «Possiamo provare tutti i giorni finché non funziona!»
«E come? Domani a quest’ora, ognuno di noi sarà nella propria classe. E anche nei giorni a seguire» disse Susan, che evitava accuratamente di guardare Peter. Lui faceva lo stesso.
Non avevano mai litigato in quel modo prima d’ora, erano sempre andati molto d’accordo. Si sentivano un po’ a disagio.
«Vorrà dire che salteremo di nuovo la scuola» disse Edmund con uno sguardo da furbo.
«Non se ne parla!» dissero in coro Lucy e Susan.
«Senza contare che è pericoloso girare per le strade, di questi tempi, specie se da soli» ricordò quest’ultima. «Siamo nel pieno di una guerra»
«Inoltre» aggiunse Peter, rivolgendole un rapido sguardo «dovremo farlo quando siamo tutti insieme, a casa. A scuola c’è il rischio che ci scoprano»
«E allora quando?» chiese Edmund.
«Domenica» propose Lucy.
«No» intervenne Peter. «Alle dieci saremo in chiesa per la messa. Meglio sabato. Saremo da soli a casa»
«Manca un’intera settimana!» protestò di nuovo Edmund. «Oggi è solo lunedì! Quanto tempo passerà a Narnia, nel frattempo?»
Già, c’era anche quel problema con cui confrontarsi. La paura di tornare indietro e…
Alle parole di suo fratello, Susan si rese improvvisamente conto che non aveva minimamente considerato lo scorrere del tempo. C’era una differente linea temporale tra i due mondi, e nessuno di loro sapeva esattamente come funzionava.
A Narnia potevano già essere trascorsi mesi, forse anni…anni nei quali Caspian avrebbe potuto trovare una sposa, perché infine il regno avrebbe avuto bisogno di una regina che desse certezze al suo popolo, che restasse al fianco del Re, che gli desse un erede.
No! Il solo pensiero era intollerabile. Non poteva essere…
Peter aveva ragione. Aveva ragione su tutto. Si era infuriata con lui perché aveva centrato il problema: lei voleva tirarsi indietro perché aveva una paura folle di quello che avrebbe potuto trovare se mai fosse tornata a Narnia.
Però, se c’era anche solo una mera possibilità - se Aslan dava loro quella possibilità - lei non poteva tirarsi indietro, anche se avrebbe voluto.
La verità era che desiderava ardentemente ritornare il più presto possibile, perché più restava a contatto con il suo mondo, più aveva paura di dimenticare quell’altro. E pur avendolo praticamente ammesso e avendolo desiderato, nel profondo del suo cuore non voleva dimenticare.
A volte, però, era difficile non venir tentati dal pensiero che lasciar perdere tutto potesse essere la soluzione migliore. Non pensare mai più a Narnia poteva essere la cura più dolce per la sua malattia: la nostalgia. Perché la nostalgia può ucciderti.
Aveva desiderato farlo già la prima volta che era tornata in Inghilterra, dopo aver riattraversato la barriera magica dell’armadio guardaroba. Tuttavia, all’epoca era riuscita a farsene in qualche modo una ragione, accettando la vita sulla Terra e conservando il ricordo degli anni in cui era stata Regina nell’Età d’Oro.
Da un lato, avrebbe voluto suonare il suo corno ancora e ancora, all’infinito, finché- proprio come aveva detto Edmund- non fossero riusciti a sbloccare quella magia racchiusa al suo interno; dall’altro avrebbe voluto scagliarlo via, nasconderlo e non vederlo mai più.
In un certo senso fu quello che fece.
Quando tornò a casa, infilò il corno in una scatola in fondo al suo armadio, dove teneva vecchie fotografie, lettere e cartoline. Un luogo sicuro, dove nessuno avrebbe potuto trovarlo, neanche la mamma quando faceva le pulizie.
Lo stesso avrebbe desiderato fare con i suoi sentimenti: relegarli in un angolo del cuore e della mente, e non permettergli di farla soffrire così.
“Credevi che tornando a casa le cose sarebbero cambiate?”si era chiesta.
Sì, era la risposta.
Affatto, era la verità.
Un vecchio proverbio diceva ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’. Ebbene, non esisteva proverbio più falso!
Perché più non vedeva gli occhi profondi di Caspian incontrarsi coi suoi, più desiderava specchiarvisi; più non sentiva la sua voce, più avrebbe voluto udirla sussurrarle ancora parole d’amore; più non sentiva il suo calore, le sue mani, le sue labbra, più li cercava.
Talvolta, si svegliava nel cuore della notte con le mani tese al nulla, le guance rigate di lacrime. Nel sogno vedeva Caspian sempre voltato di spalle e correva per raggiungerlo. Dove era lei c’era buio e freddo, dov’era lui c’era luce e calore. Lo chiamava, gridava il suo nome, e allora lui si girava e le sorrideva, allargando le braccia per stringerla…non riusciva mai a raggiungerlo in tempo. Lì si svegliava, non vedendo altro che le pareti della sua camera avvolte nel buio.
«Caspian dove sei?» mormorava piangendo, rigirandosi su un fianco, affondando il viso nel cuscino. «Vieni a prendermi»
E intanto, i giorni passavano.
Non trascorse una settimana. Ne passarono due, tre, perché non ci fu più occasione per i fratelli Pevensie di trovarsi da soli in tranquillità.
Nel frattempo, il corno d’avorio se ne stava sempre dentro quella scatola, in attesa.
Quando infine loro madre disse che doveva recarsi lontano da Finchley per qualche giorno, i ragazzi credettero finalmente di avere l’occasione che da tanto aspettavano.
Ma qualcosa andò storto.
Quel qualcosa si materializzò sotto forma della persona più insopportabile ai quattro fratelli Pevensie, e l’antipatia potevano star certi che fosse reciproca.
Quella persona si chiamava Eustace Clarence Scrubb.
 
 
 
 

Volevo aspettare un po’ prima di mettere questo capitolo, ma non ce l’ho fatta, così l’ho postato appena finito di scriverlo. Praticamente cinque minuti fa! Non ho riletto, per cui se ci sono errori madornali ditemelo, non esitate!
Finora sono stata piuttosto veloce nell’aggiornare questa fanfiction, e spero di continuare così almeno per un po’, anche se non ho scritto niente oltre questo. Ci sono le idee, tante, tantissime! Ma non so come metterle in ordine…Se le parole potessero riversarsi su carta (in questo caso pc) appena le pensi, sarebbe favoloso!
L’idea di base è questa: inserire i quattro Pevensie nelle vicende del Viaggio del Veliero ma rivoluzionare il tutto con un’altra avventura. Li voglio tutti su quella nave, assolutamente!!! Di conseguenza, non può mancare il caro vecchio Eustace! XD
Caspian, per un po’, penso non si vedrà. In fondo devono passare tre anni a Narnia, però se mi viene in mente qualcosa su di lui state certi che lo farò apparire.
E Jill? Forse arriverà prossimamente, non so ancora bene…
Spero di non correre troppo nel narrare la storia (non sono il tipo che riempie i capitoli di descrizioni, perché secondo me minimizza la fantasia del lettore). Insomma, guardate i primi tre capitoli! Secondo voi è stato affrettato sviluppare la storia tra Caspian e Susan in quel modo? Però l’ho fatto perché mi serve…
Ok, sono qua a sproloquiare come una sclerata, a chiedervi consigli e poi a rispondermi da sola, inoltre rischio di far divenire questa nota (che non interessa a nessuno di sicuro) più lunga del capitolo, per cui passo ai ringraziamenti:

Per le seguite:
CaspiansLover, FrancyNike93, IwillN3v3rbEam3moRy, JLullaby, Poska, Serena VdW e SweetSmile

Per le recensioni dello scorso capitolo: IwillN3v3rbEam3moRy, Serena VdW e tinny

Vi lascio alle recensioni.
Vi aspetto numerosi! A presto!
Baci Susan ^^

 
 
 
 
 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: SusanTheGentle