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Autore: Preussen Gloria    22/10/2012    5 recensioni
"Cresce. Assomiglia a te."
C'è ancora una storia che Odino non ha raccontato.
"A chi? Al principe delle illusioni o al re dei mostri?"
Riguarda il suo primogenito. Riguarda il figlio che ha adottato.
"Al giovane con gli occhi verdi e i capelli corvini che una volta conoscevo"
Riguarda i due principi che sono venuti prima di loro.
"Non è mai esistita quella persona, Odino."
Riguarda leggende che non sono mai state scritte.
"Non puoi dirmi questo! Non mentre mi guardi con gli stessi occhi di mio figlio"
E verità che sono sempre state taciute.
"Non è tuo figlio! Non lo è mai stato. È nato nell'inganno, vive nell'inganno, le bugie sono l'unica cosa che possiede..."
Thor e Loki hanno sempre saputo di essere nati sul finire di una guerra.
"... E un giorno, forse, ne diverrà il principe."
Ma nessuno ha mia raccontato loro l'inizio di quella storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigga, Laufey, Loki, Odino, Thor
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Mpreg
Capitoli:
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Avvertenze: riferimenti ad abusi nella penultima scena.

3
Complice

[Asgard, oggi]

Da che ricordava, la torre nord era stata sempre usata come una sorta di ripostiglio a più piani. Troppo piccola perché vi si potesse allestire un’area per la corte, troppo distante dalle aree principali del palazzo dorato. Thor e Loki solevano andarci da bambini, ancora troppo piccoli per esplorare il mondo esterno, ma troppo grandi per rimanere a gironzolare tra le loro stanze e quelle della madre. Nessuno li avrebbe disturbati lì, nessuno li avrebbe sgridati perché, in fin dei conti, non vi era nulla di così pericoloso tra quegli scaffali ricoperti di polvere e ragnatele. Tuttavia, Frigga aveva sempre proibito loro di andarci a giocare perché, isolata com’era quella zona, se entrambi si fossero ritrovati disgraziatamente nei guai, nessuno gli avrebbe sentiti. Non aveva importanza quanto forte avrebbero potuto gridare.
Vista da quella prospettiva, la seconda parte della punizione di Odino, a Thor ricordava tanto un esilio forzato, “io non riesco a capire per quale motivo non lo possiamo trasferire nelle sue stanze.”
Frigga sospirò pesantemente passandosi una mano tra i capelli biondi con aria stanca, “Thor, cerchiamo di non lamentarci delle decisioni di tuo padre. È pur sempre meglio di una cella e noi due possiamo avervi accesso liberamente.”
Thor diede un’ulteriore occhiata alla stanza circolare, semi-buia e polverosa. C’erano tre piccole finestre in tutto, poste talmente in alto che persino lui avrebbe avuto bisogno dell’ausilio di una sedia per aprirle e Loki a stento riusciva a reggersi in piedi autonomamente. Lui e sua madre avevano allestito l’ultimo piano in modo tale che sembrasse una camera. Piccola, umile, un po’ triste ma pur sempre una camera.
Loki non aveva protestato in alcun modo quando Thor l’aveva condotto su per le scale della piccola botola che fungeva da unica entrata alla stanza. Si era guardato intorno per un minuto abbondante, poi si era avvicinato lentamente al piccolo letto nell’angolo e vi si era seduto sopra fissando il pavimento.
Il disagio che Thor provava di fronte a quel muro di perenne silenzio, lo rendeva incapace di reagire degnamente il più delle volte. Si sentiva come una ragazzino impacciato che cercava di attirare l’attenzione di una persona importante per la prima volta. Thor non aveva mai avuto bisogno di attirare l’attenzione di nessuno e non sapeva bene da dove cominciare.
“Non abbiamo portato via i libri,” spiegò accennando un timido sorriso e Loki gli concesse uno sguardo, sebbene privo di qualsiasi luce o interesse, “abbiamo cercato di liberarli dalla polvere e li abbiamo lasciati al loro posto. È una magra consolazione, lo so, ma hai sempre amato i libri.”
Loki lanciò un’occhiata ai numerosi volumi in parte ordinati su un paio di librerie e in parte disposti ordinatamente in colonne sul pavimento. “Posso restare qui tutto il tempo che vuoi,” disse Thor gentilmente ma Loki fece finta di non sentirlo superandolo in silenzio per studiare una serie di volumi che sembrava aver attirato la sua attenzione, “non c’è molto da fare qui, ora… Io non ho voglia di fare nulla, almeno, non riesco più a dargli un senso.”
Un tuono sembrò quasi far tremare l’intera struttura, Loki sobbalzò e lanciò a Thor un’occhiata storta colpevolizzandolo in silenzio. Il maggiore rise appena, “perdona il mio cattivo umore.”
Loki scrollò le spalle prendendo un libro tra le mani ed esaminandolo con interesse per pochi secondi, per poi gettarlo a terra con aria annoiata. Thor sbatté le palpebre un paio di volte, “quelli che non ti piacciono puoi metterli in un angolo, me ne sbarazzerò e te ne porterò degli altri, così…”
Il secondo libro cadde pericolosamente vicino al piede destro di Thor e, se Loki non gli avesse rivolto le spalle tutto il tempo, avrebbe giurato che l’avesse fatto intenzionalmente. “Sai, ci sono dei libri da Midgard che potrebbero…” Il terzo libro atterrò direttamente sulla sua testa e quando Thor riaprì gli occhi sbigottito, portando una mano sulla parte lesa, Loki lo fissava con uno sguardo carico di odio e rabbia. Thor sospirò stancamente, “che cosa ho detto adesso?”
Per tutta risposta, Loki afferrò un altro volume e, senza nemmeno degnare la copertina di uno sguardo, lo lanciò in direzione di Thor che questa volta lo afferrò prontamente, “Loki, adesso bast…”
Il principe ereditario non fece in tempo a finire la frase che un quinto libro lo colpi direttamente sul naso facendolo indietreggiare di un paio di passi. “Vuoi picchiarmi?” Bofonchiò con gli occhi lacrimanti a causa del dolore, “va bene, picchiami! Fammi male, se ti fa sentire meglio!”
Il mondo aveva imparato presto quanto fosse pericoloso provocare il principe Thor ma il principe Thor aveva imparato solo di recente quando fosse rischioso provocare il fratello minore. Peccato che tendesse a dimenticarlo troppo facilmente.
Thor dovette schivare almeno altri tre o quattro volumi mentre tentava di avvicinarsi a Loki che, trovandoselo a portata di mano, decise di passare al combattimento corpo a corpo. “Basta!” Esclamò Thor mentre Loki lo prendeva a pugni, mettendoci maggior forza ogni volta che riscontrava un effetto nullo sull’avversario, “Loki, non puoi fare sforzi eccessivi! Fermati!”
Loki replicò tentando di dargli uno schiaffo ma, a causa di un movimento improvviso di Thor, si trasformò in un graffio. Entrambi si bloccarono completamente per una manciata di secondi, fissandosi l’un l’altro allibiti.
Inutile dire che il danno arrecato a Thor era in sé per sé quasi ridicolo ma Loki si ritrovò a fissare le proprie dita sporche di sangue come se ai suoi occhi fosse uno spettacolo impossibile da sopportare.
Thor portò subito una mano al viso di Loki vedendolo impallidire di colpo, “Fratello…?”
Un istante dopo, Loki si piegò su se stesso riversando sul pavimento qualsiasi cosa il suo stomaco avesse deciso di espellere.  

“Non credo che ci sia una causa fisica specifica,” commentò sua madre più di mezz’ora più tardi, dopo che la servitù si era preoccupata di ripulire il pavimento della nuova stanza di Loki, “c’è qualcosa che ti ha infastidito, tesoro?” Frigga chiese amorevolmente sedendosi sul letto accanto al figlio minore che se ne stava accucciato nell’angolo tra la tastiera del letto ed il muro. Loki la guardò ma rimase in silenzio e Thor sospirò stancamente, “dubito che sia per paura di avermi fatto male, giusto?” Domandò indicando i graffi sulla sua guancia che avevano smesso di sanguinare e sarebbero guariti presto.
Loki si limitò a lanciargli un’occhiata glaciale, poi tornò a fissare il vuoto.
Frigga sollevò la brocca appoggiata sul comodino lì accanto e vi riempì il bicchiere posto a poca distanza, “tieni, Loki, devi bere qualcosa o le contrazioni allo stomaco peggioreranno.”
Thor osservò suo fratello accettare il bicchiere e berne metà del contenuto, sua madre lo riprese quando capì che Loki non avrebbe bevuto un sorso di più, “te la senti di mangiare qualcosa?” Domandò speranzosa, ma l’altro scosse la testa raggomitolandosi ancora di più su se stesso.
“Loki, devi mangiare o la febbre non si abbasserà mai e il tuo corpo diverrà sempre più debole,” obbiettò Thor con una certa fermezza che suo fratello decise d’ignorare totalmente. “Thor ha ragione, tesoro,” gli diede man forte sua madre cercando di far ragionare il minore dei suoi figli, “non vogliamo che ti sforzi più del dovuto, questo provocherebbe solo danni ulteriori, ma devi provare.”
“In alternativa, possiamo lasciarti nelle mani dei curatori,” propose Thor mal celando la minaccia nascosta in quelle parole. Loki sgranò gli occhi guardando il fratello con uno sguardo di puro terrore.
“Probabilmente preferisci farti aiutare da loro, piuttosto che da noi.”
“Thor…” Mormorò confusa Frigga afferrando il polso destro del figlio maggiore per calmarlo, ma fu inutile.
“Non era l’amore quello che dicevi di non avere?” Domandò Thor con ira crescente mentre Loki si spingeva sempre di più contro il muro, “guarda tua madre, Loki! Guardala mentre si distrugge per te e tu non fai che ripagarla con i tuoi rifiuti e il tuo stramaledetto silenzio!”
“Thor!” Frigga afferrò il figlio per un braccio trascinandolo con poca grazia verso la botola e costringendolo a scendere al piano inferiore. “Mi vuoi dire che cosa ti è preso?” Domandò furibonda dopo essersi premurata di aver chiuso l’accesso alla camera soprastante, “non basta tuo padre a fargliela pagare torturandolo?”
Thor la guardò come se si fosse svegliato da un sogno di soprassalto.
“Sto aspettando una risposta, Thor!” Esclamò Frigga senza lasciare la presa sul figlio, “cosa pensi di ottenere minacciandolo? Come credi che…”
“Ha delle ferite aperte in tutto il corpo,” confessò Thor senza nemmeno pensare a quanto stava dicendo, come se a parlare non fosse lui, come se qualcun altro stesse usando la sua bocca e la sua voce al suo posto. L’ira di Frigga scomparve e venne sostituita da un’espressione di puro orrore, “che cosa hai detto?”
Thor abbassò il capo, come un bambino colto a fare qualcosa che gli è sempre stato proibito, “non ha voluto che tu lo aiutassi a fare il bagno perché non voleva che tu vedessi in che stato è ridotto il suo corpo,” spiegò lentamente, in modo che sua madre non gli chiedesse di ripetere, “o forse l’ha fatto per mostrarle a me e farmi sentire in colpa più di quanto non mi ci senta da solo. Sa bene che basta poco per farmi male, se si sa dove colpire. E Loki sa ogni singolo punto in cui bisogna colpire per distruggermi dentro.”
“Thor…” Sua madre gli prese il viso tra le mani, “parlami di quelle ferrite.”
Il principe sospirò pesantemente, “le ho pulite, le ho medicate. Sono un guerriero, questo so farlo ma non ho la minima idea di come poterle guarire. Serve un guaritore per questo o qualcuno che sappia usare bene la magia e non è decisamente il mio campo.”
Frigga annuì, “ho capito.”
“Madre,” Thor le afferrò i polsi con urgenza ma senza farle male, “se ora entri in quella stanza e decidi di aiutarlo…”
“Non ho intenzione di far finta di nulla, Thor.”
“Lo so ma, forse, io posso…”
“No,” Frigga scosse lentamente la testa, “serve tempo per imparare certe arti, Thor. Tuo fratello ha bisogno di qualcuno che lo possa aiutare davvero, non solo di qualcuno che ci voglia provare. Non sarebbe sufficiente, capisci?”
“Madre, non credo che tu voglia vedere quello che ho visto io,” Thor si oppose con forza, “te l’ho detto. L’ha fatto per punire me e, credimi, c’è riuscito.”
Frigga chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore, “Ho bisogno di sapere dove sono, nel caso lui cerchi di nascondermele.”
Thor trattenne il fiato per un istante, “ovunque,” mormorò alla fine, “su tutto il suo corpo, madre.”

Entrambi decisero che sarebbe stato molto più facile se Thor se ne fosse rimasto di sotto ad aspettare per tutto il tempo. Così, il dio del tuono non seppe mai cosa sua madre disse a suo fratello per convincerlo a farsi aiutare, ma le grida di dolore che seguirono non sarebbe riuscito a dimenticarle tanto facilmente. Non seppe quante volte si ritrovò con la mano stretta intorno alla maniglia della botola e quante volte dovette costringersi a lasciarla andare e allontanarsi di qualche passo. Smise di contare anche i minuti o avrebbe dovuto realizzare che si erano tramutati in ore e sarebbe stato sufficiente a farlo impazzire.
Quando il silenzio regnò di nuovo sovrano, Thor non seppe se esserne lieto o terrorizzato. Se ne rimase seduto sul pavimento di pietra, come congelato. Dovette attendere ancora qualche minuto prima che sua madre decidesse di scendere le piccole scale di legno.
Thor non ebbe bisogno di chiedere nulla, l’espressione e la figura tremolante di lei furono più che sufficienti per indurlo a tacere. “Erano avvelenate,” mormorò la regina con una calma che non sapeva da dove le venisse, “per questo non si cicatrizzavano mai. Per aiutarlo ho dovuto fargli del male.”
Thor si alzò in piedi. Sua madre sembrava sul punto di collassare ma non riusciva a capire se fosse il caso di avvicinarsi o meno, “il sangue infetto aveva sporcato i vestiti,” continuò a spiegare Frigga, “li ho bruciati, ne farò portare degli altri.”
Thor annuì, insicuro su cosa dire o fare. “È estremamente debole, ora,” Frigga si asciugò velocemente una lacrima, “ho bisogno che tu resti con lui stanotte, ti prego.”
“Le preghiere non sono necessarie, madre,” rispose prontamente Thor correndo su per la botola senza ulteriori preamboli.
Un fuocherello assurdamente allegro scoppiettava nel piccolo camino sul muro opposto a quello del letto. Loki se ne stava disteso prono con gli occhi chiusi, sfinito, nudo e debole. L’unica cosa che riuscì a consolare Thor fu la visione di quella pelle pallida di nuovo intatta e priva d’imperfezioni.
Cercò di avvicinarsi senza far rumore, ma Loki socchiuse subito gli occhi puntandoli nella sua direzione. Thor non poteva giurarlo a causa della stanza semi-buia, ma credette di vedere suo fratello arrossire un poco. O, forse, era solo una conseguenza evidente della febbre alta. Nel dubbio, Thor afferrò il lembo della coperta tirandolo fin sopra le spalle di Loki che sembrò rilassarsi di nuovo.
Il maggiore accarezzò la schiena ora coperta del fratello ritrovandosi con quelle iridi verdi di nuovo addosso, “starai bene,” mormorò Thor inginocchiandosi accanto al letto, “starai bene.”
Non era ben chiaro chi stesse cercando di convincere.

[Asgard, secoli fa.]

Borr era un buon re.
Non era un’opinione artificialmente costruita o una convinzione senza solide basi, era la pura e semplice realtà. Il popolo lo amava, come aveva amato la sua bella regina e come amava suo figlio, il principe ereditario. Ma quel che accadeva tra le mura dorata del palazzo reale, era ben altra cosa.
Il buon re non poteva dirsi altrettanto capace nel ruolo di genitore.
Sebbene, agli occhi dei più, Borr apparisse come un modello di paternità esemplare, lui ed Odino non avevano mai perso un’occasione per scontrarsi. Caratteri troppo simili, caratteri troppo diversi, era difficile giudicare oggettivamente. La cosa certa era che con la mediazione di una moglie, di una madre, molte occasione di tensione tra loro si sarebbero anche potute evitare.
Ma non c’era posto per un po’ di saggezza femminile nella famiglia reale, c’era spazio solo per l’orgoglio di un uomo ormai giunto alla maturità e di suo figlio che della maturità e di tutte le sue implicazione non ne voleva proprio sentir parlare. Il popolo amava Odino, amava il modo in cui si mischiava ai giovani soldati della sua età al solo scopo di farseli amici, amava la sua sincerità, la sua solarità e il coraggio e l’orgoglio che dimostrava puntando a migliorarsi continuamente.
Il popolo non vedeva il moccioso ribelle ed arrogante che Borr aveva cercato inutilmente di plasmare sin dal giorno della sua nascita. Non vedeva il ragazzino dalle frivole passioni che avrebbe potuto riempire la corte di figli illegittimi, se solo il fato avesse deciso di tirargli un colpo basso. Non vedeva quel pericolo immenso dal potere incalcolabile e dalle idee pericolosamente suicide dovute ad una troppo intensa sete di gloria.
Il popolo vedeva il principe dorato.
Il re vedeva la possibile rovina di Asgard.
Per questo, quando Frigga e Loki entrarono nella sala del trono, chiuse gli occhi con fare esasperato attendendo che i due giovani lo informassero dell’ennesima catastrofe di cui Odino era causa e protagonista allo stesso tempo. Quel che accadde dopo sfuggì alla sua comprensione.
Col senno del poi, Loki e Frigga avrebbero pensato ad un caso fortuito concesso loro dal destino, poi avrebbero avuto modo di ricordarsi che il fato non concede coincidenze. Il re aveva appena dato loro il permesso di parlare, che il uno dei curatori era entrato senza permesso nella sala del trono informando il sovrano che il principe Odino si trovava nella sala della guarigione con una gamba rotta.
“Come ha fatto quell’idiota a tornare a casa sulle proprie gambe, quando una delle due è fratturata?” Fu la prima cosa che disse Frigga non appena il re se ne fu andato di corsa, completamente dimentico della presenza dei due giovani. “Oh, una gamba rotta sarà l’ultima dei suoi problemi quando il re lo vedrà,” commentò Loki scuotendo la testa amaramente.
“Allora perché ce ne stiamo qui impalati?!” Esclamò Frigga dirigendosi verso l’enorme portone dorato, “se il tragico momento in cui il re, in preda alla follia, uccide il figlio ribelle è arrivato, servirà qualche testimone che possa raccontare la storia!”
Loki sospirò rassegnato seguendo l’amica senza opporsi in alcun modo.

Odino era solito narrare a gran voce le sue gesta quando, alla fine di ogni sua avventura leggendaria, qualcuno lo trascinava nella stanza della guarigione, dove un gruppetto numeroso di giovani e belle curatrici era ben che lieto di ascoltarlo. Solo dopo, la sera stessa e le notti successive, Odino si sarebbe premurato di approfondire la loro conoscenza in privato.
Ma quel giorno non accadde.
Il principe non pronunciò neanche una parola, anzi, ignorò deliberatamente una o due giovani più audaci e sfacciate delle altre che tentarono, inutilmente, di attirare la sua attenzione. Quel giorno, a differenza di tutte le altre volte, Odino aveva portato qualcuno con sé e non sembrava sul punto di togliergli gli occhi di dosso molto presto.
Il bel fanciullo di Jotunheim, Nàl, non aveva esitato ad aiutarlo nel suo ritorno a casa, ma, non appena avevano messo piede nel mondo dorato, Odino era passato in secondo piano nei pensieri del giovane sconosciuto, troppo occupato ad incantarsi per interi istanti di fronte a tutto ciò poteva vedere intorno a sé.
Anche in quel momento, mentre Odino se ne stava sul letto della sua camera attendendo che le curatrici ricevessero ordini da suo padre, Nàl era seduto su di un’enorme poltrona accanto a lui ma la sua attenzione era rivolta altrove, lontano, oltre le alte finestre da cui si poteva scorgere Asgard in tutto il suo splendore.
“È bella, non è vero?” Domandò Odino in un ingenuo tentativo di riportare quei meravigliosi occhi verdi su di sé. Nàl sobbalzò appena, come se si fosse appena svegliato da un sogno. Odino si accorse con piacere che gli riusciva molto più facile studiare i suoi lineamenti e le sue espressioni ora che gli avevano fatto indossare dei vestiti degni di tale nome. “È diversa…” commentò Nàl con naturalezza e Odino inarcò un sopracciglio, “diversa da cosa?”
“Dal mio mondo,” chiarì Nàl con un mezzo sorriso, “sapevo che lo era, ma non ero mai riuscito ad immaginarmela così.”
“Ne sei deluso?” Fu curioso di sapere il principe. “No, assolutamente,” fu la risposta sincera che ricevette e ne fu soddisfatto. Odino si ritrovò a sorridere, “ ne sono lieto,” si sorprese di scoprire che era vero, che non si trattava di una replica nata al fine di guadagnarsi la simpatia di qualcuno e nulla più.
“Grazie per l’accoglienza,” aggiunse Nàl e abbassò un poco lo sguardo in segno di rispetto, “non me l’aspettavo, non per uno come…”
“Come te?” Odino rise, “avevo dieci anni quando ho raccolto il primo… Come li chiamano su Jotunheim? Ah sì, indegni, impuri, scarti… Hanno molti nomi per quelli come te.”
L’espressione di Nàl si raffreddò notevolmente ma Odino era troppo distratto per notarlo, “stavo dicendo: avevo dieci anni quando ho portato a casa un bambino da Jotunheim per la prima volta, era più giovane di me di pochi anni. Era piccolo, abbandonato, oserei dire che sarebbe morto se non l’avessi preso con me.”
Nàl annuì distrattamente.
“Non aveva un nome, lui ha deciso di chiamarsi Loki ed ora è la persona di cui mi fido di più al mondo.”
“Il tuo compagno?”
“Mio fratello!” Esclamò Odino ridacchiando, “ho deciso di stringere con lui un patto di sangue e lui ha accettato. Ci siamo scelti per essere la famiglia l’uno dell’altro e viceversa. Non esistono cose del genere su Jotunheim?”
“Tuo fratello non ti ha raccontato nulla del suo popolo?” Chiese Nàl seriamente interessato all’argomento. Odino scrollò le spalle, “era un bambino quando lo trovai. Prima di allora, era più sopravvissuto che vissuto realmente. Ricorda poche cose di quegli anni e, alle volte, mi racconta qualcosa della sua terra natale ma sono conoscenze vaghe, ricordi sbiaditi.”
“Non è mai stato curioso di apprendere di più?” Domandò Nàl con urgenza, “non ha mai voluto conoscere sul serio la propria gente?”
Odino scosse la testa sospirando, “Loki odia Jotunheim. È nato lì ma non l’ha mai considerato il suo mondo.”
Nàl artigliò istintivamente la stoffa dei pantaloni e distolse lo sguardo per celare un’espressione che rifletteva qualcosa di molto simile al rancore, “capisco…” Quasi sibilò.
“Vedrai che ti troverai bene qui!” Esclamò Odino con un entusiasmo da cui Nàl non riuscì a farsi contagiare, “potrai stare a corte, o posso trovarti un’abitazione in città… Ovunque vorrai! Non siamo soliti abbandonare nessuno, qui.”
“Non mi sognerei mai di abusare della tua cortesia,” replicò Nàl umilmente, “penso sia una decisione del tuo sovrano se accogliermi nel suo regno o no.”
Odino fece un gesto annoiato con la mano, “il sovrano si adeguerà, per quel che m’importa.”
Nàl inarcò le sopracciglia in un’espressione vagamente scandalizzata, “è permesso parlare in modo così avventato della volontà del proprio re, in questo luogo?”
“No,” ammise Odino con un sorrisetto furbetto, “ma ancora non ci sono leggi che vietino ai figli di entrare in conflitto con i propri padri.”
La luce della realizzazione illuminò gli occhi verdi di Nàl in meno di un istante, Odino sorrise ancor più intensamente. “Tu sei…” Mormorò il fanciullo, “tu sei…”
“Odino!” La voce irosa di re Borr fece sobbalzare i due ancor prima che la porta della stanza fosse aperta con particolare violenza, permettendo al sovrano di fare il suo ingresso. L’espressione del principe s’indurì notevolmente, mentre si tirava a sedere contro i cuscini del letto, “padre…” mormorò a mezza voce.
Il re attraversò la stanza con ampi passi, “spero vivamente che tu non abbia scatenato una guerra con la tua naturale arroganza o mi premurerò di risolvere la faccenda consegnandoti al re di Jotunheim entro l’alba.”
“Sono stato io l’unica a rischiare di morire in quell’arena!” Esclamò Odino già stufo di quelle vuote minacce, “se non fossi qui, la guerra saresti stato tu a dichiararla all’alba.”
“E rischiare un centinaio di soldati valorosi e nobili per vendicare il capriccio di un moccioso?” Domandò Borr velenoso, “no, Odino! Preferirei lasciare Asgard senza principi, piuttosto che vedere la sua gente dilaniata da una guerra per un figlio ingrato e indegno erede come te!”
Odino sbuffò incrociando le braccia contro il petto, “hai finito?”
Borr stava quasi per voltarsi ed andarsene, quando lo sguardo gli cadde sul giovane seduto alla destra del letto in cui giaceva suo figlio. “E lui chi sarebbe?” Sbottò e il fanciullo s’irrigidì nella sua posizione spaventato a morte. “È il giovane a cui devi la vita di tuo figlio!” Esclamò Odino sporgendosi verso Nàl con fare protettivo, “mi ha scortato fino a casa quando a stento ero capace di muovermi. Gli devo la mia vita e lo ripagherò rendendogli più facile la sua.”
Borr roteò gli occhi, “pensavo avessi smesso di raccogliere gatti randagi da Jotunheim, Odino.”
“Non è nei miei usi abbandonare i più sfortunati che incrociano il mio cammino.”
“Sei sempre stato armato di falsa benevolenza, Odino,” commentò Borr, “non sei capace di far qualcosa per qualcuno senza pensare ad un possibile guadagno. Basta vedere in che stato di schiavitù hai ridotto quel tuo sgorbietto.”
“Loki non è un mio schiavo!” Si oppose Odino con rabbia, “è mio fratello. Il legame che ho con lui vale molto di più di quello familiare tra me, Vìli e Vè!”
“Non osare sminuire i tuoi fratelli confrontandoli con un bastardo di Jotunheim.”
Nàl si morse il labbro inferiore per obbligarsi a non replicare e Odino lo notò, “la tua volgarità sta offendendo il mio nuovo amico, ti chiederei di andartene.”
Borr fissò nuovamente il giovane dai capelli corvini che, sentendo lo sguardo del sovrano su di sé, abbassò il viso ancora di più, “tienimelo lontano dalla vista il più possibile, come hai fatto con quello scarto che chiami fratello,” ordinò con freddezza, “e fai di lui quel che vuoi.”

 “Ti chiedo profondamente scusa,” disse Odino sinceramente costernato, non appena Borr se ne fu andato dalla stanza. Nàl tornò a guardarlo ma nei suoi occhi non c’era più la stessa gentilezza di poco prima, “non mi hai detto che eri il principe.”
Odino sorrise, “è una cosa che mi scordo di dire spesso.”
“Non vedo come sia possibile dimenticare una cosa del genere,” replicò Nàl scuotendo la testa.
“Tu stesso non volevi dirmi il tuo nome perché non potevi fidarti di metterlo nelle mani di uno sconosciuto,” gli fece notare il principe, “ora sono nel mio palazzo e la verità sulla mia identità non può più minacciami. Sono stato solo furbo.”
“Pensavi che se avessi saputo chi eri, ti avrei arrecato qualche danno?” Domandò Nàl indignato e Odino scosse immediatamente la testa per negare con urgenza, “non si tratta di questo!”
“Lo hai appena detto!”
“Ma non è il primo motivo per cui dimentico di presentarmi agli altri come principe.”
“Ti ascolto…”
Odino sospirò, “il mio titolo mette in soggezione la gente e questo m’impedisce di conoscerle.”
Nàl sbatté un paio di volte le palpebre, “è questo che vuoi da me? Conoscermi?”
“Sì… Cioè no…”
“Non credo di capire.”
“Quello che vorrei è…” Odino si guardò intorno cercando di esprimere quel concetto che gli ronzava in testa senza suonare ambiguo, “mi piacerebbe ripagare il mio debito con te con la mia amicizia, la quale, sì, ha valore proprio perché si tratta dell’amicizia di un principe ma… Sii onesto con me, sii te stesso. Non dire cose per compiacermi, non seguire le mie decisioni se le trovi sbagliate. Saremo alla pari, in parole povere.”
Nàl annuì lentamente, sebbene fosse più confuso di quanto non fosse prima, “penso di poterlo fare.”
Odino sorrise di nuovo, “grandioso! Spero che mio padre si decida a mandare qui delle curatrici molto presto! Ho bisogno di camminare! Devo farti vedere il palazzo e voglio presentarti tante persone. Ci divertiremo insieme, fidati!”
“Dovrai restare a letto per un mese!” Proclamò Eir con un sorrisetto fin troppo soddisfatto, “questi sono gli ordini.”
Odino la guardò come se avesse appena detto qualcosa di scandaloso, “prego?”
“Questi sono gli ordini di vostro padre, mio principe. Sono terribilmente dispiaciuta!”
“Non lo sei affatto!” Replicò Odino, “non fingere di esserlo e non fare la formale!”
Eir sospirò, “forse avresti dovuto pensarci due volte prima di cacciarti in un altro guaio.”
“E mio padre mi punisce impedendo ai curatori di fare il loro dovere e curare la mia gamba?” Odino sbuffò sonoramente, “assurdo…”
Nàl non disse niente ma sorrise appena all’espressione imbronciata del principe. “E lui sarebbe?” Domandò Eir curiosa. Odino tornò a sorridere in meno di un secondo, “lui è Nàl, mi ha aiutato quando ho ripreso i sensi,” spiegò e il fanciullo dai capelli corvini chinò appena la testa sorridendo con cortesia, “è un piacere conoscerla Lady Eir.”
La guaritrice quasi arrossì, “oh, com’è educato. Che ci fa un giovanotto dalle buone maniere insieme al principe dei rozzi?” Domandò sarcastica e Odino le lanciò un’occhiataccia senza replicare. “Nàl vivrà qui d’ora in poi,” spiegò, poi si voltò verso il fanciullo di Jotunheim, “se mai avrai qualche problema di salute, vai nella stanza della guarigione e chiedi di lei. Eir può sembrare giovane ma è sulla buona strada per divenire la nuova leader dei curatori.”
Eir sospirò, “adulatore, come sempre.”
“Possibile che le donne non accettino nemmeno i complimenti sinceri!”
“Da te, non è consigliabile accettare nessun tipo di commento positivo!”
Odino tornò ad imbronciarsi immediatamente quando vide chi aveva osato parlare senza chiedere il permesso, “alla buon’ora!” Esclamò come Frigga e Loki entrarono nella stanza, “vi avevo dato per dispersi!”
“A te invece ti hanno ritrovato subito, purtroppo,” commentò Frigga sarcastica, mentre Loki si avvicinava al letto del principe velocemente, “stai bene?” Chiese preoccupato stringendo una mano del fratello e Odino gli rivolse un sorriso rassicurante, “temevi per la mia vita?”
“Non scherzare! Conosco quel posto e conosco te, chiunque si sarebbe preoccupato a morte!”
“Forse hai ragione,” ammise Odino scrollando le spalle, “ma la mia buona stella mi ha mandato di nuovo qualcuno che mi facesse da guida per ritrovare la strada di casa,” aggiunse indicando Nàl sul lato opposto del letto con un cenno del capo.
Loki alzò gli occhi scuri incrociando quelli verdi di Nàl e, in un istante, la stanza sembrò raffreddarsi improvvisamente. Odino passò lo sguardo dall’uno all’altro senza capire cosa stesse succedendo, nemmeno Frigga ne aveva la minima idea ma decise d’intervenire in qualche modo, “bene…” Mormorò, “Eir, in che stato versa il nostro Oden?”
“Odino! Il mio nome è Odino!”
Eir rise, “il re ci ha proibito di curargli la gamba, sarà quindi costretto a letto per almeno un mese… Anche più se non la smette di agitarsi.”
“Oh, poveri noi!” Gemette Frigga, “chiudiamo la porta e doppia mandata e gettiamo via la chiave!”
“Te l’ho detto che avresti dovuto imparare a curare anche le ossa,” commentò Loki.
“Appena Eir se ne va di qui, tu corri in biblioteca e rimediamo subito!” Esclamò Odino strizzando un occhio in direzione del fratello. “Sarà meglio che torni nella stanza della guarigione, prima che si chiedano che fine ho fatto,” disse Eir e poi guardò Frigga, “assicurati che non tenti qualche colpo di testa dei suoi. Il re sarebbe capace di spezzargli tutte le ossa, questa volta.”
“È in buone mani con me,” le assicurò Frigga con un sorriso complice. “Non è vero!” Obbiettò Odino ma nessuna delle due fanciulle gli diede peso. Solo dopo che Eir se ne fu andata, Frigga rivolse tutta la sua attenzione al nuovo arrivato, “Dunque… Il tuo nome è Nàl, ho capito bene?”
Nàl accennò un sorriso annuendo.
“Grazie per aver salvato il nostro adorabile idiota… Oh, volevo dire, il nostro adorato principe!” Frigga ridacchiò mentre Odino le rivolgeva una smorfia, “io sono Frigga. Vieni da Jotunheim, vero?”
“Sì,” rispose Nàl, “è un piacere fare la vostra conoscenza, Lady Frigga.”
“Non chiamarla Lady!” Lo avvertì Odino, “ne ha l’aspetto ma non lo è!”
“Frigga è più che sufficiente, Nàl,” aggiunse la giovane gentilmente, “quindi tu sei… Come Loki, vero? Perdona la mia ignoranza in materia.”
I due Jotun si scambiarono una breve occhiata, “sì,” rispose Nàl, “proprio così.”
“Senza ombra di dubbio,” sottolineò Loki con mal celata freddezza di cui Frigga si accorse immediatamente, di fatto, lanciò un’occhiata confusa all’amico che la ignorò deliberatamente.
“Loki, dovresti fare qualcosa in mia vece,” intervenne Odino del tutto cieco di fronte al muro di ghiaccio che era sceso tra suo fratello e il suo nuovo amico, “accompagneresti Nàl a fare un giro per il palazzo? Io non posso e non voglio costringerlo a stare nella mia stanza senza potersi muovere liberamente. Fagli vedere Asgard, ordina ai servi di preparargli una stanza degna di un amico del principe e mettilo a suo agio. Avrete tanto di cui parlare, credo. Puoi farlo, per me?”
Frigga gli lanciò un’occhiata fulminante che Odino non seppe come interpretare. Loki sembrò pensarci un attimo. Guardò Nàl che ricambiò l’occhiataccia e poi guardò Odino che gli sorrideva con un’espressione carica di aspettative, “certo,” rispose infine, “per te, lo farò.”
Alzò poi gli occhi sull’altro Jotun, “il miglior modo per sentirsi a proprio agio in questo posto, quando si viene da un mondo come Jotunheim, è un bel bagno caldo, senza ombra di dubbio. Sembra quasi di essere rinati, alla fine.”
“Non ne dubito,” rispose Nàl.

Nàl quasi si sentì mancare quando entrò nella grande stanza offuscata dai vapori caldi dell’acqua e dovette chiudere gli occhi e prendere un respiro profondo prima di continuare a camminare, “non è facile abituarsi, all’inizio,” spiegò Loki un paio di metri davanti a lui, “ben presto, non te ne accorgerai più.”
Nàl scosse la testa ma quel semplice movimento gli provocò un capogiro, “sembra impossibile.”
“Lo so, ci sono cresciuto in questo mondo. So quello che dico, fidati.”
Il giovane Jotun si avvicinò al suo simile scrutandolo con attenzione, “c’è un motivo per cui mi hai portato qui, vero?”
Loki annuì, “dopo un bagno caldo, il tuo corpo si aggiusterà meglio alla temperatura esterna. So che è di gran lunga sopra la media per te. Se ripeteremo questo processo per diversi giorni, in meno di un mese non ricorderai più la sensazione della neve sulla pelle.”
“Non so se la voglio dimenticare,” ammise Nàl, Loki sorrise amaramente, “per me è un incubo riviverla ogni volta che torno su Jotunheim con Odino.”
Nàl si astenne dal replicare e fissò la superficie dell’acqua nell’enorme vasca circolare come se fosse lava incandescente. “Togliti i vestiti,” lo istruì Loki e Nàl ubbidì lentamente, liberandosi prima della tunica troppo larga e poi dei pantaloni privi di forma. L’altro Jotun li prese e li fissò facendo una smorfia, “con che coraggio ti hanno fatto indossare i vecchi vestiti di Odino? Sei fortunato che ti siano rimasti addosso i pantaloni.”
“Avevo solo un mantello con cui coprirmi,” ammise Nàl avvicinandosi con cautela al bordo della vasca, “sembrava che l’urgenza di coprire il mio corpo avesse la priorità sulle apparenze.”
Loki annuì, “te ne farò trovare o preparare alcuni che ti stiano a pennello.”
“Non è necessario tanto disturbo.”
“Non è un disturbo, né un gesto di cortesia,” si affrettò a dire Loki con freddezza, “mio fratello ti vuole a corte, vuole il meglio per te. È dovere mio e di tutti coloro che abitano in questo palazzo rispettare e realizzare i suoi desideri.”
Nàl toccò la superficie dell’acqua con la punta delle dita e ritrasse la mano immediatamente, “hai intenzione di bollirmi?”
Loki roteò gli occhi, “non essere ridicolo, immergiti lentamente.”
Nàl seguì il consiglio ma l’istinto iniziale fu quello di correre il più velocemente possibile e mettere tra sé e quel posto pericoloso quanta più distanza poteva. Il calore era dannoso, questo era ciò che gli avevano sempre insegnato. “Siediti, avanti,” quello di Loki assomigliava troppo ad un ordine, ma Nàl era troppo occupato a cercare di non scivolare e finire completamente nell’acqua in un colpo solo per avere qualcosa da ridire sul tono della sua voce. All’inizio fu come soffocare, come se il calore contro il petto nudo gli comprimesse dolorosamente la cassa toracica in una morsa fatale. “Rilassati,” lo istruì Loki sedendosi sul pavimento dietro di lui, “prendi dei bei respiri profondi e chiudi gli occhi. È la tua mente ad ingannarti, non c’è nulla di pericoloso in quello che stai facendo.”
Nàl seguì quelle parole alla lettera e, in pochi istanti, il cerchio alla testa sparì e gli occhi verdi si aprirono lentamente. “Visto?” Domandò Loki immergendo una mano nell’acqua e passando le dita umida tra i capelli corvini di Nàl, “non era poi così difficile.”
Nàl sbuffò, “non vedo come qualcuno possa definirlo piacevole.”
“Presto lo capirai anche tu, quando la smetterai di vivere il calore come qualcosa di nemico ed estraneo.”
“Pensavo che per noi non potesse essere diversamente,” commentò Nàl con freddezza. Loki rise appena, “è questo che ti hanno insegnato?” Domandò, “è questo che ti piace credere?”
“Come potrei credere qualcosa di diverso?” Nàl voltò il viso per incontrare gli occhi scuri dell’altro Jotun, “sono nato e cresciuto nel freddo.”
Loki annuì, “io, nello stesso freddo in cui sei nato e cresciuto tu, ci sono quasi morto,” commentò, “il calore è ciò che mi ha salvato, che mi ha permesso di vivere davvero.”
Nàl rise, “sì, il tuo principe sembra molto ben disposto a distribuire il suo a chiunque sia ben contento di accettarlo.”
“Non osare offendere mio fratello,” lo avvertì Loki tirandogli appena i capelli.
“Era solo un dato di fatto,” si giustificò Nàl, “o ti rode che conceda alle fanciulle un tipo di calore che non concederà mai a te?”
Loki fermò la propria mano per un istante e Nàl ghignò, soddisfatto di aver toccato il punto che più doleva a quel piccolo traditore bastardo. Poi, le dita tra i suoi capelli scesero fino alla base della nuca e fu allora che Loki lo strattonò con violenza, costringendolo a reclinare la testa verso l’altro. Ad attenderlo, trovò due occhi dello stesso colore del sangue, mentre qualcosa di freddo contro la sua gola lo informò che l’altro Jotun avrebbe potuto sgozzarlo con uno stiletto di ghiaccio in qualsiasi momento.
“Non cercare di combattere,” lo avvertì Loki, “non puoi usare i tuoi poteri in questo posto, il tuo corpo non è ancora in grado di farlo.”
Nàl fece una smorfia, “hai pensato a questo fin dall’inizio, vero?”
“E tu, invece, sei stato troppo ingenuo fin dal principio, Nàl… Pur sempre che questo sia il tuo vero nome e ne dubito!”
Nàl tentò di dimenarsi e la pressione sulla sua gola divenne maggiore, “gli Aesir non possono vedere la verità e Odino era troppo occupato a studiare il tuo bel faccino per rendersi conto di qualcosa ma non puoi ingannare me. Non me!” Esclamò Loki con rabbia, “ti sei fatto passare per uno scarto. Probabilmente non hai la minima idea dello stato in cui sono ridotti quelli come me che riescono a raggiungere la nostra età su Jotunheim. Nel migliore dei casi, gli scarti muoiono che sono ancora neonati, ma se si ritrovano a dover sopravvivere da soli… Si trovano presto a pentirsi di essere nati, quelli con più coraggio si tolgono la vita per non dover subire ulteriori sofferenze, lo sapevi?”
Nàl non rispose continuando a fissare Loki con determinata arroganza.
“I bambini muoiono di fame, gli adolescenti o di qualche anno di più grandi vengono usati come svago dai soldati e dai nobili per poi essere gettati via di nuovo. Sui corpi di tutti loro, ci sono i segni di quanto hanno dovuto subire. La fame, le torture, le violenze, tutto lascia il suo segno.”
Loki si morse il labbro inferiore con forza.
“Il bel corpicino che ti ritrovi non ha mai conosciuto un giorno di lavoro o sofferenza in vita sua…” Sibilò e lasciò cadere lo stiletto di ghiaccio nell’acqua bollente. Nàl non reagì, confuso da una simile azione e, da principio, non capì quali fossero le intenzioni di Loki quando affondò la mano libera nell’acqua fino all’altezza del gomito. Solo quando avvertì le dita dell’altro premere contro la parte più intima di sé, Nàl si dimenò con forza ma Loki scoprì ben presto quel che voleva sapere e lo lasciò andare quasi subito.
Nàl si raggomitolò in un angolo imbarazzato ed indignato al tempo stesso.
“Come immaginavo…” Mormorò Loki fissando le proprie dita con un sorriso sarcastico, “sei ancora inviolato.”
“No, non lo sono!” Replicò Nàl in modo quasi infantile.
“Sai bene cosa intendo,” sbuffò Loki, “se fossi stato uno scarto, con quel bel faccino, tutta Jotunheim avrebbe fatto la fila per lasciare prova del suo passaggio. Evidentemente, non solo sei un nobile ma sei anche troppo giovane per lasciare che il tuo compagno ti prenda in modo degno.”
Nàl rise sarcastico, “sai molte più cose della tua gente di quelle che racconti al tuo principe.”
“Odino non ha bisogno di sapere tutto,” si limitò a dire Loki, “ma io voglio sapere ogni cosa di te. Qual è il tuo vero nome? Chi è il tuo compagno? E, soprattutto, che cosa vuoi da mio fratello?”
“Dovrai torturarmi per farmi rispondere…”
Loki reclinò la testa da un lato, “va bene, diciamo che io penso che tu sia Laufey figlio di Ymir, principe ereditario di Jotunheim e futuro consorte di Fàrbauti. Tu che mi diresti?”
Nàl si chiuse dietro ad un attonito silenzio e Loki sorrise soddisfatto, “probabilmente mi chiederesti come faccio a saperlo ed io ti risponderei che i giovani Jotun tendono a portare con loro i propri compagni, specie se ancora giovani e Fàrbauti era da solo al duello con Odino. Tutti sanno che è destinato a sedere sul trono di ghiaccio vicino a te, in pochi sanno che uno Jotun che lascia da solo il proprio compagno, senza che vi sia stato almeno il primo accoppiamento, è uno Jotun decisamente stupido,” una pausa, “se poi il compagno in questione è il principe, non vi è un termine che possa descriverlo senza suonare offensivo.”
Nàl non rispose, la freddezza dei suoi occhi verdi era l’unica arma a sua disposizione, ormai.
“Sei qui per far del male a mio fratello?” Domandò Loki diretto. Nàl scosse immediatamente la testa, “sono un solo uomo contro un intero regno, non sono tano idiota. Inoltre, l’hai detto tu stesso, non posso usare i miei poteri in queste condizioni.”
“Sei qui per fare la spia?”
“E come potrei spedire informazioni a Jotunheim senza che il vostro guardiano se ne accorga?”
Loki inarcò un sopracciglio, “mi sfugge il motivo della tua bella recita, mio principe.”
“Lo dici come se il mio titolo fosse un insulto.”
“Lo è.”
“È per l’abbandono che hai dovuto subire?” Chiese Nàl, “sono principe del mondo che ti ha fatto del male, ma non ho ancora nessuno potere su quel regno e, probabilmente, ero un neonato come te quando ti è stato arrecato danno.”
“Può essere una buona base per un’amicizia,” commentò Loki sarcastico, “ma non c’è nulla che m’impedisca di andare dal re seduta stante. Giustificherai davanti a lui il tuo piccolo inganno!”
Nàl afferrò Loki per un polso costringendolo a rimanere in ginocchio sul pavimento, “non farlo,” mormorò con gli occhi ricolmi di terrore, “ti supplico, non tradirmi.”
“Non ti ho giurato alcuna fedeltà.”
“Sii fedele a ciò che siamo.”
“Il tuo popolo mi ha rinnegato quando sono nato, mio principe.”
“Ed io ho rinnegato loro!” Esclamò Nàl disperato, Loki decise di restare ad ascoltare, “spiegati.”
Nàl scosse appena la testa, “pensi che basti una vita agiata per amare un mondo di morte come quello in cui siamo nati?” Domandò, “da bambini io e Fàrbauti usavano giocare insieme, per mio padre fu sufficiente a riconoscerlo come mio compagno. La mia vita è sempre stata incatenata alla sua per una decisione presa da altri.”
“Sì, lo so,” Loki annuì, “la nostra gente viene obbligata a passare ogni minuto della propria vita con chi più si è legato durante l’infanzia. Se non si conosce altro che quello che si ha sempre avuto, si finisce con l’amarlo per forza, credo.”
Nàl annuì, “non potevo accettarlo, capisci?”
“Non è un buon compagno?”
“Non posso saperlo,” mormorò Nàl, “non ho mai avuto altro. Non ho mai conosciuto altro, sono sempre stato prigioniero del mio stesso palazzo e…” Si morse il labbro inferiore con forza, “l’odio che provi per quel mondo, non lo biasimo.”
L’espressione di Loki si addolcì appena, “se le tue intenzioni sono tanto innocenti, perché non chiedi aiuto al re direttamente?” Domandò con una nota di sospetto. Nàl abbassò lo sguardo, “dicono che ci odia. Che, da quando è morta la sua regina, vorrebbe solo estirparci dalla faccia dell’universo ma non lo fa solo per ragioni politiche superiori. Prima l’ho incontrato, non credo sia stato molto gentile nemmeno nei tuoi riguardi in questi anni.”
Loki annuì sospirando profondamente.
“Inoltre,” aggiunse Nàl, “nessuno sa dove sono con questo falso nome. Se la mia presenza su Asgard fosse di dominio pubblico, mio padre potrebbe usarla come scusa per scatenare una guerra e non è mio desiderio arrecare danno ad un mondo tanto bello.”
Loki e Nàl si guardarono per un lungo istante, “tu ami il tuo principe, posso vederlo nei tuoi occhi. Questa bugia è anche per proteggere lui. Sei legato a lui da un patto di sangue, vuoi essere legato a me da questo segreto?”
Loki sembrò titubante, “sai quanto mi costerebbe mentire ad Odino?”
“Posso solo immaginarlo,” ammise Nàl, “ma so che riesci a capire cos’è giusto per tutti noi.”
Loki sospirò profondamente ancora una volta scuotendo la testa, “sarò tuo complice a patto che tu non cerchi d’ingannarmi ulteriormente.”
Gli occhi verdi di Nàl s’illuminarono di gratitudine, “non oserei mai. Mai!”

[Asgard, oggi.]

Quella notte, Loki si addormentò nel giro di pochi minuti e Thor ne fu sollevato ma non si mosse dal suo posto sul pavimento per nessuna ragione al mondo. Per qualunque cosa, non volevo che suo fratello si svegliasse e si ritrovasse accolto da una stanza vuota. Non sarebbe stato molto felice di trovare lui, ma Thor se ne sarebbe stato decisamente più tranquillo con Loki sotto il suo stretto controllo.
Il sonno, però, non gli rendeva facile il suo compito.
Non osava dormire. Col sonno pesante che si ritrovava, non si sarebbe potuto accorgere di ogni minimo cambiamento nel respiro di Loki e l’idea lo allarmava a livello quasi paranoico. Fece viaggiare gli occhi blu per tutta la stanza, alla ricerca di qualcosa che potesse tenerlo impegnato fino all’alba, fino a che sua madre non fosse risalita a dargli il cambio.
Libri. L’unica cosa che non mancava in quella stanza, erano i libri e Thor odiava i libri.
Sbuffò sonoramente alzandosi in piedi e facendo qualche passo avanti ed indietro per tenersi sveglio. Fu solo quando diede un calcio a qualcosa per sbaglio, che si ricordò dei volumi che Loki gli aveva tirato contro e che erano rimasti incustoditi sul pavimento di pietra. Sospirò stancamente raccogliendone uno ad uno e sistemandoli sullo scaffale più vicino, tanto per assicurarsi che Loki non v’inciampasse per sbaglio, nel caso avesse deciso di alzarsi.
Involontariamente, Thor si ritrovò ad osservare la copertina di ogni libro prima di riporlo, leggendo ciò che vi era scritto tanto per concentrare la propria attenzione su qualcosa. Dimenticò il titolo dei primi tre volumi non appena li ebbe appoggiati sullo scaffale, ma dovette interrompersi quando si ritrovò faccia a faccia con una copertina color cuoio piuttosto semplice e su cui non vi era scritto assolutamente niente.
Sistemò i due libri rimanenti alla male e peggio e tornò a concentrarsi su quello strano oggetto tra le sue mani. Lo girò e lo rigirò ma non trovò nulla che potesse dargli qualche indicazione sul suo contenuto.
Preso da un attacco della sua proverbiale curiosità sfacciata, Thor lo aprì sulla prima pagina e lesse la prima riga. Quel che lesse fu sufficiente a fargli sfuggire il libro di mano che cadde a terra con un sonoro tonfo.
Thor lanciò un’occhiata al letto nell’angolo opposto della stanza ma Loki continuava a dormire indisturbato. Sospirò e si chino a raccogliere il libro una seconda volta.
Lo osservò come se fosse un oggetto proibito, poi si guardò intorno assicurandosi che non ci fossero occhi indiscreti ad assistere a quanto stava per fare. Prese un respiro profondo e, dopo un ultimo istante di esitazione, sollevò la copertina e lesse quella prima riga una seconda volta.

Il mio nome è Odino figlio di Borr, principe di Asgard ed è mio desiderio imprimere in queste pagine ciò che la mia memoria potrebbe dimenticare o distorcere, ciò di cui solo pochi déi sono a conoscenza e nessuno uomo mortale potrà mai immaginare. Quella verità che nelle leggende non verrà mai narrata…

***

Varie ed eventuali note:
Buonasera a tutti! In primo luogo è doveroso ringraziare i recensori e lettori che continuano a seguire questa storia nonostante i casini s cui si basa la sua trama.

Qualcuno di voi ha cominciato ad avere i primi sospetto sul nostro caro Laufey\Nàl e sulla sua futura relazione con Odino. Mi limito a incitarvi e continuare su questa strada.
Per quanto riguarda i personaggi del passato e quelli del presente, molti, come leggete, sono presenti solo nella prima tipologia di scene ma il come ed il perché di ciò verrà rivelato caso per caso solo con il proseguire della trama. Mentre le differenze di carattere, piuttosto plateali, tra alcuni personaggi da giovani e in età matura non sono lasciati al caso! Non è mia intenzione sforare in un OOC insensato, tutto sarà chiaro a tempo debito (spero…)
Se posso sbilanciarmi di un poco, vi consiglierei di prestare particolare attenzione alla scena tra i due piccoli Jotun, in un futuro prossimo quel dialogo sarà fondamentale. Sarei molto felice di sapere le vostre ipotesi e\o osservazioni (se ne avete).
Alla prossima!
  
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