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Autore: LadyBlake    06/05/2007    9 recensioni
Primo di settembre. King’s Cross. Una ragazza che spinge un carrello stracolmo di stranezze si fa largo, a fatica, tra la moltitudine di pendolari che affollano le banchine della stazione. Guardiamo l’orologio, sono quasi le undici. È in ritardo. Ovviamente. Attenta a non attirare l’attenzione su di sè, eccola avviarsi tra il binario 9 e il 10, scomparendo alla vista di tutti. Il suo nome è Isabella. Ma nessuno la chiama così. È la signorina Bothwell per i professori. È Stellina per la mamma e Bells per suo fratello maggiore. Il resto del mondo la conosce da sempre come Bella. Oh, sì…sì, certo. Dimenticavo. C’è poi un ragazzo che l’ha ribattezzata ‘Torta alla Vaniglia’. Già. Proprio così. È accaduto precisamente oggi. Oggi, un anno fa.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Bene.

Eccomi qua! Per farmi perdonare l’ennesima infinita assenza ho scritto un capitolo lunghino.

 

In cui Bella continua la sua nuova vita da zombie dichiarato.

In cui conosciamo un po’ meglio Edward Roberts.

In cui Draco prende di petto la situazione, facendo il piccolo primo passo. Anche se quello più difficile lo aspetta di certo ‘domani’. ^__-

 

Buona lettura!!

A presto e grazie a todos!

 

Tess

 

 

Capitolo 25

Il Triangolo…no

 

LEI.

Tic tac tic tac.

Alle 5.36 si svegliò e prese coscienza di sé e di ciò che le stava attorno.

Era ancora buio. La lieve luce che filtrava dalle finestre, segno che stava albeggiando, rendeva le sagome appena accennate.

E l’unico rumore che si sentiva era quello delle lancette della sveglia che, sul comodino, continuavano a spostarsi regolari, segnando il trascorrere del tempo.

Alle 5.37 si voltò dall’altra parte, tornando a sonnecchiare.

 

Tic tac tic tac.

Alle 6.38, in un flash, ricordò brutte cose e fu costretta ad aprire gli occhi, impastati di sonno.

Brutte, brutte cose.

Tirò un sospiro di sollievo e si tranquillizzò, convinta di aver avuto un incubo.  

 

Tic tac tic tac.

Alle 6.39 realizzò di non aver avuto affatto un incubo.

Rigirandosi nel letto, sbuffando impercettibilmente, cominciò a pianificare una maniera convincente per saltare le lezioni.

 

Tic tac tic tac.

Alle 7.20 ancora rimuginava. E si rigirava.

E rimuginava, rigirandosi.

Alle 7.21 si tirò su a sedere.

Alle 7.23 si infilò le pantofole, ormai decisa ad alzarsi e affrontare la giornata orrenda che le si prospettava.

 

Tic tac tic tac.

Alle 7.30 ancora non si era decisa a staccare il fondoschiena dal morbido materasso.

Le costava una fatica enorme.

L’idea di dover trascorrere la giornata a scappare da Roberts, a scappare da Draco, a scappare dalla situazione in cui si trovava, a scappare da tutti quelli che le chiedevano aggiornamenti, la faceva sentire stanca morta ancor prima di aver imboccato le scale del dormitorio.

Ed era solo il secondo giorno di quella tortura.

Benone.

 

Tic tac tic tac.

Driiiiin.

Alle 7.35 si infilò in bagno e ne emerse un quarto d’ora dopo, con le occhiaie più belle che si fossero mai viste. Di un colorito violaceo in tinta con la moda del momento.

Si vestì velocemente, in modo da scendere da sola in Sala Grande.

Sperò vivamente che la giornata finisse in fretta, che nessuno la assillasse di domande e che le cose non peggiorassero.

 

Anche se, peggio di così…

 

Davvero. Non se lo sapeva spiegare.

Lo stato di catalessi e di depressione in cui era caduta. Più che altro si sentiva debole e fiacca. Non aveva voglia di impegnarsi, di lottare, né di fare alcunché potesse causarle fatica e stanchezza.

 

Non aveva fame.

E ciò non era normale.

 

Lei, che aveva sempre schermito e – metaforicamente parlando - guardato dall’alto in basso, tutti coloro che proclamavano la forza distruttrice dei sentimenti, ora si trovava infognata in quella situazione.

Io? Ridurmi così per uno che non mi merita? Mai!

Parole incoscienti e dettate dall’ingenuità.

Ed era bastato poco.

Molto poco.

Forse solo lo sgretolamento delle illusioni che aveva creato attorno a quella storia. O la consapevolezza che, forse, da una cotta per l’ideale di un ragazzo, era passata ad amare un ragazzo in carne e ossa.

Uno che poteva ferirla. Ferirla bene, a fondo. Anche con una parola. O con un’offesa. O con la mancanza di rispetto. Per lei e per i suoi sentimenti.

Draco non se ne rendeva conto. Non ancora, almeno.

Aveva potere illimitato su di lei. Anche adesso. Sarebbe bastata qualche parola messa lì bene e lei si sarebbe sciolta come neve al sole. Sarebbe corsa verso di lui scodinzolando.

Ma lui non l’aveva capito.

Per lui era ancora tutto un gioco.

Bella, trascinandosi giù per le scale, sperò con tutta se stessa che capisse molto in fretta.

Altrimenti sarebbe stato troppo tardi per rimediare.

 

LUI.

Quando Blaise mise piede nella Sala Comune di Serpeverde, quella mattina, capì subito che qualcosa di grosso ribolliva nel calderone.

Per così dire.

Draco se ne stava comodamente seduto sulla sua poltrona preferita: le gambe accavallate, la divisa impeccabile, perfetta, il cipiglio severo e arrogante, le mani diafane appoggiate mollemente sui braccioli.

In bella vista il grosso anello d’argento della casata Malfoy.

Di fronte a lui, schierati come tanti soldatini, i giocatori della squadra di Quidditch: dal portiere all’ultimo dei battitori, passando per i cacciatori.

Tiger e Goyle, a braccia conserte, spalleggiavano il loro capo, uno a destra e uno a sinistra, imponenti come due gorilla. Dal cervello piccolo, ma dall’aspetto poco rassicurante.

Più a lato, appoggiati alle pareti, gli irriducibili del settimo anno, quelli che da mesi attendevano in silenzio un minimo segnale della ‘rinsavita’ di Draco Malfoy.

-Sembra una cosa seria… - bisbigliò Pansy, facendolo sobbalzare.

Gli era giunta alle spalle in silenzio, cogliendolo di sorpresa.

Blaise le rivolse un cenno impercettibile, un gesto che poteva significare tutto e niente.

Insieme si unirono al gruppo di Serpeverde assiepati attorno alla poltrona di Draco e, come tutti gli altri, tesero le orecchie per sentire ciò che aveva da dire ai compagni di squadra.

I suoi occhi si posavano alternativamente su uno e poi sull’altro, sfidandoli silenziosamente a contraddire le sue parole.

Ma nessuno pareva intenzionato a farlo.

Non quel giorno.

Piano piano la Sala si andava riempiendo, e gli studenti dei primi anni, curiosi, si fermavano ad ascoltare e a osservare i più grandi, quelli del quinto, del sesto, del settimo anno. Tutti convinti dalle parole di Malfoy. Che, forse ispirato da qualche sogno avuto durante la notte, stava seduto su quella poltrona di pelle nera, come fosse un trono, a dettare le sue regole.

Pacato, deciso. Con un tono che non ammetteva repliche.

Si stava togliendo qualche sassolino dalla scarpa.

Stava mettendo i puntini sulle i.

Stava tracciando limiti e ridefinendo posizioni.

Stava dicendo a chiare lettere: “La mia parola è legge qua dentro”, e nessuno si sarebbe mosso per protestare: era giusto così.

Qualcuno annuiva.

I più giovani sembravano perplessi, riguardo a quel cambiamento repentino.

Ai ragazzi del settimo, invece, brillavano gli occhi.

Blaise pensò che, volenti o nolenti, dopo tutto quello che era successo, tutti sapevano che Draco, con tutti i suoi pregi e difetti – alcuni dei quali più che evidenti –, era e restava il loro leader assoluto.

Al diavolo la guerra e al diavolo tutto il mondo esterno.

Hogwarts era tutta un’altra cosa.

Diamine, pensò con trepidazione, sembra quasi di essere tornati ai vecchi tempi.

E sorrise soddisfatto.

Un po’, in fondo in fondo, era anche merito suo.

 

 

L’ALTRO.

Fino al terzo anno era vissuto nell’ombra.

Un ragazzino basso e cicciottello, con gli occhiali dalle lenti spesse e la vocina stridula.

Il bersaglio ideale per gli stronzetti di Hogwarts.

Una preda troppo succulenta per il Serpeverde D.O.C.

E certo.

Ne aveva subite di angherie. Da lui e dalla sua banda di scagnozzi.

Aveva da sempre provato un’immensa gratitudine per il Cappello Parlante, che aveva scelto per lui Corvonero. Fosse finito a Tassorosso o, ancor peggio, a Grifondoro, non sarebbe sopravvissuto per raccontarlo.

Il quarto anno l’aveva visto letteralmente ‘sbocciare’. Via gli occhiali e i chili di troppo.

Merito della crescita e dello sport. Rimaneva solo un po’ di goffaggine, data la sproporzione tra altezza e corporatura. La nota positiva era che in quel periodo Draco Malfoy, completamente preso dal Torneo Tremaghi e dallo sfottere Potter, augurandogli il peggiore dei destini, si era dimenticato di torturarlo come faceva i primi anni.

Il quinto anno l’aveva designato come uno dei migliori giocatori della sua squadra di Quidditch.

E di Draco Malfoy nessuna traccia sul suo cammino. Troppo impegnato a fare il lecchino della Umbridge, troppo impegnato a odiare Potter. Viaggiavano ormai su binari paralleli e distanti.

 

Il suo successo era giunto al sesto anno.

Il ragazzino impaurito e impacciato delle prime classi se ne era definitivamente andato, lasciando il posto a Edward ‘Ed’ Roberts, attraente, affascinante, sicuro di sé, atleta perfetto, studente quasi modello.

Si era quasi scordato dell’esistenza di Draco Malfoy, una presenza ai margini della sua vita.

L’inizio del settimo anno aveva decretato la caduta e lo sgretolamento dei Serpeverde.

Draco Malfoy sembrava essere andato in letargo, come un vero serpente.  E con lui fuori gioco, la sua Casa era andata allo sbaraglio.

Edward Roberts non approvava l’atteggiamento di alcuni suoi compagni, che si erano dati alla pazza gioia, emulando in tutto e per tutto gli atteggiamenti da sempre classificati come ‘Serpeverde’: scorrettezze, angherie di ogni tipo, bullismo. Lui se ne teneva fuori, per la maggior parte del tempo.

Ma quando si era presentata l’opportunità di denigrare Draco Malfoy, non si era mai tirato indietro. Non aveva dimenticato il tormento dei primi anni di scuola.

Poi, all’improvviso, ecco spuntare questa ragazza, una Grifondoro del sesto anno, a difendere il bastardo. A difenderlo a spada tratta. Inconcepibile.

Dopo tutto quello che Malfoy aveva fatto passare a lui e a tanti altri studenti, non si meritava di essere difeso.

Non si meritava di essere accudito, seguito, coccolato, viziato e IDOLATRATO in quella maniera. Da nessuno. Non da una Grifondoro. Men che meno da una come Bella Bothwell. Una ragazza acqua e sapone, genuina, buona come lei.

Edward Roberts non era innamorato di Bella.

Era solo invidioso e arrabbiato.

Perché Draco Malfoy non si meritava niente.

 

Così erano arrivati a scommettere. E lui aveva vinto, facendo leva sull’arroganza e la presunzione di Draco. Quella poteva essere la sua occasione per tormentarlo: la sua rivincita.

Ma le cose non stavano andando come aveva progettato: Bella ignorava sia lui che Draco e sembrava spenta, depressa. Ed Roberts provava dispiacere per averla ferita. Ma se quella era l’unica maniera per allontanarla da Malfoy, allora il gioco valeva la candela. Lui agiva anche per il bene della ragazza, nonostante lei non lo capisse.

Ecco perché, anche per tutto il secondo giorno della scommessa, aveva pressato Bella da vicino. Senza risultato.

 

Quella sera, però, dopo gli allenamenti di Quidditch, Ed Roberts ricevette una sgradita sorpresa.

Dalla porta degli spogliatoi, sbucò improvvisamente un nutrito gruppo di studenti.

Non ci mise molto a classificarli come Serpeverde.

Anche perché in testa a tutti loro marciava un ragazzo alto, dal pallido volto appuntito, i capelli lisci, tanto biondi da sembrare bianchi, e dall’espressione altezzosa.

A pochi passi di distanza da lui, Draco Malfoy si fermò a fissarlo, uno strano ghigno dipinto sulle labbra sottili e, per una frazione di secondo soltanto, Edward Roberts fu convinto di essere tornato indietro negli anni.

I gorilla Serpeverde circondarono immediatamente il gruppetto Corvonero, isolando Roberts dai suoi compagni.

-Roberts – esordì Malfoy con disgusto, assottigliando gli occhi – sì, ora mi ricordo di te. Non sapevo come ti chiamassi allora, ma ora ho capito chi sei. Hai fatto parecchi allenamenti eh? Per smaltire tutta quella ciccia, intendo.

-Che diavolo vuoi, Malfoy? Abbiamo da fare qui. Siamo tutti stanchi. Non vi è bastata la batosta dell’altro giorno? – lo aggredì l’altro, facendo un passo avanti. Ma Goyle e Tiger furono pronti a bloccarlo, uno da una parte e l’altro dall’altra.

-Non alzerei tanto la cresta, fossi in te. Comunque, voglio che tu tenga le tue sporche manacce lontano dalle mie cose, Super-Cicciolo. – sibilò Draco, a pochi centimetri dal volto furioso di Edward.

-Non osare chiamarmi mai più così! – esplose.

Malfoy fece finta di non averlo sentito.

-Tu stai lontano dalle mie cose, Super-Cicciolo, e io non ti chiamerò più così. Anzi, farò proprio finta che tu non esista.

-Abbiamo fatto una scommessa, Malfoy. E tu hai perso. Quindi non devi intrometterti.

Draco, con l’espressione più innocente che gli riuscì, finse di cadere dalle nuvole.

Un borbottio si alzò dagli altri Corvonero presenti nello spogliatoio.

-Scommessa?Mmm…io non ricordo nessuna scommessa, Roberts.

Edward lo guardò con tanto d’occhi. Sembrava pure sincero, il bastardo.

-Non fare l’idiota, Malfoy! Hai promesso!

Goyle gli torse dolorosamente il braccio.

-Ohhh. Tsk tsk. Roberts, non ci siamo.

-Malfoy!

-Noi non abbiamo fatto nessuna scommessa.

-Cosa?! Certo che l’abbiamo fatta! Negli spogliatoi! Prima della partita!

-Negli spogliatoi? Mmm. Ragazzi, voi ve la ricordate questa scommessa?

-No, capitano.

-No.

-No.

-Nemmeno io.

Nessuno. Guarda un po’ che strano.

Roberts passò in rassegna tutti i Serpeverde.

Draco lo stava fissando, invece, e pareva parecchio divertito.

-Vedi, Roberts? I miei compagni non se la ricordano questa scommessa. Te la sarai sognata.

-I tuoi magari no, Malfoy, ma i miei se la ricordano eccome!

-Certo che ce la ricordia-!Ouch! – tentò di dire un Corvonero magrolino e dal naso lungo. Fu messo a tacere da un pugno nello stomaco ben assestato. Qualcun altro tentò di ribellarsi, ma venne subito zittito. E non tanto piacevolmente.

-Davvero, Roberts? Davvero se la ricordano? – chiese serafico Draco, guardandosi intorno, come se non fosse successo nulla. Godendosi le facce impaurite che lo attorniavano.

-Oppure stai cercando un modo per salvarti la pellaccia, eh? Perché io, onestamente, Roberts, questa scommessa non la ricordo proprio. E, bè, se non la ricordo io, vuol dire che chi afferma il contrario sta raccontando palle. Su di me. E, sai, amico, io non tollero che si raccontino palle su di me. Come non tollero che qualcuno tocchi le mie cose.

Edward stava ribollendo di rabbia. Si guardò alle spalle. I suoi, messi con le spalle al muro dai Serpeverde, non sembravano tanto convinti di volerla ricordare quella scommessa.

Affrontare Malfoy, solo e in letargo, era una cosa.

Affrontare Malfoy, spalleggiato da tutti i Serpeverde, era un altro paio di maniche.

Non ne valeva la pena.

-Che diavolo vuoi che faccia, Malfoy? Finiamola qui e subito.

-Ma come, Roberts? Mi togli davvero tutto il divertimento? - Draco sembrava realmente dispiaciuto come un bambino, ma si vedeva che in realtà stava gongolando. Poi, cambiando repentinamente espressione, gli si avvicinò ancor di più.

-Stai lontano da Bella, Roberts. Non so che strani pensieri affollino la mente bacata che ti ritrovi, ma lei mi appartiene.

-Lo capirà che sei un verme dentro e fuori.

Draco sorrise.

-Ti rode, vero?

Sghignazzò.

-Oh, Roberts, Roberts…ma lei sa già chi sono. Davvero non l’hai capito? È così difficile per te da accettare? Lei mi vuole così come sono – continuò con la sua voce strascicata, tutto d’un tratto assorto.

Aggrottando le sopracciglia, decretò:

– Lei mi accetta così.

Il perché una come Bella si fosse incaponita per uno come lui, non era chiaro nemmeno a Draco. Ma quelli erano misteri insondabili.

Intanto, durante tutta la giornata trascorsa, Bella aveva continuato a evitarlo come la peste. Con quella faccia da funerale che lo metteva in agitazione e non lo faceva dormire bene.

Era ora di darci un taglio.

Tornò a concentrarsi sul ragazzo che gli stava di fronte.

Serio come non mai, ribadì:

-Stai lontano da lei, Roberts. È l’unica cosa che puoi fare, se vuoi mantenere le ossa intatte. Non me ne frega niente del resto, fai quello che vuoi. Ma non ti azzardare ancora a metterti tra me e lei.

Respirò profondamente, prima di sorridere ancora.

-Non esiste nessuna scommessa, a quanto pare. E ciò mi autorizza a scagliarti addosso tutti i malefici che conosco, se tocchi ancora la mia ragazza.

E detto questo, Draco Malfoy fece la sua uscita trionfale dagli spogliatoi, con il mantello che svolazzava dietro di lui.

 

Si sentiva sollevato e, una volta fuori, respirò a pieni polmoni l’aria gelida.

Il primo passo era stato fatto.

-Sei stato grande, capo!

-Già!

Tutti entusiasti per quella retata, i suoi compagni.

-E adesso? Adesso che si fa? – chiese Tiger, trepidante.

Ma Draco non rispose.

Si limitò ad alzare lo sguardo, tentando di individuare, tra le innumerevoli torri illuminate di Hogwarts, quella dei Grifondoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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