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Autore: _V_    23/10/2012    7 recensioni
Un viaggio nei ricordi felici dell’infanzia, il passaggio dalla forma di amore più vera e totalizzante all’oblio più profondo e disperato.
È un sogno comune a molti quello di avere un amico speciale con cui condividere tutto, compreso il passato. Giorgia sembrava essere riuscita a realizzarlo, trovando in Lorenzo proprio quello che cercava; ma ben presto si renderà conto che è impossibile mantenere stabile un rapporto quando di mezzo ci sono il tempo e i cambiamenti.
Dopo dieci anni di silenzio e astio, tra i due forse qualcosa sta per smuoversi e questo sarà solo l’inizio di una lunga e lenta agonia, che porterà alla gioia infinita, ma anche alla disperazione più nera ed angosciante.
Dal secondo capitolo:
«Sai, tendo sempre a fare l’opposto di quello che mi dicono di fare…». Alitò all’altezza del mio collo, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale, che poi si estese ad ogni altro centimetro di pelle.
«Belli, io non…». Mi bloccai cercando di recuperare la giusta lucidità per terminare il mio monito, ma ci impiegai troppo tempo, perciò alla fine quanto dissi si rivelò solo fiato sprecato. «…io non sarò mai una di quelle barbie senza cervello che ti ostini a portare a letto per divertimento».
«E chi ti dice che io voglia concederti l’onore di finire nel mio letto?».
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14: La verità non sempre fa male




«Qualunque cosa sto per dire ti sembrerà inaccettabile ed hai tutte le ragioni del mondo per ritenerla tale, così come di prendere la tua borsa, andartene e non volermi vedere mai più». Lore abbassò lo sguardo. Aveva paura e dovetti ricorrere a tutte le mie energie per non allungare la mano sulla sua, per confortarlo.

«Non sono neanche bravo con le parole». Commentò sarcastico, ma il sorriso che in quel frangente gli increspò le labbra era solo una copertura. Lo sapevo bene io. Lo sapeva bene lui.  Prese un profondo respiro e mi fissò dritto negli occhi. «Per sette anni - credimi, li ho contati anche io - sono stato un codardo». Fece una pausa in cui distolse lo sguardo. «Mi vergogno persino a parlartene...cavolo, no, non sono stato semplicemente un codardo, sono stato un vero idiota».
«Lore, non ha senso che tu stia a giudicare il tuo comportamento». Lo esortai, ma lui scosse la testa.
«Perché credi che sia cambiato tanto?». Mi chiese a bruciapelo ed io mi strinsi nelle spalle. Guardò dritto davanti a se per un interminabile eternità. «La verità è che non sono mai cambiato, te l’ho fatto semplicemente credere».
«Non credo di esserne sorpresa».
Lore riportò bruscamente l'attenzione su di me, allontanandola dalla miriade di parole che stava selezionando. «Lo sapevi?». Chiese incredulo.
«No». Risposi. «Era solo un pensiero, che però mi sembrava totalmente assurdo e, comunque, l'idea mi ha sfiorata solo dopo che...sì, insomma, dopo che mi hai chiesto di darti un'altra possibilità». Conclusi arrossendo.
Restammo in silenzio per un po', poi Lore annuì. «Ti ricordi quando ho iniziato ad ignorarti?».
Strabuzzai gli occhi. «Sette anni-».
«Non in termini di tempo, che periodo era, te lo ricordi?». Mi interruppe lui. Il viso esternamente impassibile.
Per quanto non capissi, decisi di rifletterci su. Periodo...periodo...che fosse...? «Da quando ho iniziato le medie».
«Esatto». Disse lui senza nessun particolare inflessione nella voce. «O, se preferisci, l'anno in cui ho raggiunto l'apice della mia popolarità - se così possiamo chiamarla». Fissò il prato mosso da un leggero vento e colse una margherita. «Oppure ancora, l'anno in cui tu ti sei fatta la tua fama da secchiona». Lo ascoltai in silenzio, mentre strappava con precisione i petali del fiore. Ed era bellissimo. «Popolarità e denigrazione non possono andare di pari passo, Giorgia, o almeno di questo ero convinto...i miei amici ne erano convinti».
Una vaga idea di quello che stava per dire cominciò a formarsi nella mia mente e il sangue mi si gelò nelle vene. Mi aggrappai all'erba con una mano, per farmi forza, anche se una parte di me voleva solo aggrapparsi a lui.
«"Ma sei davvero amico di quella di prima?" mi chiedevano ridendo "è una sfigata assurda!". Io inizialmente rispondevo di sì e mi arrabbiavo per quelle stupide insinuazioni, ma presto i loro commenti diventarono insistenti, le loro battutine fastidiose ed io cominciai a vacillare nel dare quella stessa risposa. Allo stesso tempo, il numero dei miei amici cresceva a dismisura - ovviamente ciò era dovuto al mio carattere ribelle (l'ho sempre avuto) e all'ammirazione che le ragazze nutrivano nei miei confronti, non erano amici veri - e io ci tenevo a quella popolarità, mi piaceva vedermi circondato di gente sempre nuova, pronta ad elogiarmi e a trattarmi come un idolo...mi sentivo forte in un certo senso, ma ora mi rendo conto che erano solo i miraggi della piena adolescenza». Si fermò con un sorriso triste e strappò un ciuffo d'erba che lanciò davanti a se. «Capirai che la posizione in cui ero - e ancora sono - non è facile da mantenere, devi sempre pensare prima a cosa gli altri vorrebbero che tu faccia, a cosa si aspettano da te...e a quel tempo loro pensavano che tu fossi solo una perfettina a cui interessava lo studio, un bersaglio facile da colpire, prendere in giro e anche umiliare. Non ero contento di vedere come venivi schernita da quelli che io definivo amici, ma resta il fatto che da quando hanno iniziato con le loro cattiverie io non ho mai fatto nulla per fermarli, avevo paura di mandare tutto all’aria. E poi...poi mi sono ritrovato ad incoraggiarli e, ancora, ad essere io a farti del male».
La temperatura mi sembrava calata di parecchi gradi, ma non volevo lasciare che i sentimenti - troppi, forti e incontrollabili - mi rendessero poco lucida. Dovevo ascoltare tutta la storia...perché non finiva così, vero?
«Non volevo veramente farlo, non ne traevo alcun piacere…e se i miei amici non ti avessero presa così di mira non ti avrei mai fatto del male. Mi sforzavo di trovare un lato divertente nella cosa, lo stesso che vedevano gli altri, ma poi mi ritrovavo a pensare alla Giorgia che era stata mia amica, a questo parco e mi chiedevo se il nostro tempo trascorso qui non fosse la rappresentazione più corretta di ciò che è divertente. Mi rispondevo che quello era stato il mio passato, che ero cresciuto ed era giusto lasciarti indietro...come un piacevole ricordo. Sì, ero deciso a calpestare la nostra amicizia pur di non perdere la mia popolarità».
Quell'ultima frase mi squarciò il petto in due. Cacciai indietro le lacrime e mi alzai in piedi. «Continua». Dissi con un fil di voce, voltandomi di spalle per nascondermi dal suo sguardo.
C'era per forza una parte positiva, ci doveva essere.
«Dopo qualche tempo divenne un’abitudine renderti la vita un inferno, non so cosa mi successe, ma ci fu un periodo in cui, alla fine, credetti di capire perché gli altri si divertissero tanto nel farlo. E questo periodo terminò quando arrivai in terza superiore, l'anno in cui venni bocciato. Fu un anno orribile: le ragazze che frequentavo mi sembravano odiose, i miei amici insopportabili e cominciai a pensare che forse non era quella la vita che volevo e che perderti era stato un errore imperdonabile. Iniziai nuovamente la terza ed incontrai Davide...mi ricordò subito te - con quegli occhiali da secchione e i vestiti più orrendi di quelli del prof Consuelo - mi dissi che non avrei fatto lo stesso errore e decisi di aiutarlo. Avevo fallito con te e non potevo far nulla per recuperare, ma lui era ancora in tempo...potevo renderlo degno di essere mio amico, così che gli altri miei amici non gli si potessero mettere contro. Anche questo è un pensiero sbagliato, lo so, ma non credo sia stato un male cambiare per lui».
Deglutii e gli posi l'unica domanda che riuscii a formulare. «Se avevi capito di aver sbagliato, perché non sei venuto da me a chiedermi di ricomin...».
Lore si alzò di scatto e le parole mi si bloccarono in gola. La sua presenza mi dominava come sempre. «Chi mi avrebbe garantito che non ti avrei più fatto del male? Ci ero riuscito una volta e niente avrebbe impedito una seconda, Giorgia. Se ho continuato a trattarti in quel modo è solo perché non volevo che tu pensassi di poter tornare mia amica, se fosse successo e ti avessi ferita di nuovo non me lo sarei mai perdonato. In quel modo, invece, potevamo continuare a vivere entrambi. Comunque, da allora ho sempre cercato di andarci piano…e non so se ci sono riuscito, forse no. Be’, è meglio concludere la storia, così puoi insultarmi quanto ti pare...ascolterò ogni singolo impropero se ti farà sentire meglio. Per tutta l'estate avevo continuato a chiedermi perché le ragazze con cui stavo mi stancassero subito ed ho pensato che in qualche modo potesse essere collegato a te. Eri l'unica amica che avessi mai avuto, cosa avevano in meno le altre per essermi comode solo quando avevo voglia di qualcosa di farci sesso? Mancava il dialogo, i loro discorsi mi annoiavano e io non gli avrei mai rivelato nulla di me. Avevo bisogno di risposte e così ho sfruttato la parte migliore di me per avvicinarti, quella estetica. Di avvicinarti come amica non se ne parlava, in questo ero deciso,  ma come potrai immaginare le cose mi sono sfuggite di mano. Oltre a sentirmi a mio agio ero anche irrimediabilmente attratto da te e capii perché le altre non mi interessavano. Io voglio te, Giorgia. Il resto della storia lo sai già».
Quando Lore finì di raccontare, respirai a fondo per ridare aria ai polmoni. In tutti quegli anni mi ero fatta mille filmini mentali su quella che poteva essere la ragione del suo abbandono, ma mai la versione più semplice - quella che aveva raccontato lui - mi era passata per l'anticamera del cervello. La risposta era così chiara...eppure era l'unica possibilità che non avevo vagliato. Nonostante questo, quando le immagini del passato mi passarono davanti con una nuova luce pronta a giustificarle, mi sembrò di rivivere una vita che non era stata mia.
Sentii un fruscio alle mie spalle e intuii che Lore si era alzato. Attesi il calore della sua mano, ma non arrivò. «Giorgia, il silenzio è l'unica risposta che non vorrei sentire».
Presi coraggio e mi voltai. «Mi dispiace...è l'unica che posso darti questo momento». Risultai più dura di quanto sperassi, ma sapevo che lui non ci sarebbe rimasto male...non più del necessario.
Lore mi guardò in silenzio, soppesando il mio sguardo e le mie intenzioni con il suo solito, finto disinteresse, dopodiché annuì. «Capisco. Be', prenditi il tempo che ti serve,  io sono qui».
Lo osservai tornare seduto e poi stendersi con le mani dietro la testa. La mia coperta era rimasta ingarbugliata da un lato e lui non l'aveva nemmeno sfiorata. Accanto a lui, c'era lo spazio necessario per me.
Non volevo andarmene, in quel momento più che mai volevo stargli vicino, ma non era la cosa giusta da fare, dovevo raccogliere le idee. Così raccattai le mie cose e tastai la borsa in cerca del cellulare. Niente.
Dopo qualche minuto di vane ricerche, il rumore delle cianfrusaglie sembrò catturare l'attenzione di Lore e i suoi occhi mi furono addosso. Nell'incrociarli, mi arresi all'evidenza. «Puoi prestarmi il cellulare?». Chiesi in imbarazzo.
Lore mi guardò incerto per la mia richiesta, poi frugò nelle tasche dei jeans ed estrasse il telefono. Era touch come quello di tutti i miei coetanei, ma avrei trovato il modo di usarlo. «Grazie». Mormorai prendendolo. Nel farlo, le nostre dita si sfiorarono appena. Ma quel minimo contatto bastò a far accelerare la corsa del mio cuore.
Mi sedetti sull'erba e in qualche modo riuscii a trovare il numero di Davide in rubrica. Al secondo squillo rispose. «Ehi, amico, perché mi chiami nel bel mezzo del tuo appuntamento galante?».
«Ehm, Dav, sono io...».
A quel nome, un lampo di sorpresa attraversò gli occhi di Lore. Probabilmente si aspettava che chiamassi mio padre...e l'avrei fatto se non mi fossi trovata in quel posto sperduto. Che scusa avrei trovato? Per lui ero a casa di Davide...
«Giorgia? Che succede?». La voce preoccupata di Davide mi fece sorridere.
«Niente di grave, tranquillo, volevo solo chiederti se...puoi venirmi a prendere?».
«Che cosa ti ha fatto? Passamelo».
«Dav, davvero, nulla. Vieni all'ingresso del parco, ti spiegherò tutto. Intanto chiedi a tua mamma se può aggiungere un posto a tavola. Ti aspetto».
Non attesi oltre, chiusi la conversazione e mi alzai da terra. Avrei cenato a casa di Davide e sarei rientrata all'orario previsto, sua madre era una donna talmente gentile che non avrebbe obiettato. Non volevo risultare maleducata nell'autoinvitarmi, ma se fossi tornata a casa troppo presto, i miei avrebbero fatto domande e io ne avevo già fin troppe a cui dare una risposta.
Lore prese il cellulare senza fare una piega, come se il fatto che avessi chiamato il suo migliore amico non lo interessasse minimamente, ma prima che mi allontanassi, mi serrò il polso con la mano. Non c'era forza nella sua stretta, solo determinazione. «Credevo che volessi prendere la tua decisione da sola».
«Lore...». Lo rimproverai. «Lasciami andare».
«Davide ti influenzerà e lo sai anche tu».
«Non voglio decidere da sola, voglio solo riflettere senza...distrazioni».
Sentii la presa allentarsi e tirai un sospiro di sollievo per la sua arrendevolezza, ma non appena cercai di alzarmi, le sue dita si strinsero di più nella carne e mi trascinarono su di lui. Mi portò la mano imprigionata sul cuore che batteva all'impazzata. Feci per dire qualcosa, o aspettai che fosse lui a farlo, invece mi baciò. Lentamente, mi lasciò andare la mano e poggiò le sue sulle mie guance, tenendomi fermo il viso mentre giocava con le mie labbra, mordendole, e poi con la mia lingua. Fu tutto talmente veloce e inaspettato che non feci in tempo a reagire e, quando lo feci era ormai troppo tardi. «Ho detto che non voglio...».
«Distrazioni?». Concluse la frase per me, sorridendo. «Oh, come vuoi, ma se hai davvero intenzione di lasciarmi è meglio che ricordi quello che senti quando sei con me».
Qualche minuto dopo ero davanti all'ingresso del parco. Lore era rimasto lì e io gli avevo lasciato gli asciugamani...in fondo non ero arrabbiata con lui, solamente molto confusa. Le persone non restano sempre le stesse ed io credevo davvero che lui fosse cambiato...in meglio. Ma allo stesso tempo avevo bisogno di metabolizzare tutte le confessioni che mi aveva fatto quel giorno, l'idea di lasciarlo – anche se non stavamo insieme - non mi aveva sfiorata nemmeno per un secondo. Mi aveva fatto soffrire, è vero, ma quello era il passato, così come passato erano i nostri momenti da bambini e, se quello che mi aveva raccontato era vero, ad un certo punto la sua sfuggevolezza nei miei confronti era stata giustificata dalla voglia di proteggermi.



La casa di Davide era molto grande, almeno il doppio della mia e nonostante ci fossi stata parecchie volte, ancora non sapevo orientarmi bene. Il soffitto era molto alto e dalla sala, degna di una di quelle ville d’altri tempi, partiva un corridoio lungo almeno cinque metri che portava alle camere da letto e al bagno. E proprio in quel corridoio mi ero persa parecchie volte, quando diretta verso al bagno mi ero ritrovata invece in qualche stanza da letto.
Quando arrivammo, la cena era quasi pronta, quindi non ebbi modo di raccontare immediatamente i dettagli. Tutto ciò che Davide sapeva si limitava alle tre parole contate che gli avevo accennato in macchina e cioè: “So la verità”.
Verità. Quante cose nascondeva quella singola parola, alcune talmente dolorose che una volta scoperta ti sconvolgeva ogni prospettiva che avevi della tua vita. Ad ogni modo, non era così che mi sentivo io. Ero confusa e...allo stesso tempo tutto mi era così chiaro.
«Giorgia, cara, che piacere rivederti». Mi salutò la mamma di Davide mandandomi un bacio. Tale donna era un vero portento: dolce e assolutamente con i contro cazzi. Ecco, se avessi potuto scegliere che tipo di donna diventare, avrei fatto il suo nome.
«Vale lo stesso per me, Dora». Replicai di buon umore, mentre posavo cappotto e sciarpa all’ingresso.
«Spero che tu abbia avuto una valida ragione per abbandonarmi al mio irrimediabile destino di mamma a tempo pieno». Proseguì ironica, sempre intenta a girare i suoi intrugli.
Feci per rispondere, ma qualcuno mi anticipò. E quando quella voce arrivò vivace e squillante, mi irrigidii sul posto. «Era troppo impegnata a vedersi con il suo ragazzo per pensare a te, mamma».
In pochi passi Carol mi fu davanti e, munita di un sorriso falsissimo, mi salutò con la mano. «Vero, Giorgia?».
Aprii la bocca e la richiusi all’istante. Non mi aspettavo di vederla in casa, era sempre fuori con gli amici e le poche volte che ci eravamo incrociate non era uscita dalla sua camera nemmeno per sbaglio. La fissai in silenzio, silenzio poi prontamente interrotto da Dora, che alle parole della figlia aveva lasciato cadere il mestolo nella pentola che aveva davanti. Una delle trecento intente a bollire.
«Cosa?!». Esclamò infatti, con la bocca a mezzo centimetro da terra. «Ti sei fidanzata senza dirmi nulla?».
«Mamma». Intervenne Davide in imbarazzo quanto me. «Non siete amiche, non deve raccontarti tutto e poi…».
«Non sono fidanzata». Riuscii a dire continuando a guardare Carol con sospetto. «Non proprio…almeno». Aggiunsi più timidamente.
«Non è ufficiale, quindi?». Si informò Dora con il broncio.
Scossi la testa e fissai lo sguardo sul pavimento, interrompendo il contatto visivo con Carol.
«Ohhh, capisco».
Ero pronta a ritenere l’argomento archiviato, ma la sorellina adorata di Davide era proprio decisa a farmi sotterrare dalla vergona. «È Lorenzo il fortunato, mamma. Te lo ricordi? Quel gran figo che è venuto qui qualche volta. Biondo, fisico da mozzare il fiato…».
Dora parve pensarci, poi si illuminò sbattendo vittoriosa la mano sul bancone della cucina. «Lorenzo? Il ragazzo a cui ho consigliato di fare il modello appena ha messo piede qui? Quel Lorenzo?».
«Sì, mamma». Rispose Davide scocciato. «Possiamo non parlare di lui?».
Guardai il mio amico con la coda dell’occhio e gli sorrisi appena appena per ringraziarlo. Lui mi fece l’occhiolino e poi mi trascinò in bagno per lavarci le mani.
«Che problemi ha tua sorella con me?». Dissi non appena l’acqua del rubinetto prese a scorrere.
Davide fece spallucce. «Gelosia…credo».
«Gli piace ancora Lore?». Chiesi perplessa.
«Be’, se trovi una qualunque ragazza che abbia avuto un incontro del terzo tipo con lui e che non vorrebbe ripetere l’esperienza, fammi un fischio. Magari tu sarai più fortunata».
«Wow». Dissi provando una strana gelosia. E per un istante desiderai ardentemente di non essermene andata da quel parco.
«Ma lui ha scelto te, no?». Davide dovette cogliere quella sfumatura nella mia voce. «Insomma non so cosa sia successo tra di voi stasera, ma posso assicurarti che non pensa più alle altre. Da quando state insieme si può parlare con lui anche di cose che non siano sesso, taglie di reggiseno e quant’altro».
«Non stiamo insieme».
Davide sbuffò. «A scuola sarai anche una secchiona del cavolo, ma per quanto riguarda i ragazzi sei proprio ottusa».
Si asciugò le mani e spense la luce. «Andiamo, sto morendo di fame».


«Giorgia, sei fortunata!». Esclamò Dora spegnendo i fornelli. Mi fermai sorpresa. Non avevo neanche messo piede in cucina ancora.
Superata la confusione seguii Davide al tavolo. «Ah, sì?». Chiesi sedendomi accanto a lui e a quel punto fu inevitabile trovarmi davanti gli occhi insistenti di Carol. Ricambiai lo sguardo freddamente.
«Il menu di questa sera prevede anche le cotolette alla milanese che ti piacciono tanto».
«Grazie, Dora». Dissi un po' in imbarazzo. Quella donna mi viziava troppo e temevo che il suo atteggiamento potesse regalarmi un'altra frecciatina da parte di Carol.
«Perché un giorno non porti qui il tuo ragazzo?». Chiese infatti quest'ultima con un sorriso falso. «Pranzo, cena...merenda. Potremmo passare del tempo insieme, scommetto che ci divertiremmo tantissimo.
«Sì, ti prego!». Implorò Dora congiungendo le mani in segno di preghiera. «Non vedo Lorenzo dall'anno scorso ed era proprio una buona forchetta. La mia cucina ha bisogno di soddisfazioni».
Davide lanciò un'occhiataccia alla sorella, a cui lei rispose con una scrollata di spalle.
«Ehm...io....glielo chiederò». Balbettai, sicura che non fosse assolutamente una buona idea. Anche se, pensandoci bene, il pensiero di rimarcare il territorio con Carol era parecchio allettante.
Questa prospettiva mi fece sorridere. «Anzi, credo proprio che verrà se glielo chiedo io».
Scandii ogni parola con gli occhi fissi sulla ragazza davanti a me, che per un secondo sembrò perdere la sua sicurezza, riacquistandola poi con la risposta successiva.
«Benissimo». Disse fieramente. Intanto Davide, al mio fianco, mi guardava sconvolto.
«Oh, non vedo l'ora!». Disse Dora entusiasta e così ci servì la prima portata di cibo. Chiesi mentalmente al mio stomaco di essere clemente quel giorno, perché le portate di Dora erano sempre parecchio abbondanti.
La cena trascorse abbastanza tranquilla, feci persino il bis di cotoletta, e tra uno sguardo inceneritore e l'altro scambiato con Carol, arrivai alla fine senza sentirmi eccessivamente piena.
Erano ancora le dieci di sera. Chissà cosa stava facendo Lore…
Era ancora al parchetto?
Con questi pensieri ancora in testa, finalmente io e Davide riuscimmo a sfuggire alle amorevoli grinfie di mamma Dora e alle fastidiose frecciatine di Carol rinchiudendoci in camera sua.
Al sicuro da orecchie indiscrete e con un peso enorme dentro che avevo assolutamente bisogno di tirare fuori, rimandare il discorso e le spiegazioni non avrebbe avuto senso.

Quando ebbi finito mi sentivo terribilmente stanca, avevo parlato tutto d’un fiato e con tanta foga da sorprendermi io stessa. Davide, invece, non aveva ancora detto nulla e io aspettavo con ansia il suo parere. Era un ragazzo saggio per la sua età e i suoi consigli erano sempre ben ragionati e perspicaci.
Perciò, mentre lui rifletteva con un’espressione dolce e concentrata io pendevo dalle sue labbra.
«Se non te la senti di farlo ora, prenditi il tempo che vuoi. Non ti preoccupare delle conseguenze, non c'è niente di male se lo fai patire un po', è troppo abituato ad ottenere subito ciò che vuole». Disse infine, facendomi tirare un sospiro di sollievo. Temevo dicesse che le mie preoccupazioni erano stupide o che avrei dovuto perdonarlo all’istante, ma il suo suggerimento era allettante e in linea con i miei pensieri.
Sospirai prendendo a giocare con il cuscino di Davide. «È questo il problema, Dav, non sono arrabbiata con lui...non come dovrei, almeno, e la cosa mi manda in bestia».
Davide mi guardò stranito per un'infinità di tempo, poi sembrò sbloccarsi. «No, fammi capire. Tu stai facendo tutta questa manfrina solo perché credi che dovresti essere arrabbiata con lui?».
Ok, detta così suonava malissimo, ma nella mia mente aveva un significato tutto suo. Cioè, se lo avessi perdonato...
Scossi la testa per liberare la mente e deviai lo sguardo sul cuscino. «E per quale ragione dovresti esserlo, Giorgia?».
Improvvisamente sentii il calore della sua mano e sobbalzai incrociando i suoi occhi pieni di comprensione. «Io...non lo so. È tutto così assurdo. La sua storia, le motivazioni che mi ha dato, ma soprattutto il fatto che credo che sia davvero cambiato».
«Magari è così, anzi, ne sono sicuro». Ribatté prontamente.
Mi torturai il labbro inferiore con i denti, meditando su quella risposta. «Già, magari».
«Prova a pensarci. Perché credi che non sia più il ragazzo che ti rendeva la vita impossibile?».
E le parole mi uscirono come un fiume in piena. «Perché quando ci siamo dati una seconda possibilità era tormentato, come se stesse andando contro tutti i suoi principi, ho letto paura nei suoi occhi, Davide. Ma non paura per se stesso, paura di ferirmi. E io sono sicuro che sia sincero questa volta, perché so che non potrebbe più ferirmi. È...è impossibile... nessuno sarebbe in grado di infliggere tanta sofferenza ad una persona e a ricalpestare di nuovo il suo cuore in questo modo subdolo. Ho capito che non posso stare aggrappata al passato per sempre, devo voltare pagina...e credevo di averlo già fatto da molto tempo, sai? Ma non è così! Ho continuato a vivere nei ricordi, gli ho permesso di condizionare le mie scelte presenti e...questo è sbagliato. Ma allo stesso tempo ho paura di dimenticare, perché se cancello il passato, se dimentico come mi sono sentita ferita quando ho visto Lore voltarmi le spalle, se dovesse tradirmi di nuovo dovrei ricominciare tutto da capo, soffrirei il doppio, capisci?».
«Perfettamente».
«Sono una stupida, vero?».
«No, sei innamorata».
«Non...». Tentennai. Un conto era ammetterlo a me stessa, un altro con la mia migliore amica e mia cugina, ma con Davide era...imbarazzante. Lui era un ragazzo! Il migliore amico di Lore, per giunta.
Arrossii vedendo la sua espressione divertita.
«Ok, forse lo sono».
Davide si lasciò scappare una risata mentre annuiva e si sporgeva in avanti per abbracciarmi. «Senza forse, fino al midollo, ma...». Disse tra i miei capelli.
«Anche lui lo è». Proseguì in un sussurro rassicurante. «E comunque, se vuoi sapere la mia, Lore è davvero e sinceramente cambiato questa volta, anche se continuo a pensare che bramarti non gli farebbe che bene».
«Se lo dici tu». Mormorai inebriandomi del suo delicatissimo profumo, che in qualche modo mi rimandò al mio cruccio più grande.
Sbuffai e mi staccai da Davide con stizza. «Ad ogni modo, hai ragione, dovrà sudarsi il mio perdono questa volta». Poi mi venne un'idea malsana, assurda ed altamente idiota. «Io non sono fidanzata». Dissi meccanicamente.
«Tecnicamente lo sei».
Ignorai la sua precisazione e continuai a seguire il filo dei miei pensieri «...e  non credo ti farebbe così schifo se ti chiedessi di...». Presi un profondo respiro, rossa dalla vergogna. Lo stavo davvero per dire? «Baciami». Chiesi con voce stridula. Mi succedeva ogni volta che dicevo una stronzata. E quella lo era.
Davide, dal canto suo, mi guardò perplesso per un paio di minuti, forse per elaborare bene la mia richiesta, infatti si ritrasse spaventato e con gli occhi sbarrati dalla paura.
«Ok, mamma deve aver messo qualcosa di avariato nel cibo. Vado a chiamare gli addetti alla sanità culinaria». Constatò seriamente preoccupato.
«Ehi, non sono mica così orrenda! E poi la principessa di non-mi-ricordo-quale-fiaba ha baciato un rospo disgustoso...». Mi difesi d'istinto.
«Frena, frena. Non si tratta di questo. Lo stai facendo per vendetta e poi...». Blaterò Davide con fare professionale.
«Certo che lo sto facendo per vendetta! E poi Lore ha baciato almeno tutte le ragazze della nostra scuola e io solo lui, non mi sembra giusto! Non è equo».
«Giorgia, ti rendi conto di quello che stai dicendo? No, vero?».
«Sì, invece. Almeno per una volta voglio cambiare i nostri ruoli, voglio che sia lui a rincorrermi».
«E vorresti farlo baciando me?».
«E chi altro? Sei il suo migliore amico! E l'unico che mi bacerebbe, a dirla tutta. A scuola non ho amici».
Per un attimo Davide sembrò valutare davvero la mia proposta. «Non se ne parla nemmeno! Giorgia, tu non sei così».
«E non essere così a cosa mi ha portata? A dipendere dagli sbalzi d’umore di un idiota putt...».
«Ok, comincio a pentirmi di averti suggerito l'idea di farlo patire. Non era questa la vendetta che avevo in mente e se proprio ci tieni a portarla avanti allora dovrai trovarti un altro volontario, oppure potrai fingere di aver baciato qualcuno che hai conosciuto...da qualche parte, basta che non sia io».
«Non crederebbe mai che ho baciato uno sconosciuto, ma soprattutto che questo avrebbe mai baciato me...». Biascicai offesa. «E poi perché non tu?». Protestai con il broncio.  
Davide arrossì grattandosi la nuca imbarazzato. «Perché sono fidanzato, Giorgia».
Per poco non toccai il pavimento con la mascella a quella notizia. «Come?!».
«Beh...si....da poco...non...beh...». Davide stava balbettando! Davide stava balbettando! La cosa non era affatto di poco conto.
«E perché non me l'hai detto? È da mesi che io ti rompo con i miei problemi amorosi...».
«Perché è avvenuto tutto molto in fretta e...non sapevo se fosse una cosa seria».
«Lo è?».
Davide sorrise e seppi la risposta immediatamente.
Battei le mani entusiasta, pronta a fare un interrogatorio al mio amico. Poi, un pensiero mi fece inorridire. «Ho davvero cercato di indurti a tradire la tua ragazza?».
Ci guardammo per una frazione di secondo e poi scoppiammo a ridere.


Dopo aver ricavato le informazioni necessarie sulla ragazza che aveva rubato il cuore del mio migliore amico - e ottenuto la promessa di un incontro con lei al più presto possibile - decisi di tornare a casa. Parlare con Davide era stata una liberazione, ma soprattutto utile per fare un po' di chiarezza nella mia testa, cosa che sembrava assolutamente rara da trovare in quel periodo. Avevo intenzione di riferire a Lore la mia decisione, che sarei passata sopra ai suoi errori e al nostro passato pur di stare con lui, ma non subito e soprattutto non senza vendicarmi.  
Quando entrai in casa le voci dei miei genitori provenivano dal salotto ed erano coperte dal suono della tv accesa. Mi bloccai di scatto: non stavano ancora dormendo e la cosa era piuttosto strana e preoccupante dato che era domenica sera. Al suono della porta che sbatteva  si erano azzittiti improvvisamente, chiaro segno che stessero parlando di me. E quegli elementi non prospettavano decisamente nulla di buono.
Prendendo coraggio e superando ogni indugio, raggiunsi la sala e li trovai intenti a guardare uno sciocco reality show di cui - ci scommettevo - non conoscevano neanche il nome. Poi loro li odiavano quei programmi! Chi credevano di prendere in giro?
«No, continuate pure, voglio sentire». Dissi posando la borsa per terra. Odiavo quando cercavano di nascondermi qualcosa e ne parlavano alle mie spalle.
In un primo momento provarono a giustificarsi e a blaterare cose che non stavano né in cielo né in terra, ma vedendo la mia determinazione a non ascoltare le loro scuse decisero di informarmi dei fatti.
«Ha chiamato Fabrizio...è tornato in Italia e dice che vuole vederti». La voce di mia madre, come ogni volta in cui parlava di lui, non fu che un flebile sussurro allarmato e rassegnato. Perché lei sapeva che ogni volta che sentivo il nome del mio padre biologico reagivo all'opposto di come avrebbe voluto lei: sorridendo come una bambina davanti ad una lecca-lecca gigante. «Davvero?! E quando è tornato? Vuole vedermi?». Domandai a raffica, davanti all'espressione vuota di mia madre.
«Non lo so, non sono cose che mi interessano, ma ha detto di chiamarlo il prima possibile».
«E tu, ovviamente, avevi intenzione di tenermi nascosto tutto questo, vero?». Dissi con acidità, perché era quello che faceva ogni volta. Quante occasioni avevo sprecato di vedere mio padre per colpa sua!
«Giorgia, lo sai che non sono d'accordo».
«Ma sai anche quanto mi faccia piacere vederlo e non dovresti nascondermelo dato che sai quanto ho sofferto per il vostro divorzio».
Mia madre si tuffò il viso nelle mani e scosse la testa. Era un discorso che avevamo affrontato parecchie volte, ma lei sembrava non capire il mio punto di vista. Era convinta che fosse un male per me vedere l'uomo che mi aveva dato la vita.
Spostai lo sguardo su Mauro. Mauro che mi incoraggiava sempre, Mauro che mi aiutava sempre a convincere la mamma quando sorgeva il solito problema: mio padre tornava in Italia e voleva vedermi.
Questa volta tuttavia, lo trovai assente, come se quella fosse l'ultima delle sue preoccupazioni. E vedendo il mio unico alleato voltarmi le spalle mi sentii improvvisamente sola.
Li guardai con disprezzo e girai i tacchi, chiudendomi finalmente in camera mia. Trovai il cellulare sulla scrivania e aprii le chiamate perse: ce n'erano cinque di mio padre. Nessuna di Lore. Non seppi se apprezzare il suo gesto di lasciarmi lo spazio e il tempo di decidere, oppure essere delusa del fatto che non mi avesse cercato neanche una volta. La seconda ipotesi era infantile quanto il mio tentativo di baciare Davide per ripicca, così la scartai immediatamente. Controllai l'orologio e rinunciai al proposito di chiamare subito mio padre, così cercai in rubrica il numero di Martina. Lei sapeva quanto soffrissi per la lontananza di mio padre, quanto fossi felice di vederlo quelle poche volte che riuscivamo ad incontrarci, mi avrebbe capita ed io sarei riuscita a superare il nervosismo.
Ma anziché lei, fu la segreteria a rispondere. Imprecai e provai a chiamare Rosaria. Anche lei mi avrebbe dato un po’ di conforto, ma il cellulare squillò a vuoto. Probabilmente stava dormendo e aveva lasciato il silenzioso.
L’unica, altra persona che potevo chiamare e che mi avrebbe ascoltata era Davide, ma la questione di mio padre era troppo lunga e complicata da spiegare con una telefonata. Sentii bruciarmi gli occhi: ero davvero sola. Forse per la prima, vera volta in vita mia.
Per distrarmi passai in rassegna i nuovi messaggi, ma ne trovai solo uno di Rosaria che mi ricordava del suo compleanno. Mancava poco ormai.
Lanciai il cellulare sul letto e presi qualche libro a caso. Cosa c’era di meglio dello studio per non pensare ai miei problemi personali? Certo, una volta finito di studiare sarei tornata al punto di partenza, ma almeno avrei rimandato il corso dei pensieri che mi frullavano per la testa. L’indomani poi avrei chiamato mio padre per metterci d’accordo sul nostro incontro e a quel punto avrei potuto condividere la mia gioia con Martina. Era tutto sistemato, vero? E allora perché mentre sottolineavo paragrafi di cui non capivo il significato continuavo a piangere in silenzio?
Al limite dell’esasperazione, pensai all’unica persona che avrebbe potuto aiutarmi in quel momento.
Un tasto dopo l’altro composi il suo numero e quando premetti la cornetta verde il pensiero che potesse negarmi il suo sostegno mi assalì insieme alla paura.
«Lore?». Lo chiamai tra i singhiozzi, sentendo la sua voce assonnata. «Possiamo vederci?».

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Dopo aver messo il pigiama e cercato di far passare il rossore degli occhi, uscii lentamente dalla mia camera. La tv era spenta e la casa era avvolta dal silenzio della notte. Sgattaiolai in punta di piedi fino all’ingresso e sperai che non avessero chiuso a chiave la porta. Era raro che lo facessero, la nostra zona era molto tranquilla e per di più era possibile aprirla solo dall’interno.
Presi il giaccone appeso lì vicino e aprii quel tanto che bastava per scivolare fuori.
Socchiusi la porta alle mie spalle, facendo attenzione a non chiuderla, e lo trovai davanti a me. Era ancora spettinato, con indosso un pantaloncino che gli arrivava alle ginocchia, una magliettina leggera e sopra la felpa di una tuta. I capelli erano ancora spettinati e gli occhi leggermente assonnati.
Nel vederlo così, con lo sguardo preoccupato intento a studiarmi, non potei fare a meno di sorridere.
«Allora? Cosa succede? Mi hai fatto spaventare a morte». Disse lui con apprensione.
«Hai ragione, scusa, non avrei dovuto neanche chiamarti probabilmente…ma mi sentivo uno straccio e non sapevo a chi rivolgermi. Martina ha la segreteria, Rosaria non risponde, Davide non sa…». Ecco che straparlavo come sempre in sua presenza, ma Lore mi conosceva bene ormai e non si fece problemi ad interrompermi.
«Alt. Fermati. Mi vuoi dire cosa c’è che non va senza farmi l’elenco delle persone che hai chiamato prima di me e ricordarmi che sono l’ultima ruota del carro?». La sua voce era sarcastica, ma nascondeva una vera punta di fastidio.
Ok, forse non era stato propriamente carino fargli capire che era stato l’ultima spiaggia. «Si tratta di mio padre». Ammisi guardandolo fisso, questa volta.
Lore parve allarmarsi. «Mauro?».
Scossi la testa, ripensando alla sua noncuranza di poco prima. «Il mio vero padre».
La sorpresa animò gli occhi di Lore. «Vi vedete ancora?».
Annuii.
«E fammi indovinare. Tua mamma non vuole».
«Come sempre! E non capisco il perché, cavolo! Dovrebbe essere felice che mio padre mi cerchi ancora, che si preoccupi per me, no? E questa volta anche Mauro mi ha voltato le spalle, sembra assente, come se questi non fossero affari suoi».
Lore si sedette sul gradino più basso delle scale, ma non mi invitò a raggiungerlo. Era nel suo carattere non essere un gentiluomo e a me andava bene anche così.
«Anche se tuo padre si ricorda di te una volta all’anno sei comunque felice di rivederlo?».
Lo guardai stranita. «È fuori per lavoro, Lore, non per divertirsi».
«E ti ha mai chiamato dall’estero?».
«No, ma…». Mi fermai non sapendo cosa dire. Mi ero aspettata incoraggiamento da parte sua, non che mettesse in discussione le buone intenzioni di mio padre.
«Quindi mi stai dicendo che dovrei rinunciare all’unica possibilità che ho di passare del tempo con lui? Solo perché non ha tempo di chiamarmi?». Chiesi un po’ delusa. Forse avevo sbagliato a rivolgermi a lui, avrei dovuto sapere quanto fosse contorto nei suoi ragionamenti e poi eravamo quasi sempre in disaccordo.
«Non sto dicendo questo, Giorgia. La scelta è tua e tua madre sbaglia ad ostacolarti, ma prova a capirla…forse non le va che lui si ricordi di te solo quando torna qui».
«Non è per questo che mi ostacola, le dà fastidio che sia così felice di vedere l’uomo di cui si era stufata».
«Credi ancora che sia questo il motivo per cui l’ha lasciato?».
«Certo che sì! Quale altro potrebbe essere altrimenti?».
Lore scosse le spalle. «Magari tua madre non voleva crescere una figlia con un padre poco presente».
«Non ti ho chiamato per parlare delle ragioni del divorzio dei miei genitori». Dissi acidamente.
«Ma devi parlarne, devi comprenderle, se vuoi capire perché tua mamma non vuole che vi vediate. Finora sei sempre rimasta nella convinzione che tua madre l’abbia lasciato perché si era stancata di lui, ma se non fosse così?».
Provai a ribattere, ma rinunciai all’istante. «Ma anche se scoprissi che è quella la motivazione, cosa cambierebbe? Credi che non avrei più voglia di vederlo?».
«No, Giorgia, smettila di pensare che tutti vogliano convincerti che sia sbagliato vederlo. È sbagliato attribuire a tua madre una colpa che non ha. Mettiti nei suoi panni, cresceresti un figlio con un marito sempre fuori per lavoro? E se tua madre fosse rimasta col tuo padre biologico, se tu non avessi avuto un padre come Mauro sempre al tuo fianco, come credi che sarebbe stato? Sono queste le domande che devi porti. Vedi tuo padre, ne hai tutto il diritto, rimprovera tua madre quando ti impedisce di incontrarlo, ne hai tutte le ragioni, ma non pensare che lo faccia con cattiveria».
«Tu cosa faresti?». Chiesi a bruciapelo nascondendo il nodo che avevo in gola e mi sedetti al suo fianco.
«Lo vedrei, ma non lo farei passare per un santo. Innanzitutto gli chiederei perché non trova mai un minuto per chiamarmi».
Ascoltai le sue parole con attenzione e presi a giocare con il bordo del cappotto. «I tuoi ragionamenti…hanno un senso». Gli concessi, infine. «E nessuno mi ha mai fatto pensare a queste cose, non mi hanno mai fatto vedere l’altro lato della medaglia».
«Perché avevano paura di vederti soffrire».
«E tu non ne hai?». Mi venne spontaneo chiedergli e lo vidi sorridere con la coda dell’occhio. «Sei brava con le domande a trabocchetto, ma la risposta è sì. Ho sempre paura di vederti soffrire ultimamente, ma in questo caso era necessario che qualcuno ti aprisse gli occhi».
Restammo in silenzio per un po’, io intenta a guardare il pavimento lucido, lui a pensare a chissà cosa. Poi mi decisi a fare un passo avanti.
«Lore, per oggi…».
«No, non c’è bisogno che tu dica nulla».
«Ce n’è bisogno, invece. Ho quasi baciato Davide per ripicca».
Lore mi guardò confuso. «Davide? Non sapevi che è…».
«No, l’ho scoperto stasera. Ma a quanto pare tu lo sapevi già».
«Certo che lo sapevo! È da mesi che rompe i coglioni su questa Giada…sai quante volte gli ho suggerito di farci sesso per togliersi lo sfizio? Ma lui è davvero innamorato, a quanto pare». Disse con una smorfia.
«Cosa c’è di male nell’essere innamorati?» Domandai per nulla disinteressata.
Lore analizzò la mia reazione con cura, come se fosse cascato dalle nuvole. Possibile che non si fosse ancora accorto che ero innamorata di lui?
«Niente, ma…».
E a malincuore, non seppi mai cosa avrebbe detto, perché la porta di casa mia si aprì di scatto e io saltai in piedi pregando che fosse mia madre.
Con lei sarebbe stato più facile spiegare e probabilmente aveva già intuito che tra me e Lore c’era qualcosa, mio padre invece…lui non avrebbe capito. E infatti non capì.
«Giorgia, quale parte del stai lontana da lui non ti è chiara?».

Note:
Ciao a tutti! Non ci provo neanche a giustificare il ritardo imperdonabile perché non saprei cosa dire, posso solo chiedere scusa a quelli che aspettavano il capitolo da mesi.
Comunque... eccoci qui! Giorgia e Lorenzo sono tornati e la loro storia è davvero quasi al culmine arrivati a questo punto. Cosa ne pensate delle motivazioni di Lore? E della reazione di Giorgia?
Spero che il capitolo non vi abbia deluso, anche perché ci ho messo una vita per scriverlo XD
Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno recensito e chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite.
Al prossimo capitolo, se vi va!
Veronica









   
 
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