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Autore: Giulia White    23/10/2012    3 recensioni
Mentre camminavamo lui disse, sempre con un bel sorriso: “Ah, io sono Neal”.
“Liz” ricambiai il sorriso e gli strinsi la mano che mi stava porgendo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neal Caffrey, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina dopo mi svegliò uno strano rumore insistente.
Aprii faticosamente le palpebre, e fu come se qualcuno mi stesse puntando una luce da 200.000 watt negli occhi.
Cercai di capire cosa fosse quello strano rumore.
“Liz, ci sei?” sentii mia madre.
Realizzai che il rumore era mia madre che cercava di aprire la porta di camera mia, evidentemente chiusa a chiave dall’interno. Strano, non mi ricordavo di averlo fatto. Non mi ricordavo niente in realtà.
In quel momento mi accorsi di una figura sdraiata a fianco a me, e mi sfuggì un urlo.
“Liz? Tutto bene?” insistette mia madre.
“Arrivo, mamma!” dissi, mentre scuotevo Neal cercando di svegliarlo.
Lui aprì gli occhi.
“Ehi..”. Gli tappai la bocca prima che riuscisse a dire altro, gli indicai prima la porta fuori dalla quale mia madre stava ancora aspettando, e poi il bagno annesso alla mia camera.
Capì al volo, si alzò in silenzio e andò in bagno.
A quel punto mi alzai e andai ad aprire a mia madre.
“Alla buon ora, cos’è successo?” mi chiese.
“Niente, perché?” feci finta di non capire.
“La porta era chiusa”
“Ah, sì, la chiudo spesso ultimamente. Ho paura dei ladri” inventai al momento.
Mia madre inarcò le sopracciglia, ma decise di non commentare.
“Perché hai urlato un attimo fa?” insistette.
“Niente, mamma, stavo dormendo e mi sono svegliata mentre cercavi di forzare la mia porta, mi sono spaventata”. “Perché stavi entrando, comunque? Volevo dormire stamattina” cercai di cambiare discorso.
“Volevo vedere se eri tornata a casa ieri sera”.
Mi stupii, mia madre non controllava mai. A proposito, cosa ci faceva a casa il sabato?
Non glielo chiesi perché volevo chiudere al più presto quella conversazione.
“Ah, ok”  guardai l’orario, erano solo le 9 “bhè, io tornerei a dormire”
“Fai quello che vuoi, magari quando ti svegli non trovi nessuno in casa” detto questo se ne andò.
Ecco, quella era mia madre, finalmente la riconoscevo.
Richiusi la porta e andai in bagno.
“Cosa ci fai qui?” chiesi a Neal.
“Buongiorno anche a te” mi sorrise.
“Neal, non sorridere, non c’è niente da sorridere, cosa ci fai qui?”
“Bhè, ti ho accompagnato ieri sera e poi ho pensato di rimanere nel caso stessi male”.
“Neal, fai così, la prossima volta, non pensare. Adesso vattene”
“E come, di preciso? C’è tua madre, a meno che tu non voglia..”
Lo interruppi indicando la finestra.
“Stai scherzando” disse.
“Nient’affatto, muoviti”
“Non uscirò da una finestra! E siamo anche al secondo piano”
“C’è la scala antincendio proprio qui fuori, idiota, mica ti faccio saltare dal secondo piano”
“Non me ne andrò da una finestra. Non me ne andrò da nessuna parte finchè non avrò chiarito con te”
“Neal, sono reduce da una sbronza, ho un mal di testa assurdo, puzzo di alcool, e mia madre ti ha appena quasi trovato in camera mia, non potevi scegliere momento peggiore per chiarire. Senza contare poi che non ho intenzione di chiarire alcunché. Ora fuori” lo spinsi verso la finestra.
“Liz, dammi un’altra possibilità, ti prego” disse lui, gli occhi blu supplicanti.
Non risposi.
“Una cena, sta sera vieni a cena con me e parliamo, poi deciderai cosa fare” insistette.
Mi morsi il labbro inferiore, pensierosa.
“Una cena” concessi, quasi controvoglia. Accidenti a lui e a quei suoi occhi.
“Grazie, Liz” sorrise e si avvicinò a me. Feci un passo indietro “Non. Ci. Provare. Vai via” dissi.
“Grazie” ripetè, poi si decise ad andarsene.
 
Quando rimasi sola mi accorsi di indossare ancora i vestiti della sera prima. Li tolsi e li misi da lavare. Poi feci una bella doccia bollente, mi ci voleva proprio.
Trovai una chiamata persa da Alice, la richiamai.
“Pronto?” rispose
“Ciao Al”
“Ehi, Liz, ti ho chiamata giusto un attimo fa, come stai?”
“Bene tu?”
“Sono a pezzi, posso venire da te?”
“Certo, fai per le undici, sono appena uscita dalla doccia”
“Va bene”
“Ti devo anche raccontare una cosa”
“Oddio, che è successo?”
“Ti racconto dopo”
“Ok, ciao Liz”
“Ciao”
Mi asciugai i capelli e mi vestii, poi feci una leggera colazione.
Per le undici arrivò Alice.
“Ehi, Liz, ti vedo bene” ci abbracciammo.
“Sì, non mi lamento, non sento tanto il post-sbornia”
“Beata te. Ho già preso due pastiglie per il mal di testa sta mattina”
“Vuoi un caffè?”
“Sì, grazie, chi lo sa, magari aiuta”
Gli preparai il caffè
“Grazie” disse “Cos’è che mi dovevi raccontare?”
Gli dissi di Neal e Jack della sera prima, e di Neal di quella mattina.
“Cavolo, pensa se entrava tua madre” commentò.
“Non ci voglio pensare. Proprio sta mattina doveva decidere di fare la brava madre?”
“Davvero, è incredibile.” “Comunque, allora esci con Neal sta sera?”
“Sì, voglio dire, gli ho detto che gli avrei concesso una cena”
“Chissà che cosa ti dirà”
“Non voglio pensare nemmeno a quello”
“E con Jack com’è finita?”
“Niente, gli ho detto di andare a casa per evitare che si prendessero a pugni sul serio, anche se un po’ Neal se lo meritava. Comunque magari uno di questi giorni faccio un salto a Little Italy. Però non so, voglio dire, mi ha baciata”
“Io te l’avevo detto”
“Cavolo, è vero! Dovrei iniziare ad ascoltarti più spesso. Avevi ragione sia su Neal che su Jack”
“Lo so, lo so, sono il tuo angelo custode”
“Bhè, angelo, dimmi, secondo te dovrei andare a trovarlo?”
“Non lo so, magari aspetta di vedere come finisce con Neal, per evitare di commettere un altro..sbaglio”
“Sì, forse hai ragione”
“Senza il ‘forse’, io ho ragione”
Risi in risposta a quell’affermazione.
Chiamai Billie per sentire come stava, era quello messo peggio ieri sera, ma non mi rispose, probabilmente dormiva ancora.
Alice rimase da me anche il pomeriggio.
Verso le quattro mi arrivò un messaggio da Neal.
“Vediamoci all’incrocio tra la terza e la 56esima alle 19.30”
“Come ti vestirai?” mi chiese Alice.
Vedevo già i suoi occhi luccicanti all’idea di un consulto sull’abbigliamento, e magari anche un po’ di shopping.
“Niente di particolare” risposi. Vidi il luccichio spegnersi nel suo sguardo.
“Non voglio che qualcosa gli faccia pensare che sia già propensa a perdonarlo” continuai.
“Metterò dei leggins e una maglia lunga, e il cappotto”.
Alice non sembrava molto d’accordo, ma non disse niente.
Alle 18 andò a casa, e io iniziai a prepararmi.
Uscii di casa verso le 19.15, e presi un taxi.
Arrivai al luogo d’incontro per le 19.25, lui ancora non c’era. Vabbè, alla fine ero io ad essere in anticipo.
Lo vidi arrivare lungo la terza un paio di minuti dopo.
“Buona sera” mi sorrise.
“Ciao..”
Fece per abbracciarmi e io esitai un attimo.
“Siamo davvero arrivati a questo punto?” mi chiese, un po’ perplesso.
Riflettei, “No” risposi infine, e lo abbracciai, ma mi liberai dalla sua stretta abbastanza in fretta.
Il ristorante in cui aveva prenotato si trovava a metà della 56esima. Era un bel posto.
Mentre percorrevamo il tratto di strada che separava il luogo d’incontro dal ristorante Neal mi disse: “Normalmente non ti avrei proposto una cena la sera dopo un’uscita come quella che hai avuto tu, ma date le circostanze..”
“Non ti preoccupare, va bene così” risposi.
“E comunque mi sembravi già abbastanza attiva questa mattina”
“Ho dovuto esserlo, mia madre stava quasi per trovare qualcuno nel mio letto” dissi, con una punta di asprezza nella voce. “A proposito, avevi chiuso tu la porta a chiave?” chiesi.
“Sì, proprio per evitare che entrasse qualcuno e trovasse la situazione che hai appena amorevolmente descritto” disse con un sorriso sarcastico.
“Bè, almeno una cosa giusta l’hai fatta”
Lui non commentò.
Arrivati al ristorante ci indicarono il nostro tavolo, e pochi minuti dopo arrivò un cameriere a chiederci se volessimo un aperitivo.
“Sì, direi di si” disse Neal, rompendo il silenzio che si era creato durante quei pochi minuti di attesa.
Ordinai un martini, e anche Neal.
Aspettammo che ci portassero le ordinazioni.
“Prima di cominciare” presi un bel respiro “hai ucciso o violentato qualcuno? O cose simili?” chiesi tutto d’un fiato.
“Parli sul serio?” chiese lui, le sopracciglia inarcate.
“Se hai fatto cose del genere non voglio sentire la tua storia”
“Sono sotto sorveglianza della White Collar Division”
Lo fissai con sguardo vacuo.
“Si occupa di frodi, furti e falsificazioni”
“…oh”
“Già”
“Quindi tu non..uccidi la gente” mi sfuggì una risata nervosa.
“No, direi di no”
“In effetti non hai l’aria di un assassino” dissi, pensierosa.
“Bhè, questo mi consola” sorrise.
“Quindi tu rubi opere d’arte?”
“Non è per quello che mi hanno preso” fece uno dei suoi soliti sorrisi furbi
“Lo prendo per un sì, comunque. E per cos’è che ti hanno preso?”
“Sono sotto custodia dell’FBI per aver falsificato delle obbligazioni”
“Oh, bhè, wow. Voglio dire..wow” dissi, a metà tra il perplesso e l’impressionato.
“’Wow’? Non era il genere di reazione che mi aspettavo”
“Sì, bhè, neanche io”
Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale io ero immersa nei miei pensieri, e lui sembrava non voler interromperli.
Alla fine Neal non era pericoloso. Che problemi avrebbero potuto esserci? Aveva falsificato delle obbligazioni, in che modo questo avrebbe potuto influenzare il nostro rapporto?
Ma c’era qualcosa che mi diceva di non prenderla troppo alla leggera. Non solo uscivo con un ragazzo che aveva almeno il doppio della mia età, ma era anche un truffatore che lavorava per l’FBI per scontare una pena. Poteva davvero portare qualcosa di buono nella mia vita? Ci ero uscita solo una volta e mi aveva già sconvolto l’esistenza.
“Vado a prendere un po’ d’aria” dissi infine. Avevo bisogno di chiarirmi le idee.
“Certo..” disse lui.
Uscii e mi accesi una sigaretta. Cosa c’è di meglio di una sigaretta quando si hanno le idee confuse?
Feci un tiro lungo e lasciai che il fumo mi riempisse i polmoni.
Poco dopo mi raggiunse Neal.
“Tutto bene? Vuoi fare due passi?” mi chiese.
“No, no, possiamo rientrare”
“Non preoccuparti della cena” mi rassicurò lui, comprendendo l’unico motivo per cui volevo tornare nel ristorante.
“Facciamo due passi” accettai abbozzando un sorriso.
Camminammo un po’, in silenzio. Gli offrii una sigaretta ma rifiutò.
“Mi dispiace di aver reagito in quel modo” dissi ad un certo punto.
“Non ti preoccupare, è stata una reazione comprensibile”
“No, non lo è stata. Avrei dovuto ascoltarti fin da subito”
“Non importa, davvero, l’importante è che alla fine mi hai dato la possibilità di parlarti”
Annuii.
“Non vorrei farti pressioni” riprese lui “ma pensi che ci rivedremo?”
Lo guardai negli occhi per un momento, riflettendo.
“Perché no?” dissi infine, sorridendo.
Sorrise a sua volta, avevamo superato quel primo ostacolo.
  
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