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Autore: shesproudofdemi    25/10/2012    1 recensioni
Quando ti ritrovi a dover fare i conti con la realtà, quando ti trovi muso a muso con la rabbia e sei da sola, sarà lì che guarderai l'oceano e penserai "tutto andrà bene".
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You, me and the ocean.
Capitolo 4.


…vedevo in quell'uomo tutta la voglia di dirci che Ariel era su quel lettino viva.
Volevo sentirmi dire che il suo respiro era più forte di prima e che il suo cuore batteva fuori dal petto come quando stavamo insieme, stretti, le prime volte che facevamo l'amore.
Indossava un camice bianco e aveva in mano una mascherina verde.

«Voi siete i parenti di Ariel?»
Respirai profondamente
«Si» rispose il padre alzandosi.
«Ariel è fuori pericolo»

Ecco, in quell'istante preciso sentii tutto il peso grigio di quella notte scivolarmi addosso, cadere sul pavimento e volare via nell'aria.
«Però..» continuò il dottore.

Sentii cone una crepa nello stomaco, come quanto ti cade il cellulare e lo schermo va in frantumi.


«Ariel non è in pericolo di vita, ma momentaneamente il suo cervello non è in grado di ricostruire il passato, il trauma cranico è stato molto forte e non spaventatevi se per un periodo di tempo faticherà a ricordarsi di voi e di se stessa..»

DAL DIARIO DI HARRY
"Sono passati 13 giorni da quella maledetta notte.
Oggi come non mai sento la mancanza di Ariel e ogni volta che entro in quella camera d'ospedale non riesco a vedere nei suoi occhi il ricordo di noi.
Eppure la nostra è stata una storia che nessuno dimenticherebbe..
Ho paura che lei un giorno possa ricostruire il suo passato e la sua vita dimenticandosi di me, dei giorni passati insieme, dei viaggi, della nostra prima volta, del primo bacio, della prima passeggiata mano nella mano in quel lontano 18 luglio di quattro anni fa.
Come può dimenticare i sorrisi, le lacrime, i pomeriggi passati a spiegarmi filosofia?
E' come se l'oceano avesse trasportato via i ricordi di una vita.
Anche oggi andrò da lei, starò lì e mentre lei dorme, come ogni pomeriggio studierò per l'esame di filosofia, aspettando che lei si svegli dicendomi "Harold sei un cretino, lo sai che la filosofia non puoi studiarla a memoria!".
E invece no, anche oggi si sveglierà, si volterà verso di me e mi dirà "Ciao, tu ti chiami Harry vero?"
Quanto può essere straziante?"

Erano le tre e non avevo pranzato, il mio stomaco si rifiutava di accogliere cibo ormai da giorni.
Avevo in mano un libro, una fotografia e una rosa.
Salii le scale. Odio gli ospedali, odio l'odore di "roba sterile" che mi si impregna nei vesiti.
Ascensore, quarto piano, stanza 102.
Bussai, mi disse "avanti" e io senza esitare un attimo entrai.
Aveva i capelli raccolti e il braccio destro un po' penzolante per via della flebo.
Mi salutò un po' più calorosamente rispetto al solito.
Le poggiai la rosa sul letto, lei mi sorrise e mi misi seduto sulla sedia in parte al letto.


«Cos'è quella?»
«Questa? Eh.. in questa fotografia siamo io e la mia fidanzata quattro anni fa.»
Avevo tirato fuori dalla vecchia scatola marrone delle fotografie.
«Ah quindi ti chiami Harry, hai ventuno anni e sei fidanzato..»
«E tu? Tu chi sei?»
«Io mi chiamo Ariel.»
Finì così, secca, senza dirmi nient'altro.
«Ho un fratello di nome Dave e…»


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