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Autore: Sh_NT    26/10/2012    1 recensioni
Il mio nome è Helen Chester e sono una giornalista. Ho dovuto scrivere un articolo su Johnny Depp, e sottolineo "dovuto". No, inizialmente non ero felice. Credevo davvero che sarebbero stati i 30 giorni più orribili della mia vita.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Day Twenty four/ Twenty five – It's time to begin

Johnny's POV

Tornai a casa tardi quella notte, erano forse le due o le tre, volevo un letto, ma una volta arrivato in camera il sonno parve svanire. Mi allungai nonostante tutto, sfilai via gli scarponcini e lanciai per terra il cappello. Più mi rigiravo e più mi tornava in mente Helen. Erano giorni che non dormivo e credevo fosse ormai ovvio a tutti, sebbene nessuno azzardava ad accennare alla questione. Nei pochi giorni in cui Vanessa aveva dormito con me, aveva cercato di "riconquistarmi" con mezzucci a dir poco ridicoli. Mi aveva preparato la cena dichiarandosi una bravissima moglie, aveva comprato vestiti su vestiti a Jack e a Lily proclamandosi una fantastica madre. Inutile dire cosa provò a fare per dirsi un'ottima amante. Diceva che c'era qualcosa di sbagliato in me, che ogni uomo avrebbe voluto averla nel proprio letto. Le avevo risposto che se per sentirsi apprezzata doveva passare venti minuti a cavalcare qualcuno, allora le avrei dato la mia benedizione e le avrei consigliato qualche attore libero. Lei aveva lasciato la stanza furiosa mentre io avevo riso per circa dieci minuti senza interruzioni. La verità non era che non volevo lei, la verità era che volevo una sola persona e nell'ultimo periodo avevo fatto di tutto per allontanarla. Ciò che Tracey e Vanessa avevano fatto era disgustoso. Non avevo potuto non dare ragione a Tim quando diceva che Tracey era solo l'ennesima persona che voleva provare un po' del delizioso nettare della fama direttamente dal cuore di John Christopher Depp II, come se fossi un baronetto dal sangue blu o qualche cazzata del genere. Chiunque vorrebbe essere agente di un attore che con il denaro ricavato dopo aver recitato in un film potrebbe comprarsi una casa o due. Ma ciò che aveva fatto Tracey era molto di più. Lei aveva preso me, un attore sull'orlo del baratro. Nessuno era lì a cercare di salvarmi, ma sapeva che l'unica persona su cui facevo ancora affidamento era lei. In fondo lei era quella che mi aveva fatto diventare famoso, quindi toccava a lei riportarmi sotto i riflettori. Aveva preso una casa in rovina, l'aveva rinnovata ed era pronta a rivenderla al triplo del prezzo originale. Sì, Tim mi aveva avvertito e io non gli avevo dato retta.
"Oh, finiscila di piangerti addosso, va' da lei e riprenditela."
"Sono le quattro di mattina..."
"L'amore non ha età, né orario per le visite!"
Avevo provato quella sera a parlarle, a farle capire la situazione. Le avevo spiegato ogni singola cosa eppure, sebbene avesse capito, non voleva accettarlo, non volevo ammettere l'ennesimo sgarro. E forse faceva bene. Forse avevo bisogno di sistemare la mia vita, mentre lei doveva continuare sulla sua strada senza guardarsi indietro. Ancora pochi giorni, e l'unico legame tra di noi si sarebbe rotto per sempre.

Quel giorno aspettai che i bambini si svegliassero, poi li portai al parco. Pranzammo velocemente con un panino e li portai in un negozio di arredamento. Negli ultimi giorni avevano dormito nella stanza degli ospiti insieme, ma quella casa era talmente grande che avrebbero potuto avere anche due stanze a testa. Scegliemmo insieme l'arredamento, e quando uscimmo di lì era già sera. Mangiammo una pizza, tornammo a casa e guardammo un film insieme prima di riuscire a convincerti ad andare a letto. Mi aspettava un'altra notte insonne.
La mattina seguente mi alzai dal letto, stremato, alle 6 e mezza. Mi buttai sotto la doccia mentre ricordi che non volevano abbandonarmi tornavano di soppiatto e rischiavano di rovinarmi la giornata. Perché i ricordi sono così, non avvertono, tornano e basta. Si è indifesi in quei momenti, e tutto ciò che possiamo fare è cercare di farli diventare bei ricordi in qualche modo. Questo a volte può rivelarsi impossibile.
Un paio di jeans, una camicia ed ero pronto ad andare. Ripiegai le maniche fino al gomito scendendo le scale, e una volta in cucina eliminai tutti i pensieri preparando la colazione. Mezz'ora dopo il tavolo era ricoperto di toast, barattoli di marmellata e di cioccolato, piattino con il burro, di fianco pancakes e waffles, uova e brioche. Salii al primo piano e rimasi qualche minuto sullo stipite della porta ad osservare Lily Rose e Jack nei loro letti. Si erano già appropriati della camera, avevano appeso poster e svuotato le valige negli armadi. Per Lily, ormai adolescente, lasciare la Francia era stato un duro colpo, poi però aveva chiamato delle amiche a Los Angeles e le era subito tornato il buonumore. Jack invece era solo felice di stare affianco al "suo pirata". Avevo riso quando me l'aveva detto, e poi l'avevo abbracciato. Ora la loro vita era lì, perché per nulla al mondo avrei lasciato che Vanessa li riprendesse dopo ciò che aveva fatto. Crescerli da solo sarebbe stato difficile, avrebbe cambiato la mia vita, lo sapevo, ma per ora mi godevo solo la loro presenza. Più tardi avrei pensato a cosa avrei fatto quando mi avrebbero offerto la parte in un nuovo film che richiedeva la mia presenza dall'altra parte del mondo, non ora.
« Jack...» Poggiai una mano sulla sua spalla, ma lui non parve accorgersi di nulla. « Yo-ho, yo-ho, a pirate's life for me...»
« We pillage plunder, we rifle and loot. Drink up me 'earties, yo-ho!
(1)» Si risvegliò cantando, e subito sentimmo l'eco di Lily.
« Finitela di cantare, voi due!»
Mi scappò una risata. « E' pronta la colazione, vi aspetto giù.» Sapevo della passione/ossessione di Jack per i pirati, ma era la stessa di molti altri bambini, e almeno così sapevo sempre come prenderlo. Lily invece... lei era completamente diversa ed essere rimasto così lontano da lei durante l'adolescenza non era stata una mossa intelligente. Purtroppo non avevo potuto fare altro dopo il divorzio, quindi ciò che potevo tentare ora era di recuperare il rapporto.

Avevo convinto Clive a prendersi un giorno di riposo, così che potessi manovrare a mio piacimento la macchina. Parcheggiai di fronte alla scuola privata che avevamo scelto insieme il giorno prima, ed entrammo mentre suonava la campanella delle 8. L'ufficio del preside si trovava al secondo piano, e dopo una lunga chiacchierata sulla protezione della privacy lasciai i bambini e uscii per tornare a casa. Avevo un paio di cose da fare, come per esempio trovare un nuovo agente.
Per qualche oscuro motivo, però, mi fu impedito. Tornato a casa trovai qualcosa di estremamente sbagliato. Come tutte le finestre e i battenti chiusi. Infilai la chiave nella serratura della porta e la girai nel modo più silenzioso possibile. So che avrei dovuto chiamare la polizia, ma in un certo senso l'idea di sconosciuti che giravano per la casa alla ricerca di ladri o assassini o maniaci era più detestabile della possibilità che, entrando, potessi incontrare un ladro o un assassino o un maniaco. Dentro regnava il buio. Lasciai la porta aperta, così che potesse entrare un po' di luce. Una torcia era ferma, accesa in salotto. Mi avvicinai in punta di piedi, e ciò che vidi mi fece allo stesso tempo sobbalzare e sospirare. Tim Burton era seduto sulla mia poltrona, con la torcia puntata contro il volto.
« Non potevi essere più ovvio. Certe incursioni si fanno la notte, non in pieno giorno, dovresti saperlo!»
« Cos'avrei dovuto fare, nascondermi in hotel per il resto della giornata?» Si alzò ridendo e mi abbracciò.
Avevo bisogno di lui in quel momento, sebbene odiassi ammetterlo.
« La prossima volta mi rivolgerò a David Koep [regista di Secret Window, n.d.s.] per altri consigli. Come stai?»
« Bene, Tim... sto bene.»
« Sì, le occhiaie parlano per te. Ho saputo... beh, più o meno tutto. Helena si è informata prima di partire.»
« Mi spaventate a volte... a proposito, dov'è la strega?»
« Non lo so, mi ha lasciato qui ed è andata via con la macchina. Dovevo ammazzare il tempo, quindi eccoti la casa pronta per Halloween!»
« Halloween è passato.»
« Per Natale.»
« Un Natale alla Nightmare Before Christmas?»
« Non vorrei sembrare egocentrico, ma sì.»
« O forse potremmo girare qui il sequel horror dei Puffi.»
« Ci ho pensato in questi giorni, sai?»
Sorrisi e lo guidai in cucina.
« Prendi qualcosa da bere?» Chiesi aprendo la bottiglia di whiskey e versandomene un bicchiere.
« Sì, grazie.» Mi rubò il bicchiere dalle mani e lo bevve d'un sorso, poi prese la bottiglia e la rimise al proprio posto. « Tu hai già bevuto abbastanza, si vede fin troppo.»
« Sei venuto qui per vedermi o per farmi la paternale? Ormai con gli anni ti faccio concorrenza, lo sai.» Tornai in salotto dove mi lasciai ricadere sulla poltrona dove prima era seduto Tim, la poltrona di Helen. Lui si sistemò sul divano.
« Ora hai intenzione di dirmi come stai? L'ultima volta che ti ho visto eri piuttosto felice.»
« C'era un fattore che ora non esiste più.»
« Ho sempre odiato la Matematica.»
« Pensavo sapessi tutto. La rivolta "Agente ft. Moglie" ha allontanato Helen. Ieri notte mi sono reso conto che Vanessa aveva messo un blocco al telefono in modo che non ricevessi né messaggi né telefonate dalla giornalista, quindi sono passato per il mostro. E' come se l'avessi ignorata per giorni, senza contare il fatto che Tracey le ha impedito di avvicinarsi a me per altrettanto tempo.»
« Quindi ora ti piangi addosso, non dormi e bevi?»
« La vicinanza con Helena ti ha reso acido. Non riesco a dormire e devo andare avanti con qualcosa, quindi bevo.»
« Che ne dici di cercare di cambiare la situazione? Di fregartene di ciò che pensa lei e farle capire che ciò che è successo è stato un caso e che non accadrà più, dicendole di aver cacciato Tracey e Vanessa dalla tua vita? Dirle che è l'unica per te aiuterebbe.»
« Non siamo in uno dei tuoi film, Tim. Lì le persone uccidono ma alla fine vengono sempre amate da qualcuno!»
« Tu non hai ucciso nessuno. Il tuo unico sbaglio è esserti fidato delle persone sbagliate. Vi ho visti a Londra, e la scusa per l'articolo c'era, ma io ed Helena eravamo convinti che servisse a nascondere altro.»
Ricordavo benissimo cos'era successo quella sera. Tim aveva ragione, Helen era la prima che detestava le attenzioni dei paparazzi, che avrebbe fatto di tutto per renderci una coppia "normale", lontana da quel mondo a cui lei sentiva di non appartenere.
Sapevo che Helen era felice nel mondo in cui aveva vissuto per così tanti anni. Il giorno in cui eravamo andati a trovare i suoi genitori, il padre mi aveva preso in disparte. Mi aveva mostrato il luogo dove lei era nata, dove era cresciuta. Mi aveva anche detto che però lei, ovunque si trovasse, non si era mai trovata a proprio agio. Non aveva ancora trovato un luogo a cui appartenere. Mi aveva detto:« Il giorno in cui troverai quel posto, la renderai la donna più felice del mondo. E io sono sicuro, caro "signor Depp", che lei possa farlo. Quel Logan non mi è mai piaciuto. Era la sua ancora, ma solo perché la rendeva ferma e la tratteneva in basso. Helen deve volare.»
« Era così, Tim... o almeno credevo. Non so se riuscirò a riprendermela stavolta.»
Il suono del mio cellulare interruppe la conversazione. Lo recuperai dalla tasca, studiai lo schermo illuminato e poi guardai Tim. « E' lei.» Premetti il testo verde. « Helen..?»
« Johnny, sono Helena! Mi passi Tim?»
« Ma che diavolo... perché mi stai chiamando dal telefono di Helen?»
« Perché il mio l'ho lasciato a casa sua. Mi passi Tim?»
« Perché eri a casa sua?»
« Volevo salutare una vecchia amica!»
« Vi siete incontrate una volta per 3 ore!»
« Colpo di fulmine!»
Sbuffando passai il telefono a Tim che quando chiuse la conversazione aveva uno strano sorriso dipinto sul volto.
« Si può sapere quante spie avete in giro per l'America?»
« Un paio. Vieni, andiamo a mangiare qualcosa, ho fame.»
Rimasi fermo sulla poltrona. Sapevo cos'avevano in mente lui ed Helena, e non mi piaceva per nulla.
« Che voleva Helena?»
« Nulla, mi ha detto che è andata a prendere Helen al Rolling Stone e che tornando a casa hanno beccato la tua guardia del corpo e la bambolina bionda sul divano. Quindi sono uscite a prendere un caffé lì vicino. Andiamo, su.»
« Tim...»
« Johnny, domani riparto. Vuoi restare qui a discutere su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato o vuoi sistemare le cose?»

Salimmo in macchina e ci fermammo sul lato opposto della strada rispetto al café. Helena ed Helen erano sedute una di fianco all'altra ad un tavolino vicino alla finestra che dava sulla strada, parlavano con i gomiti appoggiati sul tavolo, sorridenti, come se stessero discutendo del tempo. Mi fermai ad osservare Helen. Non mi sorrideva da un po'. In realtà l'ultima volta che l'avevo vista sorridere era durante la notte che avevo trascorso da lei. Ero andato all'appartamento per scusarmi, per spiegarle cosa fosse successo prima che lei entrasse nella stanza d'hotel e mi dicesse quelle parole. Avevo sentito la porta della camera aprirsi ed ero rimasto immobile. Avrei potuto fare qualcosa, ma nulla avrebbe potuto migliorare ciò che era chiaramente visibile. Mi ero andato a scusare e l'avevo trovata a letto, e avevo fatto di tutto per trattenermi dallo stendermi di fianco a lei e abbracciarla, perché sapevo che ci sarebbe stato uno schiaffo ad aspettarmi. Era decisamente più bella mentre sorrideva. Mi chiesi se per poterla osservare sorridente di tanto in tanto dovessi lasciarla andare.
Tim mi tirò per un braccio, attraversammo la strada ed entrammo. Mi chinai per baciare sulla guancia Helena, poi lei si spostò, quindi mi permise di sedermi di fronte ad Helen, mentre Tim prese posto di fianco a lei.
La cameriera arrivò subito. Helen ordinò un pezzo di torta al limone, Helena un tortino ai frutti di bosco e, dopo qualche battuta su Sweeney Todd e i gatti di Los Angeles, Tim riuscì a ordinare un sandwich mentre io presi un semplice the. Helen mi scrutò a lungo, forse cercando di farmi cambiare idea, poi si arrese e prese a mangiare la torta.
« Helen e io stavamo giusto parlando del nuovo numero del giornale. Mi ha detto che ieri mattina l'ha chiamata un agente, che dalla voce sembrava molto affascinante, che le ha chiesto se fosse interessata a scrivere un libro, viste le sue doti. Lei gli ha ovviamente risposto che ha già delle idee in mente e che ci penserà.»
« Voglio lasciare il Rolling Stone dopo aver pubblicato l'ultimo numero.»
« E noi siamo felicissimi per te... vero Johnny?»
Annuii forzatamente. « Felicissimi.» Mormorai guardandola negli occhi. Dovevo essere contento per lei, dovevo dirle che le auguravo di essere felice per sempre, ma non potevo, non senza mentire. Perché sapevo in cosa l'avrebbero fatta diventare. Sarebbe diventata un oggetto nelle mani di agenti e speculatori, ma non potevo dirglielo, non ora che sembrava così felice. Non aveva mai pubblicato un libro, aveva solo scritto in forma di romanzo "Le avventure di Johnny Depp", il che significava che l'avevano scelta solo per il modo in cui scriveva, non per cosa scriveva. Come un cantante scelto per la bella voce e la bella presenza a cui danno un testo e una valigetta piena di soldi.
« Chi era questo tipo? Ti ha dato un nome?»
« No, mi ha detto che mi avrebbe richiamato.»
« Dovresti aspettare...»
Sembrava che Helena e Tim stessero seguendo una partita di tennis.
« Cosa dovrei aspettare?»
« Dovresti prima scrivere un libro, poi cercare di pubblicarlo. Sei brava, non ti serve un agente, e ora ti presserebbero inutilmente, senza contare che, nel momento in cui si faranno un'idea di te, non accetteranno nient'altro.»
« Quindi stai dicendo che dovrei rifiutare e mandare all'aria probabilmente l'unica occasione della mia vita di diventare qualcosa di più di una semplice ragazza inglese di campagna?» Posò la forchettina sul piatto e incrociò le braccia.
« Non sto dicendo questo, sto dicendo che avrai altre occasioni!»
« Il fatto che la tua agente ti abbia "tradito" non significa che tutti ora debbano diventare sospettosi nei confronti delle persone da cui vengono aiutati!» Alzò la voce quel tanto che bastava da spingere la cameriera ad avvicinarsi.
« Va tutto bene?» Chiese mentre sorrideva. Sorriso che a quanto parve sembrò far innervosire ancora di più Helen.
« Benissimo! Helena, grazie mille di tutto, ci sentiremo senz'altro.» Prese la borsa, si alzò e uscì dal locale.
L'attrice mi guardò. Sì, probabilmente avevo appena mandato all'aria l'unica occasione di far pace con la donna che amavo, ma non avevo altre possibilità. Dovevo avvertirla, sebbene sapevo che l'avrebbe presa decisamente male. Mi alzai e la seguii all'esterno.
« Helen!»
Il suo appartamento era poco distante da lì, ed era diretta proprio in quella direzione.
« Finiscila, Johnny! Finiscila d'inseguirmi! Ti credi così bravo, così superiore, quando sei uguale a Logan. Esattamente uguale.»
"No... io non sono la tua ancora, non sono la tua ancora..."
La raggiunsi di corsa, afferrandole un braccio la costrinsi a voltarsi e poi l'abbracciai e la strinsi così forte che per lei fu impossibile allontanarsi.
« Dimmi ciò che vuoi, e ti aiuterò ad ottenerla. Questo è il mio ruolo qui, il mio unico scopo. Renderti felice. Voglio vederti sorridere, ma come posso farlo quando non riesci a guardarmi negli occhi senza ricordare ogni cosa sbagliata che ho detto? Ti amo e continuerò a ripetertelo fin quando non mi dirai di smetterla, fin quando non mi dirai che queste parole ti nauseano. Voglio essere ogni secondo di ogni minuto di ogni ora nella tua vita, ma voglio anche consigliarti e voglio farti capire che se ti dico qualcosa non è solo perché voglio tenerti ferma al mio fianco.» Dissi in un sussurro. Lei, che prima aveva cercato di ribellarsi, ora era inerme. Sciolsi l'abbraccio, la guardai negli occhi e lei ricambiò lo sguardo, sconvolta. « Scrivi. Scrivi di ciò che vuoi, senza limiti, e poi inizia a cercare. Tutto avrà un sapore diverso quando saprai di aver avuto successo per qualcosa che ami e non per uno stupido articolo su un attore che odi.»
Rimase ad osservarmi, in silenzio, poi lentamente mi prese il volto tra le mani e si avvicino. « Io non ti odio. Non riuscirò mai a odiarti.» Mormorò sulle mie labbra prima di baciarmi. Sorrideva.

Avevo lasciato Helen a casa promettendole di tornare presto, poi ero andato a prendere i bambini. In macchina mi raccontarono il loro primo giorno di scuola, di come avessero subito fatto amicizia e di come tutti avessero riconosciuto Lily da alcune foto su internet. Fortunatamente nessuno aveva chiesto foto insieme o autografi da portare a scuola, specialmente perché molti erano figli di celebrità. Una volta arrivati davanti casa, mi voltai verso di loro.
« Dovrei avvertirvi... c'è una persona lì dentro che forse non vi piacerà vedere...»
« E' la giornalista, vero?»
Annuii silenziosamente a Lily.
« A me piaceva.» Esordì Jack d'un tratto. « Sembrava simpatica!»
« Ho letto i suoi articoli su internet.»
« Lily...»
« Sì, lo so, lo so, non dovrei leggere cose su internet che riguardano te o la mamma, però... posso provarci, con lei. Ti avverto: nel momento in cui inizia a chiamarci "bimbi" o mi costringe a chiamarla "matrigna", la caccio di casa.»
« Affare fatto.»
Il primo "incontro-scontro" andò piuttosto bene. Jack si affezionò subito e passò tutta la serata di fianco a Helen, mentre Lily rimaneva un po' più fredda, ma sapevo che con il tempo si sarebbe abituata alla sua presenza. Certo, lo speravo perché questo avrebbe significato avere Helen intorno ancora per un po' di tempo.
« Domani dovete andare a scuola, lo sapete...»
Jack si avvicinò e si posizionò di fronte a Helen. « Ci vediamo domani, giornalista?»
« Certo. A domani, signorino Depp.» Gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia prima che mio figlio facesse il giro del divano e mi abbracciasse. Lily mi baciò sulla guancia e sorrise a Helen prima di seguire il fratello in camera.
« Che dice, miss Chester, andiamo anche noi in camera?»
« Decisamente.»
« Dopo di lei.» Lei salì i primi scalini, ma mi avvicinai e interruppi la sua corsa sul pianerottolo, dove la spinsi lentamente contro il muro e la baciai.
« Con calma, signor Depp!» Sussurrò e indicò con lo sguardo la camera dei bambini poco distante. Mi prese per mano e mi guidò in punta di piedi fino alla stanza più lontana, alla fine del lungo corridoio, dove una vecchia camera conteneva a malapena il necessario per dormire.
A terra c'era un grande materasso, e contro la parete un armadio nero era l'unico verso segno di arredamento. Quando avevo comprato quella villa nel '95 avevo ripulito tutte le stanze per poi comprare lo stretto necessario per arredarle. Quel materasso era ancora protetto dalla plastica. Helen si accucciò sui talloni e la strappò via.
« Hai una coperta?» Chiese sorridendo.
Mi allontanai mentre gettava la plastica di lato. Andai nella mia camera e presi un lenzuolo bianco dal cassettone, quando tornai da lei lo aprii e lo stesi sul materasso.
Helen si sfilò le scarpette basse senza staccarmi gli occhi di dosso, poi si liberò della maglietta e infine dei jeans. Fu solo in quel momento che mi girò intorno e mi circondò il collo con le braccia, facendo aderire il suo corpo contro il mio.
« Rilassati.» Sussurrò, e rise leggermente.

   
 
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