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Autore: Mikal    11/05/2007    1 recensioni
"Il mio nome è Myrwen Indilmor.
Tutti hanno sentito parlare di me, da prima ancora che io nascessi.
Il mio nome è legato ad una oscura profezia. Una profezia di morte, di distruzione, oppure di salvezza.
Io posseggo il Dono.”
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Myrwen

Myrwen
"Il mio nome è Myrwen Indilmor.

Tutti hanno sentito parlare di me, da prima ancora che io nascessi.

Il mio nome è legato ad una oscura profezia. Una profezia di morte, di distruzione, oppure di salvezza.

Io posseggo il Dono.”

 

 

 

 

 

CAPITOLO 9

 

Ad ogni passo sentiva di avvicinarsi di più, percepiva la sua magia, la fragranza unica del suo Potere, la sensazione del residuo cristallino che era così parte di lei. Giunse al limite di una piccola radura, e lì si fermò, inorridito. Ancora un cerchio.
Il cerchio magico serviva a unificare il flusso di una magia dalle molteplici provenienze, per legittimare e dare vita ad un Potere più grande. V'era un po' di spazio, tra Myrwen e i suoi compagni. Neppure lì riusciva ad essere come gli altri, unita all'interno di un gruppo. Dovevano darle spazio perchè altrimenti se lo sarebbe preso, troppo ampio era l'alone che la circondava. Troppo forte. "Myrwen!" gridò il Veggente, tentando di rompere la concentrazione, di annullare l'incantesimo. Lei neppure se ne accorse.
Bella.
Si, era bella, con i lunghi capelli neri che si confondevano con la notte, sembrando infiniti raggi di non luce. Gli abiti le si appiccicavano addosso, e poi volavano lontani dalla sua figura per quanto era reso possibile dalla loro ampiezza. Le braccia lunghe, sottili, erano levate verso l'alto, le palme rivolte al cielo senza luna, il volto protratto in avanti, gli occhi chiusi,  così pallida che per qualche istante lui temette fosse morta.
No, se lo fosse stata, non ci sarebbero stati neppure quei piccoli crepitanti fulmini azzurrini che le solcavano la pelle bianca, a tratti. Un qualcosa di spettacolare, di unico.
E orribile.
Una mano gli si posò sulla spalla, ferrea, in una morsa decisa che li strappò un gemito. "Cosa ci fai qui? non intralciarli!" La voce di Magister Alley si rivelò al suo orecchio. Dorieb esibì una smorfia di dolore quando una delle sue mani da mago afferrò quella del giovane, torcendogli il braccio dietro la schiena. Il giovane provò a divincolarsi, ma la stretta dell’uomo era forte, più di quanto ci si poteva aspettare al suo corpo quasi scheletrico. Impossibilitato ad agire, Dorieb doveva trovare un altro modo per spezzare quel tremendo incantesimo, per frantumare l’invocazione  di quel potere così orrendo.
"Myrwen, No!" gridò, comprendendo come la sfera bianca che si stava formando via via  tra le braccia della giovane era la concretizzazione del potere. La ragazza sobbalzò, aprì gli occhi, sgranandoli al massimo, e un tuono rumoreggiò forte, nel cielo cupo.
"NOOOO" gridò il mago, mentre osservava lo sfacelo che stava colpendo il suo piano tanto accurato.
Un potente incantesimo era stato spezzato, e la furia per il mancato completamento si stava scagliando sui membri del cerchio fallimentare. Uno ad uno, li colpì tutti, con fulmini di energia, scariche potenti ma non letali. Caddero come birilli colpiti da una palla, come bersagli per le frecce degli elfi. Il cerchio mantenne la sua forma, con corpi ora distesi e privi di sensi. Solo flebili respiri indicavano che erano ancora in vita, un misero abbassarsi e sollevarsi di toraci straziati da ustioni.
Myrwen si guardò intorno stupita, con comprendendo nulla, non sapendo che fare. "Idiota!" gridò Alley, osservando la magia che era stata richiamata sfuggire da lui. Anni di lavoro andati in fumo.
Approfittando del momento, Dorieb riuscì a liberarsi dalla sua stretta e corse verso la ragazza ritta a piedi nudi sull'erba resa umida dalla notte. Il contraccolpo della magia avrebbe colpito anche lei, lo sapeva, e con maggiore intensità, poiché era stata l'autrice sia di quell'accumulo di incredibile potenza, sia del suo frantumarsi. La Magia aveva una volontà, e la sua volontà era quella di eliminare chi falliva.

Corse a perdifiato, e in quell'attimo tutto sembrò rallentare. Potè uscire quasi da se stesso, e vedersi. Vide i piedi sollevarsi dal terreno e poi ricadere con ritmica, disperata lentezza, uno dopo l'altro, alternandosi. Vide il suo volto deformato dall'orrore e dall'ansia, vide le sue braccia tendersi verso di lei, la sua bocca compitare il nome di Myrwen. Vide il volto di lei, oh, quell'amato volto, così affilato e candido, che si girava verso di lui, lo stupore, l'ansia negli occhi del colore delle ametiste - a lui erano sempre piaciute le ametiste, lo ricordava bene-.
Vide le sue mani che l'afferravano alle spalle, e si vide nell'atto di curvarsi su di lei, proteggendola con ogni suo grammo di forza residua. Myrwen emise un flebile singhiozzo. Solo quello.
Il resto, fu un attimo. Talmente veloce che Dorieb non provò dolore. La schiena del giovane si inarcò all'indietro, bruscamente, mentre veniva colpito dalla scarica di Potere che era destinata a lei, sfogandosi così con tutta la sua forza. La testa scattò all'indietro, gli occhi si spalancarono oltre ogni misura, lucidi, nella profondità delle verità che il Veggente era riuscito a cogliere solo una frazione di secondo prima che la sua breve vita terminasse. La sua coscienza si chiuse, a quel brutale contatto. Con il grido di Myrwen, ora quasi animalesco nella sua intensità dolorosa, che gli risuonava nelle orecchie, Dorieb cadde a terra, il corpo ricoperto di ferite, immerso nel buio.
Noooo!” La fanciulla gridò, portandosi le mani al volto, poi si chinò con una rapidità che poteva far pensare ad una caduta.
“Do..Dorieb…” sussurrò, il bel volto inondato di lacrime, una mano che si allungava tremante a sfiorare quel povero corpo martoriato. Fumava ancora, Dorieb, fumava della magia residua che si era accanita quel giovane fisico ancora in crescita. E la mano della ragazza si posò sul suo petto, risalì sul volto, in un’ultima, dolcissima carezza. Un addio. No! Non poteva, non doveva! Non Dorieb, non lui, non l’unica persona che l’aveva amata, amata per quello che era. No. Non poteva accettarlo.
Una figura si mosse nell’oscurità, avanzando verso di loro, la lunga tunica rosso scuro che emetteva fruscii ad ogni passo.
“Sta lontano” la voce di Myrwen parve d’acciaio, fredda e minacciosa. Neppure aveva sollevato lo sguardo dei fieri occhi viola, ma sapeva benissimo chi si stava avvicinando.
“Ragazzina, la mia magia… La mia magia… “ rantolò il mago, in un inutile quanto stupido tentativo di rivincita, la mano protesa verso di lei. Voleva il potere che aveva cercato a tutti i costi di ottenere, lo bramava, ne aveva bisogno. Doveva portarlo al suo signore.
“Sta lontano” ripetè lei, rendendo la minaccia più comprensibile.
“Questo stupido ragazzo..il piede di Alley sfiorò il corpo di Dorieb, ma non ebbe il tempo di fare nient’altro. Myrwen sollevò il volto dagli occhi viola incredibilmente duri, e un’ondata di fuoco si infranse su di lui, consumandolo vivo, senza lasciargli neppure il tempo di un ulteriore respiro.
“Non lo dovevi dire. Non lo dovevi dire. Lui era.. Lui per me…” si accasciò, disperata, piangente, aggrappandosi alle vesti del giovane mezze a brandelli, mentre percepiva la sua forza allontanarsi. Quell’aura dolce e delicata che lo aveva circondato, gentile eppure forte, se ne stava andando. Dorieb se ne stava andando, e lei non sapeva come fare per trattenerlo. Eppure, doveva. Non poteva lasciarlo andare, non poteva, a nessun costo. Lui doveva restare lì con lei.
“Lascialo andare, ora, Myrwen.”
La ragazzina non ebbe altra forza che quella di scuotere la testa, agitando i lunghi capelli scuri. La Grande Magistra l’avvicinò, per una volta impietosita. Avevano udito il fragore dell’esplosione e si erano precipitati nel parco. Ma non erano arrivati in tempo per salvare la vita di Alley. Poco male, quel mago non era mai piaciuto a nessuno. Eppure, i suoi resti mezzo carbonizzati erano uno spettacolo che incuteva timore, soprattutto se si pensava che la causa era una ragazzina.

Poco più di una bambina, ancora, ma dotata di un potere che forse, era troppo grande per le sue flebili forze.

Sarebbe rustica a resistere all’imperioso richiamo del lato oscuro che è dentro ognuno? Si sarebbe lasciata trascinare dalla sua stessa potenza? Questo era tutto da vedere. Era lì che risiedeva la speranza o la maledizione del mondo, in quel fragile corpo di ragazza.
La donna si avvicinò a Myrwen, le posò una mano sulla spalla ossuta. “Vieni”
“No, io resto con lui” mormorò l’altra, scuotendo appena la testa e i lunghi capelli neri.
“Vieni. Lo cureremo. Faremo il possibile per aiutarlo. Non è ancora morto, ma lo sarà presto. Lasciati andare, userò il tele trasporto.”
Myrwen non disse nulla, preferendo non rispondere, ma la piccola radura, grazie anche agli altri istruttori che recuperavano i ragazzi svenuti, fu presto vuota.

 

 

 

 

  
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