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Autore: Cleofede94    27/10/2012    28 recensioni
Marissa Smart: noiosa, seria, super organizzata, rompe le palle peggio di tua madre, impeccabile, mai in ritardo, ordinata, perseguitata dalle sue manie di perfezione, dipendente dai giudizi altrui, sostenitrice di sani principi morali, non fa mai una figura di merda in pubblico.
Louis Tomlinson: cretino, idiota, buffone, disordinato, pieno di senso dell’umorismo, simpatico, allegro, disorganizzato, fuori di testa, se ne fotte del giudizio altrui, sfacciato, collezionista di figure di merda, la sua morale? Carpe Diem.
E’ come tentare di attaccare fra loro due calamite di carica opposta.
Come sperare di vedere il sole e la luna nello stesso cielo.
Come accendere il fuoco con un fiammifero bagnato.
Volete innescare una bomba? Mettete questi due nella stessa stanza.
“Ma gli opposti si attraggono... “.
Davvero?
Non era piuttosto, gli opposti si assalgono?
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO: E poi ci troveremo come le star...






E pensare che la gente non ci crede mai quando le dicono che non è cambiata di una virgola.
Dopo cinque anni anche Londra era la stessa, con tanto di piogge e nuvoloni nel pacchetto tutto compreso. Ormai chi ci viveva ci aveva fatto l’abitudine.
Ma non Marissa Smart.
Aveva appena fatto in tempo a tornare dal lavoro per barricarsi in casa e nascondersi in soffitta.
Quel temporale là fuori non dava proprio segni di cedimento.
Per fortuna che Patrick, il proprietario dell’acquario in cui lavorava, la conosceva bene oramai, per cui era abbastanza indulgente con lei.
Le aveva concesso di tornare a casa prima e di rilassarsi un po’.
Averla in servizio così nervosa e spaventata non serviva a niente, se non a far saltare in aria anche i pesci stessi per il terrore.
La mora si rannicchiò sul legno tiepido della soffitta e appoggiò il mento sulle ginocchia. I capelli scuri, tenuti lunghi e sciolti, le ricadevano morbidi lungo le gambe e quasi sfioravano il pavimento. Si erano davvero allungati dall’ultima volta.
Quando li legava non aveva mai fatto caso alla loro lunghezza, ma ora era da cinque interi anni che non portava più la coda, se non per occasioni essenziali.
E tutto grazie...
Sentì il telefono fisso squillare da basso.
Ma non sarebbe scesa a rispondere, aveva troppa paura.
Due squilli.
Tre squilli.
E se fosse stato Louis?
No, mi chiamerebbe al cellulare.
E inoltre sarebbe tornato a casa a momenti.
Da più di tre anni, quasi, loro due avevano deciso di andare a vivere insieme, ed ora erano lì. In una delle tante villette a schiera di Bloomsbury, uno dei quartieri più tranquilli della città. Situato nella zona universitaria, piuttosto vicino al centro.
Ma tutto sommato non era stato poi così difficile riuscire a trovare una casa non troppo cara in cui alloggiare.
<< Risponde la segreteria telefonica Tomlinson e Smart, potete lasciare un messaggio dopo il segnale acustico >>, disse finalmente la segreteria, autoritaria, interrompendo i pensieri della ragazza ormai ventiquattrenne.
<< Professor Tomlinson >>, cominciò una voce femminile volutamente resa sensuale.
Professore perché già da un po’ Louis aveva iniziato la sua carriera di insegnante di musica nelle scuole medie, suonava un po’ strano da dire ma ci si faceva l’abitudine. D’altronde, poi,  a lui erano sempre piaciuti i bambini, grandi o piccoli che fossero.
Marissa aggrottò la fronte, si avvicinò alla porticina della soffitta e la aprì leggermente, soltanto per ascoltare meglio il messaggio di quella donna.
<< Sono Emily, la mamma di Michael. Mio figlio è veramente entusiasta di voi e della vostra materia, è incredibile. Vorrebbe poter approfondire le sue conoscenze con voi e... >>, la sentì ridacchiare come una sgualdrina, << Sa, oggi è stato davvero gentile all’incontro con i genitori, perciò anche a me farebbe piacere rivederla. Si faccia sentire presto. Un bacio >>.
La comunicazione si chiuse.
E Marissa rimase immobile, esterrefatta.
Non sapeva se ridere o piangere.
Ma tu guarda un po’ a questa. Che gente!
Si rinchiuse nuovamente in soffitta e balzò all’aria non appena sentì il rumore di un altro tuono in lontananza.
<< Ma come si permette! E poi come ha avuto il nostro numero di casa? >>, sbraitò parlando da sola e imprecando mentalmente.
E’ una cosa oscena!



Jane osservò il tempo fuori dal finestrino dell’auto e sospirò.
A causa di quel temporale sarebbe arrivata a casa dopo un’ora, c’era un traffico pazzesco.
Nel frattempo però si ritrovò a pensare a Marissa.
Probabilmente ora era a casa a nascondersi da qualche parte. Non la sentiva da qualche ora, più o meno.
Sorrise pensando che solo cinque anni fa avrebbe potuto trovarla nella loro vecchia casetta, rannicchiata sotto le coperte. Mentre ora Jane viveva da sola.
Ma non mai avrebbe nascosto il fatto che da quando la sua migliore amica era andata a vivere con Louis, quell’appartamento era diventato alquanto triste.
Decise di mandarle un messaggio, per assicurarsi che stesse bene e che non si lasciasse prendere dal panico.
E pensare che all’epoca erano lei e Liam la coppia più solida del gruppo. Mentre ora, lei e Liam si lasciavano e tornavano insieme almeno tre volte alla settimana e Louis e Marissa vivevano insieme con tanto di fidanzamento ufficiale. Per questo Jane viveva ancora nella vecchia casa. Finché con il suo ragazzo era tutto un tira e molla, era impossibile decidere di andare a vivere insieme o fare altri progetti. Forse la maggior parte dei loro litigi erano basati sulla diversità degli impegni che avevano ultimamente. Soprattutto da quanto Jane, consapevole che lavorare in un bar a vita non poteva essere il suo futuro, aveva deciso di cominciare a studiare scienze motorie; mentre Liam, senza abbandonare il posto in cui aveva studiato, dava lezioni di canto all’accademia in cui tutti loro avevano studiato.
E poi, forse, l’altro difetto che avevano come coppia era che quando c’era un problema, anche piccolo, o una semplice insicurezza, entrambi la tenevano per sé stessi, fino ad arrivare al bum finale in cui scoppiavano come due bombe a orologeria. A differenza di Louis e Marissa che invece non sapevano fare a meno di punzecchiarsi con battutine stupide in cui anche il minino dubbio veniva messo a nudo e affrontato, involontariamente a volte.
Ma d’altra parte, il tira e molla fra Liam e Jane non era mai stato un qualcosa di serio.
Lei era consapevole di non desiderare nessun altro all’infuori di Liam, lo amava.
Ma a causa dei loro litigi, erano capaci di non sentirsi o vedersi per più di una settimana.
Magari non è tanto male prendersi delle pause. Così poi la voglia di saltarsi addosso aumenta.
Rise da sola nell’abitacolo dell’auto. Era proprio ridotta male.
Il cellulare vibrò leggermente e lei lo afferrò al volo, controllando che il traffico fosse ancora bloccato in maniera obbrobriosa.

 
“ Appena esci dall’università vieni direttamente da me, va bene? Ti aspetto.”
Liam.

Sorrise soddisfatta.
Magari le aveva preparato una delle sue solite sorprese romantiche che lei adorava da morire.
Che cosa avrebbe fatto senza quel ragazzo?

“ Sono bloccata nel traffico, appena mi sbrigo arrivo. Promesso.”
Invio.

La macchina davanti a lei finalmente si mosse e Jane dovette distrarre l’attenzione dal suo cellulare per riprendere la marcia.
Sentì un’altra vibrazione e decise di dare un’occhiata approfittando del millesimo semaforo rosso in strada.
Il sorriso quasi le fece male alle guance quando lesse “ Ti amo” sul display.
Anche dopo anni, quelle parole le facevano sempre lo stesso effetto della prima volta.
Quel giorno in cui lui aveva lanciato una scarpa in testa a Zayn per gelosia, come dimenticarlo.
Accese la radio, contenta, e digitò velocemente la risposta; pensando che Elton John in quel momento avesse veramente fatto centro con quella canzone.
Era come se le avesse letto nel pensiero. E Liam era tutto quello che Your Song potesse mai descrivere meglio di chiunque altro.
“ Accendi la radio su 107.3, te la dedico”.
Invio.




Marissa ricevette il messaggio di Jane e si rincuorò pensando che la sua migliore amica era talmente tanto carina da ricordarsi di scriverle qualcosa ogni volta che c’era un temporale.
Ma non ebbe il tempo di digitare nessuna risposta poiché sentì la porta di casa sbattere e poco dopo qualcuno che imprecava.
<< Porca vacca che tempo! Perlomeno ha smesso di tuonare >>, disse Louis ad alta voce mentre tentava di sfilarsi l’impermeabile inzuppato.
La mora aprì la porticina della soffitta e fissò il suo fidanzato in cagnesco, dall’alto.
<< A proposito >>, cominciò di nuovo lui, << Tu come stai? >>, domandò guardandola e accorgendosi del suo sguardo abbastanza strano.
<< I colloqui finivano alle sei, sono le sette passate. Perché ci hai messo tanto? >>, chiese invece la mora senza nemmeno rispondergli.
All’improvviso, Marissa, decise di credere al fatto che il temporale si stesse lentamente spostando e che per ora preferiva sfuriare con la pioggia piuttosto che sfracanare i maroni alla gente con tuoni e quant’altro, così tentò di mettere un piede davanti all’altro tranquillamente e scendere dalla soffitta.
Louis era apparentemente rilassato come suo solito, quando non capiva che stava per scatenarsi una guerra di secessione.
Si passò una mano fra i capelli leggermente umidi e sospirò.
<< C’era un casino di traffico, scommetto che a piedi avrei fatto prima >>, ironizzò abbozzando un sorriso.
Ma lei rimase impassibile.
Oh, certo, diamo la colpa al traffico.
<< Quindi non c’è nessuno che ti ha trattenuto più del dovuto a scuola?? >>, indagò lei poggiandosi le mani sui fianchi.
Non gli aveva nemmeno dato il tempo di entrare in casa, di rilassarsi e di sedersi sul divano, pensò.
L’aveva aggredito così, di botto, anche se lui doveva ancora realizzarlo.
Al diavolo! La prossima volta impara a dare i numeri alle sfacciate presuntuose!
Eh, già. Marissa stava ancora pensando a quella donna. Emily. La mamma che amava talmente tanto suo figlio da chiamare il suo insegnate a casa.
Pff, pensa te.
<< No, non mi pare >>, rispose aggrottando la fronte, poi finalmente si accorse che lo sguardo della mora era tutt’altro che calmo e tranquillo.
<< Perché? Marissa, è successo qualcosa? >>
Lei lo ignorò bellamente.
<< Nessuna mamma, nessuna donnaccia arrogante, nessuna stronza... >>, iniziò Marissa rifilandogli un elenco interminabile di insulti femminili.
<< Cosa? Ma si può sapere che diavolo stai dicendo? Stai cominciando a dare i numeri come tuo solito? >>, inveì Louis spostandosi nervosamente dall’ingresso, era stufo di starsene lì a fissare quegli occhi scuri che lo scrutavano spietati.
<< Oh, non sono certo io che vado in giro a dare i numeri! >>, sbottò sarcastica lei, ridendo quasi da sola della sua battuta.
Battuta che naturalmente poteva essere capita soltanto da lei che era paranoica.
Nel frattempo seguì Louis in cucina e aprì il primo cassetto di un mobile di legno per tirarne fuori una tovaglia. Dovevano pur cenare in qualche modo.
Lui si bloccò di scatto.
<< Va bene, ora basta. Non riesco a capire a che altra sciocchezza tu ti stia riferendo adesso! >>, si irritò alzando la voce.
Lei posò due tovaglioli sul tavolo e poi si lasciò sfuggire una risatina.
<< Oh, andiamo. Chi cazzo è questa Emily che chiama a casa nostra e che... >>, gesticolò con le mani.
<< La mamma di Michael? >>, chiese il ragazzo.
<< Ma guarda, te la ricordi anche! Si, quella che vuole che tu approfondisca la conoscenza con suo figlio! >>, sbraitò gettando le posate sui tovaglioli in maniera poco consona.
<< Che poi lo so io che cosa vuole approfondire quella troia! >>
Louis trattenne una risata.
<< Come la conosci? >>, domandò tornando tranquillo, pensando che il problema fosse risolto, senza sapere che era appena cominciato.
Marissa scattò di nervi.
<< Come la conosco!? Piuttosto, perché diavolo le hai dato il nostro numero di casa!? >>, sbraitò alzando la voce.
Il castano rimase un po’ perplesso.
<< Io...non le ho dato il mio numero di casa, deve essere... >>
<< Oh, certo, Louis! Si può sapere che cosa cazzo combini in quella scuola che ogni volta debbano chiamarti queste stronze a casa?? >>, gridò gettando all’aria lo strofinaccio del lavandino.
Lui sembrò cogliere improvvisamente quale piega stesse prendendo la conversazione, aggrottò la fronte.
<< Queste stronze sono le mamme dei miei alunni, e si da il caso che...ma posso sapere qual è il problema? >>, commentò irritato, chinandosi a raccogliere lo strofinaccio da terra.
<< Il problema è che mi da fastidio! >>, sbottò Marissa facendo un gesto teatrale con la mano.
Louis la guardò dritta in faccia e le si avvicinò minaccioso.
<< Punto primo: non sono stato io a dare il nostro numero di casa a quella donna, l’avevo dato a suo figlio in gita scolastica, l’avrà sicuramente preso da lui. Punto secondo: smettila di urlare perché mi sto innervosendo. Punto terzo: credevo che avessimo messo fine alle scenate di gelosia >>, concluse accigliandosi.
Marissa si allontanò da lui, non voleva stargli troppo vicina, si sentiva condizionata dalla sua presenza, la confondeva, come sempre.
E lei voleva sostenere le sue idee.
E poi...Se è vero, almeno non è stato lui a darle il numero di telefono.
<< Cosa dovrei fare?? Sorbirmi queste troie che ti mandano baci dall’altra parte del telefono senza fiatare!? E non sto facendo nessuna scenata di gelosia. Sto solo cercando di dirti che questa storia non mi piace >>
Provò a calmarsi.
Lui si passò una mano fra i capelli.
<< Io mi fido di te, perché non puoi fare lo stesso? Non puoi avere sempre ogni cosa sotto controllo, perché non lo capisci? >>, sospirò.
Alché lei si infuriò nuovamente.
<< Non ho mai detto di non fidarmi di te! Solo che, PORCO CAZZO, perché queste donne non lo capiscono che ci sono io!? E’ così difficile!? Cosa minchia rappresento per loro? Sono tua sorella? Perché ci provano così spudoratamente? Devo picchiarle, devo stamparti un marchio a fuoco sulla faccia per farglielo capire? E smettila di parlare di questa cosa del controllo, lo sai che sono cambiata! >>
<< NON E’ QUESTO IL PROBLEAMA! >>, urlò all’improvviso Louis arrabbiandosi sul serio e sbattendo un pugno sul tavolo.
Ormai la tavola era stata apparecchiata, ma non sembra che qualcuno avesse intenzione di mangiare.
<< IL PROBLEMA E’... >>, tentò di darsi un contegno.
<< Che se io dovessi comportarmi come te, a quest’ora non vivremmo insieme. Pensi che non mi dia fastidio sapere che sei a lavoro con quel Luke che ti sbava dietro?? E che vai a fare la spesa sempre in quel supermercato in cui quel cretino del commesso ti fa lo sconto solo perché “ sei una bella ragazza”!? >>, gridò imitando il tono del tizio del supermercato sulle ultime parole.
<< ALMENO IO NON GLI DO IL MIO NUMERO DI CASA! >>, strillò lei in risposta, piccata, senza badare al fatto che con tutto quel discorso il suo fidanzato aveva chiaramente dimostrato di tenere a lei.
<< STRONZATE! LUKE HA IL TUO NUMERO DI CELLULARE! >>, si infuriò.
 << E’ UN MIO COLLEGA! >>
Louis scoppiò a ridere, sarcasticamente.
<< Lo vedi? A te tutto è concesso ed esplicito. Invece basta che io torni a casa senza ombrello e già pensi che abbia fatto sesso con qualcun'altra! >>, sbottò.
<< Ah, è così che la pensi!? >>
<< Già, ma che scoperta! >>
<< Allora vattene a fare in culo ad approfondire la conoscenza della vagina di quella troia in calore! >>
Marissa uscì fuori dalla cucina, velocemente, incazzata come non mai.
Fuori pioveva ancora, ma non le importava, adesso era soltanto furiosa con Louis. Per tutto quello che aveva detto.
Non voleva vederlo per almeno un centinaio d’anni.
Si avviò verso la scalinata che portava al piano di sopra, quando sentì un rumore provenire dalla porta d’ingresso, si voltò.
<< Dove stai andando? >>, domandò lei tremante, osservando la figura del castano che si accingeva ad uscire.
<< Non voglio rimanere in questa casa un minuto di più >>, chiarì lui oltrepassando l’ingresso e sbattendosi la porta alle spalle.
La mora rimase paralizzata.
Sotto shock.
Era uno stupido.
Così stupido.
Fuori pioveva ancora pesantemente, e lui non aveva nemmeno preso l’impermeabile.
Che se ne andasse se è quello che vuole.
Salì nella stanza da letto, ma non appena vi entrò dentro si sentì improvvisamente triste.
Avevano litigato di nuovo per una cazzata inutile, e lui se n’era andato perché forse lei aveva esagerato.
Tornerà a dormire?, si chiese esitante.
Erano le nove passate ormai.
E Marissa non voleva dormire da sola quella notte, per via della pioggia e dei tuoni di prima.
D’un tratto anche se non aveva nessuna voglia di parlargli provò l’irrefrenabile desiderio di vederlo lì a togliersi i calzini.
Non le importava nemmeno più di quella Emily, chiunque fosse. Perché sapeva che Louis voleva lei e nessun altra, e in quel momento si sentì veramente una cretina a non averlo realizzato prima.
Ma che abbiamo combinato.
Marissa si sedette sul letto, stanca.
Le veniva quasi da piangere per quanto era patetica.
Si sfilò il cellulare dalla tasca e inviò un messaggio.



Harry si infilò nella macchina di Zayn in fretta e furia, tirandosi lo sportello alle spalle con violenza.
<< Sta pioggia del cazzo! >>, sbraitò ripulendosi la giacca bagnata.
<< Hai chiuso bene il negozio? >>, domandò Zayn incurante, mentre tentava di uscire dal parcheggio.
<< Certo, non mi chiamo mica Zayn Malik >>, lo prese in giro il ricco sghignazzando.
L’amico grugnì in risposta.
Da circa due anni, loro due, finita l’accademia musicale, avevano deciso di aprire un negozio di strumentazione di musica. All’inizio le cose erano state un po’ piatte e poco proficue, ma ora come ora, gli affari sopravvivevano in maniera piuttosto egregia. Certo, non era il massimo delle loro ambizioni sociali, ma a loro piaceva. Entrambi amavano la musica, e dato che in quel periodo, le altre opportunità richiedevano tempo e troppi “se”, avevano deciso di andare sul sicuro e buttarsi nel campo del commercio.
Il loro negozio: “ Chiave di Violino”, era piuttosto conosciuto nel quartiere.
<< Sai che quando c’è brutto tempo sono nervoso, cerca di evitare >>, disse Zayn ammonendo Harry.
Tanto per cambiare, Zayn.
<< A dir la verità hai questo umore da quando quella stronza ti ha lasciato >>, sbuffò l’amico osservando la gente che correva sul marciapiede bagnato, oltre il finestrino.
Il moro si indurì all’istante.
<< Mi piacerebbe evitare l’argomento >>
Da quando Zayn aveva avuto una relazione apparentemente seria con una ragazza di nome Claire, era radicalmente cambiato.
Adesso evitava di sembrare un deficiente ogni qualvolta apriva bocca.
Ma, purtroppo, come il ciclo della vita vuole, la "stronza" l’aveva scaricato, ed ora lui, che come un fesso si era buttato a capofitto in quella relazione, soffriva come un cane. Già, chi l’avrebbe mai detto che uno come lui fosse in grado di prendere qualcosa sul serio?
A parere di Harry, Claire era una ragazza vuota, statica. Il suo cervello si fermava ad un punto cieco e non era più capace di andare avanti, ecco perché poi aveva deciso di lasciare Zayn. Perché la sua mente limitata aveva esaurito lo spazio disponibile per assimilare altre informazioni sul suo ragazzo, aveva bisogno di resettare. Ecco qual’era la teoria di Harry il filosofo a tempo indeterminato.
<< Tu eviti sempre l’argomento >>, protestò il riccio alzando gli occhi al cielo.
Il moro sbuffò sorpassando una capra che andava a tre chilometri orari.
<< Tu non hai mai avuto storie serie, quando ti accadrà ne riparleremo >>, lo apostrofò scontroso.
<< Chi ti ha detto che non ho mai avuto storie serie? Non è così. E può testimoniarlo il fatto che pochi anni fa me ne andavo in giro a scazzafottere fra i locali notturni. Sai quanto mi ci è voluto per dimenticare e arrivare al punto in cui sono ora >>, spiegò l’amico con calma.
Era davvero convinto di quello che diceva, ormai non era più lo stesso.
Il tempo aiuta a crescere di tanto in tanto.
<< Al punto in cui sei ora?? Cioè“ aspetto la principessa sul pisello e me la sposo”? Ma per favore... >>, lo prese in giro il moro.
Il traffico si bloccò nuovamente costringendo Zayn a rimanere fermo fra due file infinite di auto.
<< Quella giusta esiste, e se non l’ho trovata fino ad ora vuol dire che arriverà. Basta solo avere fiducia. Hai visto Niall, no? >>, incalzò Harry illuminandosi di colpo.
<< Harry Styles che fa discorsi sulla ragazza giusta, che giorno è oggi? Sta per finire il mondo? >>, ironizzò Zayn.
<< Lo sai che la penso così da un anno ormai, e non sei divertente! >>, protestò lagnandosi come una ragazzina.
Il moro scoppiò a ridere di gusto.
<< Ridi, ridi. Vedremo chi riderà quando io sarò felice e contento e tu penserai ancora a quella bizzoca! >>, sbottò il riccio incrociando le braccia al petto e imbronciandosi come se fosse un bambino di quattro anni.
Zayn continuò a ridere.
Non poté fare a meno di pensare che da quando trascorreva quasi l’intera giornata in compagnia di Harry, erano diventati molto più uniti.
Era impossibile essere tristi se c’era lui in giro. Adesso capiva come mai Louis sembrasse perennemente un coglione quando non c’erano le ragazze ed Harry era nei paraggi.
In ogni caso, ora, anche senza quella “bizzoca”, come la chiamava Harry, Zayn stava bene.
E gli amici servono a questo il più delle volte, a stare bene.
Troverai la tua principessa, Harry.
Proprio come quell’Irlandese culato che adesso è a casa a fare le cose sporche con la sua ragazza.





<< Che tempaccio, saranno tutti a casa stasera >>, disse Niall sedendosi affianco a Lizzy, sul divano.
La ragazza, dai capelli leggermente scalati, neri, e gli occhi marroni, sorrise, accoccolandosi vicino a lui.
<< Dai, non è così male starsene qui >>
Il biondo ricambiò il sorriso e la strinse a sé mettendole un braccio sulle spalle.
Lui e Lizzy si erano conosciuti grazie a Harry. Lei era una cliente piuttosto abituale del negozio di musica che il riccio e Zayn si erano aperti ormai da un paio d’anni, a differenza sua che si era fiondato immediatamente sul pratico. Ora Niall lavora come tecnico del suono in un locale spesso affittato per feste, eventi pubblici, saggi e quant’altro. In ogni caso, un giorno si era trovato da Harry e Zayn per pura casualità. In occasione di una di quelle voglie strane che ti prendono quando passi a trovare un vecchio amico, in onore dei tempi andati.
Lizzy era lì e, bam.
Il riccio ci aveva messo poco e niente a presentargliela, grazie alle sue doti rinomate di Cupido. Certo, c’era voluto un mese prima che Niall si decidesse a fare il passo decisivo, ma con un po’ di aiuto da parte dei suoi amici ce l’aveva fatta. Adesso era felice, e probabilmente lui e Lizzy erano una delle coppie più tranquille del momento, nell’intero gruppo. Stavano insieme da più o meno un anno, e per ora le cose sembravano andare a gonfie vele. La bruna era una ragazza molto timida, ma vera, positiva, piuttosto profonda e con una buona dose di senso dell’umorismo. Insomma, il giusto mix perfetto per l’Irlandese dagli occhi azzurri.
Lui non aveva bisogno di una ragazza che gli tenesse testa, come Marissa, e nemmeno di una che gli mettesse paura, come Jane.
Lui aveva bisogno soltanto di essere amato e capito per quello che era.
<< Ehy, a proposito di clima invernale, ti ricordi di quella casa in montagna di cui mi avevi parlato? >>, chiese Niall riscuotendosi dai suoi pensieri.
Lizzy annuì poggiando la testa sulla sua spalla per guardarlo in viso.
<< Sembra un bel posto, perché non ci andiamo qualche volta? >>, continuò illuminato da un improvviso lampo di genio.
<< Sempre se ai tuoi sta bene, ovviamente >>.
Lei sorrise. << Certo che gli sta bene. Comunque, non saprei, è piuttosto grande solo per noi due >>, calcolò la ragazza.
<< Ma se vuoi, io non ho alcun problema a stare sola con te >>, concluse alzandosi lievemente per baciargli una guancia.
Il biondo si beò di quella risposta, poi ci pensò un po’.
<< Hai detto che è grande...Beh, potremmo invitare anche gli altri, che ne dici? >>
La bruna divenne radiosa.
Sarebbe stata una buona idea sfruttare quella scusa per passare del tempo tutti insieme.
Non succedeva da molto, ormai. Tutti impegnati con il lavoro, con l’università.
Sommersi dalla vita sfiancante degli adulti.
 



“ Io e Louis abbiamo litigato, e lui se n’è andato. Mi odio, ho fatto un casino.”
Jane lesse il messaggio mentre mandava giù un boccone di tacchino arrosto.
Liam era stato così carino da preparare una cena meravigliosa, solo per loro due.
<< Chi è? >>, domandò Liam dall’altro capo del tavolo mentre mandava giù un sorso di vino.
<< E’ Marissa, lei e Louis hanno litigato >>, spiegò sospirando.
<< Faranno pace come tutte le volte >>, assentì lui sorridendole.
<< Sembra una cosa seria, mi ha detto che Louis se n’è andato >>.
Liam posò il bicchiere sul tavolo e le lanciò uno sguardo preoccupato.
C’era sempre da preoccuparsi delle reazioni istintive di quel ragazzo.




Louis si infilò in macchina velocemente.
Si lasciò andare sul sedile del guidatore e sospirò.
La schiena completamente abbandonata allo schienale.
Si serrò dentro facendo scattare la serratura e poi chiuse gli occhi.
La sua auto era parcheggiata proprio di fronte alla loro casa, ma fortunatamente il finestrino inzuppato di acqua non gli permetteva di distinguere a pieno le forme dell’edificio. Non voleva vederlo.
Non voleva vedere quella stupida casa in cui Marissa gli aveva urlato contro in quel modo egoista  e stupido.
Stupido, proprio come lei.
Era così stanco.
Perché doveva fare così? Era gelosa di persone con la quale lui aveva si o no scambiato due parole.
- Ma lei non lo sa, gli disse una vocina interiore alquanto fastidiosa.
Doveva sempre esagerare, attaccarsi ad ogni minima polemica.
Louis sbatté un pungo sul volante, nervoso.
Non gli importava affatto che per quanto avessero litigato pesantemente, alla fin fine, la gelosia di quella ragazza dimostrava soltanto quanto in realtà ci tenesse, come sempre. Era così furioso. Furioso perché lei era capace di vedere soltanto i pro e i contro degli altri senza mai soffermarsi su se stessa.
Era furioso perché per ogni cosa che lei diceva con quel tono da saccente “so tutto io”, lui si incazzava. Era furioso per tutto ciò che aveva detto.
Si fidava di lui?
Si, no, si, no. Baggianate!
E lei, lei che non voleva mai essere controllata. Che qualunque cosa facesse, il pieno contorllo delle sue azioni era soltanto suo.
Si irritava se Louis si lamentava di Luke, se le diceva di cambiare supermercato. Perché: “ ho tutto sotto controllo”.
Su questo non c’era dubbio. Ma a lui dava fastidio. Punto.
Dopotutto anche lui era geloso, poteva negarlo?
Eppure, cosa poteva farci?
Gli dava schifosamente fastidio pensare che qualche stronzo potesse toccarla, aveva paura di riprovare ciò che aveva sentito quando Jake le aveva messo le mani addosso, anni prima.
E quel suo modo di essere così stronza e sfacciata, che per altri versi era irritante, era ciò che lo aveva colpito fin dall’inizio.
Le litigate inutili, ecco cosa siamo capaci di fare.




Le litigate inutili, ecco cosa siamo capaci di fare.
Marissa si appoggiò alla parete della camera da letto e alzò la testa al soffitto.
Maledizione se non le dava sui nervi litigare con lui.
Ma ogni volta che era successo, avevano sempre fatto pace subito, e lui non si era mai permesso di uscire di casa senza dire niente.
Adesso si era già pentita.
Aveva detto quello che aveva detto, certo, e non credeva di avere torto.
Ma era assurdo, stava male soltanto per il fatto di saperlo fuori casa sotto quella pioggia. E le mancava.
Che palle, perché deve sempre complicare tutto!
Al diavolo Emily, al diavolo ogni cosa.
Cretino idiota.
Scese al piano di sotto, quasi arrabbiata, e si fermò ai piedi della scalinata.
Fissò per qualche minuto la porta dì ingresso aspettandosi che si spalancasse da un momento all’altro mostrando la figura di Louis.
Torna a casa razza di idiota!
Si portò una mano sulla fronte e sospirò.
Sentì un magone allo stomaco.




Abbiamo litigato per una cagata!
Era assurdo il modo in cui anche una cosa di poca importanza, nelle loro mani, si trasformasse in un problema di livello mondiale.
Ecco, i sensi di colpa.
Già cominciava a rimangiarsi le parole, e a non ricordarsi nemmeno quelle dette da lei.
Al diavolo, Louis, sei un coglione!, si rimproverò da solo.



Avanti, porca troia, ho esagerato ma non era il caso di andare via in quel modo!
Voleva che tornasse, quello stupido.
Avevano sempre fatto pace in fretta.
Marissa non aveva mai avuto paura di litigare con lui, perché sapeva che non durava.
Si era sempre sentita libera di esprimere quello che pensava.
- Un conto è esprimere, uno conto è urlarglielo in faccia.
Vaffanculo anche tu!




Marissa si diresse in cucina.
Era così irritata che persino buttare un occhio a quella tavola apparecchiata a vuoto la infastidiva.
Brutto deficiente rincoglionito.
Lanciò un’occhiata alla finestra.
La pioggia ancora sfuriava per le strade, violenta. E lui era ancora là fuori chissà dove...
Va bene, adesso basta!




Ora basta!
Louis spalancò gli occhi di botto.
Era così incazzato.
Con se stesso per quello che stava per fare, e con Marissa per chissà quale motivo, l’aveva anche dimenticato.
Spalancò la portiera ed uscì fuori dalla macchina richiudendola velocemente.




Marissa si avvicinò all’ingresso e indossò in fretta e furia il suo impermeabile.
Stava scoppiando, doveva uscire fuori a cercare quel coglione patentato e dirgliene quattro.
Doveva assolutamente riportarlo a casa.
Voglio fare pace con te, brutto scemo.
Prese il cellulare per chiamarlo e aprì la porta d’ingresso.



Louis scattò verso l’entrata della casa coprendosi la testa con le mani, inutilmente.
Doveva tornare là dentro per fare pace con lei, e per rinfacciarle il fatto che per colpa sua era diventato la persona più incoerente di questo mondo.



In un solo istante la porta si spalancò completamente, ed entrambi, sia Louis che Marissa rimasero immobile a fissarsi.
Confusi e storditi.
Come?
Lei stava uscendo, lo si notava dall'impermeabile infilato barbaramente sulle spalle, mentre il ragazzo aveva la mano sospesa in aria pronta a stringere la maniglia dell'ingresso.
Louis deglutì sonoramente.
<< Posso entrare? >>, domandò riuscendo magicamente ad acquisire un tono freddo e distaccato, il migliore che potesse trovare.
<< Non sono certo stata io a cacciarti >>, rispose lei imitandolo.
All’improvviso tutta la rabbia che avevano provato e giurato di voler saziare era scomparsa.
Marissa lo lasciò passare e poi richiuse lentamente la porta, rimanendo di spalle, in silenzio.
Mille pensieri le affollarono la mente.
Louis fece qualche passo dietro di lei, ma rimase comunque girato.
Un imbarazzo generale invase l'intera abitazione.
Finché non si voltarono all’improvviso, insieme.
Pochi e secondi e si bloccarono di colpo, intuendo che entrambi stavano per aprire bocca.
Oramai avevano quasi imparato ad evitare i momenti in cui cominciavano a parlare come un coretto scolastico, all’unisono.
<< Prima tu >>, disse Louis invitandola a cominciare.
La mora prese un bel respiro e si diede abbastanza coraggio da alzare lo sguardo dal pavimento e piantarlo nei suo occhi blu.
<< Mi dispiace, Louis. Ti prego, io sono una stupida. Sono gelosa di quelle papere della Patagonia, ma tu hai ragione, devo fidarmi di te. E non intendevo dire tutto ciò che ho detto. Lo sai come sono, quando sono nervosa mi lascio trasportare e..tu, perché diavolo te ne sei andato in quel modo!? Mi hai fatta morire di pena! >>, sbottò infine assottigliando lo sguardo.
Louis sorrise impercettibilmente.
Quel sorriso da deficiente...
Ormai la tensione era un ricordo lontano.
<< Si, ho esagerato un po’, ma ero incazzato. Lo sai che faccio cose stupide quando mi arrabbio >>
<< Tipo spaccare la faccia a Jake >>, commentò lei con un sorriso, ricordando il passato.
Il castano sorrise a sua volta.
<< Probabilmente dovrei dire a queste signore di smetterla di chiamarmi >>, calcolò avvicinandosi a Marissa lentamente, cambiando tono.
O adesso, o mai più, si disse da solo, incoraggiandosi.
<< Probabilmente? >>, domandò sarcastica lei.
<< Sicuramente >>, si corresse lui poggiandole le mani sui fianchi e tirandola a sé.
<< Nient’altro? >>, incalzò la mora prima di lasciarsi andare fra le sue braccia.
Depistare le donne con questi mezzucci è sleale.
<< Scusami >>, sussurrò poggiando la fronte contro la sua.
Ora si che stava meglio, ora che la sentiva vicina.
Marissa sentì il magone allo stomaco sciogliersi all’istante.
Maledetto ragazzo, farla sentire una completa merda per più di una mezz’ora buona.
Non ce l’avrebbe fatta a rimanere arrabbiata con lui per più di un’ora.
Louis si avvicinò ancora di più a lei, guardandola negli occhi per accertarsi che l’avesse perdonato, e poi la baciò, aspettando che lei ricambiasse il bacio per lasciarsi andare definitivamente.
Le accarezzò il viso sfiorandole quei capelli bellissimi che grazie a lui ora le ricadevano sciolti, sulle spalle.
Prima che lui potesse allontanarsi, Marissa lo baciò di nuovo con fervore e si strinse a lui accarezzandogli la nuca ancora umida a causa della pioggia.
Eccolo lì, il solito odore di neve fresca.
<< Sei un idiota >>, gli disse quando finalmente si staccarono per guardarsi come due ebeti.
Louis sorrise, sardonico, e le lanciò un’occhiata intenditrice.
<< Ti avevo detto che per te potevo diventarlo >>, rispose facendole un occhiolino.




C’è anche da dire che Derek Smart, in tutta questa faccenda, fungeva da meccanico ufficiale di tutti i suoi amici.
Ormai le stampelle le aveva posate in soffitta, classificate come uno dei tanti ricordi avventurosi che conservava.
La nuova officina in cui lavorava era tranquilla. Sua sorella aveva insistito per conoscere il proprietario dell’attività e lo aveva tempestato di domande mettendo a disagio suo fratello davanti a tutto il personale. Inutile dire che adesso era diventato una persona alquanto ragionevole, per la cronaca.
Niente fidanzata per un bel po’, queste erano le regole seriose a cui si era dedicato.
Almeno fino a quando le entrate non gli permettevano di comprare regali per San Valentino e Natale.
Si tolse i vestiti sporchi di dosso e prese il cellulare leggendo gli ultimi messaggi.
Ce n'era uno di Marissa, uno di Zayn e uno di Niall.
Quello di sua sorella diceva sempre le solite cose.
“ Sta attento”, “ come stai oggi?”, “ fai il bravo”, ecc.
Zayn gli aveva semplicemente scritto: “Confesserai mai a tua sorella che hai raccontato a tutti che la chiamavi Palla?”.
Sorrise.
No, Zayn, mi ammazzerebbe.
E poi, infine, quello di Niall.


Erano all’incirca le undici di sera quando tutti si ritrovarono a leggere il messaggio del biondino, sul cellulare.
“ Lizzy ha detto che la casa dei suoi genitori in montagna è libera. E' piuttosto spaziosa, quindi tutti e nove ci stiamo di sicuro. Che ne dite di trascorrere il prossimo weekend insieme lì? Sarebbe fantastico! E’ da molto che non organizziamo qualcosa in gruppo. Mi mancate, ragazzi. Spero che la mia idea vi piaccia”.



<< Ehy, Louis, è arrivato anche a te il messaggio di Niall? >>
Marissa ripose il cellulare sul comodino e si rigirò nel letto abbracciando il suo fidanzato.



Derek sorrise.
Niall non avrebbe mai smesso di sorprenderlo.
Inviò la risposta, soddisfatto.
E’ brava Lizzy.



<< Rispondigli tu anche per me, il prossimo weekend sono libero come l’aria! >>, esclamò Liam stampando un bacio sulle labbra a Jane.
Lei annuì, contenta.




Zayn lesse il messaggio frettolosamente e sorrise fra sé e sé.
Un weekend tutti insieme? In memoria dei tempi andati.
Oh, si. Si poteva fare e come.
Ma prima di posare il telefonino inviò un ultimo messaggio ad Harry;
temeva che a quella testa riccia venissero strane idee di responsabilità proprio nel momento sbagliato.
“ Sabato pomeriggio il negozio è chiuso. Chiaro, Cespuglio? E noi andremo in montagna con gli altri.
Nessuna obiezione”.
Invio.


“ Per chi mi hai preso? Due giorni interi per prendere per il culo Marissa, non me li perderei mai!”



Zayn scoppiò a ridere non appena lesse il messaggio.
Già, si sarebbero divertiti un mondo.




Quando anche l’ultima risposta invase il cellulare di Niall, lui sorrise malinconico.
Eccoli lì, tutti, nessuno escluso.
Ognuno con la proprio strada.
Com’è che faceva quella canzone?
Ognuno a rincorrere i suoi guai.
Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso.
Ognuno infondo perso dentro i cazzi suoi.
Eppure tutti lì, ad aspettare una vita dove non è mai tardi.
Dopo cinque anni.
Abbracciò forte la sua ragazza e mandò mentalmente anche un saluto a Jake, poiché era anche grazie a lui se erano diventati così uniti.
Ringraziò Jane e Liam con un sorriso, poichè incontrandosi, avevano permesso a tutti gli altri di conoscersi.
E grazie ad Harry e Zayn che da quando andavano in giro sempre insieme erano diventati peggio di due comici in fallimento che mangiano pane, pomodoro e formaggio ogni sera.
Grazie alla sua ragazza Lizzy.
E grazie soprattutto a Louis, che se quel giorno non avesse preso per i fondelli Marissa, a quest’ora sarebbe tutto diverso.
E ... Marissa.
Non dimenticherò mai il girono in cui gli hai vomitato sulle ciabatte!
Grazie anche a lei.



<< Ti amo, Louis >>, bisbigliò la mora stringendosi a lui sotto le coperte.
<< Anch’io, Marissa >>
<< Anche tu cosa, ti ami da solo? >>
<< Esatto >>, scherzò baciandole la fronte.
Lei gli pizzicò una guancia.
<< Idiota >>
<< Sarò anche idiota, ma ti amo lo stesso >>.













Ed eccoci qui.
CRIBBIO.
DITEMI CHE NON E’ FINITA.
*piange come una cogliona*
Ed ora, mie care, preparatevi allo spazio autrice più straziante e lungo che abbiate mai letto.
(Vabbè, tenterò di non farlo troppo lungo altrimenti è una noia mortale lol )
Cmq.
Già, anche questa è finita.
Inutile dire quanto io abbia amato questa storia. Dall’inizio alla fine.
Mi sembra ancora ieri che chiamavo mia cugina per dirle al telefono che mi era venuta una bella idea per una nuova fan fiction.
Il problema è che quando io scrivo, le cose le vivo. E perciò adesso mi sento come se una parte della mia vita fosse terminata. E’ una tristezza disarmaaaaaante!
Ho amato così tanto Louis in questa storia, voi non lo immaginate nemmeno.
Solo che penso al fatto che non aprirò più quel documento Word per cominciare un nuovo capitolo mi sale l’angoscia.
In ogni caso, che ne dite del finale? Scusate se è un po’ lungo, ma volevo che fosse una cosa a effetto, boh.
I miei finali devono raccontarsi da soli, devono essere FINALI. "THE END" con i fiocchi, non so se mi spiego.
Spero solo di non aver deluso nessuno. E ora non mi dite che piangete, perché altrimenti mi arrabbio. Non mi copiate! Solo io posso piangere.  ç.ç
Ma la cosa positiva(non so se sia positiva o meno xD) è che Marissa rimarrà sempre dentro di me. Soprattutto perché ha molto del mio carattere.
(Non sto scherzando, anch’io mi preparo i vestiti la sera prima di andare a scuola).
Maniaca del controllo. Maniaca del controllo. Allarme rosso. Allarme rosso.
D:
Esatto, qualcosa del genere.
E faccio anche di peggio, ma tralasciamo. xD
Comunque. (Si passa alla parte dei ringraziamenti)
* Assalto di tristezza in corso *
Come ho già fatto nei capitoli precedenti, volevo ringraziare tutti.
E quanto dico tutti, intendo tutti proprio, nessuno escluso. Anche quelli che hanno letto il primo capitolo e hanno detto che faceva schifo. (Vabbè, magari quelli no LOL).
Ed ora, vi amerò ancora di più perché so già quante recensioni meravigliose mi lascerete. Perché soprattutto so che mi faranno ridere, piangere, commuovere.
Infatti, voi non sapete che la parte più difficile di una storia sono le recensioni stesse. E’ quello che ti fanno sentire gli altri, chi legge ciò che scrivi.
Ed io, so soltanto che sono emozionata ogni volta che leggo un vostro commento ai miei capitoli. Vi ringrazio infinitamente.
Perché ciò che provo nelle storie non si ferma ai personaggi descritti, ma comprende tutte voi. :)
Ed ora la smetto di dire cose serie, altrimenti si che non mi riprendo più.
Volevo avvisarvi che voglio un premio nobel perché questa è l’unica storia in cui Louis non è un maniaco di CAROTE! Ahahahahah
Lo voglio, eh. xD
Ah, si. Vi piace il riferimento a Vita Spericolata di Vasco?? Ultimamente ci sto prendendo gusto ad inserire le canzoni nei capitoli!
Beh, si direbbe che ora è meglio che me vada a quel bel posticino, ho scritto troppo.
Mi scuso se ho pubblicato così tardi, ma ultimamente sono piena di compiti e impegni, vorrei strapparmi tutti i capelli dalla testa per tutto lo stress che ho addosso.
E, vi ricordo ancora una volta, che per chi non ne avesse ancora abbastanza delle mie stronzaggini, c’è la nuova fan fiction “You Forgot Me” che vi aspetta a braccia aperte.
Va bene ora me ne vado, tranquille.
*il gatto la prende a calci nel sedere*
( E vattene, stronza!)
D:




Che occhi!
Fate un applauso a Louis per la partita organizzata e vinta per la beneficenza! :3



Addio gente, mi mancherà questa storia. ç__ç
Ciao!

WHICH WAY I AM GONNA GO, OH THERE WE GO!
LoL

PS: Ci voleva il tocco finale alla Louis!
;)


   
 
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