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Autore: PapySanzo89    28/10/2012    7 recensioni
Sherlock si era ritrovato a dover passare tutta la giornata con Mycroft. Tutta. La. Stramaledettissima. Giornata.
Si era sorbito i suoi convegni, una visita a casa della loro madre, il suo ciarlare, i suoi problemi a guidare il Governo e il fatto che magari avrebbe avuto finalmente bisogno di un aiuto – del suo aiuto, ovvio! -, i suoi casi assolutamente banali e prevedibili che aveva risolto in qualche ora e altri, invece, che si sarebbe portato a casa perché “Una promessa è una promessa Sherlock!” e poi ancora il presentarsi a gente totalmente ed inevitabilmente noiosa, e altri problemi, andare a teatro insieme e la dannata Corea e Cristo! Quante ore poteva avere una giornata?!
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Discleimer: Personaggi non miei, non a scopo di lucro. (Magari per entrambe le cose. XD)
 
Ringraziamenti: Grazie a Jess che mi ha betato questa cosa venuta fuori per uno scambio di battute sul gruppo TCATH, dove praticamente è venuto fuori che Mycroft se ne va a vedere una recita scolastica dove partecipa il suo amato ombrello (?!?) va beh, lasciamo perdere che è meglio…. XD
E’ una pagina e qualche riga di assolutamente nulla (pubblicità: te la stai facendo malissimo), ma va bene lo stesso. Se ci spendete due minuti a leggerla vi ringrazio J
Poi…. Boh! D:
Saluti! XD
 
 
Sherlock si era ritrovato a dover passare tutta la giornata con Mycroft.Tutta.La. Stramaledettissima. Giornata.
Si era sorbito i suoi convegni, una visita a casa della loro madre, il suo ciarlare, i suoi problemi a guidare il Governo e il fatto che magari avrebbe avuto finalmente bisogno di un aiuto – del suo aiuto, ovvio! -, i suoi casi assolutamente banali e prevedibili che aveva risolto in qualche ora e altri, invece, che si sarebbe portato a casa perché “Una promessa è una promessa Sherlock!” e poi ancora il presentarsi a gente totalmente ed inevitabilmente noiosa, e altri problemi, andare a teatro insieme e la dannata Corea e Cristo! Quante ore poteva avere una giornata?!
Ma adesso, finalmente, la sera stava calando e il patto stava per giungere al termine e il suo scopo era raggiunto.
Mycroft, al termine della fatidica giornata si era pigramente adagiato sulla poltrona del suo elegantissimo soggiorno e aveva sorriso al fratello facendogli un cenno per farlo accomodare. Sherlock rifiutò.
«Bene fratellino…» sorrise mellifluo «Hai fatto tutto quello che ti ho chiesto di fare e sei riuscito ad essere addirittura garbato…»
«Non cincischiamo Mycroft» lo interruppe senza troppe cerimonie, «dammi quello che voglio.»
Il sorriso non si spense ma anzi, si fece più accentuato.
«Vuoi sapere come conquistare il caro dottore…»
Il detective lo guardò con un sopracciglio sollevato e l’aria imbronciata. Ne avevano già parlato. A cosa serviva ribadire l’ovvio?! Sì, era lì per quello e sì, aveva accettato di passare una giornata simile solo per trovare una soluzione a quello che lo arrovellava. Voleva una risposta, l’unica che non riusciva a darsi da solo.
Mycroft lo guardò e scosse la testa, alle volte suo fratello proprio non ci arrivava.
«Il segreto Sherlock… È che devi solo rimanere te stesso.»
Il moro lo fissò per qualche secondo rimanendo spiazzato, non sapendo cosa dire.
«…Prego?!»
Il Governo Inglese rise.
«Il dottor Watson ti ama già, Sherlock. Il semplice fatto che non sia scappato a chilometri di distanza da te, solo poche ore dopo averti incontrato dovrebbe essere un fatto già abbastanza lampante. Sei tu che non vedi più in là del tuo naso, in queste faccende.»
Calò per qualche secondo il silenzio in cui i due si guardarono, o meglio: Mycroft guardò Sherlock, mentre tentava di far funzionar gli ingranaggi della sua mente per giungere alla soluzione, mentre Sherlock guardava in un punto indistinto ai piedi del maggiore.
Alla fine, rialzò il viso verso il fratello e, facendo tanto d’occhi, si voltò di scatto e prese la porta per tornarsene a casa sua. Il 221B Baker Street. Dove lo aspettava John. Da John… John.
Si dimenticò perfino di insultare Mycroft per averlo sfruttato in quel modo durante la giornata, ma era risaputo: in casa Holmes, quello intelligente tra i due, non era decisamente il fratellino.
 
Decise di farsela di corsa perché il taxi avrebbe impiegato troppo tempo, la metro era troppo lontana e l’autobus troppo affollato. Non aveva mai corso così tanto e così velocemente nemmeno per inseguire un assassino.
Non appena mise piede in casa si fermò a prendere fiato un paio di secondi, tentando di ridarsi un contegno. Era Sherlock Holmes per la miseria!
Fece i diciassette gradini con passo pesante non pensando a niente. O forse, al contrario, pensando a troppo.
Non appena mise piede in casa i suoi occhi andarono a cercare il coinquilino, che se ne stava tranquillamente seduto – un giornale in una mano e una tazza di tè nell’altra - sulla sua poltrona, cuscino della Union Jack dietro la schiena. Sollevò gli occhi dal giornale e sorrise non appena lo vide.
«Ehi, già di ritorno? Com’è andata con Mycroft?»
Fece per alzarsi ma Sherlock, con un cenno, gli intimò di rimanere seduto e gli si avvicinò, piantandoglisi a pochi centimetri di distanza.
John sospirò alzando gli occhi.
«Tu gli spazi personali non sai proprio cosa siano.», gli sorrise.
E Sherlock in quel sorriso vide tutto. Le rughe d’espressione vicino agli occhi che esprimevano devozione, il modo in cui sorrideva sincero affetto e gli occhi, semplicemente amore.
Mycroft aveva ragione, e – fosse dannato - odiava dargliela, ma questa volta non poteva che arrendersi all’evidenza. Suo fratello arrivava alla soluzione sempre un passo prima di lui, quando voleva.
Bene, e ora? Come poteva iniziare un discorso del genere? Lui, che di tatto non ne aveva mai avuto ma che almeno per una volta – solo per John - voleva provare a usarne almeno un po’.
«È stato orribile!», rispose alla prima domanda del dottore -continuando a riflettere sul da farsi-  il quale scoppiò a ridere.
«Dai, non può essere andata così male.» sembrò pensarci un po’ su, «Va bene, deve essere stato effettivamente orribile.» ironizzò.
«Sì, tremendo.» si avvicinò ancora un po’ sedendosi sulle gambe di John, che intanto - dalla sua espressione e dalla tensione del corpo - si poteva supporre avesse notato qualcosa che non andava.
«Sherlock, tutto bene?»
«Forse tra poco sì.»
«Che… cos…?!»
Il detective gli circondò il collo con le braccia e poggiò morbido le labbra sulle sue, piano, in un tocco leggero che quasi non si sentiva. John, in un primo momento, credette per l’appunto di esserselo sognato.
Silenzio. Pesantissimo, tesissimo, imbarazzatissimo silenzio.
«John ti prego dì qualcosa!» lo riscosse l’altro che stava pian piano entrando nel panico. Forse John non era semplicemente pronto per affrontare una cosa simile, forse il suo “non essere gay” si era impiantato nella testa fino a non fargli vedere le cose come stavano, forse…
John lo baciò con più trasporto, passandogli una mano lungo una coscia che poi raggiunse l’altra, salendogli su per la schiena, in una carezza delicata ma possessiva. Aspettò che il detective si riprendesse prima di iniziare a mordicchiargli il labbro inferiore e succhiare il superiore.
Sherlock mugugnò qualcosa di indistinto e si lasciò cadere totalmente tra le braccia del suo – sicuramente ormai - compagno sussurrandogli cose per la quale si sarebbe sicuramente sotterrato qualche minuto dopo. Ma, anche se era Sherlock Holmes (per la miseria!) a John in certe maniere poteva anche mostrarsi.
Per questa volta avrebbe anche accantonato la vendetta su Mycroft per quel tiro mancino.
 
   
 
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