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Autore: pdantzler    13/05/2007    9 recensioni
Harry capita per sbaglio in casa di Piton nell'estate del quinto anno, dopo la morte di Sirius. Costretti a una convivenza forzata, i due scopriranno molte cose l'uno dell'altro. Traduzione a opera di Starliam ed Allison91
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci qua con un nuovo capitolo! Capiamo che cosa sta succedendo a Harry e si gettano le basi per il continuo dell'estate...
Divertitevi!
Starliam



"Sto bruciando!" Urlò Harry. "Piton, sto bruciando!"
"Lo vedo, signor Potter", annuì Piton pensosamente, come se stesse osservando una pozione che si era rovinata senza motivo.

"Piton, ho tutto il corpo in fiamme!"
"Non muoverti, Potter. Rimani a letto. Come ti senti?"
"Come mi sento?" Harry si sentì impazzire mentre fissava il professore ad occhi spalancati. "Sto bruciando!"
"Se stessi davvero bruciando, adesso staresti urlando di dolore. Invece no, sei solo in preda al panico. Come ti senti?"
"Uh-uh- caldo". Harry teneva gli occhi fissi sul proprio corpo avvolto da fiamme arancioni e scoppiettanti.
"Caldo come se avessi toccato una pentola bollente? Come se fossi entrato in una stanza molto calda? O come se ti fossi scottato al sole? Dormito con troppe coperte?"
"La scottatura... la scottatura solare!" Si lamentò Harry. "La pelle è calda e prude, e fa quasi male, ma non molto, ma sto bruciando. Sto bruciando!"
"Se si potesse vincere un premio per il comento più insensato ripetuto all'infinito; lo avresti tu, Potter" - sogghignò Piton - "Proprio quando comincio a pensare che tu non possa essere più stupido, scopro nuove vette di idiozia che non ritenevo possibili".

Harry lo guardò male. "Io non sono stupido. Lei è stupido".
"Che risposta brillante" - ghignò di nuovo Piton - "Mi sarei aspettato di meglio da un bambino di quattro anni".

"E' cattivo, sgradevole, crudele e maligno" - sbottò Harry - "Non piace a nessuno, nessuno vuole stare con lei, mai! E tutti noi odiamo i suoi vestiti e i suoi capelli. E... ed è un professore orribile!"
"Colpiscimi dove fa più male: le mi abilità professionali", lo scimmiottò Piton.
"Sì" - ringhiò Harry - "In cinque anni non ho imparato una sola cosa da lei! Tutte quelle ore in quegli sporchi sotterranei, che spreco di tempo! E quando diventerò re del mondo magico o qualunque cosa lei crede che io voglia diventare, la prima cosa che abolirò sono le maledette pozioni! Chiunque provi a insegnare o a preparare pozioni si prende un biglietto di sola andate per Azkaban!"

Sembrava che Piton stesse cercando di non ridacchiare, cosa che fece arrabbiare Harry ancora di più.

"Sì, e lei finirà ad Azkaban appena potrò uscire da questo letto e da questa odiosa casa! Non mi arrenderò finchè non la rinchiuderanno per sempre, stupido idiota!"
"Signor Potter" - la voce di Piton era irritabilmente tranquilla- "Non stai bruciando più".

Harry guardò in basso. Il fuoco era scomparso, e stava stesosul letto in pigiama come se non fosse successo nulla. La stanza era silenziosa e tranquilla, dopo il crepitio delle fiamme.

"Che è successo?" Chiese Harry con voce spaventata e sorpresa.
"Esattamente quello che pensavo sarebbe successo"- disse Piton con calma - "O almeno una delle due cose. Sapevo che avresti bruciato via il maleficio preso dal camino, oppure saresti morto".
"Queste erano le opzioni?" strillò Harry.
"Non sei morto: dovresti esserne contento. Non preoccuparti di ringraziarmi per non averti lasciato bruciare fino alla morte".

Harry lo guardò stupito.

"La pozione, Potter! Davvero, a volte mi chiedo come hai fatto a sopravvivere con così poca intelligenza. Se il Signore Oscuro sapesse che idiota è il suo avversario..."
"Quindi la pozione mi ha impedito di bruciare?" lo interruppe Harry, rifiutando di sentirsi dare dello stupido di nuovo.
"In realtà no, ha velocizzato il processo. Sapevo che avvresti preso fuoco, perchè è quello che successe anche al Signore Oscuro dopo essere passato di lì. Comunque, gli ci volle un'intera settimana prima di inziare a bruciare, e non fu piacevole stare ad aspettare. Non potevo sopportare l'idea di avere a che fare con te e i tuoi lamenti per un tale periodo; così ho preparato una pozione che avrebbe sveltito il processo proteggendo i tuoi organi vitali. Così, quando hai preso fuoco, hai bruciato via il maleficio senza danneggiarti. Diventavi via via sempre più stanco perchè la pozione stava velocizzando le cose, e il tuo corpo cercava di resistere".

Harry lo fissò con incertezza, prima di rispondere: "Beh... beh, avrebbe dovuto dirmelo."
"E avere a che fare con te preoccupato dall'idea di prendere fuoco per due giorni? Ti ho visto prima di ogni prova del Torneo Tremaghi: non dai il tuo meglio quando sei sotto pressione. Semri sempre sul punto di saltar fuori dai pantaloni. La preoccupazione e l'agitazione ti spingono a cacciarti nei guai, come ho notato molte volte".

Il tono da genitore di Piton spinse Harry a incrociare le braccia e a guardarlo male. Odiava il modo in cui Piton lo descriveva infantile e impulsivo, come un bambino di quattro anni che non riesce a star fermo per un secondo senza combinare guai.

"E per la tua mancanza di rispetto..."
"Ero in fiamme" - protestò Harry, guardandolo allarmato - "Qualunque cosa uno dica mentre sta bruciando non conta".

Piton sembrò fare un cenno con la mano, e Harry si chiese se fra un attimo si sarebbe trovato sulle ginocchia del professore, punito per aver minacciato di farlo finire ad Azkaban.

"Fai in modo che non risucceda", lo ammonì Piton.

Harry si morse la lingua prima di rispondere: "Cosa? La mancanza di rispetto o il prendere fuoco?" Non c'era bisogno di mettere alla prova la propria fortuna.

"Perfetto", Piton prese di nuovo la borsa nera; ma questa volta ne estrasse una pozione verde, "bevi questa e cerca di tornare a dormire". "Ancora dormire?" Harry era incredulo, mentre inghiottiva la pozione. Non era troppo male, un misto di menta e zenzero. "Non ho fatto altro che dormire da quando sono qui".

"Potter, hai preso fuoco pochi minuti fa. Voglio che tu stia calmo finchè non sarò certo che ti sei ripreso del tutto. Quindi, stenditi sul cuscino e stai tranquillo".
Quando Harry gli lanciò un'occhiataccia, Piton sollevò un sopracciglio: "Posso sempre schiantarti, se pensi che possa aiutarti ad ascoltarmi di più".

"Ma sono stanco di stare a letto". Harry sapeva che stava diventando lagnoso, ma sentiva che le sue lamentele erano giustificate. Era strano che qualcuno che non fosse Madama Chips si preoccupasse per la sua salute. La sua confusione aumentò quando Piton sprimacciò i cuscini prima di spingerci contro Harry e di sentirgli la fronte con la mano. Harry sentì una strana sensazione allo stomaco. Dunque era così che ci si sentiva, ad avere un genitore che si occupa di te quando stai male? Piton poteva essere... no era malvagio, crudele e cattivo, sicuramente non adatto a fare il genitore.

"Non sei caldo", annunciò Severus con un tono di voce che implicava che Harry aveva, finalmente, fatto qualcosa di giusto. "La febbre è andata via. Cerca di rilassarti un po', non pensare a niente: dormi e basta. Verrò stasera più tardi a stirarti i muscoli per evitare che ti irrigidisca troppo".

"Sì, sulla ruota della tortura", mormorò Harry, mentre si girava su un fianco.
"Come vuoi, signor Potter". Piton chinò ironicamente la testa prima di chiudere di nuovo le tende e di lasciare la stanza.


Harry rimase steso al buio, cercando di addormentarsi, ma era ancora troppo scioccato da quello che era successo. Aveva preso fuoco. Sicuramente, non era una bella cosa. E Piton lo aveva saputo per tutto il tempo, probabilmente pensando Mmmm, il Ragazzo Sopravvissuto sta per morire o per diventare un rogo umano? In ogni modo, farò in modo di divertirmi a vederlo soffrire! Brutto cattivo.

Eppure, era stato un po' di sollievo avere qualcuno che si occupava di lui e si preoccupava del suo benessere. Harry iniziò mentalmente a contare le persone che si erano occupate di lui. I Dursley: beh, non erano molto amorevoli, ma avevano fatto in modo che arrivasse agli undici anni senza morire di fame, quindi qualcosa dovevano contare. La McGranitt: ma lei si doveva prendere cura di tutti i membri della sua casa, e lui era uno dei tanti. Silente: anche se Harry a volte si chiedeva se il vecchio mago tenesse a lui solo perchè era destinato a salvare il mondo magico, e dopo l'anno scorso in cui era stato così freddo e distante...

Harry tirò su con il naso improvvisamente, gli occhi che bruciavano. Passò subito all'altra persona. Hagrid: si, Hagrid era qualcuno che si occupava di lui. Un po' rude, sicuramente non una persona affidabile, ma Harry si poteva fidare di lui finchè il guardiacaccia non si circondava di animali pericolosi. E poi c'era Lupin, che gli aveva insegnato a difendersi dai Dissennatori; anche se più avanti il professore si era trasformato in un lupo mannaro e aveva cercato di mangiarsi Harry, ma non era davvero colpa sua. E gli Weasley: anche se avevano sette figli e fin troppi problemi. E alla fine Sirius...

Harry deglutì con fatica. Sirius gli aveva chiesto di andare a vivere con lui, una volta che la sua posizione fosse stata chiarita; ma Harry non poteva dimenticare come il suo padrino era stato distratto e... e scostante per tutto il tempo in cui lui era stato a Grimmauld Place. No, un attimo: Sirius era impegnato e Harry passava il tempo a pulire, cosa che, gli venne in mente, era stata una gran perdita di tempo. Harry si era trovato tante volte ad affrontare il male solo per venire rinchiuso a casa dei suoi zii e poi trasformato in un elfo domestico? Era ingiusto, era davvero ingiusto che Sirius avesse lasciato a soffrire da solo il suo unico figlioccio.

Stringendo la coperta, Harry aspettò che salisse la rabbia. A volte, gli piaceva quel sentimento: gli dava qualcosa di cui occuparsi invece di farlo sentire vuoto. Ma non venne nessuna rabbia. Invece, un senso di impotenza si accumulò alla tristezza, e Harry si trovò a piangere.

"Sei un bambino"! Gli urlava la sua mente, ma le sue emozioni non ascoltavano. La sua faccia si contraeva dolorosamente, e gli occhi gli bruciavano, e le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance. Non si era mai sentito così miserabile e angosciato in tutta la sua vita.
Calmati, calmati! lo pregava la sua parte razionale, ma riusciva ad asoltarla. A nessuno importava di lui, era totalmente solo, nessuno lo avrebbe mai amato, chi mai avrebbe potuto? Era una persona orribile, un ragazzo orrido che tutti odiavano.

E' così, gli diceva quella voce. Sei impazzito. Hai appena vinto un biglietto di prima classe per il San Mungo. Stanza 543: il signor Harry James Potter, ricoverato per pianto isterico ed eccessivo. Se volete vedere il signor Potter, siete pregati di avvicinarvi alla finestra, dalla quale potete vedere che sta ancora piangendo. Sono passati quattro mesi, e dobbiamo mantenerlo idratato o piangerà fino a morire per mancanza di liquidi.

Harry si mise a sedere sul letto, si abbracciò le ginocchia, e seppellì il volto nell'incavo del braccio destro. Sentiva le lacrime inzuppare la manica del pigiama, e il suo intero corpo era squassato dai singhiozzi. Gli tornò in mente un libro babbano in cui una ragazza si era gonfiata, aveva iniziato a piangere, poi si era ristretta ed era quasi annegata nel mare delle sue stesse lacrime. Harry sperò che capitasse anche a lui, così l'avrebbe fatta finita una volta per tutte. A nessuno importava di lui comunque. Per poco non si soffocò con la forza dei suoi lamenti.

"Pensavo di averti detto di non pensare a niente e di metterti a dormire!" Una voce dura risuonò dalla porta.

Harry alzò lo sguardo, e atraverso la nebbia causata dalle lacrime vide una figura nera avvicinarsi a lui. Forse era un Dissennatore che gli avrebbe succhiato l'anima; cosa che non era granchè per il Dissennatore, perchè Harry era una persona orribile, patetica, deprimente e miserabile.

Harry sentì una mano prenderlo per la nuca, e poi un fazzoletto che si asciugava le lacrime, con più forza di quella che Harry avrebbe gradito.

"Soffia", ordinò Piton, piazzando il fazzoletto sul naso di Harry. Harry lo fece, e Piton lo pulì bruscamente.

"Che-che cosa mi sta succedendo?" pianse Harry, completamente abbattuto. Fece istericamente cenno alle lacrime che continuavano a scorrergli copiose sulle guance.

"Porprio quello che mi aspettavo", disse Piton, ancora sciugandogli le lacrime in modo professionale, come se fosse abituato ad asiugare lacrime di ragazzi tutti i giorni. "La pozione che ti ho fato lavora più velocemente con le emozioni. Mentre stavi bruciando ti ho fatto arrabbiare, in modo che bruciassi più in fretta. Comunque, molta della tua rabbia è stata spazzata via con le fiamme, lasciandoti vulnerabile e turbato. Speravo che ti addormentassi prima di avere un crollo nervoso, ma non è stato così". Sospirò rassegnato.

Questa informazione non riuscì a sollevare il morale a Harry; anzi, fece sentire Harry più miserabile che mai. Era solo un piccolo ragazzino in un grande mondo spaventoso, dove tutti volevano fargli del male; e non riusciva a proteggersi in alcun modo.

"Ora, Potter" - Piton lo spinse di nuovo sul cuscino - "Perchè non provi a pensare a qualcosa di... felice". Piton sembrò avere dei problemi con l'ultima parola.
Harry sbattè le palpebre. "Tipo?"Come poteva pensare a qualcosa di piacevole con Piton in piedi vicino a lui e le sue emozioni che correvano incontrollabili?

Piton roteò gli occhi. "Andiamo, Potter, ci deve essere qualcosa che ti fa sentire bene, che ti diverte".
"Vo-volare", Harry tirò su con il naso, cercando di fermare le lacrime che continuavano a scendere.

Per un attimo, sembrò che Piton stesse per fare qualche commento pungente, ma si limitò a deglutire e a dire: "Perfetto, ti piace volare. Alcune persone non sono brave a farlo, ma tu sì; niente di strano considerato tuo pa- ma no, ti piace volare. Immagino che tu intenda a Quidditch".

Harry annuì, mordendosi il labbro per soffocare un singhiozzo. "S... si, ma anche altre volte. Mi rilassa. Sei lassù, in alto, e tutto sembra così piccolo. Se è piccolo, non può essere un grande problema".
"Interessante prospettiva. Che altro ti piace?"

Harry ci pensò su. Voleva continuare a piangere, ma non riusciva a peiangere e pensare contemporaneamente. "Mi piace passare del tempo con Ron e Hermione, mi piace stare a parlare con loro di sera nella sala comune, quando non siamo in classe e non abbiamo intorno troppe persone".

"Bene, sembra divertente". Piton aveva dei problemi anche con quella parola. "Quindi, volare e stare con gli amici. Carino. Penso che ti piacciano anche quelle Cioccorane che saltellano in giro e sono di una noia mortale".
"Mi piacciono i dolci magici", annuì Harry. Le lacrime avaveano msmesso di cadere, ma si sentiva ancora solo e vuoto.
Piton mise la mano nella tasca della veste, ma Harry non lo vide estrarre niente. Il professore strofinò velocemnte una mano contro l'altra prima di chiedere: "Adesso, parliamo delle cose che non ti piacciono, ma per le quali sei contento quando avvengono".
"Uh?" fece Harry, confuso.
"Come studiare per una materia che non ti piace, ma sei contento quando ottieni in bel voto".
Harry annuì di nuovo: "A volte, mi piace dover lavorare per ottenere qualcosa. Se ottieni tutto facilmente, non c'è soddisfazione".

Harry sentì qualcosa di caldo che premeva sulla sua mano fredda. Per un attimo, ebbe l'impulso di tirarsi indietro, ma il calore si diffuse rapidamente sulla sua mano e lungo il braccio. Gli piacque la sensazione di calma che ne ricevette, e strinse più forte la cosa calda.

"Ti piace leggere", continuò Piton; ignaro delle nuove sensazioni di Harry.

"Si, ma non come a Hermione. Lei ricorda tutto, e legge più in fretta di me". Harry prese in una mano l'oggetto caldo. Ne osservò l'aspetto, prima di prenderla fra le mani. Sì, pelle che ricopriva muscoli e ossa. "Non per niente è la so-tutto-io", osservò Piton.

Harry inarcò le sopracciglia mentre tracciava con il dito il persorso della vena sull'oggetto che teneva in mano. "Mi ha aiutato in un sacco di lezioni. E' strano: non si sarebbe mai detto che siamo nella stessa barca, nessuno di noi sapeva nulla di magia prima di arrivare ad Hogwarts. Eppure lei sa tutto. Ron no, e spesso litigano, ma poi fanno sempre pace."

"Davvero?"

Sentendosi davvero rilassato, Harry voltò la mano dall'altra parte e ne guardò le unghie. Erano corte e pulite, ma leggermente macchiate per le pozioni. Come fai a togliere le pozioni dalle mani? Erano come le pitture sulle uova di Pasqua, che scompaiono dopo un po'?

"Certo che lo fanno" - decise Harry dopo un po' - "Perchè erano di nuovo amici quando ho lasciato la scuola. I litigi sono stupidi la maggior parte delle volte, lo sa? Insulti l'altra persona e lanci oggetti, ma alla fine vi ritrovate sempre amici".

"Che filosofo, oggi", commentò Piton.

Harry avvicinò la mano alla sua: l'altra era più grande. Harry cercò di allungare le dita più che potè, ma ma non raggiungevano i polpastrelli dalla mano del professore.

"Sono così piccolo", si lamentò il ragazzo.
"Non c'è niente di strano. Di solito i ragazzi crescono più tardi", disse Piton, senza alcuna traccia di emozione nella voce.

"Spero di diventare più alto". Harry sistemò la mano sul suo petto, godendosi la sensazione di calore che gli dava. Iniziava a sentirsi stanco, anche se sapeva che avrebbe dovuto essere irritato per qualcosa. Per quale motivo era stato così triste? Beh, non importava per adesso. Sbadigliò. Piton era ancora accanto a lui.

"Chiudi gli occhi e continua a parlare" - chiese il professore - "Io ascolterò le tue chiacchiere inutili".

"Chiacchiere inutili", ripetè Harry con gli occhi mezzi chiusi. "Chicchiere inutili, chicchiere futili... Ehi, fanno rima. Chiacchiere futili, chiacchiere rutili, chiacchiere..."

E si addormentò, un vago sorriso sulle labbra.

Piton si trattenne dal roteare gli occhi di nuovo. tolse la mano dal petto di Harry, sperando che tutta la pozione calmante fosse entrata in contatto con la mano del ragazzo. Il ragazzo doveva essere davvero addolorato, per non capire che stava tenendo la mano del professore più odiato, mentre blaterava sciocchezze sui suoi amici. Stupido ragazzo.
Piton tirò su le coperte, attento a non svegliare il marmocchio e a iniziare un'altra sessione di lacrime e singhiozzi. Con Potter, se non era una cosa era un'altra. Doveva sempre causare problemi, stare alla ricerca di guai continuamente?

Piton strinse le labbra. Una perfetta estate rovinata. Stava aspettando con ansia quei due mesi di pace e tranquillità, fatti di lunghe giornate passate a leggere e a prepapare pozioni in tutta tranquillità, senza ragazzini intorno a disturbarlo. E ora Potter, in assoluto l'ultima persona con la quale avrebbe voluto passare le vacanze, era stato lasciato nelle sue mani.
Tutti i professori con i quali si era messo in contatto erano stati d'accordo che Potter dovesse rimanere dove si trovava, e Silente (vecchiaccio di ristrette vedute) lo aveva invitato a vedere il buono della situazione.

"Davvero, Severus" - aveva detto il volto di Silente comparso nel camino dell'ufficio di Piton - "Con la tua conoscenza del maleficio di Snapdragon Manor, Harry è al sicuro nelle tue mani, più di quanto sarebbe con chiunque altro. Tornerò fra qualche giorno per vedere come te la stai cavando. E' un'ottima occasione per conoscere il ragazzo. Dopo tutto quello che gli è successo, penso che tu sia la persona più adatta..."

Piton aveva chiuso la conversazione e il camino.

E adesso era costretto alla presenza di un angosciato, turbato, disobbediente Potter, la sui sola presenza minacciava guai per tutta l'estate.

Piton sbuffò. Avrebbe dovuto lasciare che il ragazzo piangesse fino ad addormentarsi.

Harry si agitò nel sonno e mormorò qualcosa di incoerente. Piton gli sentì di nuovo la fronte e le guance. Erano fresche: nessuna traccia di febbre. Bene, era una benedizione in un torrente di disgrazie. Sul serio, Potter non lasciava mai nulla a metà.

Una volta assicuratosi che il marmocchio non si sarebbe svegliato, Piton lasciò la stanza e scese nel suo studio. Amava i muri marrone scuro, gli scaffali ordinati con file di libri, e la spaziosa scrivania sulla quale poteva progettare nuove posioni senza essere disturbato. Era il suo conforto, il suo rifugio dal mondo; e amava trascorrerci le ore, tutto solo, in compagnia di un forte drink e una piacevole lettura. Qui, gli sarebbe stato facile ignorare il fatto di avere un irritante ospite addormentato al piano di sopra, senza alcun posto dove andare. Piton avrebbe potuto seppellirsi in un libro e trascorrere la sera in tranquillità, visto che Potter avrebbe probabilmente dormito fino al mattino.

Invece, Piton prese una pergamena e una penna incantata, alla quale fece un cenno con la testa. La penna schizzò in aria e atterrò sulla pergamena, scrivendo le parole Tabella oraria di Potter. Forse era un po' troppo rigida. Le perole sparirono e vennero sostituite da Tabella giornaliera di Harry Potter. Sembrava meno severa, anche se Silente avrebbe preferito Tabella suggerita per il Prezioso Harry Potter, non da prendere troppo seriamente ma aperta a ogni cambiamento, o simili sciocchezze.

Piton si appoggiò allo schienale della sedia, fermandosi a riflettere. Potter aveva bisogno di qualcosa di costruttivo: non c'erano dubbi a riguardo, ma se avesse tenuto il ragazzo troppo rigidamente, Piton era certo di dover sopportare lamenti, sospiri, e lacrime; in perfetta compagnia con crisi isteriche e patetici bronci. Si, l'equilibrio era importante.

Trentacinque minuti dopo, Piton rilesse la tabella completata.

7:00 - Sveglia, bagno, vestirsi, mettere in ordine 8:00 - Colazione
8:30 - Passeggiata in giardino (altri esercizi?)
10:30 - Studio tranquillo in biblioteca
12:30 - Pranzo
13:00 - Giochi in giardino (magari volo sotto stretta sorveglianza?)
15:00 - Riposo o lettura a letto
16:30 - Tempo libero, purchè non si faccia confusione
18:30 - Cena
7:30 - Studio o lettura
21:00 - Preparazione per la notte
22:00 - Luci spente

Una graziosa, ordinata tabella accurata e precisa. Potter non avrebbe resistito un giorno solo. Per l'ora di pranzo, avrebbe rotto le scatole con il bisogno di esplorare la casa, arrampicarsi sul muro di pietra, saltare su e giù dalle scale, e urlare con quella voce acuta che faeva venire a Piton la coglia di mozzargli la lingua. Riusciva a immaginare lo sguardo indignato del marmocchio nel trovarsi le giornate organizzate. Riposare a letto? E' impazzito. E non andrò a letto alle dieci. Non inizio mai le mie passeggiate notturne prima dell'una o le due. Studiare? E' estate!

Forse poteva usare alcuni incentivi, per spingere Potter a comportarsi bene. Ragazzo, se non segui alla lettera ciò che ti dico, non uscirai dalla tua stanza per un mese e brucerò la tua scopa. No, troppo duro. Potter sarebbe scoppiato in lacrime in un attimo. Harry caro, segui la tua tabellina, e ci saranno sorbetti al limone, e caramelle, e lecca lecca per il nostro dolce ragazzo. Piton pensò che avrebbe vomitato. Ora, Potter, so che sei abituato a poltrire durante tutta l'estate; ma ti farò seguire una precisa tabella, così non butterai via le tue giornate. E' un buon modo per iniziare, e se saranno necessari dei cambiamenti, aggiusterò la tabella come reputerò necessario. Il tuo dovere è quello di seguirla al meglio, senza lamentarti o discutere. Dico sul serio.
Sì, questo era il tono giusto da usare con il ragazzo.

E non è che gli stesse chiedendo molto. Del resto, Potter avrebbe probabilmente fatto le stesse cose anche senza tabella, ma doveva fare in modo di organizzare le cose, senza lasciare a Potter troppo tempo libero per cacciarsi nei guai.

Ovviamente, Potter avrebbe commesso degli sbagli. Coma le McGranitt, Silente e ogni altro dannato professore in quella scuola gli ricordava, i ragazzi sbagliano, a dispetto della ferma opposizione di Piton all'indulgenza. Forse ci doveva essere un po' di libertà per respirare, in estate. Un controllo troppo severo, avrebbe potuto portare a conseguenze negative. Ma pensava che Potter sarebbe sopravvissuto senza problemi.
Controllo ed equilibrio erano le cose di cui aveva bisogno. Del resto, Potter era un essere umano (sì, Piton ammetteva che il Ragazzo-Che-Continuava-A-Sopravvivere-E-A-Causare-Problemi fosse umano, dopotutto). E non poteva aspettarsi che fosse perfetto. Conoscendo Potter, era sicuro che fosse abituato a saltare i pasti per volare; ad andare a letto tardi, e a fare confusione in genere. Ma la disobbedienza palese non poteva essere tollerata. Potter aveva bisogno di guida e disciplina. Fra i suoi inutili zii e l'indulgente padrino, Potter non aveva mai avuto un po' di regolarità nela sua vita, nessuno sul quale fare affidamento nelle buone e nelle cattive circostanze, nessuno a tenerlo in riga e a controllare che non si ficcasse in troppi guai.

Tutto ciò significava che Piton avrebbe dovuto essere quella persona.
Il professore di Pozioni fece una smorfia, pensando che avrebbe preferito insegnare a una classe intera di Neville Paciock piuttosto che diventare la dannata roccia stabile di Potter. Davvero non c'era nessun altro che volesse quel ruolo? Proprio nessuno?

E per quanto riguardava le punizioni? Doveva continuare a minacciare il ragazzo di sculacciarlo? Un periodo chiuso in camera sua? Prenderlo per le orecchie? Niente cena, subito a letto? Forse cose più creative, come non parlargli per un giorno interno o appenderlo al soffito a testa in giù? Più che altro, Piton doveva trovare il giusto equilibrio anche nelle punizioni; differenziando il castigo in base a quello che Potter aveva fatto di sbagliato.

Piton sbuffò di nuovo mentre si appoggiava di nuovo alla sedia. Sarebbe stata un'estate davvero lunga.
  
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