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Autore: past_zonk    28/10/2012    1 recensioni
{Aurikku! ~ }
Son passati tre anni da quando Auron è scomparso, ma nel cuore della ragazza c'è ancora traccia di lui. Ogni notte uno strano sogno le fa visita, fino a quando uno strano accaduto la catapulterà in un'avventura inaspettata.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rikku, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As you were Humbert.'
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Image and video hosting by TinyPic...Eccomi qui! Final(fantasy)mente! Sono stanchissima, domani ho il compito di matematica (*musica funebre*), ma continuo a imperversare sulla categoria Final Fantasy X di Efp! Sembra la mia dimora, quasi! Ahahahahaahahah! Beh, direi che la storia stia andando a gonfie vele! Incredibile quanto sia motivata, anche se è seguita poco, (Michela, non illudiamoci, la leggi solo tu! :D) mi ostino sempre a continuarla. Forse perché la mia elfetta è più calorosa (e violenta, se non scrivo mi picchia! *cuoricino*) di una folla di utenti che recensiscono! Basta una sua recensione per motivarmi a continuare a scrivere.
AW!
Bene, benissimo, vado a deprimermi per il compito di domani.
Sappiate che sono comunque felice perché ho l'aurikku.
OK SONO PAZZA,
addio.
eveyzonk!


 



Jumpin' in a dream - capitolo quinto.
Ultimo giorno a Guadosalam.

 




Passo la mano sulla superficie dell'acqua; Guadosalam è davvero un luogo fascinoso, mistico, magico. M'ha sempre dato quest'impressione, ma ora più che mai.
Sembra essere più...selvaggia, in questo periodo storico.
Le grandi mani dei guado hanno unghie affilate, mi mettono sulle spine, però allo stesso tempo sono rilassata da questi odori speziati, da questi fumi d'incenso che ricoprono il perimetro di tutto il villaggio. Passo la mano sullo specchio d'acqua, e mi rendo conto che è sempre gelida: non conta da quanto tempo le mie dita sono immerse, la mia pelle non riesce ad abituarsi a questo freddo distaccato.
E così pure il mio riflesso: non si stabilizza, nella pozza d'acqua irrequieta; vedo le mie iridi contorcersi in spirali sinuose, e le mie trecce quasi strangolarmi.
Si racconta che l'acqua della vasca di Guadosalam sia profetica. Si dice sappia mostrare le paure e i timori di chi vi si specchia.
Ora non vedo che me stessa, riflessa. E mi chiedo: è di me stessa che ho paura? Di fallire? Di non essere abbastanza forte?
Mi alzo dal bordo della vasca e cammino un po' per le vie della cittadina.
Auron è poggiato contro una parete intagliata negli alberi. Guarda nel vuoto, e quando vede che mi sto avvicinando mi osserva prima per una frazione di secondo, e poi allontana lo sguardo.
Stamattina avevo freddo. Sono uscita dalla locanda, indossando la mia minigonna e il mio top (grazie a dio non ho il bikini, o i guado mi avrebbero cucinato per cena con le spezie) e sono andata in un negozio d'abbigliamento. Oh yevon, dovreste immaginare quanto fossero obiettivamente brutti quei vestiti lunghi e tristi.
Ho optato per un maglione maschile, giallo e azzurro, che mi arriva circa a metà gamba e che mi lascia scoperto una spalla. Mi sento più coperta. Nell'evenienza, mi dico, potrei indossare un pantalone. Great.
Mi avvicino ad Auron e vedo per un secondo i suoi occhi vagare sulla mia spalla scoperta (ehehehehheheheehehehehhe).
"Ehy, che combini?"
Alza un sopracciglio ironico - sembra di buon umore, questo pomeriggio - e sospira piano.
"Aspetto"
"Ti piace proprio aspettare" dico, annoiata, spostando il peso del mio corpo da un piede all'altro, in un balletto strano.
Vedo lo sguardo di Auron ravvivarsi di curiosità per un attimo.
"Cosa intendi?"
Abbasso un po' lo sguardo, calciando qualche pietrisco "Mh, niente in particolare. Sembri una persona molto paziente, ecco"
Ed ora, ragazzi e ragazze, taccuino alla mano ed evidenziatore pronto: prendete i vostri appunti e scrivete a caratteri cubitali quella che potrebbe essere la rivelazione dell'anno. Ebbene sì, il momento che stavate aspettando tutti.
Auron ha riso.
No, non quel ghigno acido che mi dedicava sempre, ma una vera risatina (certo non immaginatevi adesso Auron che rotola dal ridere - sarebbe decisamente Ooc!), roca e...allegra. Allegra è il termine giusto? Mi confermano dalla regia che sono autorizzata ad utilizzare l'aggettivo allegro? Sì? Bene.
Vi consiglio di sottolineare ancora una volta la frase sul vostro taccuino (ebbene sì, ha riso) (a me); e scusate le parentesi.
"Eeeeehy!" urlo, puntandogli il mio indice contro.
"Cosa?" dice, sorridendo ancora.
"Hai riso! Hai riso!" saltello gioviale e freno l'istinto di prendergli le mani e costringerlo a fare un girotondo con me "Hai riso!" e gli occhi mi staranno sbrilluccicando mentre lo dico.
"Hm?" e nella sua ritrovata (quasi) serietà, Auron, si volta di spalle e fa per andarsene - come suo solito - sbuffando e rispondendo (quel riso ancora nel suo tono di voce) "Certo che sei proprio visionaria e matta, oltre ad essere albhed", lasciandomi qui, a bocca spalancata, col cuore che batte e una ritrovata voglia di vivere quest'avventura.


Ripresami dallo shock, ho passeggiato un po' per Guadosalam, approfittando della mezza giornata di pausa che Braska ci ha concesso.
Penso con divertimento che Jecht ha deciso di passarla dormendo.
Quando nel pellegrinaggio con Yuna capitava di avere una giornata libera, tutti cercavano di riprendere quanto il più possibile una vita normale. Noi ragazze portavamo Yuna a fare shopping, gli uomini gironzolavano e bevevano qualcosa in un bar. Auron solitamente rimaneva solitario a riflettere; ho sempre pensato che per lui la normalità fosse quella. Mi piaceva, ogni tanto, rimanere con lui. Cercavo a tutti i costi di spronarlo a parlare, e lui era davvero frustrato dal fatto che io rimaessi lì a rompere le scatole, però, ecco, ha sempre risposto alle mie domande. Sulla storia di Spira, la condizione socio-politica degli albhed in passato, gli errori applicati nella politica, la grossa differenza culturale (anche tra yevoniti stessi) tra le persone abitanti il nord e quelle il sud di Spira, le armi dei sette astri, le leggende riguardanti gli intercessori, la morte. Tutto. Qualsiasi cosa. Parlavamo per ore, e lui non mi faceva mai sentire una ragazzina banale, anzi; prendeva sul serio le mie riflessioni, il mio punto di vista, metteva in discussione i suoi pensieri, mi spiegava quando avevo torto e ammetteva i suoi, di torti, con calma e riflessione. Erano in quei pomeriggi, che mi innamorai di lui.
Del suo sguardo perso oltre il vetro della finestra, mentre parlava, della sua ironia e del suo essere così elegante e, beh, rude.
Ricordo d'aver pensato che fosse gentile con me solo in quei pomeriggi, quando il pellegrinaggio era un po' lontano, e lui mi trattava come fossi una sua alunna. Forse davvero gli ricordavo i tempi passati coi monaci yevoniti, dopotutto.
Ricordo che mi chiese, una sera, perché volevo a tutti i costi mostrare meno di quanto fossi. Perché mi nascondevo dietro l'immagine di una ragazzina allegra e stop. Non seppi rispondergli per bene; forse, gli dissi, le persone hanno bisogno d'essere accolte, quando si parla; per mostrarsi, ci vuole semplicemente un buon interlocutore, qualcuno che ti sappia ascoltare. Forse ci si nasconde per paura d'essere indifesi.
Non rispose più, per quella sera, così me ne andai.
Guadosalam non è, non era, e non sarà mai un posto d'intrattenimento. Diciamolo. Ora che, poi, la villa non è abitata da Leblanc ma da Jyscal (suppongo), non c'è proprio niente di divertente. Almeno la cara vecchia Leblanc era e resterà una persona di spirito - anche troppo. Mi annoio, mentre gironzolo, ad occhi bassi.
Umpfh. Quando mai mi son fatta dei problemi a mostrare le mie radici albhed? Mai, ecco, per l'appunto. E allora perché, adesso, in questa dimensione passata, mi sento così poco a mio agio? Forse, mhm, forse è perché non voglio che Braska venga giudicato ulteriormente, a causa mia.
Ho il torcicollo. Non sapete quant'è difficile non camminare a testa alta (guardando il cielo o il soffitto, nel mio caso), quando si parla di me: è praticamente il mio hobby. Vi lascio immaginare che tortura sia nascondere gli occhi...
Mhmh, devo pensare a qualcosa.
Hey.
Heheheh. Ci sono. CI SONO! Ideona.
Trotterello verso il primo negozio che ricordo star sulla strada, e entro, causando il suono tintillante del campanello legato alla porta. Un'ondata di calore e odore d'incenso mi inebria, appena entrata, e la luce calda della stanza mi fa strizzare gli occhi.
"Rikku..."
"Braska?" osservo l'invocatore, vicino al bancone, voltato verso di me con un piccolo sorriso.
"Che fai qui?"
"Gironzolavo"
"Ah"
"Tu?"
"Compere"
Mi avvicino al bancone, sorridente, occhi bassi. Osservo le mani grandi del mercante guado. Braska mi guarda con la coda dell'occhio, come a dire di smetterla di nascondermi. So come la pensa a riguardo, so che gli ricordo la moglie, e so anche che quello è uno dei motivi per il quale mi ha accettato nella sua compagnia.
"Questo quanto fa?"
"Settemila guil" risponde l'anziano guado dalla voce stridula. Braska posa subito sul bancone l'armilla che aveva tra le mani. Che carino, era una protezione per Auron. Ci deve davvero tenere molto, a lui.
"Settemila guil?" replico, sbalordita.
"Esatto"
Braska mi tocca il braccio, come a tranquillizzarmi. Niente da fare, i mercanti guado resteranno i più meschini di sempre. Già ai tempi del primo pellegrinaggio dovemmo fare una folle trattativa per scendere a prezzi accettabili. Sono peggio di quelli del Fluvilunio, davvero, eppure lì ci sono così tanti furfanti da non tenere il conto sulle dita della mano!
Prendo Braska per il braccio e lo spingo un po' più distante dal bancone.
"Ehi"
Mi avvicino leggermente a lui per poter bisbigliare senza farmi sentire dal mercante "Senti, Braska, lascia fare a me le compere. Quello ti frega"
"Ma no", dice gentile, ridacchiando "Non sono così ingenuo".
Mentre parliamo, la porta si apre e - udite udite - entrano Jecht e Auron, evitandosi.
"Lord Braska"
Faccio una linguaccia alla faccia ironica di Jecht e sorrido.
"Chi non è così ingenuo?" chiede l'uomo, con voce graffiante.
Alzo il sopracciglio e sbuffo "Braska...dice che non si farebbe fregare dai commercianti guado" dico, bisbliando, ironica.
Auron brontola un piccolo ruggito che dovrebbe essere una risata - wow! è davvero di buon umore - e si porta la mano alla fronte, dubbioso del savoir faire di Braska con le trattative.
"Sentite" faccio "lasciate trattare me con lui. Davvero"
"Potrebbe fregarti, dopotutto sei una ragazza" dice Braska.
"Cosa stai insinuando? Ti sembro forse una donzella indifesa?"
Jecht ride di gusto "Tutt'altro! Braska, lascia fare a lei, secondo me lo stende! Basta che gli mostra le..." Auron lo interrompe con uno schiaffo leggero sul collo, che costringe Jecht a piegarsi in due, in posizione di difesa.
"Ehi!"
"Niente linguaggio poco consono" giustifica, serio, il ragazzo in rosso. Non so, qualcosa non mi quadra.
Sorrido ad Auron, ma lui distoglie lo sguardo, freddo e ostile come al solito.
"Vabene, vabene, occupati tu delle trattative" si arrende Braska.
"Ci servono delle protezioni per i fulmini, possibilmente una con un incremento della difesa fisica per Lord Braska, e qualcosa con un incremento della potenza magica per Jecht" specifica Auron.
"Già, sono sempre esausto dopo tutti quegli haste!"
"Ricevuto, capo! Lascia fare a me!" esclamo, positiva come al solito, saltellando da un piede all'altro. Mi avvio verso il bancone, quando Braska mi chiama e mi lancia la sacca dei guil, sorridendomi e aggiungendo "Prendi qualcosa per te!".
Arrossisco e abbasso lo sguardo, ridacchiando imbarazzata. Poi, approfittando della vecchiaia del mercante, mi avvicino al bancone a testa alta. L'ho visto, come si sforza a guardare il prezzo sul catagolo dei suoi stessi prodotti: ha una vista sfocata, non vedrà le mie spirali spiralose ed albhed!
"Salve"
"..." il vecchio continua a sfogliare il catalogo, aspettando che sia io a continuare. Che ostilità, eh.
"Allora, mi servirebbero tre protezioni"
"Protezioni come?"
"Vuote"
"Vuote?"
"Beh, sì, senza nessuna qualità. Tre protezioni semplici"
Il vecchio signore alza gli occhi dal librone e mi guarda, alzando un sopracciglio, cattivo.
"Non vendiamo roba inutile"
"Ah, beh, ma alle vostre spalle vedo esposte delle armi semplici"
"Umpf. Che tipo?"
"Una vera, una fascia e...quel ciondolo azzurro"
"Non è una protezione, un ciondolo"
"Me lo dia e basta, ok?" comincio ad irritarmi anche io, a questo punto. Dannatissimi guado.
Il vecchio prende con attenzione le protezioni dallo scaffale impolverato e le posa sul bancone.
"Vediamo...fanno duemila ognuna"
"Se lo scorda."
"Scusi?" alza la voce, il guado.
Sento dei passi venire alle mie spalle: è Auron, che si accosta a noi due e ascolta la conversazione. Vedo il suo sguardo un po' turbato mentre osserva le vecchie protezioni sul bancone.
"Conosco bene l'ambiente mercantile, e non pagherò più di settecento guil per quella vecchia roba di seconda mano. Dopotutto, altrimenti, non li smaltiresti mai, e restebbero per sempre lì" dico ragionevole.
"..." la faccia del mercante è alquanto turbata.
"Metti caso che tu abbia armi migliori. Sarebbe più conveniente esporle, no? E poi, pagheremmo 2100 guil per tre protezioni, cosa che non faremmo invece per comprarne una. O compro queste tre a questo prezzo, oppure niente. So bene dove cercare un altro mercante che sicuramente accetterà di vendermele, sai, e allora il tuo profitto sarà nullo. Facciamo che ci aggiungo cinquanta guil, e prendo anche quel paio di occhiali nello scaffale."
Sento il vecchio guado deglutire, preoccupato, e Auron ghignare.
"...Bene. Duemilacentocinquanta. Non più, non meno"
"Certo!"
Paghiamo e Auron prende la busta con gli acquisti. Jecht e Braska ci seguono all'esterno.
Sospiro forte. Ammetto d'essere stata sicura, per un momento, che non m'avesse venduto proprio niente; ma ce l'ho fatta. Yay.
Anche anni fa, le trattazioni le tenevamo o io o il vecchio.
Ho anche comprato un paio di occhiali per coprirmi. In effetti mi ricordano molto i suoi, ma ok.
"Allora, che te ne sembra?" chiedo ad Auron.
Il ragazzo sbuffa, freddo. Oggi è davvero bipolare! Ha una doppia personalità! Prima mi sorride e poi mi evita. Uff.
"Mh. Utile" e sono soddisfatta perché so che è il massimo che posso ottenere.  
"Che hai comprato biondina?"
"Protezioni, come detto"
"Fa un po' vedere. E molla!" Jecht strappa la busta dalle mani callose di Auron, e guarda dentro "Mh, sembrano vecchie"
"Sono semplici" dice Braska, sopreso, sbirciando.
"Sì"
"Come semplici?!" la voce baritonale di Auron è bassa ma è peggio di ogni scenata.
"Non hanno qualità"
"Pensavo d'averti detto precisamente cosa acquistare! Cos'è, uno scherzo?"
"No!"
"Lo sapevo...Braska, prova a dire che non t'avevo avvertito"
Mi piazzo davanti ad Auron e poggio le mani sulle sua braccia, spingendolo "Ascoltami almeno!". Il ragazzo è shockato dal mio contatto fisico.
"Non...non provare a toccarmi mai più" sibila, a bassa voce, con tono cattivo. Ammetto d'esserne rimasta un po' ferita, ma faccio finta di non aver notato la sfumatura di disprezzo e disgusto in quella sua frase.
"Ho comprato delle protezioni semplici, semplicemente perché le posso modificare!" cerco di continuare senza strozzare le parole in gola.
"Spiegati", chiede Braska.
"Sono un blacksmith" osservo le facce dei miei interlocutori, e approfitto del loro silenzio per continuare "...e anche piuttosto dotata. Posso modificare accessori, protezioni ed armi. Studio questo da quando ero bambina..."
Jecht è il primo a sorridermi. Mi da una pacca sulla spalla (con un po' troppa forza) e mi scompiglia i capelli "Ah! Biondine utili! Non se ne vedono spesso in giro!"
La mia occhiata in cagnesco non fa altro che aumentare la sua risata roca e rude.
"Potevi dirlo prima..." si scuote Braska, con un sorrisetto "Avremmo evitato di assalirti"
"Beh..." guardo verso il basso, mentre spingo quel pervertito di Jecht un po' più lontano da me (incredibile quanto possa avvicinarsi e guardare nella mia scollatura!) "Diciamo che le mie...doti"
"E che doti!"
"JECHT!"
"Continua..." indulge Braska.
"Diciamo che le mie doti sono considerate dagli più...eretiche. Come se c'entrassero qualcosa con la fabbricazione di macchine!"
Auron si gira di spalle e comincia a camminare verso la locanda. Non so cosa gli sia preso, ma la cosa mi irrita parecchio, è per questo che - davvero sovrappensiero - alzo gli occhi al cielo e mormoro un 'idiota' che a lui non sfugge.
Infatti, mister soprabito-rosso-tutto-in-tiro-e-figo, si gira di nuovo (il suo cipiglio bello e dannato sul volto) e mi guarda con l'espressione di disprezzo più credibile che è riuscito ad arrangiare al momento.
"Cos'hai contro il modificare armi semplici? Cosa pensi sia, stregoneria?"
"Ti avviso, albhed: non andare oltre" sibila fra i denti.
"Voglio solo capire! Cosa pensi, che io sia la causa di Sin?! Cosa!?" mi animo.
"Non urlare qui in giro" mormora lui.
"Urlo dove mi pare"
"Ecco il punto. Fate tutto quello che vi pare, dove vi pare, come vi pare. Non è così che si vive."
"Zitto..." sillabo.
"Ragazzi...suvvia..."
"Credete d'essere liberi, ma non siete altro che degli illusi che infrangono le regole per antiomologarsi"
"ZITTO!"
Posso vedere diverse facce di vecchi guado girarsi nella nostra direzione. Mormorii si spandono per la piazza, ora silenziosa, e gli sguardi di tutti sono su di noi.
Ed ecco che Auron, faccia infuriata, e respiro pesante, s'avvicina, mi prende violentemente per un polso e comincia a trascinarmi.
"Auron...! Auron!" sento la voce di Braska cercare di far ragionare il monaco, e le risatine di Jecht.
"Lasc...lasciami! Ngh, che cavolo fai...?" impunto i piedi in terra per cercare di contrastarlo, ma il risultato è misero: lui mi trascina comunque, e i miei piedi non fanno altro che alzare terra e polvere.
"Mi lasci?"
"Zitta"
Inizio a muovermi, arrabbiata, rendendogli difficile trascinarmi, cerco di lasciarmi cadere a peso morto, ma lui stringe la presa sul polso e mi tiene in piedi comunque. Quasi ringhio dalla rabbia!
Non sto ferma un secondo, mentre lui danna qualcosa sottovoce.
Poi, finalmente, mi lascia il polso; è allora che inizio a prenderlo a pugni sulla cassa toracica (bella mossa, Rikku!) e ad urlargli contro qualcosa come un insieme storpiato di parolacce e insulti in albhed. La gente ci guarda.
"Zitta...zitta...per piacere stai zitta" mormora sottovoce, per non attrarre ulteriormente i vocii dei guado.
"Di lucy lnate te cybana, pniddu cdnuhwu!"
"RIKKU!"
Qualcosa si muove nel mio stomaco, a sentirgli dire il mio nome. Poi mi rianimo e la mia rabbia non può fare a meno di uscire da tutti i pori. Ricomincio a calciare.
Auron mi stringe, rude, la vita con le mani, mi issa sulla sua spalla, e continua a trascinarmi lontano.
Calcio.
"Fammi scendere...famm...idiota! ETEUDY! Come ti permetti! Levami le mani di dosso, levale!"
Sembra proprio irritato, mentre apre la porta della locanda e si dirige verso la stanza, fra gli sguardi sconvolti dei guado.
Continuo a dare pugni sulla sua schiena, e mentre lo faccio, penso al suo odore: profumo di pulito, di salice. Che palle. Vorrei disprezzarlo e basta.
Apre la porta della stanza, proprio mentre io sto applicando la mia brillante tattica del tirargli i capelli.
"Smettila!"  mi scuote dalla sua spalla, e proprio mentre gli piazzo un altro pugno sulla schiena (sono ormai una furia), gli poggio la bocca sul collo e lo mordo.
"Brutta str...EHI! SMETTILA, SMETTILA!"
Non credo d'aver mai sentito Auron urlare. Non così.
Mi lancia sul letto con forza e brutalità, il fiato mi si spezza in gola, respiro forte, ho il fiatone. Auron ancora urla qualcosa (non lo ascolto), e si sfrega la mano sul collo scoperto.
"Non provare a toccarmi mai più!" mormoro sottovoce, così tanto arrabbiata da non voler più urlare. Raramente lo sono stata così tanto.
E' in questo frangente che Auron si ricompone per un istante. Mi da le spalle; è allora che cerco di parlargli.
"Cos'è che ti fa incazzare tanto? Il fatto che Braska mi ammiri, la faccenda delle armi, oppure il fatto che t'ho urlato in faccia davanti a tutti?" dico, piano, lenta, ponderata e affilata come una lama.
Vedo la schiena di Auron irrigidirsi.
"Umpfh" si porta la mano al volto, probabilmente si sta strizzando il ponte del naso; vedo un segno rosso dove gli ho morso il collo. Un po' mi sento in colpa, lo ammetto, ma non doveva permettersi di portarmi via in quel modo solo per zittirmi.
"Lo capisco" dico, poi, più calma.
Si gira verso di me.
"Capisci cosa?" chiede, a bassa voce.
"Capisco che fai parte di questa società, che ci odiate, che sei cresciuto così, che non puoi farne a meno..."
"Io..."
"Non capisco il perché, ma capisco che ognuno ha il suo mondo. Sono stata stupida a pensare di poter abbattere certe barriere"
Mi alzo dal letto, occhi bassi, e lo sorpasso, decisa ad uscire.
Auron mi prende il polso, sconvolgendomi. Poi mi lascia, scusandosi silenzioso, probabilmente ricordando le mie parole di prima. Non provare a toccarmi mai più.
"C'è qualcosa che volevi dirmi?" chiedo, ancora dandogli le spalle.
"..."
"..."
"No..."
Esco dalla stanza e penso che, per una volta, sono io a voltargli le spalle.


Quando metto piede fuori dalla locanda, non me ne accorgo, ma ho gli occhi che mi bruciano, e così, mi ritrovo le gueancie bagnate di lacrime che neanche ho sentito scendere. Sono io, dopotutto, l'idiota che s'è fatta trasportare in un'altra dimensione da lo spirito del suo ex (?).
Il mio cuore è una tempesta. Un mix di ansia, paura e disprezzo per la mentalità strachiusa di questo Auron.
L'aria di Guadosalam è freddina, mentre respiro pesantemente, con ancora qualche passante che parla di me.
"Ehi, biondina" - è Jecht. Mi si avvicina con sorriso sardonico e passo sicuro di sè.
"Cosa c'è?" gli chiedo, voce più bassa del solito.
"Due chiacchiere?"
"Mh."
Jecht cammina con passo rude verso la piscina d'acqua profetica del villaggio.
"Braska dov'è?- gli chiedo, mentre mi guardo intorno.
"Vuole visitare l'oltremondo, prima di partire domattina"
"Capisco"
Jecht ridacchia, guardandomi sovrappensiero le gambe. Brutto pervertito.
"Quanti anni hai?" mi chiede, curioso.
"Diciannove"
"Wow!"
"Wow cosa?" rispondo, poco entusiasta.
"Non so...sembravi più piccola"
"Già"
"Eh, ma allora sei perfetta!" dice sorridente l'uomo dalla voce raschiante.
"Perfetta per cosa?" domando, più che altro sovrappensiero.
"Per Auron!"
"CHE?!"
"Ma sì, che siete fatti l'uno per l'altro" dice l'uomo, dandomi quella che si doveva presumere essere una leggera gomitata giocosa "Sarebbe davvero, davvero un peccato...!" aggiunge poi, facendomi l'occhiolino.
"Mh"
Sono monosillabica.
"E poi, che credi, ho visto quel segno rosso sul collo del ragazzo. Credi davvero che io mi beva la scusa che stavate litigando, alla locanda? AAAH!"
"...Jecht, seriamente" gli offro uno sguardo scazzato.
"Rikku. Parliamoci chiaramente. Tu conosci la mia Zanarkand" butta lì, all'improvviso, l'uomo.
Rimango un tantino basita dalle parole di Jecht. La sua Zanarkand? Quella di cui ci raccontava Tidus, quella di Auron, quella in cui lui viveva nell'appartamento sporco di cui mi diceva ? Quella? Oh sì.
"...mh"
"Perché non t'ha stupito affatto sapere che provenissi da lì?"
"..."
"Rikku."
"Jecht...io..." non so come cavarmela, davvero.
"Biondina, tu non sai per niente cosa si provi, ad essere scaraventato in un'altra dimensione, fra persone che non conosci, eoni e quant'altro. Non ne hai idea! E' come guardare una videosfera psichedelica in loop e rendersi conto di viverci dentro, cazzo!" Jecht alza teatralmente le mani al cielo, mentre io ridacchio. Io che non capisco cosa si provi a essere catapultati in un'altra dimensione, da soli, etc etc, blablabla? IO?! AHAHAH. Jecht carissimo, non sai proprio cosa tu stia blaterando! L'unica differenza fra noi è che io non sono così stupida da andarlo a raccontare ovunque! (Cosa che sia tu e tuo figlio non avete esitato a fare, per Yevon!)
"Jecht, sì, conosco la tua Zanarkand. Conobbi un tempo un ragazzo che ci arrivò."
"DAVVERO?!"
"Beh, l'hai detto tu stesso di aver capito che io sapessi qualcosa! C'è da stupirsi?!"
"MA E' FANTASTICO, BIONDINA! STUPENDO!"
Jecht si avvicina, gargantuesco, e mi prende fra le braccia, esultante.
"Jecht! JECHT! JECHT SEI LA SECONDA PERSONA OGGI CHE PROVA  A  FARLO, LA MIA PAZIENZA HA UN LIMITE!"
l'omaccione mi mette giù e sorride, continuando però a darmi pizzicotti sulle guance e altri irritantissimi segni di affetto, seguiti dai miei occhi al cielo.
Per fortuna, davvero, Braska viene a salvarmi, chiamandoci entrambi per la cena. E' allora che mi rendo conto che dovrò rivedere Auron, e il cuore emette un ultimo, svogliato palpito calmo, prima di agitarsi all'impazzata. NERVOSISMO.
Ho mai detto di odiare questa cricca di tre pazzi?
Sì?
No?
Li odio!!!
 
Ho cercato quanto il più possibile di rimandare il mio ritorno in camera, ma proprio non ce l'ho fatta. Insomma, non è colpa mia se divido la stanza con mister-razzista-sexy dell'anno.
Che poi non m'ha discriminato così tanto. Cioè, quello che voglio dire è che ultimamente era più comprensivo nei miei confronti.
Che palle.
Dev'essere stata quella questione delle armi e delle scenate, a farlo incavolare. Uffa.
Busso timidamente alla porta con sottobraccio una busta piena di accessori e materiali per blacksmith.
"Un secondo" sento dall'altra parte della porta la voce di Auron.
Poi, dopo un minuto buono, sento lo scatto della porta ed un odore di pulito invadermi le narici. Auron indossa un pantalone scuro e niente maglia (EGGIA'), dev'essere appena uscito dalla doccia. Sono tentata d'abbracciarlo. Di provare a vedere quanto possano stringermi quelle braccia muscolose (RIKKU! Renditi conto, sembri uscita da un romanzetto rosa di seconda categoria, c'mon!).
Arrossisco e balbetto qualcosa, prima che lui si sposti dall'uscio e mi dia adito di entrare. Auron sparisce ancora per un po' nel bagno, giusto il tempo che ho di mettermi il pigiamone con le fragoline e di sedermi a gambe incrociate sul letto, poggiando sulle gambe le protezioni acquistate questa mattina.
Auron esce dal bagno mentre si lega i capelli con un nastro, mi lancia uno sguardo di traverso e mormora qualcosa come: 'proprio sul letto devi metterti a fare queste cose?'.
Osservo la sua schiena, di spalle, mentre si infila una casacca nera che usa per dormire (sembra quasi ci sia una sorta di intimità, tra noi, la stessa intimità che si venne a creare fra tutti durante il pellegrinaggio di Yuna, quella sensazione di casa e di agio). Io almeno sento questo, di sera, in camera con lui. Naturalmente, cerco di non smentire la teoria di Braska per la quale sono ritardataria, oppure Auron (già me lo figuro) direbbe, con aria seria: non c'è bisogno che io dorma con lei, è capace di svegliarsi presto la mattina, dormirà con Jecht. Ed è quasi dolce: di mattina lui si sveglia prestissimo, ed osserva l'alba alla finestra,  fa un respirone, mi guarda per un secondo mentre faccio finta di dormire (il vecchio Auron se ne sarebbe accorto, lui è più ingenuo) e mi lascia riposare altri cinque minuti, per poi svegliarmi a bassa voce, di sicuro freddo, ma comunque educato, a modo suo. Ed io mi siedo al centro del letto e lo guardo mentre si prepara, tutte quelle cinte e fibbie da allacciare, e lui mi lascia osservare, forse non gli frega proprio niente di me, oppure forse sa quanto siano importanti quei 10 minuti di silenzio di prima mattina, quando tutto è molto leggero e inconsistente. Quando nell'aria c'è profumo di purezza, senza che nessun odore vada ad intaccare quella che è solo e solamente aria. E' in questi momenti che adoro la compagnia di Auron, quando sa apprezzare il silenzio, sa dargli un valore, e sa comunicare molto di più in questo modo. D'altronde, i veri comunicatori sanno avvalersi del silenzio come fosse un'arma o forse una lieve pomata per curare tutti i mali. E' come fosse medicina a tutte le mie angosce, quel silenzio rindondante, si mostra e dipinge tutte le pareti, mi cura dentro, mi allevia i dolori, e mi fa sentire libera da ogni orribile catena: le parole son catene, lo son sempre state, per me, schiava delle espressioni e delle apparenze. Ma non con Auron, non con lui. Con lui è tutto più leggero, tutto più facile. Mi sento me stessa.
Sono passati anni dall'ultima volta che son stata con lui, in silenzio, a guardarci reciprocamente, ed ora che posso star vicino a questo lui, alla sua giovane sagoma, sento che quelle ferite si stanno in qualche modo ricucendo. Anche se non lo sa,  coi suoi capelli lunghi e filiformi e il suo sguardo duro come le roccie di Mihen, anche se lui non può davvero sospettare niente, io mi sento meglio, in qualche modo. Mi sento sollevata anche solo dalla sua presenza, dal suo odore, dal suo sguardo mattutino, dai suoi mille e bellissimi silenzi. E quando litighiamo, quando le nostre furie di gioventù si scontrano in un combattimento violento e cattivo, mi sento forse anche meglio: c'è quell'equità che non riuscivo a trovare col vecchio Auron. Quel sentirsi allo stesso livello e fare gli stessi errori, quel compararsi nel bene e nel male, quello essere finalmente alla pari. E' un rapporto d'odio e amore che, in quasi due settimane, m'ha fatto crescere enormemente, rendendomi - l'ammetto - una persona migliore.
Un suo sbuffo mi riporta alla realtà.
Auron è sul letto, mi osserva in silenzio, mentre io guardo il vuoto, riflettendo.
"Domani siamo alla Piana dei Lampi", dice.
"Mh"
Sbuffa ancora una volta, come se qualcosa lo infastidisse.
"Cosa c'è?" gli chiedo "se è ancora per oggi pomeriggio, mi scuso. Sono stata violenta"
Non risponde. Lo guardo, ed è indecifrabile: non riesco proprio a capire cosa stia pensando.
"Rikku"
"Sì?"
"...Braska..."
"Cosa?"
"Lui, ecco..."
"Sì?"
"Uhmpf, fammi parlare, non mi interrompere!" sbotta "...per piacere" aggiunge, poi, in tono più basso.
Rimango in silenzio.
Auron fa un respiro, si stende sul letto, osserva il soffitto, poi si gira a guardarmi, pensieroso. E' concentrato, mi fissa ma non mi sta davvero guardando, anche se la cosa mi imbarazza. Ha davvero due pozzi neri, al posto degli occhi.
Poi si riprende, ritorna ad osservare il soffitto, leggermente imbarazzato, e comincia "Ho parlato con Braska, e m'ha detto, beh insomma, d'essersi...abituato...a te. Ed anche Jecht. Ti parlerò chiaramente." La sua voce torna fredda come le sferzate di vento del Gagazet "Braska ha intenzione di chiederti d'essere sua guardiana"
La mia bocca si spalanca dallo stupore, poi arrossisco, e sorrido, ricolma di dolcezza, guardandomi le gambe incrociate sul copriletto aranciato, e le protezioni con cui giocherellavo.
"Io...io..."
"Rikku, c'è un motivo per il quale te l'ho detto prima. Per farti pensare. Probabilmente Braska te lo chiederà una volta arrivati alla Piana dei Lampi"
"Farmi pensare?"
"Umpfh. Rifletti. Gioverebbe la tua presenza al pellegrinaggio di Braska?"
La domanda mi ferisce. A morte. Così tanto che respiro forte per sentire se il respiro è ancora presente nei miei polmoni.
"...No"
Auron sospira. "Ammetto che sei stata d'aiuto, ok, ma Braska non capisce. Non capisce davvero quale rischio correrebbe, ad avere un'albhed per guardiana." riflette ad alta voce, lui, per poi aggiungere "non ti sto discriminando, qualcosa ho imparato sugli albhed, ed ho ammesso di aver sbagliato a giudicarli, però non puoi negare che c'è, ed esiste, una discriminazione. E che il raggio di essa coprirebbe e infangherebbe anche Braska, se tu proseguissi con noi il pellegrinaggio. Già Jecht ha una...presenza, diciamo così, abbastanza pericolosa...umpfh."
Resto in silenzio, ferita ma cosciente delle realistiche parole del monaco.
"...Quindi, in conclusione, vorrei invitarti, per il bene di Braska, a rinunciare, quando ti farà quella proposta"
Annuisco, in silenzio, qualche lacrima fissa nuota nei miei occhi, ma non le do adito di uscire. Tra le mani ho il ciondolo azzurro come il mare che oggi ho comprato. E' bello, lucido, elegante. Avevo già pensato a come impiegarlo.
"Rikku, mi spiace"
"No, no" un singhiozzo mi sfugge dalle labbra "...scusa, scusa...è che sono stanca, lo so che non dovrei reagire così...è stanchezza, davvero...hai ragione, dovrei andarmene" le lacrime fluiscono dai miei occhi,  ridacchio, una risata strozzata, e con il dorso della mano mi asciugo l'umido tra le ciglia "...scusami, Auron, davvero. La smetto" rido, piangendo, e mi sento una stupida.
"Rikku..."
Vorrei abbracciarlo. Voglio abbracciarlo. Penso, egoisticamente, che non lo vedrò più probabilmente. Che le nostre strade si divideranno alla Piana dei Lampi, e che non sarò capace di tornare a casa mia, nella mia epoca, tra le persone che mi vogliono bene. Forse è per questo che penso 'vaffanculo', e mi trascino tra le sue braccia, sconvolgendolo.
Ho la testa poggiata sul suo petto, lui ha le braccia aperte, non mi stringe, e le mie lacrime si moltiplicano. Allora mi alzo di un po', singhiozzando, e gli prendo una mano fra la mia, trascinandola sul mio fianco, poi prendo anche l'altra e faccio lo stesso, guidandolo in un abbraccio. Lui è mansueto e imbarazzato.
Poggio di nuovo la testa sul suo petto, e piango, fregandomene.
Auron resta in silenzio, ma sa rispettare il mio dolore, la mia devastazione. Ed è così che mi sento, terra devastata e senza alcuna pianta, terra arida e sola, mentre piango fra le braccia di quest'uomo a cui non importa nulla di me.
"Rikku", poi ad un tratto.
"Rikku, mi spiace davvero."
Piango come una bambina, ancor di più, ed è allora che le mani di Auron si fanno coscienti sui miei fianchi, e mi stringe timidamente in un abbraccio che sa di lui.

Non so quanto tempo rimasi così, fra le sue braccia.
So solo che più tardi, prima che lui (così educato da non dirmi nulla) facesse la prima mossa, decisi io di allontanarmi. Mi alzai dal suo petto, osservai imbarazzata la maglia stropicciata dalle mie lacrime, il suo sguardo orgoglioso che guardava altrove pur di non arrossire, e le sue mani grandi; poi gli chiesi scusa.
Mi alzai, e mi sedetti alla scrivania, chiedendogli se gli desse fastidio che restassi un po' più tardi a modificare le protezioni, a candela accesa; no, disse.
Quella notte, mentre dentro la mia anima tremava dal freddo, mentre Guadosalam era popolata dal silenzio che popolava anche la nostra stanza, Auron restò sveglio, facendomi una muta compagnia, osservandomi mentre lavoravo materiali e pigmenti.











   
 
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