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Autore: Moony_911    29/10/2012    0 recensioni
Fin dal primo istante in cui i loro sguardi si incrociarono, era chiaro per tutti che erano come il giorno e la notte anche se i due avrebbero impiegato un po’ di tempo per capire che in realtà stavano uno all'altra come gli elementi di un’equivalenza matematica, e che proprio questo compensarsi a vicenda, a lungo andare, avrebbe rappresentato il punto di forza della loro coppia.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Chloé  stava camminando a passo veloce verso casa.
Aveva ancora addosso i residui della notte agitata appena terminata e l’unica cosa che voleva fare era arrivare a casa, farsi una doccia e rendersi presentabile prima di andare in commissariato. E tutto in meno di novanta minuti.
Erano le nove quando mise piede in commissariato. Aveva deciso di mettersi comoda di solito si sarebbe messa qualche vestito di qualche improbabile colore ma non quella mattina, aveva aperto l’armadio in cerca di qualcosa di comodo e presentabile, perciò optò per un paio di jeans grigi e una maglia monospalla bianca, ma soprattutto, decise che assolutamente non si sarebbe messa i tacchi poichè quella era una mattina da scarpe da ginnastica.
Prese la sua tazza gialla preferita dal cassetto e andò in cucina a riempirla con il caffè. Ne aveva bisogno, altrimenti non sarebbe rimasta sveglia molto a lungo.
Era alle prese con il caffè persa nei suoi arzigogolati pensieri, quando Thomas fece capolino in cucina e la salutò con un cenno della testa senza ottenere una risposta.
Ecco il punto, come doveva comportarsi con Thomas? Non lo sapeva e questo la infastidiva particolarmente ma non doveva influire in alcun modo sul loro rapporto professionale questo era sicuro.
 Tornò alla scrivania, decise che avrebbe fatto l’indifferente, non voleva dare adito ad alcun tipo di chiacchiera e si concentrò sul fascicolo che aveva davanti, o almeno ci provava.
“Ah, Saint-Laurent, visto che ci siamo, ha già dato un’occhiata al fascicolo che le ho lasciato sulla scrivania?” le chiese senza far trapelare il minimo interesse.
“Ho iniziato proprio in questo momento...”.
“Bene “ rispose Thomas “tra quarantacinque minuti ci aspetta la scientifica sul posto per i rilievi, viene con me?”.
“Certo!” rispose Chloé  sfogliando le pagine del dossier.
Sybille Molét, era una donna di trentacinque anni, sposata da dodici con François Croix, un lavoro fisso come perito chimico in una casa farmaceutica, due figlie piccole, Lucille e Christine, era in attesa del terzo bambino, precisamente alla diciottesima settimana di gravidanza.
Una persona come tante, se non fosse che quella mattina era stata trovata dal marito al suo rientro a casa dal turno di notte, nella vasca da bagno con il ventre squarciato, ormai completamente dissanguata mentre la figlia più piccola, Christine, era stata trovata in camera sua, priva di coscienza, con il bacino fratturato e una grossa emorragia in corso, ma ancora viva, e trasportata d’urgenza in ospedale, stava lottando tra la vita e la morte.
Chloé  è turbata da quella descrizione preliminare dell’accaduto, ma quello era il suo lavoro, non poteva permettersi di lasciar spazio all’emotività.
Stava riflettendo su quale potesse essere stata la molla che aveva fatto scattare quell’ondata di violenza quando Rocher le fece notare che era ora di andare.
“Arrivo” rispose. Prese la borsa e il giacchetto e raggiunse il collega che intanto era andato a mettere in moto l’auto.
Rue du Jardin non era molto distante dal commissariato, ma considerando il traffico mattutino dell’ora di punto, avevano impiegato quasi un’ora per arrivare.
Erano imbottigliati nel traffico e nessuno dei due aveva detto una parola nell’ultimo quarto d’ora.
Thomas l’aveva osservata attentamente, quella mattina era ancora più strana del solito e decise che era il momento di rompere il silenzio.
“Tutto bene Chloé ?” chiese.
“Eh, come?” rispose lei sovrappensiero “come dice?”.
“Ti ho appena chiesto se stai bene...” proseguì lui.
“Si si...” mentì spudoratamente.
 “Sicura? Non mi raccontare stronzate Chloé  per piacere...”.
“E’ solo un po’ di stanchezza, tutto qui, gli incubi non mi fanno bene, questo è certo” rispose accennando un sorriso.
“Già “ convenne l’ispettore “me ne sono accorto... stamattina sei scappata via e non ho avuto modo di farlo, ma volevo ringraziarti per stanotte, per avermi impedito di torcere il collo a quel figlio di puttana, se non ci fossi stata tu a quest’ora non penso sarebbe ancora vivo, sai?”
“Lo so... ma non c’è bisogno, siamo pari, io ho aiutato te a non fare stronzate, tu hai aiutato me nonostante ti abbia quasi rotto il setto nasale...” concluse lei non accorgendosi che aveva abbattuto l’ostacolo delle gerarchie e di nuovo si stava rivolgendo a Thomas dandogli del tu.
“D’accordo, ma stavo pensando, che ne dici se per sdebitarmi, ti porto a cena fuori stasera, niente di troppo eccessivo o troppo formale, solo una cena tra colleghi...” disse tutto d’un fiato.
Chloé  lo guardò sorpresa, ci pensò un attimo e poi accettò. L’aveva colta alla sprovvista, ma si disse che una serata in compagnia del collega non avrebbe fatto poi così male al loro rapporto.
“Allora va bene, passo a prenderti alle nove a casa?”.
“Andata. Ma non hai Lucas stasera?” chiese lei.
“No, è andato qualche giorno dai nonni, fortuna che non era in casa ieri sera, non sarebbe stato esattamente un bello spettacolo...” rispose adombrandosi pensando a cosa sarebbe potuto succedere se suo figlio fosse stato lì.
“Non devi pensarci adesso, Lucas non c’era, non caricarti di colpe che non hai...” rispose Chloé  posandogli la mano su una spalla.
Thomas svoltò a sinistra e fermò la macchina davanti ad una villetta a schiera davanti alla quale c’era già il furgone della scientifica.
“Siamo arrivati...”le disse spegnendo la macchina.
  
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