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Autore: redalertbd    14/05/2007    3 recensioni
“Se anche qualcuno è la causa della tua esistenza, ciò non significa che essa gli appartiene! Noi non gli appartenevamo, dannazione, nessuno di noi, ci ha risvegliati per usarci e ci controllava con il suo potere! E che tu ora non veda l’ora di essere controllato da Hime solo perché lei ha il potere di distruggerci è pura e semplice idiozia! Persino lei te lo direbbe! Perciò piantala di aspettare che in lei si risvegli non so che grande leader e trovati qualcosa da fare!!!”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Inoue Orihime, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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12 – Maternità

Titolo: Back to Innocence, No Need for a Soul.

Fandom: Bleach

Characters: Grimmjow/Orihime, Ulquiorra

Rating: PG-13, per riferimenti a temi adulti (ehm… sapete tutti da dove vengono i bambini vero?) e linguaggio volgare.

Tema: Ritorno a casa (viene svolto, ve l’assicuro, anche se nell’ultima pagina ^^; )

Warnings: Spoilers fino al cap. 273, una versione alternativa della storia a partire da quel momento. OOC da parte di Grimmjow. Sì, lo so, mi sto autoflagellando già. La mia caratterizzazione di Orihime è pesantemente influenzata dagli ultimi capitoli (ma si ripiglia, abbiate fede!).

Summary: “Se anche qualcuno è la causa della tua esistenza, ciò non significa che essa gli appartiene! Noi non appartenevamo ad Aizen, dannazione, nessuno di noi, ci ha risvegliati per usarci e ci controllava con il suo potere! E che tu ora non veda l’ora di essere controllato da Hime solo perché lei ha il potere di distruggerci è pura e semplice idiozia! Cazzo, persino lei te lo direbbe! Perciò piantala di aspettare che in lei si risvegli non so che grande leader e trovati qualcosa da fare!!!”

 

La colpa di questa fanfiction è di Tite Kubo, che ti sbatte lì personaggi con poteri troopo grossi per non poterci far casino!

 

Grazie a Levyrasputin per il beta-reading! ^___^

 

Originariamente scritta per http://community.livejournal.com/mezzadozzinafic/ (andate e partecipate!!!!)

 

 

 

 

 

Hueco Mundo non era certo mai stato un posto rumoroso. Ora era praticamente una tomba. Grimmjow camminava lungo i corridoi di Las Noches, le mani in tasca, non facendo nemmeno più caso al modo in cui ogni passo risuonava fragoroso nel vuoto. Non soffriva certo la solitudine… in quel deserto il reiatsu degli unici altri tre abitanti di quella casa di bambole morte si stagliava gigantesco, sempre presente. Era impossibile sentirsi soli.

 

Svoltato un angolo si trovò faccia a faccia con la presenza di due di essi, appena dietro una porta. La spinse senza curarsi di bussare, entrò e per poco non inciampò sulla cosetta vestita del bianco degli arrancar che, accoccolata dietro alla porta, era saltata su ad abbracciargli una gamba con un gridolino di gioia…

 

“Che cazzoHime, non riesci a tenerla ferma?!

 

La ragazza seduta su un divanetto nel centro della stanza alzò gli occhi dal quaderno su cui stava scrivendo e sorrise debolmente alla vista dell’Espada che aveva sollevato leggermente la gamba a cui la bimba si era saldamente aggrappata.

 

“Ti ha sentito arrivare… ” Grimmjow scosse un po’ la gamba, nel tentativo di farla staccare senza farle troppo male, e per tutta risposta la piccola gli si abbrancò come un koala. Orihime rise, piano. “Le sei mancato.”

 

Non è che sia stato via un granchè…” bofonchiò Grimmjow, ma vedere Orihime reagire con un minimo di vivacità a qualcosa era un interessante cambiamento rispetto alla solita, totale apatia, e valeva la pena tentare di mantenerlo. Prese la bambina per il dietro della sua maglietta e la tirò via il più delicatamente possibile, reggendola penzoloni al suo fianco, cambiamento di posizione a cui la bimba reagì con risolini eccitati, dondolandosi. L’arrancar si avvicinò alla ragazza, che chiuse il quaderno e lo posò al suo fianco sul divano. Grimmjow non tentò nemmeno di dare un’occhiata alle pagine scritte fittamente, non ricordava come leggere la scrittura umana. Anche se, vista la recente carenza di cose interessanti da fare, avrebbe anche potuto chiedere ad Orihime di dargli delle lezioni. Tanto prima o poi avrebbe dovuto farle alla mocciosa, no? Vista la velocità con cui stava crescendo, probabilmente il mese prossimo. Orihime gli rivolse un mezzo sorriso, ed allungò le mani verso la bambina.

 

“Scusami. Alia, vieni qui, dai fastidio…” Grimmjow per un istante pensò di dirle che non importava, ma poi le porse il fagottino, non fosse mai che pensasse lui volesse tenerle lontana la mocciosa, o farle del male. La bimba emise un’esclamazione oltraggiata e tentò di rivoltarsi e aggrapparsi a lui, mentre Orihime la riprendeva in braccio. Alia sembrava pronta a mettere su uno spettacolo di pianto e Orihime si affrettò a cullarla, cercando di calmarla con frasi appena sussurrate. Presto sembrò dimenticarsi della presenza di Grimmjow, scivolando in quello strano mondo privato in cui solo madre e figlia esistevano.

 

Quel mondo, pensò Grimmjow, grazie al quale lui esisteva ancora, e non era scomparso come tutti i suoi fratellastri. Quasi tutti.

 

“Sto andando fuori. Cosa ti serve?” disse alla fine.

 

“Eh?” Lo sguardo che Orihime gli rivolse era di nuovo lontano, come se dovesse fare una certa fatica per ricordarsi chi lui fosse, che avesse a che fare con lei. Grimmjow imprecò mentalmente. Andata di nuovo. Ma che cazzo doveva fare?

 

“Fuori. Nel tuo mondo. Devo prendervi del cibo.”

 

“Ah… sì. Alia ha bisogno…” guardò la piccola, gli occhi dello stesso castano profondo della madre, ma infinitamente più vivi.

 

“Quella roba che mangia lei, sì. E quegli affari che si mette.” Disse in fretta l’arrancar. La lezione sui bisogni dei neonati, probabilmente il picco di reattività di Orihime negli ultimi mesi, era rimasta impressa a fuoco nella mente di Grimmjow: non avrebbe mai nemmeno lontanamente iniziato a comprendere le dinamiche del tutto, ma il comportamento da tenere gli si era saldamente impiantato in testa. “Volevo sapere se ti serve altro. Non so, vestiti, qualunque cosa.”

 

Orihime non staccò gli occhi dalla bambina. Grimmjow aspettò, nervoso, sentendo la solita, inutile rabbia crescere lentamente. Infine la ragazza scosse la testa.

 

“Niente” disse l’arrancar, piegando la bocca in una smorfia sconfortata.

 

Silenzio.

 

Bene, era il momento di andarsene, prima che la voglia di afferrare quel bambolotto per le spalle e scuoterlo urlandogli contro fino ad ottenere qualche reazione o romperlo nel tentativo avesse la meglio. Non ne poteva venire fuori nulla di buono, per lui per primo.

 

Grimmjow si girò ed uscì dalla stanza. Mentre chiudeva la porta sentì la bimba chiamare, triste, arrabbiata. Siamo in due, mocciosa pensò.

 

Si fermò solo per un istante, concentrandosi per individuare la posizione di Ulquiorra, il suo non certo apprezzato unico compagno in quel dannato inferno. Era lontano, nel deserto, probabilmente a caccia di Menos Grande abbastanza potenti da fornire un diversivo. Esattamente quello che stava facendo lui fino a poche ore prima. Gli shinigami là fuori dovevano essergli grati… avevano fatto fuori tanti di quegli Hollow, negli ultimi mesi, che il loro lavoro doveva essere diminuito parecchio. Del resto, era l’unico passatempo, a parte combattere tra di loro. Grimmjow sospettava che a furia di scontri quasi all’ultimo sangue il loro livello fosse diventato abbastanza alto da superare entrambi quello del vecchio Primera Espada. Non che ciò servisse a molto… a parte gonfiare il suo ego dato che ora era davvero molto vicino in forza al fottuto ex-quarto nella gerarchia. E poi sentirli combattere era una delle pochissime cose a spingere Orihime fuori dalle sue stanze, oltre alle fughe della bambina, che, pur non sapendo ancora mettere quattro sillabe in fila, si arrampicava sui muri e saltava da un piano all’altro dei palazzi come niente fosse. Buon sangue…

In realtà, Grimmjow doveva ammetterlo, la presenza, silenziosa, semi-nascosta eppure, seppur involontariamente, minacciosa della ragazza era probabilmente l’unico motivo per cui Ulquiorra non l’aveva ucciso quasi subito dopo quello che era successo.

 

Bah, meglio non pensarci.

 

Grimmjow aprì un varco e lo attraversò, un breve spazio di buio completo, e poi la semioscurità di un vicolo, in una zona periferica di Karakura.

 

Istintivamente l’arrancar ridusse la presenza del suo reiatsu. Fino ad allora non si era mai imbattuto in shinigami, o altri fastidi, e parte di lui se ne dispiaceva. Un enorme parte di lui. La stessa che solo due settimane prima gli aveva fatto distruggere un’intera ala del palazzo a pugni, ed essendo questo fatto di materia spirituale che tendeva ad autoricostruirsi non era stato così facile.

 

Grimmjow voleva combattere contro qualcuno. Combattere per davvero, fino ad ucciderlo o essere ucciso. Cazzo, a parte le schermaglie con Ulquiorra non aveva più combattuto per davvero sin dallo scontro lasciato in sospeso con quel… quell’essere che faceva la spola tra hollow e shinigami, quell’umano la cui morte aveva dato origine a tutto…

 

Si accorse di aver afferrato e sbriciolato un pezzo di muro, e si costrinse a calmarsi. Con una smorfia infastidita si cacciò le mani in tasca e uscì dal vicolo, in cerca di un posto dove procurarsi ciò che gli serviva.

 

Sì, era stata la morte di quel Kurosaki-kun, come lo chiamava Hime, che in un certo senso aveva dato il via a quella follia. Era stato Ulquiorra a batterlo e a lasciarlo morente, fregandosene anche delle più semplici regole del combattimento, tipico di quello stronzo.

E Grimmjow aveva deciso di approfittarne. Quando aveva sentito il reiatsu dell’umano, per mancanza di un termine migliore, affievolirsi fin quasi al punto di scomparire, era andato a prendere Orihime, eliminando quelle due mosche fastidiose nel mentre, quello era stato un piacevole diversivo, e l’aveva trascinata fino al luogo dove giaceva il suo amico, quel compagno che teneva a lei tanto da affrontare tutte le legioni degli arrancar per venire salvarla… , ecco che poteva ripagarlo. Salvandolo da morte certa e rimettendolo in piedi… perché finalmente lui e Grimmjow potessero finire una volta per tutte quel dannato scontro già due volte interrotto. Era un atto di insubordinazione, a dir poco, qualcosa per cui quel bastardo di Tousen avrebbe potuto avere la sua testa su un piatto d’argento, ma in quel momento non gliene poteva fottere meno. Era il suo stesso sangue a urlare perché lo facesse, era il frammento della sua maschera e la cavità dove un tempo era stata la sua anima… ed erano arrivati giusto in tempo per incrociare Ichimaru, il sorriso da volpe appena un po’ più maligno del solito, che se ne tornava ai suoi computer dopo aver dato a Kurosaki il colpo di grazia.

 

Perso.

 

OrihimeGrimmjow era sicuro che si fosse spezzata, ed il suo urlo l’aveva colto di sorpresa. Certo non abbastanza da impedirgli di bloccarla, prima che lanciasse uno di quei cosi, quegli strani esseri che credeva servissero solo a guarire, contro Ichimaru, un attimo prima che rientrasse nel palazzo. Non l’aveva fatto. E si era chiesto perché diavolo ciò non gli fosse costato la vita. Forse Aizen-sama aveva già previsto in parte quello che sarebbe dovuto succedere. Anche se non abbastanza bene.

 

Una vetrina scura. L’arrancar l’attraversò e si guardò intorno. Una serie di scaffalature e alcuni banconi… un minimarket, o come si chiamavano. Iniziò a frugare tra le scatole ed i barattoli, mettendone alcuni in uno dei cestini di plastica che c’erano per terra. Prese una serie di scatole che avevano sopra l’immagine di bambini, sulla fiducia. La mocciosa aveva bisogno di cibo umano, come quello che serviva a sua madre, eppure era in grado di assorbire anche le particelle spirituali che riempivano l’atmosfera dello Hueco Mundo. Probabilmente era a queste che doveva il suo rapido sviluppo fisico, come del resto molto più breve era stata la sua gestazione, almeno a detta di Hime. Com’era, quattro mesi al posto di nove… o erano dieci?

 

Dopo il piccolo “incidente”, dopo che gli altri quattro tra esseri umani e shinigami erano stati tutti eliminati (due di loro erano addirittura riusciti a far fuori Arroniro e Zael, niente male c’era da dire), Aizen-sama aveva assegnato a Grimmjow la custodia di Orihime, facendo di lui l’unico Espada non alle prese con le sempre più frequenti schermaglie sul campo con gli shinigami. Ce n’era abbastanza per essere infuriati… ma Grimmjow era troppo occupato a meravigliarsi di essere ancora tutto intero dopo aver lasciato che il secondo di Aizen-sama venisse ferito, seppur in modo non grave, per lamentarsi. E non c’era certo motivo, o divertimento, nel rifarsi su quella inutile, patetica creatura. Si limitava a controllare che mangiasse, eventualmente obbligandola con la forza, ed a stare intorno alla sua porta, controllando che non tentasse di uccidersi. Ogni tanto se ne usciva con qualche commento sulla battaglia imminente, più che altro per vedere le sue reazioni. La osservava, sì, non c’era niente di meglio da fare, chiedendosi annoiato dove, sotto quell’aria fragile, fosse nascosto il potere che gli aveva restituito il suo braccio sinistro. Non pensava però che lei l’avesse notato.

 

Quando, all’ora in cui Grimmjow la lasciava da sola per dormire, la ragazza l’aveva preso per un braccio, trattenendolo senza forza, lui era stato il primo a stupirsi, ma non aveva certo lasciato che questo impedisse ad un ghigno di disegnarsi sul suo volto. Non aveva idea di che cazzo le si stesse agitando nella testa, se quello fosse un assurdo, idiota tentativo di trovare un po’ di conforto, o se molto più probabilmente la ragazza stesse solo cercando un altro modo per farsi del male e punirsi. Lui non si sarebbe certo fatta sfuggire l’occasione. Lei lo attraeva, tutto era logico, ed immediato, ed un po’ si aspettava che, presentandosi l’occasione, sarebbe andata a finire così, magari per sua propria iniziativa.

 

Quello che non si aspettava, era di fermarsi, dopo averla sentita gridare di dolore, di sforzarsi di stare fermo fino a sentirla rilassare un minimo, di cercare, dopo, di muoversi lentamente, contento che il piacere che stava comunque provando impedisse al suo cervello di indagare a fondo cosa diavolo stesse cercando di fare.

 

Quello che non si aspettava era il modo in cui lei gli si era aggrappata, dopo, mentre stava ancora piangendo, obbligandolo a rimanere e, cazzo, da qualche parte doveva pur mettere le mani, ad abbracciarla.

 

Quello che non si aspettava era che la cosa continuasse, che in qualche modo riuscisse a diventare fisicamente piacevole anche per lei (e che la cosa gli provocasse un fortunatamente vago, non ben definito senso d’orgoglio che, se ci pensava su appena fuori da quella dannata stanza, gli faceva venir voglia di andare a sventrare qualcuno). Che si ritrovasse ad ascoltare Orihime mentre faceva un discorso assurdo appena svegliata, partito dal frammento di maschera che aveva sul volto e che in qualche modo era finito su una cosa che si chiamava rock anni 60 e sulla storia degli alieni di Roswell.

 

Che un giorno aprisse gli occhi di scatto, la zanpakuto in mano, sicuro che ci fosse qualcun altro dentro la stanza. Per poi rendersi conto che quel reiatsu, debole, e così familiare, proveniva da dentro la ragazza. Così dannatamente piccolo e fragile… sarebbe bastato un suo pensiero, il dirigergli contro la propria energia spirituale, per schiacciarlo, eliminare per sempre quel… quel casino. Subito, mentre Hime dormiva, mentre, forse, non se ne era ancora accorta.

 

Non l’aveva fatto, ed aveva svegliato la ragazza, per chiederle spiegazioni, in realtà per impedirsi di agire. Ed aveva pensato di essersi fottuto.

 

Grimmjow aprì una serie di barattoli, annusandone il contenuto, finchè non trovò quelli che contenevano la marmellata di azuki. Uno dei suoi cibi preferiti, gli aveva detto Orihime durante uno dei suoi voli pindarici. Di certo non gliene parlava ora… Frugò in giro finchè non trovò anche dei quaderni e delle matite. Anche quelli, glieli aveva chiesti una sola volta, quando ancora aveva la pancia gonfia, timidamente “…scusa, se mai ti capitasse di passare da una cartoleria mentre sei là fuori…”. L’aveva fatto scoppiare a ridere, quella risata dura che all’inizio la spaventava così tanto, e che quella volta l’aveva fatta sorridere, quasi a scusarsi. Ora non ne parlava più, ma continuava ad usarli, e Grimmjow faceva in modo che la sua scorta su cui scrivere ossessivamente, che cosa poi non si sapeva, non si esaurisse mai.

 

Ci poteva giurare, che Aizen-sama avesse pensato all’eventualità. Dopo la morte dei suoi compagni, di cui Orihime non parlava mai, se non come vaghi riferimenti quando le capitava di raccontare della sua vecchia vita, la ragazza non aveva più usato nessuno dei suoi, a detta di Aizen-sama, così incredibili poteri. Era stata la semplice curiosità che aveva spinto il signore di Hueco Mundo a lasciare che quella possibilità così assurda, il figlio di una creatura morta e di un’umana dotata di poteri unici, si realizzasse? O sapeva, supponeva già del quantitativo incredibile, quasi irreale, di energia spirituale racchiusa in quell’… esserino raggrinzito e urlante che aveva fatto gridare di dolore Hime per quasi una giornata intera. Al suo posto, Grimmjow avrebbe preso seriamente in considerazione l’idea di staccargli la testa appena si fosse degnato di uscire… ma in fondo quello avrebbe un po’ vanificato il tutto. Una femmina, un cosetto con gli occhi, allora ancora chiusi, di un castano caldo come quelli di sua madre, priva della maschera ma con il palmo della mano sinistra attraversato da un foro, a ricordare il suo lignaggio, e sulla testa qualche sparuto ciuffo dello stesso color ghiaccio dei capelli di suo…padre.

 

Grimmjow si fermò, il pugno già alzato per spaccare il lucchetto interno del negozio, e lasciò andare un sospiro esasperato. Perché non mandava tutto a quel paese e non andava a cercarsi la sua battaglia finale, contro gli shinigami o chi altro, a cercare l’unico modo in cui per così tanto tempo era riuscito a sentirsi vivo… Lo sapeva benissimo, per quanto la cosa lo infastidisse. Perché in quel pugno di carne che Orihime aveva insistito per mettergli in braccio, e che lui le aveva restituito dopo meno di cinque secondi per paura, paura di fargli male, lui che viveva per infliggere dolore ai suoi avversari in combattimento, c’era qualcosa di indiscutibilmente suo. Un arrancar, un’anima divorata, un essere che pensava solo perché qualcuno, nella fattispecie Aizen-sama, l’aveva preso insieme ad una quintalata di altri e fatto rinascere per poterlo usare. Eppure ora esisteva qualcosa… di solo suo.

 

E Aizen aveva cercato di usare anche lei, la piccola. La stanza di Hime era vuota, e Grimmjow aveva chiesto a Wyce, probabilmente l’unico altro arrancar con cui Orihime ogni tanto tentasse di parlare, se sapeva dove fosse finita. Era stato Ulquiorra a rispondergli, dietro le spalle. Aizen-sama aveva chiesto di lei e della bambina, nel laboratorio. Era stato come se qualcuno annunciasse che il momento era giunto. Si era trattato di un sogno bizzarro, assurdo, ed era finito. Era il momento di ricordarsi che niente di tutto questo gli era necessario.

 

Grimmjow si era girato e si era precipitato verso il laboratorio, usando il Sonido. I muri nel mezzo non erano stati un problema.

 

Non aveva mai saputo quali fossero state le intenzioni di Aizen-sama. Era però abbastanza sicuro che, qualunque cosa fosse, implicasse la morte della bambina. Nient’altro avrebbe potuto provocare… quello. Quando era arrivato, Orihime era in ginocchio, la bimba stretta tra le braccia, lo scudo luminoso degli Shun Shun Rikka tra lei e i tre shinigami reietti. I fiori non si vedevano da nessuna parte però. Doveva aver già pronunciato la frase. Grimmjow era arrivato giusto in tempo per vedere l’espressione di Aizen cambiare, rendersi conto di cosa stava per succedere, frantumarsi nel panico…

 

E poi era scomparso.

 

A ripensarci, Grimmjow rimpiangeva di non aver avuto due secondi in più per godersi la sua faccia. Sarebbe stata una soddisfazione incredibile.

 

Ma sul momento era troppo impegnato a guardare Ichimaru e Tousen scomparire nello stesso modo, e così stava sparendo il reiatsu di tutti gli altri, arrancar, espada, fracçiones.

 

Con il suo potere, con quell’assurdo, divino potere, Orihime aveva negato l’esistenza stessa di Aizen. E così facendo anche tutto ciò che da quell’esistenza era stato causato o influenzato stava scomparendo o tornando nel posto dove sarebbe stato.

 

Anche…

 

Orihime alzò lo sguardo, incrociando gli occhi dell’arrancar. Il suo sguardo era limpido e focalizzato, come mai Grimmjow l’aveva visto.

 

“No.” Le sue labbra formarono la parola senza emettere suono.

 

Ed era tutto finito. L’assenza era così pesante da sembrare quasi viva, Grimmjow la percepiva sulle sue tempie, sulle spalle… sentì il rumore di un passo dietro di . Si voltò, e scoppiò a ridere, istericamente, così forte da sentirsi piegare le gambe e doversi appoggiare con un ginocchio per terra.

 

Panico sulla faccia di Aizen… ed un espressione sorpresa, qualcuno potrebbe addirittura spingersi a dire sconvolta, su quella di Ulquiorra. Quella era una dannata festa.

 

L’Espada sembrò sul punto di dire qualcosa, ma si trattenne, ed invece guardò con furia (furia! Da non crederci!) il suo unico fratellastro rimasto. Finalmente Grimmjow riuscì a frenare le risate sguaiate. Si lasciò cadere seduto, appoggiandosi sulle mani e scosse la testa. Non era possibile… tutto… in meno di un secondo. Folle.

Lanciò un’occhiata ad Ulquiorra, che stava recuperando la finta maschera che era il suo viso, ed in risposta al suo sguardo interrogativo alzò le spalle. A momenti gli venne da ridere di nuovo.

 

“E’ salva.” La voce di Orihime li fece voltare e i due furono immediatamente consci di una presenza, quella sì enorme, insieme a loro. Il viso della ragazza era contorto nella parodia di un sorriso, mentre le lacrime le scendevano sulle guancie. Si alzò in piedi, la bimba stretta al petto e si avviò verso l’uscita del laboratorio. Mentre lo superava, Grimmjow riuscì a vederlo, il modo in cui il suo sguardo si spegneva e la ragazza si trasformava in quella bambola di pezza che era stata nei mesi seguenti.

 

E così si erano ritrovati, unici signori di un mondo cavo, privato anche della parodia di vita con cui l’utopia di Aizen l’aveva popolato. Soli, ed entrambi perfettamente consci di essere in compagnia di qualcuno che poteva cancellare la loro esistenza con un semplice pensiero. Era abbastanza semplice capire perché solo loro due fossero stati risparmiati, almeno a detta del supponente Quarta Espada. Orihime aveva cancellato Aizen e fatto partire una reazione a catena che aveva, letteralmente, modificato il mondo, mettendolo nella posizione che le cose avrebbero ricoperto se lo shinigami chiamato Aizen Sousuke non fosse mai esistito. Ma ciò, in definitiva, avrebbe eliminato anche la presenza di Alia… e la ragazza era intervenuta, appena se ne era resa conto, bloccando il processo e mantenendo l’esistenza dei due individui che, dopo Aizen, erano immediatamente responsabili della sua nascita: Ulquiorra che l’aveva portata nello Hueco Mundo e Grimmjow che… , il suo ruolo era chiaro.

 

Ovviamente non poteva essere così semplice. Grimmjow faceva fatica a concepire un intero universo che, semplicemente, prendeva atto del vuoto e si spostava a colmarlo, e si riformava intorno a quattro individui la cui esistenza, o presenza in quel posto, non aveva altra ragione di essere che la volontà di una ragazzina. Sti gran cazzi del potere divino… Inoltre, più ci rifletteva più si convinceva che se Orihime ci avesse pensato, avrebbe potuto affermare l’esistenza di sua figlia indipendentemente anche da lui e Ulquiorra, lasciandoli sparire entrambi. Forse, l’unico motivo per cui lui era lì, a camminare nell’aria della notte una decina di metri sopra le strade di Karakura per mancanza di meglio da fare, era che ad Orihime questo non era ancora venuto in mente.

 

Si sollevò un altro paio di metri, lasciando che la percezione del reiatsu si allargasse senza metterci la propria volontà, cercando pigramente qualche picco di forza interessante.

 

Sentì delle voci agitate, sotto di sé, ma non vi prestò particolare attenzione. Era invisibile agli umani, e con la debole luce dei lampioni i sacchetti di plastica sospesi a mezz’aria non si facevano certo notare.

 

La voce ci mise un po’ a raggiungere la sua memoria, ma quando le parole mezze gridate riuscirono finalmente a risvegliarla l’arrancar si bloccò nell’aria, abbassando lo sguardo in fretta.

 

 

 

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“Muoviti!!! Non ci posso credere, sono quasi le dieci! I miei mi ammazzeranno… gran bella idea, eh, la tua!” Una ragazza, sui quindici, sedici anni, i capelli neri e corti e l’aria infuriata. Correva con una borsa da ginnastica in spalla, ed un kimono appallottolato sotto il braccio.

 

“Ma se sei stata tu ad avere l’idea dell’incontro di lotta dopo le lezioni?!? Ach…” Il ragazzo che la tallonava rischiò di inciampare sul marciapiede, ma riprese l’equilibrio in tempo e continuò a correrle dietro. “Che c’entro io con quell’idiota del custode che ci ha chiusi dentro?!”

 

“Potevi guardare l’ora, stupido!” La ragazza svoltò bruscamente in un vicolo, mentre il suo inseguitore si fermava, ansimando. Evidentemente le strade di casa si dividevano. Un attimo prima di sparire dietro un altro angolo, la ragazza si girò, e gli fece una boccaccia. Il ragazzo, che stava riprendendo fiato appoggiandosi con le mani alle ginocchia, sbuffò.

 

“Sempre colpa mia, eh, Tatsuki?” Fece un respiro profondo e si raddrizzò, infilandosi l mani in tasca. Alzò gli occhi verso il cielo, pensando alla discussione che gli sarebbe toccata anche a lui con i suoi genitori, per il ritardo. Poi notò qualcosa, una specie di macchia bianca, sfocata, appena in alto a destra. Si sfregò gli occhi, e li socchiuse, tentando di metterla a fuoco. Infine sbuffò, passandosi una mano tra i capelli, di un color arancione vivo sufficiente a renderlo visibile nella notte.

 

Hey, se sei uno spettro farai meglio a lasciar perdere!” esclamò ad alta voce. “Non riesco a sentirti, né a vederti tanto bene, meglio se ti cerchi un medium migliore!” Tipo Karin, pensò, ma evitò di dirlo ad alta voce. Ci mancava solo che arrivassero altri fantasmi a rompere le scatole alla sua sorellina, già normalmente con i nervi scoperti.

L’ombra bianca tremò per un istante, come se dell’acqua si fosse improvvisamente frapposta tra loro due, e poi scomparve. Il ragazzo sbattè le palpebre, con un’espressione perplessa. Quelli che aveva visto per un istante sopra la sua testa… non erano sacchetti della spesa, vero?

 

Fece le spallucce, un’altra cosa strana da aggiungere alla lista del “perché la vita di Kurosaki Ichigo è così interessante, se non la devi vivere”, e si avviò verso casa.

 

 

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Nella sua stanza, nascosta tra i corridoi di Las Noches, Orihime scrisse l’ultima parola, chiuse il quaderno e respirò profondamente. Dal punto in cui era accoccolata per terra, intenta a giocare con gli animaletti di plastica frutto di una delle ultime scorrerie di suo padre, Alia alzò lo sguardo sulla sua mamma, incuriosita dal cambiamento che percepiva senza comprendere.

Orihime lasciò che un sorriso sollevato le si disegnasse sul volto. Li aveva trovati, tutti quanti. Ognuno era dove doveva essere, e forse era il momento che si muovesse anche lei.

Posò il quaderno insieme agli altri, le costine creavano un arcobaleno colorato, e respirò a fondo di nuovo, concentrandosi.

Non era sicura… di ricordarsi come si facesse.

Un istante dopo qualcosa, sospettosamente simile ad un calcio volante in miniatura, la colpì sulla nuca.

 

“Brutta cretina!!!!Tsubaki ululò. “Ma quanto ci hai messo?!?

 

 

-/-/-/-

 

 

 

Grimmjow entrò nello Hueco Mundo, mollò le borse per terra e restò lì a guardarsi intorno , indeciso sul da farsi e reso ancora più furibondo dalla sua incertezza

 

Grimmjow.” O, bene, quel che ci mancava… Si voltò, esasperato, incrociando lo sguardo di Ulquiorra, appena entrato nel salone. “C’è qualcosa che…” L’ex-quarta Espada si interruppe, scrutando l’espressione di Grimmjow. Diede un’occhiata agli oggetti proveniente dal mondo, abbandonati per terra.

 

“Cos’è successo?” chiese.

 

Grimmjow scosse la testa, e si lasciò scappare una breve risata. “Quell’umano. Kurosaki, quello che Ichimaru ha ucciso. L’ho appena visto.”

 

“Ah.”

 

“…Non hai proprio nient’altro da dire?!” Per poco Grimmjow non gli saltò alla gola. Che cazzo di reazione era quella?

 

Ulquiorra lo guardò con appena un po’ di compatimento. “Anche la sua vita è stata influenzata da Aizen-sama. E la sua morte. E’ logico che in sua assenza le cose si siano sviluppate diversamente… non è mai venuto qui a combattere con me, tanto per iniziare.”

 

Ma…” Grimmjow sollevò le mani, passandosele tra i capelli. “…non capisco, lei, cosa diavolo sta aspettando?! Se tutto nel suo mondo è tornato alla normalità, di questo se ne deve essere resa conto, se anche la persona che… che amava è viva e vegeta… Cosa diavolo ci fa ancora qui, perché non è ancora tornata a casa? Non è per la bambina, potrebbe vivere tranquillamente anche nel mondo umano, passerebbe per umana… Cosa diavolo ci facciamo noi ancora vivi?” Iniziò a sogghignare, amaramente. “Cosa ci fai tu ancora vivo, Ulquiorra, dopo che il tuo padrone, con tutti i suoi sogni ed i suoi ideali è scomparso? Cosa aspetti, che qualcuno ne prenda il posto? Sei incapace anche solo di decidere di andartene da qui e cercare un nuovo scopo per la tua inutile esistenza.

 

Ulquiorra non battè ciglio, e quando parlò le sue parole risuonarono appena di derisione.

 

“E’ inutile ascoltarti parlare di significati e scopi… tu che non ti sei nemmeno mai chiesto perché fossi vivo.

 

“Oh, sì che me lo sono chiesto” Grimmjow gli sputò le parole contro. “Sono vivo perché una mocciosa per qualche motivo ha deciso che dovevo esserlo… e se parli di un motivo prima che ci ritrovassimo in questa situazione di merda, , non ce n’erano e non me ne importava.”

 

Ulquiorra proseguì come se non l’avesse nemmeno sentito “Non mi interessa sprecare energie in inutili dimostrazioni della mia esistenza. Se sono sopravvissuto ad Aizen-sama significa che c’è qualcosa che devo fare, qui, al suo posto.”

 

“Progetti di riprendere in mano il cammino verso l’utopia?” Quanto odiava quella stupida parola… “, non ti ho visto darti molto da fare al riguardo… o forse, aspetta, non dirmelo…” Il ghigno di Grimmjow gli andava da un orecchio all’altro. “Sei qui che aspetti e speri che sia Orihime, con tutto il suo potere, a prendere in mano la situazione! Tu hai bisogno di seguire qualcuno, non sei in grado di decidere da solo da che parte stare… , lascia che ti dica una cosa dannato idiota.” Di scatto, Grimmjow attraversò la breve distanza che li separava ed afferrò Ulquiorra per il bavero del suo vestito, avvicinando il viso al suo.

Se anche qualcuno è la causa della tua esistenza, ciò non significa che essa gli appartiene! Noi non appartenevamo ad Aizen, dannazione, nessuno di noi, ci ha risvegliati per usarci e ci controllava con il suo potere! E che tu ora non veda l’ora di essere controllato da Hime solo perché lei ha il potere di distruggerci è pura e semplice idiozia! Cazzo, persino lei te lo direbbe! Perciò piantala di aspettare che in lei si risvegli non so che grande leader e trovati qualcosa da fare!!!”

 

Le parole urlate risuonarono nel salone, rimbalzarono tra i corridoi vuoti e vi si persero mentre, esaurito lo sfogo Grimmjow taceva, gli occhi saldamente piantati in quelli verde scuro di Ulquiorra. Stava tremando per la tensione e la rabbia.

 

E tu?” La voce dell’arrancar tradiva appena la minima irritazione, come sempre. Sollevò una mano e afferrò il polso di Grimmjow, che mollò la presa sul suo vestito e fece un paio di passi indietro. “Qual è la tua scusa per non essertene ancora andato e-” Si interruppe, come se avesse percepito qualcosa. Poi fece il più piccolo accenno di un sospiro rassegnato e si rimise le mani in tasca. “Certo” mormorò. E poi: “Farai meglio a non attaccare.”

 

Grimmjow aprì la bocca per chiedergli spiegazioni, ma prima che potesse farlo la botta di reiatsu in movimento lo colpì dietro la testa, mozzandogli il fiato. E fece appena in tempo a bloccare il suo istintivo contrattacco, che qualcosa di molto più solido gli atterrò sulla schiena, aggrappandosi al collo della giacca.

 

“DA-DAH!!” strillò Alia, trionfante, e scoppiò a ridere. Alzando gli occhi al cielo e soffocando un quantitativo di imprecazioni sufficiente a far crollare il tetto, Grimmjow acchiappò la bambina e la resse davanti a sé, fulminandola con gli occhi.

 

“Ma che diavolo ci fai qui?” le sbraitò contro, e per tutta risposta la piccola, deliziata al surplus di attenzione che riceveva così di rado da suo padre, fece un sorrisone ed allungò le manine per toccargli la maschera. “E piantala, stupida… e tu non ti azzardare a dire niente!” aggiunse rivolto ad Ulquiorra, che stava osservando la scena con un’aria vagamente sconsolata.

 

“Ah… siete qui!”

 

Entrambi gli arrancar si voltarono allo stesso momento, per trovarsi a guardare Orihime che faceva capolino da dietro la porta, con un sorriso incerto. C’era qualcosa di diverso in lei, si percepiva immediatamente. Qualcosa di più vivo. Sopra e intorno a lei sfrecciavano le macchie colorate degli Shun Shun Rikka.

 

“Quei cosi… sono tornati.” Grimmjow non cerco di nemmeno di nascondere la sua sorpresa, mentre inconsciamente avvicinava sua figlia al petto, per reggerla meglio. In un secondo una delle macchiette gli sfrecciò davanti, e si fermò a due centimetri dalla sua faccia, rivelandosi un esserino simile ad un folletto con il volto coperto da un fazzoletto.

 

“Certo che siamo tornati! E non credere che te la farò passare liscia, con tutto quello che hai fatto ad Orihime, qua non c’è nessuno che può permettersi di trattarla male, oltre a m-UFF!” Il discorso di concluse con un verso strozzato quando la mano di Grimmjow scattò su, il movimento abbastanza veloce da essere invisibile, ed afferrò l’insetto fastidioso. Lanciò appena un’occhiata di sottecchi ad Hime, che si stava facendo avanti con aria preoccupata, poi sospirò, e fece un ghigno.

 

Alia? Giocattolo nuovo.” E mise l’insetto tra le mani della bambina che, felice, si affretto a testarne le capacità snodabili. Gli altri Shun Shun si avvicinarono svolazzando, le fatine più intente a commentare tra loro la somiglianza tra padre e figlia che a preoccuparsi delle esclamazioni oltraggiate del povero Tsubaki. Grimmjow fece una smorfia divertita, poi rivolse di nuovo la sua attenzione a Orihime. Si rese conto che stava ancora tenendo sua figlia in braccio, e per un attimo si chiese se non fosse il caso di ridargliela. Ma la piccola sembrava essersi accoccolata comodamente, ed era proprio della misura giusta per stare seduta nell’incavo del suo gomito, e Hime non aveva ancora detto niente al riguardo.

 

C’era solo da sperare che non lo facesse, o il fatto che stava tentando di tenersi un po’ in braccio sua figlia poteva risultare evidente.

 

“I tuoi poteri sono tornati?” chiese Ulquiorra, con la sua solita capacità di tagliare fuori dalla sua linea di percezione tutto ciò che riteneva irrilevante al problema in primo piano.

 

Orihime annuì, e per un attimo sembrò imbarazzata. “Non… non è che se ne fossero andati. Ero io che li stavo tenendo lontani… Per tutto questo tempo, dopo…” La ragazza alzò le mani davanti a sé, come a chiedere scusa e pazienza, per delle spiegazioni che le veniva difficile dare a parole.

 

“Li hai sigillati.” Ulquiorra le venne in aiuto. “Avevi paura?”

 

“Sì. Ma c’era dell’altro… c’era una cosa che dovevo fare…” Un altro sorriso, triste. “Scusatemi se ci ho messo tanto…”

 

Grimmjow avrebbe voluto darle della cretina… scusarsi… ma cosa c’era da scusarsi, e con loro soprattutto?! Invece si ritrovò ad andarle vicino, non abbastanza da toccarla, certo, ma la ragazza alzò lo sguardo e gli fece un sorriso appena un po’ più sicuro lo stesso.

 

Cosa dovevi fare?” D’accordo, forse per una volta Ulquiorra poteva anche essere utile…

 

“Trovarli. Sentire… come si è sistemato tutto dopo quello che ho fatto” Ora l’espressione di Orihime era tornata determinata, e chiara. “Posso sentirlo, sapete? Se mi concentro riesco a percepire il mondo, riesco a percepire tutto ciò che ho toccato e che ho cambiato.

 

Ed è questo che stavi facendo?” Grimmjow, pensò ai quaderni, riempiti di fitta scrittura. Stava davvero… copiando il mondo come lo aveva riscritto?

 

“Non per tutto il tempo!” Orihime si affrettò ad aggiungere. “All’inizio… stavo solo cercando di non pensare, di occuparmi di lei” Allungò una mano per spostare un ciuffo di capelli dalla fronte di Alia. “Se cercavo di pensare a quello che avevo fatto…” Scosse la testa. “Non… Io lo volevo, di questo ero sicura. Volevo fare quello che era necessario per salvarla… Scusatemi. Ho fatto qualcosa senza averne davvero la forza, non volevo uccidere così tante persone.

 

Tecnicamente, non sono nemmeno nate stava per puntualizzare Grimmjow, ma, probabilmente per fortuna, Ulquiorra parlò prima che potesse farlo lui.

 

“Hai fatto quello che pensavi giusto. Né io né Grimmjow siamo certo nella posizione di accusarti di nulla. Quella, nonostante le illusioni che potevamo farci, non era la nostra famiglia, né persone che avremmo potuto realmente chiamare compagni. Ed ora non ha senso avere rimpianti.”

 

Orihime annuì. “Ci ho pensato, sapete, se ci fosse un modo per cambiare ancora le cose, ma…”

 

“Ma gli shinigami e il tuo mondo ora sono tranquilli, al sicuro da una guerra che non sanno nemmeno di aver rischiato. Quello di Aizen non era certo il mio scopo. Ci sono… altre cose da fare.” Disse Grimmjow, e poi “E così ora sai dove sono tutti?”

 

“Sì!” L’improvvisa eccitazione di Orihime lo fece quasi sobbalzare. “Gli shinigamiIchimaru e Tousen sono tutti e due capitani come prima, anche se Ichimaru lo è di uno squadrone diverso, e Rangiku-san è la sua luogotenente! Vedi, senza che Aizen intervenisse lui non si è mai allontanato da lei… ed è ancora un po’ inquietante, ma non così terribile, è una persona abbastanza diversa…”

 

Grimmjow la osservò a bocca aperta… stavano parlando della persona che aveva ucciso Ichigo nell’altra vita… che razza di testa doveva avere Hime per parlarne così, che razza di capacità di perdonare…

 

Quella adatta a una persona con poteri quasi divini, probabilmente.

 

“…e anche Urahara-san è ancora nella Soul Society, che strano pensare che il suo negozio non ci sia mai stato, e Renji ora è luogotenente ed anche Rukia-chan, è diventata luogotenente della tredicesima squadra, ora il capitano è Kaien-san, Ukitake-san purtroppo ha dovuto rinunciare alla carica perché non stava bene, però Rukia-chan non è mai andata sulla terra, perciò non ha mai…” la voce le mancò per un istante, ma si riprese al volo “…mai incontrato Ichigo, e questo è triste… anche Byakuya-san, è ancora così triste, e chiuso in stesso, spero tanto che le cose possano cambiare per lui anche se non c’è mai stato il processo e tutto quanto, però e sulla terra stanno tutti bene! Ishida… ora non è più in Giappone, ma sta bene, e alla scuola sono tutti più o meno come prima, Sado-kun, e Tatsuki-chan e anche Kurosaki-kun! La mamma di Kurosaki-kun non è morta, sapete?! E questo è bellissimo!” Orihime guardava alternativamente i due arrancar, come a tentare di coinvolgerli nel suo entusiasmo per le sane condizioni di tutti. Grimmjow si sentiva abbastanza senza parole. E quando la ragazza finì di delucidarli anche sulle condizioni di tali Ganju e Kuukaku-san, che non avevano mai incontrato e della qual cosa potevano probabilmente sentirsi grati, restò a guardarli in attesa di un qualche commento.

 

“Uhm…” Grimmjow notò vagamente che Alia gli si era appisolata in braccio, intenta a succhiare un lembo della sua giacca. “Quindi… in un certo senso è tutto a posto.

 

E noi, che ci stiamo a fare? Per quanto odiasse dare anche solo lontanamente ragione ad Ulquiorra, in quel mondo in cui tutto si era messo a girare più o meno nel verso giusto i due arrancar, con Las Noches e tutto quello che stava a significare, erano un po’ a sproposito. Soprattutto…

 

“Ritornerai nel tuo mondo, ora?” Era stato Ulquiorra ad esprimere la domanda ad alta voce. Orihime sbattè le palpebre, stupita, ed il suo sguardo andò a cercare quello di Grimmjow, che notò immediatamente (da quando esattamente era diventato così sensibile?) la breve traccia di panico in esso, e si affrettò a ridarle Alia, zittendo la flebile voce di protesta nella sua mente.

 

Perché?” chiese lei, cullando la bambina addormentata.

 

“E’ la tua casa. E’ il luogo a cui appartieni. Non ne senti nostalgia?”

 

Orihime scosse la testa. “Io là non sono mai esistita. Non sono mai nata. Mio fratello… mio fratello è morto di incidente d’auto, nello stesso identico modo. Non c’è nessun posto dove potrei…”

 

“Ma che cazzo dici?!” esclamò Grimmjow, irritato al suo disfattismo. “E’ il tuo mondo, e quelli sono i tuoi compagni… per quanto ne sai potrebbero anche ricordarsi qualcosa non appena ti vedranno! E’ stupido rinunciare così!”

 

“No… non è possibile. E poi, io non… Io non credo che quella sia la casa a cui dovrei tornare. Guardò sua figlia, e poi i suoi involontari, voluti, compagni. “Io penso… che la mia casa sia qui, con lei, e con voi perché voi siete gli unici che vengono dal mio stesso mondo, e che possono capire… Sempre…” e fu come se la ragazza si stesse rattrappendo, di nuovo, pur non cambiando minimamente la sua postura. “…se voi lo volete, mi volete qui.” Stava guardando solo Grimmjow, in quel momento, e l’arrancar dovette ammetterlo, finalmente, a stesso. Non si sarebbe mai più potuto staccare da lei e dalla bambina, da quel pezzo di sé. E poi… per mesi, era rimasto lì, aveva gravitato intorno a lei in attesa, solo per la speranza di sentirla di nuovo chiamare il suo nome, di recuperare anche solo un frammento di quel folle periodo in cui la bambina ancora non nata era cresciuta tra di loro.

 

Non aveva bisogno di un dannato significato superiore per la sua esistenza. Aveva solo bisogno di quella ragazza nelle vicinanze. Con buona pace dell’orgoglio.

 

, questo non è casa nostra più di quanto sia la tua” esclamò alla fine, guardando altrove. “E se voglio che la mocciosa non diventi una completa incapace” riuscì quasi a sentire la risata mentale di Ulquiorra a quella uscita “dovrò pur restarle intorno.”

 

“Se tu lo vuoi,” aggiunse così piano da essere quasi inaudibile. Orihime sorrise, un sorriso vero, grande come il mondo. Posò la mano sul suo braccio, stringendo appena. “Grazie, Grimmjow” mormorò.

 

E a quel paese il futuro pensò l’arrancar. Poi entrambi si voltarono verso Ulquiorra, che sollevò appena le spalle.

 

“Non ha senso per me andare altrove, almeno per il momento.

 

Mapporc pensò Grimmjow.

 

“Evviva!” esclamò Orihime battendo le mani e guadagnandosi un’occhiata quasi sinceramente perplessa da Ulquiorra. 

 

 E poi, non saremo soli a lungo…” aggiunse lui.

 

“E’ vero.” Fece Orihime, pensierosa.

 

“Eh?” Grimmjow li squadrò alternativamente. “Ma di che diavolo state parlando?”

 

Aaaah… dunque… è il mondo che deve riempire i buchi! Cioè, i buchi di trama che gli ho lasciato io…” iniziò a spiegare Orihime.

 

“Era quello di cui ti volevo parlare quando ti sono venuto a cercare prima.” Tagliò corto Ulquiorra. “Ai bordi dello Hueco Mundo, dove è più fragile il confine con il mondo, stanno nascendo naturalmente degli arrancar. Ovviamente, tu non te ne eri minimamente accorto.”

 

Cosa?! Ma come diavolo…”

 

“E’ il mondo che si sistema i buchi e ci mette le pezze, te l’ho detto! Gli arrancar sono nati dalla Hougyoko, giusto? Ora sembra che in questo mondo la Hougyoko non esista, Urahara-san non ha mai finito di costruirla… però tu e lui esistete, e siete degli arrancar, ed il mondo deve in qualche modo aggiustarsi per far si che la vostra esistenza sia possibile, mi segui?”

 

Grimmjow annuì, lentamente, ricordandosi giusto in tempo di chiudere la mascella.

 

“Ecco! Quindi alcuni Hollow si stanno evolvendo per i fatti loro, e stanno diventando arrancar, o comunque qualcosa di molto simile! Ed il mondo sta facendo finta che anche voi siate saltati fuori così! Tutto chiaro?”

 

“…a parte il pezzo in cui il mondo fa finta… direi di sì. Quanti ce ne sono?”

 

“Non molti, per ora.” Disse Ulquiorra. “Ma sono abbastanza sicuro che aumenteranno rapidamente. La maggior parte di loro saranno in preda al panico, e probabilmente non si comporteranno in modo molto diverso dagli Hollow, cercheranno di entrare nel mondo per cibarsi di energia spirituale.”

 

“Gli shinigami non ci metteranno molto a rendersi conto della novità…”

 

“…Motivo per cui sarà meglio cercare di entrare noi per primi in contatto con loro, fermarli e portarli qui. Poi si deciderà cosa fare. Prima o poi dovremo andare a fare una visita di cortesia agli shinigami, ed è meglio avere il controllo completo della situazione qui, prima. L’importante è evitare che i nuovi arrancar ci vedano subito come nemici…”

 

Grimmjow fece una smorfia divertita. “A quanto pare almeno per un poco non ci si annoierà… beeeene… Dubito che troverò qualcuno tra loro in grado di farmi divertire, ma almeno è un diversivo.”

 

Jaggerjack? Pensi di essere in grado di almeno provare a far finta di ascoltarmi quando espongo un piano intelligente?”

 

Orihime osservò per qualche istante i due arrancar che litigavano, uno esagitato e irascibile e l’altro calmo e altero. Le ricordavano così tanto altre due persone… ma non erano loro che stava cercando, non più. E intercettando lo sguardo di Grimmjow, che per un attimo sembrò tentare di sfuggirle, e poi ci rinunciò, e le rivolse il suo solito ghigno, appena un po’ più addolcito, sentì che non c’era niente che non andasse in ciò. Guardò sua figlia, ancora beatamente addormentata, e sorrise. Sentiva in qualche modo di essere tornata a casa, pur non essendosene mai andata.

 

 

-/-/-/-

 

 

 

“Solo una cosa… visto che dovremmo sistemarci qui per un bel po’… ci sarebbero delle cose dalla terra di cui avrei bisogno.”

 

“Era ora che ti decidessi a chiedere qualcosa. Grugnì Grimmjow.

 

“…, allora se non è un problema…”

 

Dieci minuti dopo, l’arrancar stava fissando ad occhi sbarrati le dodici pagine di quaderno scritte fitte fitte che gli erano state consegnate. Ulquiorra gli passò accanto, occupato nella sacra arte dell’Ignorare Altamente.

 

“…e cosa diavolo è un juke-box?!”

 

“Non ne ho idea. Buon divertimento, io vado a perlustrare i confini.

 

“……merda….”

 

  
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