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Autore: _Diane_    29/10/2012    2 recensioni
Dopo la fine della battaglia di New York contro alieni di vario tipo, ogni vendicatore è tornato alle sue usuali attività. Eccezion fatta che ogni giovedì sera il gruppo si ritrovi alla Stark Tower a vedersi in tutta pace un bel film. Al termine di una serata nella quale è stata proposta la visione di "Ritorno al Futuro", uno Steve ancora incerto del suo posto nel mondo viene colpito da un qualcosa che ne provoca lo svenimento. Al suo risveglio si ritroverà nuovamente spaesato nell'anno... 1991. Tra vecchi amici, nuove conoscenze, molti problemi, riuscirà il nostro Capitan America (alias Jarvis) a cavarsela e tornare a casa?
- Dal Capitolo Dieci -
«Tony Stark?»
Domandò senza mezzi giri di parole la giovane dai capelli rossi.
«Esattamente. E voi non credo siate i fantasmi del Natale passato, presente e futuro di Dickens, vero?»
La ragazza parve sconcertata dal comportamento di chi gli aveva appena aperto la porta. Un turbamento che durò qualche millesimo di secondo, dopo il quale rispose.
«Perché, avresti forse paura di confrontarti con i tuoi peccati, signor Stark?»
Genere: Avventura, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Sorpresa, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6 RIASSUNTO: Dopo la fine della battaglia di New York contro alieni di vario tipo, ogni vendicatore è tornato alle sue usuali attività. Eccezion fatta che ogni giovedì sera il gruppo si ritrovi alla Stark Tower a vedersi in tutta pace un bel film. Al termine di una serata nella quale è stata proposta la visione di "Ritorno al Futuro", uno Steve ancora incerto del suo posto nel mondo viene colpito da un qualcosa che ne provoca lo svenimento. Al suo risveglio si ritroverà nuovamente spaesato nell'anno... 1991. Tra vecchi amici, nuove conoscenze, molti problemi, riuscirà il nostro Capitan America (alias Jarvis) a cavarsela e tornare a casa?



You say yes, I say no
Tu dici sì, io dico no

You say stop and I say go, go, go, oh no
Tu dici fermo e io dico avanti, avanti, avanti, oh no
You say goodbye and I say hello
Tu dici addio e io dico ciao
Hello hello
I don't know why you say goodbye, I say hello
Io non so perché tu dica addio, io dico ciao


Hello Goodbye ~The Beatles




Capitolo Sei

Lunedì, 20 Dicembre 1991.
Mattino.


Quella notte Steve non ebbe incubi. Non sognò assolutamente niente di niente. Riposò come un bimbo grazie ad un sonno pesante e tranquillo, il che non avveniva da secoli. Forse tutta quella pace era servita per prepararlo all'ansia che lo assalì una volta sveglio. Non riusciva ad abbottonarsi la camicia, tantomeno a dare una spazzata decente alla camera d'albergo nella quale aveva trascorso gli ultimi giorni. Doveva lasciare l'albergo che, in così poco tempo, era diventato una sorta di nido in cui ritirarsi.
Passandosi una mano su barba e baffi si guardò nervoso allo specchio. Doveva ammettere che faticava a riconoscere sé stesso in quel riflsso così... diverso. Mentre si dimenava invano per domare la cravatta che non ne voleva sapere di annodarsi al collo, la mente tornò all'incontro con Phil.

«Serve aiuto?»

La giovanile figura di Coulson apparve sullo stipite della porta; Steve sobbalzò e, mentre questo rapido la richiuse, si chiese se in fondo anch'egli non possedesse una sorta di superpotere.

«Credo che normalmente lei presti aiuto agli altri, non il contrario; ma questa temo sia una battaglia persa.» Svelto si avvicinò a Steve e con due rapide mosse sistemò il malefico indumento maschile intorno alla gola del Capitano.

«Grazie.» Rispose semplicemente Rogers, una volta che l'altro si fu allontanato abbastanza per permettere al suo cervello di ricominciare a funzionare.

«Le lascio questa.» Proferì serio Phil, poggiando sul letto un borsone nero di pelle che portava sotto braccio. «Dentro troverà tutto ciò di cui ha bisogno per la missione.»

«Perfetto.» Il suo rispondere a monosillabi aveva un che di terribilmente impacciato, ma non riuscì a mascherare quella sensazione predominante.

«La saluto, signor Rogers. Buona fortuna.»

«Credo mi servirà.»

Sentenziò ironicamente Steve; tenere a bada un Tony Stark adulto era una missione pressoché impossibile.
Steve sarebbe riuscito a domare la sua controparte adolescenziale?

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«E così giunge già il momento dell'addio!»

Proferì in tono melodrammatico il vecchio custode dell'albergo.

«Hai proprio occhio per certe cose?» Ribattè ironico Steve, scendendo gli ultimi gradini delle scale.

«Mio caro Jarvis, anche qui il mondo passa ma a poche persone per volta.» Lasciò il bancone e si avvicinò lento al Capitano, guardandolo fisso negli occhi.
«Ci sono arrivi e partenze, continuamente; negli occhi della gente mi piace osservare quello che vedranno, non quello che hanno visto.» Poi, quando fu abbastanza vicino, picchiettò ripetutamente il dito sul torace di Steve, il viso rivolto verso l'alto per assecondare alla differenza d'altezza tra i due.
«E tu, qualcosa mi dice che tu stai per intraprendere un nuovo viaggio.»

Rogers rimase interdetto, ma gli riuscì un sorriso che sciolse la strana situazione.

«Io la ringrazio per la sua gentilezza, signo... Stan.»

Disse, con un paio di pacche sulla spalla  forse un po' troppo ben assestate che fecero vacillare il povero vecchio.

«Ahah, ragazzo tu farai strada!» Rise, con estrema naturalezza.

«Addio!» Salutò Steve, stringendo ulteriormente il borsone che portava sottobraccio. Seguì fu una cordiale stretta di mano, poi Steve si avviò verso l'uscita. Prima di varcarla riuscì a sentire un ultima frase proferita dal vecchio Stan.

«New York è una città più piccola di quello che si pensi; ci rivedremo presto, soldato


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L'esitazione dinanzi al campanello, affianco alla porta d'ingresso in legno massiccio, era qualcosa di pressoché imbarazzante. Doveva muoversi a premere quel minuscolo pulsante o qualche passante si sarebbe chiesto se non era morto assiderato. Una volta gli era andata bene; non gli andava di rischiare una seconda. Soprattutto non dopo le miriadi di sbalzi temporali affrontati, i quali iniziavano a mettere a dura prova la sua capacità di comprensione.
Infine prese un profondo respiro di sollievo e, come un soldato impaurito alla prima missione, sfiorò appena il campanello con il dito.
La porta istantaneamente si spalancò dinanzi a lui.

«Ore otto e quattro minuti.»

Sentenziò grave la giovane figura di Tony,  tutta intenta ad osservare le lancette del costoso orologio che portava al polso.

Poi alzò lo sguardo e con un mezzo sorriso lo invitò ad entrare.

«Non vorrei che stessimo facendo troppi progressi in una volta sola!»

Senza proferir parola, sentendosi punzecchiato come dal Tony del ventunesimo secolo, varcò la soglia della villa.


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La casa si rivelò enorme. Da fuori le altissime guglie in mattoni ornate da inserti in marmo chiaro già sembravano immense; ma una volta entrato ebbe l'impressione che lo spazio potesse essere ancora più grande. La sera prima non aveva visto pressoché nulla dello splendore che l'ornava; solamente l'ingresso, con due file laterali di colonne bianchissime dai profili corinzi, sembrava appartenere alla sala reale di un sovrano. Steve rimase letteramnete a bocca aperta; nonostante la sua infanzia spartana e semplice, nel tempo trascorso tra la Torre Stark e le poche volte a Malibù aveva capito quanto il collega amasse vivere in mezzo al lusso. Però quel lusso aveva un che di... trasparente, tecnologico, moderno. Notò ancora il sontuoso lampadario in vetro pendente dal soffitto, i mobili in mogano nel quale erano montati pannelli in cristallo che lasciavano intravedere onorificenze e premi di vario tipo.
Quello sfarzo era differente da quello ricordava; un ben ponderato misto tra classico e antico.

«Lascia pure il tuo bagaglio di sopra; la tua è l'ultima stanza in fondo a destra.»

Steve fece un cenno di assenso con la testa e salì la lapidea scalinata di destra delle due simmetriche che conducevano al primo piano.
Percorse tutto il lungo corridoio, fino a quella che doveva essere l'ultima porta. Fece scivolare la mano libera dalla borsa sulla maniglia e questa si aprì. Un prepotente odore di chiuso pervase le sue narici; la stanza evidentemente non veniva aperta da parecchio tempo. Entrò e dopo aver lasciato ricadere in un angolo la sua valigia, si precipitò a spalancare la finestra. Mentre la frizzante aria dicembrina riempiva istantaneamente l'ambiente, Steve diede un'occhiata in giro. Certamente era un ambiente più grande del suo ultimo alloggio presso l'hotel di Steve, non che ci volesse molto in realtà. Un ampio letto a due piazze, un enorme armadiatura riempiva tutt'una parete, una scrivania sotto la finestra ed un tavolo rotondo con un paio di sedie giusto sotto ad un vistoso lampadario.

Poi si ricordò che lui non era in vacanza in quel posto ma anzi, purtroppo si apprestava a lavorarvici.
Quindi richiuse la finestra, uscì dalla stanza e si precipitò giù per le scale, laddove Tony gli aveva dato indicazioni per raggiungere la sua camera.
Ma qui... non trovò anima viva. Dapprima di sentì tremendamente spaesato; quella Villa era certamente più intricata della più sperduta e malefica base HYDRA. Poi però si spazientì, convincendosi che quell'uomo fosse destinato, in qualsiasi epoca, a fargli perdere le staffe.

"Oppure quel dannato Loki è riuscito a scagliarmi contro una sorta di maledizione prima di partire per Asgard."

Si ritrovò a rimuginare con un misto di disperazione e ironia, mentre dal salone superò una porta ed iniziò a vagare per il piano terra dell'edificio. Se la colpa di tutto quell'assurda situazione era da attribuire davvero al fratellastro del dio del Tuono, nulla gli avrebbe impedito al suo ritorno di fare una telefonata ad un certo Dottor Banner, e di chiedergli se avesse un paio d'ore libere per spaccare qualcosa.

Mentre ripensava con un mezzo sorriso a quegli avvenimenti ormai così lontani nel passato... o nel futuro che fosse, si trovò in quello che era uno dei tanti salotti della casa, le pareti rivestite di immense scaffalature di libri. Incuriosito si avvicinò ad una di queste; i volumi giacevano perfettamente ordinati per autore e titolo dell'opera. Tutti quanti però avevano un denominatore comune: parlavano solo e solamente di... meccanica, elettronica, nautica, armamenti. Un'immenso stuolo di pagine e pagine che il Capitano non aveva mai visto tutte insieme in vita sua. Decise di passare oltre ma anche il successivo scaffale non offriva di meglio.

«Non credo sia stato possibile che diventasse altri che quel che è diventato...»

Si trovò a dar voce ai suoi pensieri, sussurrando.

«Tale padre, tale figlio.»

Venne assalito da un ricordo; solo pochi gioni addietro aveva assistito al funerale di Howard. Mentre un velo di tristezza lo assaliva ripose il libro che stava sfogliando, per lui aramaico antico. Probabilmente il suo vecchio amico aveva sfiorato quelle pagine giusto pochi giorni addietro. Chissà che idee brillanti aveva avuto lo scienziato su quelle superfici ruvide e impolverate.
Avrebbe potuto rivederlo. Dirgli addio.
Fu in quel momento che notò una cosa; in nessuna delle stanze appena passate aveva visto una singola foto o di Stark senior, o della moglie. Nemmeno una dello stesso Tony, a dir la verità. La cosa lo lasciò abbastanza perplesso.

Si rimise a camminare, superando un'altra soglia ed approdando alla stanza successiva. Con suo enorme stupore si trattava della cucina, dalla quale si scorgeva la sala da pranzo. L'area destinata alla preparazione di cibi era pressoché enorme. Un gigante piano da lavoro occupava la parte centrale, la quale nascondeva sotto di sé una miriade di cassetti, mentre una parete era completamente piena di banchi da lavoro con forno, lavandino, frigorifero, ma tutto di proporzioni enormi. Come se in quella casa pranzasse l'intero esercito delle Nazioni Unite.
Quella gigantesta cucina gli fece venir una gran fame. Erano giorni che non mangiava in modo decente.

"Non credo che nessuno s'offenderà se sbircio in frigo cosa c'è..."

Poggiò la mano sulla manopola dell'immenso elettrodomestico quand'ecco che qualcosa gli battè contro. Alzò lo sguardo.
Quello che sembrava un bizzarro braccio meccanico stava gentilmente porgendogli una lattina rossa sfavillante di Coca Cola.
D'apprima Steve scrutò curioso quello strano meccanismo, poco più alto di lui; poi una lampadina nella sua testa si accese nello stesso momento nel quale una certa persona faceva il suo ingresso in cucina.

«Jarvis, ti presento ferrovecchio. Ferrovecchio, Jarvis.»

Il meccanismo all'estremità del braccio automatizzato si aprì con un cigolio, quasi a volerlo salutare. Evidentemente si dimenticò della lattina che teneva stretta tra le ganasce; sarebbe sicuramente caduta se non fosse stato per i riflessi pronti di Steve il quale l'acchiappò ad un centimetro dal suolo.
Il giovane Tony chinò la schiena in avanti giusto quanto bastava per sfilarla dalle mani del Capitano, aprirla con un sonoro schiocco, e berne un sorso portandosela spavaldo alla bocca.
Il biondo si rimise in piedi e sbottò.

«E' tutto uno scherzo per te?»

Nonostante l'esasperazione, in fin dei conti ingiustificata, che traspariva dal suo tono di voce, Steve subito se ne dimenticò; non si era reso conto di non aver avuto occasioni per osservare davvero quella versione ringiovanita del suo collega vendicatore.
Il giorno del funerale del padre, al loro primo incontro, non aveva alzato lo sguardo dal ghiaietto che formava i sentieri del cimitero. Durante la sera precedente, essendo buio ed avendo rischiato di ucciderlo, ugualmente non aveva distolto lo sguardo dal pavimento quando si erano congedati per la notte. Quella mattina lo aveva subito mandato a sistemare la sua roba così... si ritrovò solo in quel momento ad osservare tutta la sua presunzione dei suoi diciannove, forse vent'anni.
L'altezza non era per nulla cambiata; Tony rimaneva sempre lo stesso "pezzo" più basso rispetto a lui. Il tono muscolare, sebbene celato da una comoda tuta da ginnastica nera, era estremamente scarso e il fisico era un bel pezzo più asciutto di come lo ricordava. Gli occhi, quelli erano tremendamente gli stessi; color nocciola, pieni di insolenza e sfacciataggine, solo meno stanchi e preoccupati. Anche le movenze con cui sorseggiava la lattina sembravano non essere cambiate di un millimetro.

Due furono però le cose che, incredibilmente, lo stupirono.

Nessun disco azzurro ornava il petto di quel Tony. La cosa, sebbene logica e ineccepibile, causò una sorta di scompenso nel cervello di Steve. Lì non aveva nessun grappolo di schegge miravano dritte al suo cuore. Lì non aveva scoperto una fonte d'energia pressoché infinita. Lì non era ancora un... supereroe. Una parte di lui lo sapeva, ma mettere l'altra a conoscenza fu un duro colpo.
Niente reattore arc, uguale niente Iron Man.
Non era mai riuscito ad immaginarsi Tony scisso dalla sua metà metallica, ed ora che l'aveva proprio dinanzi agli occhi faticava a capire.

Poi però alzò un poco lo sguardo e notò la seconda cosa che lo sbalordì.
La pelle del volto di quel giovane era completamente... nuda. Non c'era segno degli usuali baffetti e della curiosa barba che sfoggiava, tutto il viso era privo di qualsiasi tipo di peluria e perfettamente curato.
Steve si passò una mano sulla faccia. Ebbe l'impressione di sudare freddo, mentre veniva assalito da un tremendo dubbio.

"Vuoi vedere che...?»

«Oh no, in realtà è la mia tesi di laurea.»

«Eh?»

La risposta di Tony, arrivata così in ritardo rispetto ai viaggi mentali del capitano, costrinse l'aeroplano della sua fantasia ad un brusco atterraggio. Il ragazzo appoggiò la bibita sul pianale lì vicino e si accomodò su una delle sedie attorno al blocco centrale della cucina.

«Dicevo che quello che per te è uno scherzo, in realtà è la mia tesi di laurea.»

La preoccupazione che l'aveva colto sapendo di portare lo stesso taglio di barba e baffi del Tony del futuro passò.
Almeno per il momento.

«Quel braccio meccanico è la tua tesi di laurea?»

Steve in realtà aveva già visto quel braccio meccanico le rare volte che era stato in visita a Malibù. Gli stava simpatico proprio perché Tony lo detestava. Non sapeva che fosse stato un oggetto tanto importante per lui, in passato.

«Già» assertì con la testa, dondolandosi indietro con la sedia «non un granché in realtà. Tutti quegli imbecilli ad applaudirmi per te e invece...» e si rivolse verso il diretto interessato «due anni e sei già un inutile ferrovecchio.»

Il povero meccanismo sembrò capire il tono derisorio del suo padrone ed emise qualche cigolio abbassando l'arto finale verso il pavimento.

«Oh, io credo possa rivelarsi un utile assistente.»

Aggiunse Steve con fare propositivo e canzonatorio.

«Dato che la pensi così...» dondolò ancor di più la sedia all'indietro, poggiando le Converse rosso scuro che indossava direttamente sul tavolo da lavoro «credo che mi diletterò ad osservare da vicino voi due che mi cucinate la colazione.»

Steve fece per controbattere ma capì che non sarebbe servito a nulla. Qualcuno si voleva divertire. Ma lui gliel'avrebbe fatta pagare più tardi.
Al momento si trovava disperato a guardare un povero braccio meccanico, il quale sembrava sconsolato suggerirgli un:

"E' fatto così; che ci vuoi far."








Note finali:


Lo so, lo so. Sto sparendo. Volente o nolente non torno a casa mai prima delle 20,30-21,00 la sera, stando via tutto il giorno. Indi per cui l'unico momento per scrivere le mie scempiaggini (che sarebbero queste) si riduce al weekend, il quale però sta venendo invaso dagli impegni della settimana che non riesco a portare a termine nella stessa. Eh sì, che vita grama! XD
Quindi pubblico questo sesto capitolo con una settimana di ritardo nella quale... ARGHDFBAUIGCYGFYBC è successo di tutto!!! *O* Novità su novità per IRON MAN 3, tra cui uno straniante ma entusiasmante trailer!! Ohmygosh, non sto più nella pellaccia! TT^TT
Prima delle ultime parole sconclusionate, vi lascio al solito con alcune precisazioni:

1) Le parole che pronuncia Stan sono una citazione indiretta allo splendido libro "Novecento" di Alessandro Baricco. Se non lo conoscete leggetelo, fidatevi, saranno tra le due ore più entusiasmanti della vostra vita

2) Credo che effettivamente il povero "ferrovecchio" sia stato effettivamente la tesi di laurea di Tony, laureatosi con lode al MIT a diciassette anni (tipregoTonydonamiunmillesimodellatuaintelligenza). Lo si intravede nella presentazione all'inizio di "Iron Man".

3) La frase "è tutto uno scherzo per te?", direttamente ripresa da "The Avengers". Il capitano non ha molta fantasia, gente.

Gnep. Che altro aggiungere? Che davvero non posso non ringraziare quell'angelo di Alley che continua a sostenermi con le sue bellissime recensioni! Come non posso esimermi dal dire "grazie" a chi continua ad aggiungere la storia tra i vari preferiti, ricordate, ecc!
Se avete voglia di commentare, anche con poche parole, io ne sarei immensamente felice sappiatelo! :)

A presto!
_Diane_
   
 
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