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Autore: FlyChick    30/10/2012    1 recensioni
..."Non puoi sempre ottenere tutto quello che vuoi Shannon."
"Cos'è? Sei diventata una fan dei Rolling Stones? You can't always get what you want..." si mise a canticchiare.
"Lo sono sempre stata e lo sai. Non cambiare discorso."
Shannon prese una sigaretta. Un'altra.
"Perché fai tutto questo?" chiese lei osservandolo mentre la portava alla bocca.
"Questo cosa?"
"Questo. Fumare, bere... e tutto il resto."
"Il resto?"
"Si, portarti a letto ogni ragazza che incontri. O quasi."
"Perché? Perché lo faccio, mi chiedi? Perché é una tortura. E' una tortura Evelyn."
"Cosa?"
La guardò, meravigliato e deluso da quell'ennesima domanda di ovvia risposta...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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56.Mad At Me
-I'm A Selfish Bastard. But At Least I'm Not Alone.-

Mad At Me

Los Angeles,

quella sera...

 Evelyn rintontita allungò un braccio verso la sveglia, quell'aggeggio diabolico che suonava sempre troppo presto. Dovette muovere la mano svariate volte prima di trovarla nel buio.
Che strano, non le sembrava che avesse il solito gracchiante suono di tutte le mattine; ma ad ogni modo la fece star zitta. Aprì a fatica un occhio, cercando di vedere le linee fluorescenti dei numeri.
08:00 p.m.
Le otto della sera. E allora?
Le otto della sera? Le otto della sera?!
-Ma...- si sedette guardandosi attorno cercando di orientarsi nell'oscurità.
Quella non era la sua sveglia. Quelle non erano le sue lenzuola, quella non era la sua stanza, quella non era la sua casa. E lei di certo non dormiva mezza nuda a Gennaio.
Così tante stranezze; eppure, tutto sembrava.... straordinariamente normale.
"Tutto ok, Eve?"
Si voltò verso la sua destra, da dove proveniva quella voce. La sua voce.
Una mano calda le carezzò la coscia. La sua mano calda.
Evelyn accese una luce.
Shannon.
Di fianco a lei.
"Ciao bimba." e le scostò i capelli rossi spettinati dal viso.
Aveva forse dimenticato di essere scappata dal lavoro per andare da lui? Aveva forse dimenticato tutto ciò che si erano detti? Aveva forse dimenticato tutto ciò che era successo nelle ultime ore?
No, tutt'altro. Solamente in quella situazione, la sveglia che suonava, il risvegliarsi fianco a fianco, c'era una certa... naturalezza. Come se fosse qualcosa che si ripeteva ormai da tempo e che, ogni volta, fosse stupendo; quando in realtà non era assolutamente mai successo.
"Si può sapere perché punti la sveglia alle otto di sera?" gli chiese.
"Perché 'qualcuno' doveva essere svegliato probabilmente."
"Molto divertente." mormorò Evelyn stiracchiandosi, "Accidenti, devo andare a casa."
"Perché?"
"Ho un certo languorino, e poi devo farmi una doccia, devo lavare e stirare e poi andare a dormire per puntare una sveglia alle otto anche io. Io al contrario di te la punto al mattino però. Dato che domani alle nove esatte devo essere da Miranda."
"Puoi restare qui, ceniamo insieme. Sono bravissimo a prenotare il cinese d'asporto."
Evelyn ridacchiò.
"Non lo metto in dubbio. Ma non posso lasciare tutto il lavoro a Natalia."
"Avanti, sono sicuro che capirà."
Forse avrebbe capito; anzi, sicuramente l'aveva già fatto. Nonostante non si parlassero da giorni Evelyn era sicura che Natalia avrebbe intuito tutto quanto. La sua fuga, la sua assenza. Ed era sicura che aveva già pensato lei a tutte le faccende di casa.
"Shannon domani devo..."
"Domani ti ci porto io al lavoro."
"Assolutamente no. E poi ho la macchina proprio qui davanti. Anche quella deve venire a casa con me."
"Può stare nel garage di fianco alla mia."
"Shannon, non resto qui. Non posso." gli disse, cercando di farlo ragionare.
"Questa è una scusa che non vale più." e le diede un bacio sulla guancia, "Da questa mattina."
"Da questa mattina?"
"Si."
"Ehm, 'da questa mattina', cosa scusa?"
"Da questa mattina tu sei mia, bimba."
Sua? Si, diciamo che l'idea era quella. Ma... C'era qualcosa che stonava. Qualcosa che non andava in quella frase, o in ciò che voleva dirle attraverso quella frase. Evelyn alzò un sopracciglio, lasciandolo parlare.
"Lo sapevo che saresti venuta da me. Prima o poi sapevo che avresti fatto la scelta giusta."
-La 'scelta giusta'?!- pensò lei.
"Ancora mi chiedo perché hai perso tutto questo tempo con quel cascamorto." azzardò Shannon, che subito notò un cambiamento di espressione sul viso di lei che non gli piacque affatto.
Adam.
Perché dovevano parlarne in quel momento? E perché lui poteva parlarne così? Lui era pur sempre stato un capitolo della sua vita. Un capitolo chiuso; un capitolo che forse non aveva avuto molto senso, ma che comunque c'era stato. E del quale lei ora non si pentiva.
Chi era lui per giudicarla? Come si azzardava? Che autorità aveva di deridere le scelte che aveva fatto in passato?
"Ah, ma davvero?" e gli tirò un cuscino in pieno volto, scattando fuori dal letto.
"Hey, hey Eve aspetta un attimo..."
Ma lei era già lungo le scale.
"Eve!" la chiamò infilandosi i jeans per poi precipitarsi lungo le scale, "Vuoi ascoltarmi?! Dove sei?"
Era nel soggiorno, molto probabilmente alla ricerca dei suoi vestiti.
"Lasciami stare, non ho voglia di sentire niente. Non ho tempo da perdere con un altro 'cascamorto'."
"Avanti, stavo scherzando."
"No, non scherzavi affatto."
Shannon stava cercando di puntare sull'umorismo.
"Hey ma... Sei arrabbiata?" sorrise.
"Ti sembro arrabbiata, davvero? Oh, i miei complimenti. Tu si che sai proprio capirla una donna." lo schernì.
Ok, dal piano 'umorismo' si passava ufficialmente a quello 'lancio di freccette'.
"Non puoi essere arrabbiata con me perchè voglio che tu sia felice." colpì Shannon per primo.

You can't be mad at me. I'm just aiming to please.

"Io non ti sopporto, Shannon Leto."

"Tu non sopporti il fatto che con me stai bene." le rinfacciò parandosi davandi a lei in qualunque direzione volesse andare.
"Ti sbagli."
"Eppure non neghi."
"Vuoi che lo faccia?" lo sfidò.
"No. Sarebbe una bella bugia. L'ennesima, bella bugia."
"Oh, falla finita." e cercò di sfuggirgli di nuovo.
"Cazzo Eve, qual'è il tuo problema?" le chiese.
"Cazzo Eve, qual'è il tuo problema?" cantilenò lei, "La tua irritante arroganza!"
"Ah io sarei l'arrogante?"
"Si."
"Ah, si?"
"Si!"
"Ah, ok!"
"Si, Shannon. Si, lo sei!"
"Ed è per questo che sei arrabbiata?"
"E' per questo che me ne sto andando."
Shannon scoppiò a ridere.
"Con addosso un reggiseno e un paio di jeans?"

"Sarebbe un problema?"
Lo sarebbe stato eccome.
"Non ne saresti capace." deviò.
"Mi stai mettendo alla prova?"
"Mai."
"E allora?" ribatté Evelyn accennando all'uscita.
"E allora tu prova ad uscire da quella porta e..." non riuscì a trattenersi Shannon.
"Oh, le minacce. Certo."
"Non ti sto minacciando. Voglio che resti. E tu resti."
"Eh? 'Voglio'??" fece sbalordita lei.
"Si."
"Non credo che tu mi abbia capita a fondo Shannon. Tu non 'vuoi' proprio nulla. Non sono l'ennesima scema che puoi comandare a tuo piacimento."
Classica frase da vera idiota. Perché l'aveva detta?! Perché accidenti l'aveva detta?! Soltanto l'ennesima scema avrebbe potuto esordire con una simile cazzata sentita e risentita. Da lui a maggior ragione.
"Ma ti stai comportando come tale."
Oh, acuta osservazione.
"Cosa?? Io... Io non..." cercò di ribattere lei, mentre si infilava la maglietta per prendere tempo.
Stava scappando. O meglio stava cercando una scusa per deviare il discorso e avere, come nella maggior parte dei casi, la meglio.
"Oh, al diavolo." disse infine, non sapendo su cosa puntualizzare.
"Eve tu resti."
Ottima ispirazione.
"Vedi? Te l'ho detto. Sei solo un arrogante."
"E tu sei cocciuta. Anzi no, peggio, sei proprio ostinata!"
 Quello era soltanto l'incipit, se lo sentiva. Cercò di fingere di non ascoltarlo abbottonandosi il cardigan.
"Perchè non ti metti l'anima in pace e ammetti che hai buttato via tutti questi anni della tua vita per niente?!" cominciò a rimproverarle, "Perchè non ammetti che ora sei felice?! Perchè non ammetti che con me ora sei felice?!"

Certo che rigirare coltelli nelle ferite era proprio il suo forte.
"C-cosa ti fa pensare che lo sia? Cosa ti fa pensare di avere una tale capacità?!" mormorò dandogli ancora le spalle.
Avrebbe potuto replicare rinfacciandole ogni sorriso, ogni bacio, ogni parola che si erano scambiati poche ore prima. Ma preferì analizzare la questione direttamente all'origine.
"Ripeto. Non saresti venuta qui stamattina, ad esempio."

"Che alternative avevo?"
"Nessuna, fortunatamente."
"Sei odioso."
"Avanti. Continua pure la tua messa in scena. Sappi che ci rimetterai soltanto tu stessa. Tu ed il tuo dannato amor proprio."
"Ma da quale pulpito..."
"Io non ti ho mai nascosto il fatto che sei l'unica donna per cui abbia mai combattuto fino a questo punto."
L'unica. Cercò in tutti i modi di non far rimbombare quelle cinque lettere nella sua testa.
"Ah, e sappi che la mia battaglia non è ancora terminata."

"Vuoi che mi congratuli?" si voltò spavalda verso di lui.
"Voglio che lo accetti." le rispose avvicinandosi.
Lei esitò.
"Lo accetto." disse con indifferenza.

"Non a parole."
"Il resto l'hai già avuto. Se è questo che intendi."
Shannon si stupì della sua superficialità.
"Certe volte proprio non ti capisco."

"Guarda caso io invece mi capisco eccome. Sono capaci tutti di raccontare certe favole dopo quello che abbiamo fatto, Shannon. Uno come te soprattutto."
"Uhm, 'Uno come me'."
"Si."
"Temo che tu non mi abbia capito a fondo, Eve." la canzonò.
"Non cambiare le carte in tavola. Ormai conosco tutti i tuoi trucchetti." l'oltrepassò a braccia incrociate, come se non valesse la pena nemmeno stargli di fronte per parlargli.
Shannon la seguì con lo sguardo, venendo al sodo.
"Per te era solo sesso, dunque."
"Per me era questo ed altro!" si arrabbiò lei, "Sei tu!" lo indicò, "Sei tu che continui ad essere un punto interrogativo per me! Non sei altro che un pallone gonfiato. Un arrogante pallone gonfiato!! Ti interessa soltanto di te stesso! Non hai un briciolo di umiltà!! Non hai un briciolo di giudizio!!"
Shannon scosse la testa. Avrebbe potuto prevederlo. Avrebbe dovuto immaginare che avrebbe fatto ricadere la colpa su di lui.
"Avanti." l'incoraggiò, "Dai, voglio sapere che altro c'è." e si appoggiò allo schienale del divano incrociando le possenti braccia, "Sono un 'punto interrogativo'? Mettiamo in chiaro ciò che non ti è chiaro allora."
"Quante cose che vuoi Shannon..."
"Ne voglio soltanto una." e la contemplò dalla testa ai piedi.
"A quante l'hai detta questa frase? Sembra proprio studiata. Anche se il che non mi interessa poi così tanto..."
Bugiarda.
"A tante." ammise lui, senza alcun problema.
"Ecco."
"Ma il punto è che non tutte hanno il privilegio che hai tu." e mosse qualche passo verso di lei.
Evelyn cercò di contenere un'enorme scarica di nervosismo. Chiuse gli occhi per non vedere la sua figura sempre più vicina a sé. Il che avrebbe soltanto peggiorato le cose.
-Mio dio che arrogante. Che fottutissimo arrogante! Il 'privilegio' ha detto. Il 'privilegio'...-

"Nessuna, a dire il vero. Per nessuna è valsa la pena. Mai. Finché non ho trovato l'eccezione che conferma la regola."
"Oh, quale onore."
"Tu sei sempre stata il pezzo mancante, Eve."
Ma lei non seppe cogliere la sincerità di quella frase, sdrammatizzando di nuovo, prendendosi gioco di lui.
"Wow..." roteò le iridi cristalline, "Il 'pezzo' mancante."
Shannon ridacchiò sconcertato.
"Ma si può sapere perché sei così acida??" le chiese allargando le braccia.
"Io 'acida'?! Vuoi sapere cosa penso, Shannon Leto? Vuoi sapere cosa penso?!"
"Si."
"Tutte stronzate!!" gli strillò, "Ecco cosa penso. sono solo tutte stronzate!"
"E sai che ti dico io?!" replicò prontamente lui.
"Ma sentiamo!!"
"Ti dico che hai proprio ragione! Sono tutte stronzate!"
-Me l'immaginavo. Me l'immaginavo!-
Ecco, ora era delusa. Perché era delusa?

"Le tue Eve! Le tue sono tutte stronzate!!"
Evelyn rimase a bocca aperta.
"Tu hai solo paura! Sei spaventata dai mille errori che hai già commesso, nient'altro! Non sai affrontare le difficoltà! E me l'hai già dimostrato! Preferisci sempre schivare, cercare una strada secondaria, magari che non ti faccia soffrire. Ma invece hai sempre sbagliato, non è forse così?? Hai sempre solo sbagliato! E hai sempre oppresso tutto quanto nel silenzio! Hai sempre fatto di testa tua! Ti sei allontanata dalla tua famiglia per una sciocchezza; avevi un problema? non ne hai nemmeno parlato con tua sorella, con la tua migliore amica, con tua madre, con nessuno! E tutto questo fottutissimo stramaledetto casino per cosa? Per qualcosa che in realtà non c'era, e per altre strane ragioni che non erano nient'altro che sciocchezze! Qualcosa di completamente inesistente che ha deviato tutte le tue scelte! Ed ora che non dovresti pensarci più sei ancora insicura, perché nella tua testa adesso chissà quali altre questioni si sono andate a formare!
Chissà quali sono ora i rischi che credi di correre, Eve! Tu hai paura a lasciarti andare! Hai paura di metterti in gioco!"
Evelyn non riusciva più a trattenere il pianto ormai. Un colpo dopo l'altro, l'aveva pugnalata proprio lì dov'era vulnerabile. Senza pietà, martoriandola mettendola di fronte alla dura realtà.
Era spietato.
Spregevole.
Lo odiava.
Cercò di trattenersi invano; perché sarebbe scoppiata in lacrime breve.
"Tu sei ancora convinta che la fiducia sia una lama a doppio taglio. Ecco tutto." le disse infine, abbassando i toni.

Si voltò verso di lui con gli occhi sbarrati.
Si ricordava le sue parole.

"Ma..." cercò di dire, mentre due lacrime silenzione le scendevano sulle guance.
"Si, Eve. Non guardarmi così." le diede le spalle, non riuscendo a sopportare la vista del suo viso rigato da lacrime che lui, nel bene o nel male, aveva fatto scorrere, "Mi ricordo ognuna delle parole che mi hai detto. Da "Hey... ehm, Evelyn. Jones. Evelyn Jones." a "Sono tutte stronzate."."
Lei tacque, asciugandosi il viso velocemente.
"Questo non cambia le cose." continuò imperterrita, con grande contributo del suo orgoglio.

"Certo, lo immaginavo. Ti credevo una donna ormai. Invece sei ancora una ragazzina spaventata, Eve."
Questo era davvero troppo.
"Ma ti rendi conto!?" lo rincorse sconcertata, "Ti rendi conto?!? Il modo in cui mi parli, quello che insinui, quanto credi di essere l'unica cosa di cui io possa mai avere bisogno, l'unica cosa che potrebbe risolvere tutti i miei problemi, tu ed il tuo dannato egocentrismo!!" e sbatté un pugno sul tavolo, "Credi davvero di sapere cosa penso?? Ma chi ti credi di essere?! Per te è tutto facile Shannon e a te soprattutto tutto è concesso. Oh, certo! Mettimi pure in imbarazzo davanti alle mie amiche; davanti al mio ragazzo; mentre sto lavorando; fai in modo di rendermi l'esistenza un inferno con la tua insopportabile insistenza; prenditi la libertà di entrare in casa mia quando ti pare e piace, e di frugare fra le mie cose; seguimi ovunque vada; fai qualunque cosa alle mie spalle pur di mettermi nel sacco. Fai tutto ciò che vuoi! Ormai non mi importa! Non mi importa, hai sentito?? Ma sappi solo una cosa. Sappi che io.. io ti odio per tutto questo!!"
Lui annuì, fingendo di darle ragione.
"Ma sai qual'è la cosa che più odio di te, Shannon?" continuò dopo essersi di nuovo asciugata le lacrime.
"Sentiamo."
Evelyn sentì un brivido gelido lungo la schiena. Senza di lui non avrebbe avuto di nuovo la sua vita.
Senza di lui non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontare una falsa realtà racchiusa in una busta.
Senza di lui non avrebbe mai più saputo cosa significava poter scegliere, avere qualcuno con cui parlare, avere qualcuno di cui fidarsi; semplicemente... amare di nuovo qualcuno?
"Il fatto che odio, odio a morte doverti dare ragione." concluse.
Shannon alzò lo sguardo incredulo.
L'aveva detto. Lei l'aveva detto. Aveva ammesso di essere dalla parte del torto. Di esserlo sempre stata. Inconsapevolmente, ma di esserlo stata.

"Vai al diavolo Shannon." e scoppiando in lacrime si gettò fra le sue braccia, cercando le sue labbra.
Forse quel 'privilegio' al quale lui si era riferito, quella cosa che aveva fatto sì che lui non si desse mai per vinto, ora trovava una spiegazione. Ora che erano riusciti a regalarsi l'un l'altra ogni tipo di emozione, positiva o negativa che fosse, era tutto assolutamente più chiaro.
Si chiamava integrità.
Si chiamava completezza.
Si chiamava ora perfezione.

A happy ending makes you cry, 'cause it ends when you don't want to. So it makes perfect sense to end it like a start.

"Ti amo bimba."
Parole al vento, avrebbe pensato lei. Parole che avevano perso un significato che non avevano mai avuto o che erano state pronunciate troppo presto.
Ma no, quella era la Evelyn di un tempo. La Evelyn che mai, mai e poi mai si sarebbe lasciata andare. Quella stessa Evelyn che ora invece era lì, avvinghiata a lui senza alcuna intenzione di andarsene.
"Rifarei tutto quanto per questo."

"Questo cosa?"
"Questo." e strinse ulteriormente le braccia intorno a lui, intrecciando di nuovo la lingua con la sua, "Non hai idea di quanto ho bisogno di te."
"Lo stesso che io ho di te."
"Ti amo anch'io." e lo baciò di nuovo.
"Ricordiati Eve." cominciò, "Siamo noi a dettare le regole del gioco."
"Il gioco?"
"Si."
"E quali sono le tue?" gli chiese.
"Le mie? Per me non ci sono regole."
Lo disse perché era la verità. Lo disse perché lui seguiva da sempre lo stereotipo delle regole fatte per essere infrante. Jared gli aveva detto di non osare a dirle una cosa del genere per nessun motivo, ma lui non voleva avere segreti per lei. Non voleva mentirle su nulla. Ma a pensarci bene... Avere una regola, dettarsene soltanto una, poteva anche essere divertente. Se in questa regola era prevista lei, lo doveva essere senz'altro.
"Anzi, ti confesso che ho una sola regola. Da questo momento in avanti."
Lei rimase ad ascoltarlo, in silenzio.
"Se questo dovesse sparire a causa mia," e tracciò una linea curva sulle sue labbra col dito, "non me lo perdonerei mai."
Il suo sorriso.
"Mai. Questa è la mia regola. Voglio che tu sia la donna più felice di tutta l'America. Sempre."
"E lo sarò." gli sorrise, "Lo sarò. A me basta che per te questo non sia un traguardo. E poi lo sarò sicuramente."
Shannon annuì.
"Oltre a questo niente regole." concluse lei.
"Ci sto."
"Anche perché so benissimo che non le rispetteresti." lo provocò.
"Ah è così?"
"Si." scoppiò a ridere lei.
Quel sorriso. Quella risata. Dio, non c'era niente di più eccitante.
"Lo sai che ti farò pagare ognuna delle tue frecciate, vero bimba?" le sussurrò con malizia all'orecchio aumentando sempre più la presa attorno alla sua vita sottile.
"Mi sta benissimo. Hai tredici ore per prenderti la tua vendetta."
"Solo tredici?"
Beh, almeno ciò significava che sarebbe rimasta con lui, ancora.
"Anche io ho un lavoro, Shannon."
"Allora presto, non abbiamo tempo da perdere!" e caricandola in spalla si diresse verso le scale, mentre lei lo lasciava fare continuando a ridere; a ridere sinceramente.

Un capitolo piuttosto lungo per farmi perdonare per la lunga assenza fra il cap 54 e il 55.
Baci, spero vi sia piaciuto :) Vi aspetto al prossimo! <3 Flychick.
  
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