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Autore: Blackmoody    16/05/2007    4 recensioni
C'era una volta una giovane donna del Rukongai.
C'era una volta un giovane nobile dallo sguardo freddo.
C'era una volta una fiaba dal finale triste.
Questa è la storia del loro incontro e di tutto ciò che dopo accadde.
La storia mai narrata di Byakuya e Hisana. (spoiler ~ ep. 62)
| incompiuta |
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Byakuya Kuchiki
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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むかし,むかし

. C’era una volta .

 

 

 

 

 

O2. 二番章

.So soft and pruod .

 

 

- Come siete finita lì dentro? State bene? – si premurò di chiedere Byakuya non appena si fu ripreso dall’iniziale sorpresa.

Che strana cosa, incontrare qualcuno in simili circostanze; e una donna giovane, per giunta. Con molte probabilità era stata una fortuna che lui fosse passato di lì proprio in quel momento: una fortuna per lei, ma non soltanto. Un caso sì strano, ed anche piacevole.

- Sto bene – rispose Hisana distogliendo finalmente lo sguardo – Temo però di essermi ferita una gamba.

- Permettete che vi aiuti.

L’uomo le tese una mano, mentre con l’altra teneva lanterna e redini assieme, e la ragazza la afferrò dopo un breve istante di esitazione. Si rimise in piedi barcollando, cercando di ignorare le vaghe fitte di dolore che le attraversavano il polpaccio destro, e abbozzò un sorriso:

- Vi ringrazio di cuore. Se non foste passato voi avrei di certo trascorso la notte qui – disse.

Byakuya la lasciò andare: - Non sarebbe stato gradevole. Dove eravate diretta?

- A casa. Ora come ora non saprei nemmeno da che parte dirigermi, per trovare la strada giusta… - ammise Hisana a bassa voce.

Nella caduta uova e verdure le si erano sparpagliate intorno, e col buio nebbioso che era non sarebbe bastato il lume del giovane a ritrovarli. Inoltre continuava a sentirsi come stranita. La bruma densa, i suoni ovattati, il bagliore fioco e caldo, il respiro regolare del destriero dal manto scuro dietro di loro – e soprattutto la figura chiara di quell’uomo dai capelli nerissimi e gli occhi magnetici: non dava forse l’idea di qualcosa d’irreale?

- Allora siate mia ospite per questa notte.

Hisana alzò il viso, stupita: - Come dite?

- Siate mia ospite per questa notte – ripetè Byakuya, piatto – Non posso abbandonarvi qui.

- No, vi prego, non dovete disturbarvi! – si agitò la mora. Un invito del genere, rivoltole da uno sconosciuto, la mise un po’ a disagio.

Lui parve reprimere un sorriso bonario: - Non disturbereste. La mia casa non è lontana, è subito oltre le mura del Seireimon. Fidatevi.

Era a disagio, ma era invero propensa ad accettare. Non voleva restare lì da sola, e poi… provava curiosità nei confronti di quell’uomo. Le piaceva, ecco; fondamentalmente le ispirava molta più fiducia di quanto non stesse dando a vedere.

- Io… d’accordo. Poiché mi assicurate che non sarò un fastidio verrò con voi. Vi ringrazio di nuovo – mormorò infine, inchinandosi rapida.

- Dovere.

Sorreggendola, Byakuya fece montare Hisana sul cavallo e le porse la propria sciarpa affinchè si riparasse un minimo dall’umido pungente. Ripresero così il cammino, con il giovane nobile che procedeva lento e a passi cauti, la lanterna tesa avanti a sé, per scovare eventuali altri fossi e buche. Hisana si avvolse nel tessuto morbido e tiepido della lunga stola, accorgendosi che profumava appena di camelie e sandalo, e prese un profondo respiro per calmarsi.

Ancora quel senso d’irrealtà. Con la nebbia avvolgente che premeva da ogni lato e che dava l’impressione che in quella piccola fetta di mondo, in quel momento, non ci fossero altri che loro, loro che si erano conosciuti una manciata di minuti prima. Che cosa bizzarra. Ma almeno non si sentiva più a disagio.

- Qual è il vostro nome? – domandò l’uomo d’improvviso, voltandosi verso di lei.

La ragazza non riuscì a non guardarlo negli occhi: - Hisana. E il vostro?

- Byakuya.

Il cognome lo omise di proposito. La mora era stata molto riservata riguardo al proprio, e a lui non era mai passato per la mente di sbandierare con facilità ai quattro venti di essere l’erede del casato Kuchiki. D’altronde, lo avrebbe capito da sola: era convinto che anche Hisana fosse di buona famiglia, il che li metteva sullo stesso piano di discrezione. La giovane donna era infatti talmente compunta, aveva un tale modo di parlare e si comportava con una grazia che soltanto chi proveniva dall’alta società poteva possedere; e il kimono che indossava aveva una bella fantasia e colori caldi, e di sicuro le si era rovinato nella caduta. Non avrebbe voluto essere tanto pragmatico, eppure gli era di sollievo constatare ciò – perché Hisana lo attraeva in maniera insolita, e se fosse stata una popolana qualsiasi si sarebbe visto costretto a rinunciare in partenza, e controvoglia. Non poteva sottrarsi alla propria nobiltà.

Seguitarono ad avanzare nella bruma argentea, in silenzio, il tempo scandito dal battito soffocato degli zoccoli tra l’erba umida.

 

 

Man mano che le mura del Seireimon si facevano più prossime, la nebbia andava diradandosi: molto probabilmente il fenomeno era dovuto alla posizione di poco sopraelevata della Seireitei rispetto alla pianura circostante, o forse era la progressiva assenza di zone boscose e prati umidi a rendere l’aria più limpida.

Le torce ai lati del grande cancello ardevano, ben visibili anche da lontano, e il robusto Guardiano che vi sedeva sotto non ebbe nemmeno bisogno di allungare il collo per scorgere le due sagome chiare che gli venivano incontro; si limitò ad un cortese inchino e si affrettò ad aprire il pesante portale senza dire una parola, mentre Byakuya ricambiava il saluto con un cenno del capo. Entrarono così nel luogo per cui Hisana aveva sempre provato un’innata curiosità, e che adesso la affascinava e intimoriva più che mai. Il suolo era lastricato in pietra bianca, bianca come le solide costruzioni che costeggiavano le strade, tutte illuminate da lanterne in ferro battuto; c’erano ben poche persone a giro, solo Shinigami che operavano la ronda notturna e che, come il Guardiano, salutarono Byakuya con una deferenza che indusse la giovane a pensare che fosse tenuto in grande considerazione da tutti, lì. Aveva già intuito la sua appartenenza alla classe aristocratica, ma vedere la sua idea confermata non faceva che riaccrescere il suo senso di disagio. Piacevole disagio, in fondo.

Ad un tratto svoltarono in una via secondaria, in cui gli edifici erano principalmente abitazioni private protette da alti muri, oltre i quali si intravedevano cime di alberi e tetti in tegole scure. La dimora dei Kuchiki era l’ultima, e indubbiamente la più vasta, un po’ isolata rispetto alle altre.

Hisana trattenne appena il fiato, quando l’uomo venne accolto, ad un cancello laterale, da un paio di scudieri ossequiosi e agitati:

- Byakuya-sama! Ci stavamo preoccupando! – lo apostrofò il più basso, palesemente sollevato.

- Per non parlare di vostra zia – aggiunse il secondo, più magro – Temevamo che non sareste tornato entro l’alba.

Lui cedette loro le redini del cavallo: - Ho avuto qualche problema dovuto alla nebbia – spiegò laconico.

Poi si voltò verso la mora e le tese una mano per farla scendere dalla sella, frattanto che i due scudieri si accorgevano della presenza di quest’ultima:

- La signora è…?

- Un’ospite. Resterà da noi per questa notte – spiegò brevemente Byakuya, senza dar segno di scomporsi.

Hisana fece udire un lieve colpo di tosse, più per mascherare l’imbarazzo che per il freddo che le era rimasto addosso: quella sciarpa era così calda…

Ma i due uomini non si mostrarono scocciati, al contrario: si inchinarono anche di fronte a lei, non fecero ulteriori domande e si affrettarono a condurre il destriero verso quelle che, di sicuro, erano le stalle; il giovane nobile, invece, la invitò a seguirlo dentro casa. Attraversarono l’ampio giardino – curato e rigoglioso, per quel che si notava nel buio – e raggiunsero la veranda illuminata, già accogliente solo ad osservarne il legno lucido. Lasciarono i sandali nell’ingresso, e Hisana continuò a seguire Byakuya attraverso sale belle e altrettanto accoglienti, in silenzio, i passi soffocati contro la stuoia dei tatami, finchè non misero piede in una stanza più grande, dove tre persone, un uomo, una donna, e un anziano dai baffi canuti, sedevano inquieti.

- Non avreste dovuto attendermi alzati, nobili zii e Yumiyoshi-san.

- Nipote! – esclamò la donna, alzandosi di scatto – Hai idea di quanto fossimo in tensione?

L’uomo che le era accanto la imitò: - So che non vi è reale motivo di temere per te, nipote, ma potrai capirci – disse con serietà.

- “Il Rukongai non è un luogo tranquillo”, lo so – convenne il giovane con l’aria di chi sta ripetendo una frase ormai logora – Avevo bisogno d’aria.

Fu Kuchiki Hisako la prima dei tre ad avvedersi di Hisana: - Non ci presenti la tua ospite, nipote?

Aveva un tono che la ragazza non seppe se definire irritato o semplicemente affabile, e per precauzione si ritrasse, istintivamente, dietro Byakuya. Non conosceva nessuno di loro, e se per lui sentiva una particolare affinità non poteva dire lo stesso dei suoi parenti. Sembravano… troppo rigidi.

- Mi chiamo Hisana, signora. Vostro nipote mi ha aiutata, là fuori, e…

S’interruppe. Era stata sfrontata a rispondere al posto di Byakuya? Cosa aveva in mente di dire di preciso, poi? Il disagio aumentava di nuovo.

Per fortuna l’uomo le venne, ancora una volta, in aiuto: - Hisana-san aveva smarrito la strada e si trovava in una situazione spiacevole. Ho ritenuto che non fosse saggio abbandonarla in mezzo alla campagna in una notte così nebbiosa, perciò l’ho invitata a rifugiarsi qui. Vi chiedo perdono.

Kuchiki Nobuo gli sorrise: - Non chiedere perdono, nipote. Io avrei fatto lo stesso. Siate la benvenuta, Hisana-san – replicò con un piccolo inchino.

- Vi ringrazio di cuore – mormorò lei inchinandosi di rimando.

- Il vostro kimono è rovinato, Hisana-san – sottolineò Kuchiki Hisako con una punta di preoccupazione – Ve ne darò uno io.

La mora spalancò gli occhi, sorpresa: - Non… non dovete, signora! Veramente, posso stare con questo, sarà sufficiente ripulirlo…

- Vi prego! – insistette la donna – Quell’abito è bagnato, vi ammalerete. E inoltre siete nostra ospite, Hisana-san.

- Nostra… o forse più di nostro nipote – fece presente suo marito ammiccando.

Nessuno osò commentare quella frase, per motivi differenti. Forse fu inopportuna, e forse fu invece molto utile.

Kuchiki Hisako sparì in una stanza attigua con un discreto frusciare del proprio kimono, mentre l’anziano Yumiyoshi, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, annunciò che sarebbe andato finalmente a letto e augurò la buonanotte a Byakuya e alla “incantevole signorina al suo fianco”, sorridendo.

Hisana non sapeva affatto come comportarsi. Adesso che era calato il silenzio cominciava a pensare che forse avrebbe fatto meglio a rifiutare l’invito e ad arrangiarsi in qualche modo per tornare a casa nel Venticinquesimo Quartiere, da sola: non capiva cosa pensassero i familiari del giovane nobile né, del resto, cosa pensasse lui. Si sentiva inadeguata, fuori posto, un elemento di disturbo, nonostante si fossero mostrati gentili e comprensivi; e aveva la netta impressione che Byakuya avesse preso un grosso abbaglio circa la sua identità… quando mai un aristocratico si sarebbe preso la briga di comportarsi con tanta deferenza nei confronti di una popolana come lei? E c’era qualcosa che non cessava di ronzarle in testa: Il Rukongai non è un luogo tranquillo.

Il Rukongai non era un luogo tranquillo, certo che no. Ma il tono con cui Byakuya aveva ripetuto quella sorta di formula le lasciava indovinare quale fosse la loro idea su di esso e su coloro che vi abitavano, come lei. Non era rassicurante, questo.

- Vi sentite bene, Hisana-san?

La voce bassa e all’apparenza piatta del giovane la indusse a riscuotersi e a girarsi a guardarlo: - Credo di sì. Perché?

Lui accennò ad una scrollata di spalle: - Siete molto pallida. Vi accompagnerò subito in una stanza tranquilla, non appena tornerà mia zia – disse.

E difatti la donna rientrò nel momento esatto in cui Byakuya terminò di parlare, recando con sé un kimono ricco di sfumature scarlatte che mise tra le mani della ragazza con delicatezza e con un vaghissimo sorriso. Hisana lo accettò con un rinnovato inchino e un ‘grazie’ sussurrato.

- Nipote, vi lasciamo da soli – annunciò Kuchiki Nobuo mettendosi in piedi – Buonanotte.

- Buonanotte. Nipote, Hisana-san… - ripetè Kuchiki Hisako nel seguirlo. Byakuya non aprì bocca.

Quando i due nobili furono scomparsi nel corridoio buio che s’allungava oltre la porta scorrevole interna della sala, il giovane si lasciò sfuggire un sospiro, in fretta represso: quanto erano realmente sinceri i suoi parenti, in simili occasioni? Non soltanto nei confronti di Hisana, ma anche nei suoi. Quanto?

- Venite con me. Vorrete riposare – esordì piano dopo un paio di minuti di silenzio.

Si diresse verso l’altra porta scorrevole, quella che dava sulla veranda rialzata, e la mora lo seguì. I suoi passi erano leggeri sul tatami.

- Vorrete riposare voi pure – gli fece notare – Byakuya-sama.

Che strano pronunciare il suo nome per la prima volta. E le piaceva dirlo, farsi scivolare quei suoni dalle labbra: per questo le venne da arrossire. Non lo conosceva nemmeno, accidenti. Però tutto ciò le stava dando una sensazione troppo gradevole per poterla ignorare, un senso di completezza che superava il disagio iniziale, l’agitazione, l’imbarazzo. Un battito di poco più serrato sulla sinistra del suo petto.

La veranda costeggiava l’intera casa, e percorrendola i due si fermarono infine davanti ad un’ennesima porta di legno e shoji, più piccola e appena aperta; oltre vi era una stanza non grande e molto accogliente, distinguibile già nella luce delle lanterne esterne. Byakuya accese la lampada in carta di riso che si trovava in un angolo, e Hisana si accorse del futon steso sul pavimento e della katana appesa ad una delle pareti.

- Dunque questa è la vostra camera? – s’informò.

Lui annuì: - Ma non temete. Vi cederò il letto, io resterò sulla porta.

La ragazza non ribattè. Si avvicinò invece alla spada, curiosa: - Siete uno Shinigami, non è vero?

- Lo sono. Lo avete intuito dalla katana? – rispose Byakuya. Lo rilassava parlare con lei.

Hisana sorrise: - Sì. E poi vivete nella Seireitei… la mia era una domanda retorica.

Andarono avanti così per diverso tempo, la mora inginocchiata sulla soglia e l’uomo seduto subito fuori, la schiena poggiata al muro fresco. Discussero con calma di argomenti futili, banali, come la nebbia che li aveva avvolti un’ora prima, e Hisana volle sapere qualcosa di più su ciò che accadeva in quella Corte che le era sempre sembrata tanto lontana; Byakuya era di poche parole, ma non mancava mai di rispondere. Era pacato, e le rivolgeva di tanto in tanto sguardi seri e profondi che la giovane donna avrebbe voluto trattenere.

Trattenerli, come l’immagine del suo profilo fiero delineato dal bagliore aranciato delle torce contro il nero del cielo.

Probabilmente scivolò nel sonno mentre lo osservava, perché non se ne rese conto con precisione. Il nobile non riuscì nemmeno ad irritarsi, pur vedendosi costretto a stenderla con cautela sul futon: aveva ancora indosso il vecchio kimono, alla fine, ma non era importante. Non voleva svegliarla per un motivo del genere. Lui, al contrario, non avvertiva alcun bisogno di dormire. Mancavano poche ore all’alba, non ne valeva la pena. Soprattutto, non valeva la pena chiudere gli occhi, distogliendoli dal volto rilassato di Hisana, non adesso che poteva guardarla senza timore di apparire maleducato.

Che cosa stava andando a pensare? Soltanto questo era maleducazione. Non avrebbe dovuto permettersi di fissare una donna addormentata, una donna sconosciuta fino a una manciata – esigua – di ore precedenti a quel momento. Ma non riusciva a negare l’attrazione, seppur sopita, che provava per lei.

Era comparsa dal nulla, da un velo di bruma color latte, e il ricordo bastava ad affascinarlo. Si era comportata con umiltà e grazia, e con onestà.

Non era facile incontrare persone così, nell’ambiente in cui Kuchiki Byakuya viveva sin da quando era nato, ed era forse anche per questo che lei gli piaceva. Per quel poco che aveva compreso di Hisana, la ammirava. E poi era bella, non poteva ignoralo.

Rimase quindi sveglio a vegliare su di lei finchè gli fu possibile, sentendosi rilassato, come intorpidito, con la lampada che ardeva nell’angolo e la mano esile di Hisana che, bagnata di quella luce amichevole, stringeva la stoffa scarlatta del kimono donatole. Gli venne da sorridere.

 

 

La mattina dopo fu la ragazza la prima a destarsi. Il giovane dormiva ancora, le spalle abbandonate contro la parete e le gambe allungate sul legno della veranda: sembrava più indifeso, senza quell’espressione seria dipinta in viso. Avrebbe tanto voluto sfiorargli una guancia, ma non ne ebbe il coraggio.

Sospirando, si apprestò a cambiarsi. Com’era stata stupida a non farlo quella notte! Di sicuro aveva sporcato le coperte di terra, ed era rimasta con la stoffa umida contro la pelle, vanificando le premure della signora. Pareva che fosse destinata a collezionare brutte figure una dopo l’altra, lì.

Comunque stette meglio, una volta indossato il kimono dai colori scarlatti. Era talmente elegante che avrebbe dovuto di nuovo ringraziare la donna, se l’avesse rivista prima di andarsene. Guardò fuori, e vide che la giornata era limpida e luminosa: la nebbia notturna era ormai lontana.

- Buongiorno, Hisana-san – disse d’improvviso Byakuya, dietro di lei. La mora sobbalzò appena.

- Buongiorno, Byakuya-sama – rispose con voce un po’ incerta. Ecco, le stava tornando l’imbarazzo.

Lui emise un suono che, in una persona meno compassata, avrebbe potuto essere scambiato per una risata cordiale e soffocata:

- Spero che abbiate riposato bene. Mi scuso per aver lasciato la porta aperta, stanotte.

Hisana scosse il capo: - Non ci ho fatto nemmeno caso, sul serio. Siete stato così gentile a mettermi sul futon…

S’interruppe, arrossendo. Ora che ci rifletteva, ora che ne prendeva atto, la cosa non mancava di agitarla. Era perché le sembrava di aver abusato fin troppo di quella gentilezza? Oppure perché si rammaricava di non aver potuto sentire, nel sonno, il tocco di quelle mani curate e forti?

Col rinnovato disagio che avvertiva preferì rifiutare l’invito di mangiare qualcosa con Byakuya e la sua famiglia, e si schermì assicurando che col sole sarebbe riuscita a tornare a casa senza problemi; l’uomo accettò la decisione, ma volle assolutamente accompagnarla fino al cancello del Seireimon.

La mora non seppe dire di no, non volle affatto dirlo. Perciò si affrettarono lungo la veranda e attraverso il giardino, come avevano fatto la sera precedente.

Dalle scuderie giungevano colpi acuti di metallo su metallo e voci maschili allegre, segno che guardie e servitori si stavano mettendo al lavoro: incrociarono persino un paio di cameriere ridenti che li salutarono con un inchino e ammiccarono bonarie in direzione di Hisana, e trovarono l’anziano Yumiyoshi seduto su una panca in pietra vicino al ruscello. Questi augurò loro il buongiorno e tornò al suo libro. Gli zii di Byakuya, invece, dormivano ancora.

La Seireitei, al mattino, era molto più animata, con un gran viavai di Shinigami e messaggeri e contadini che venivano a portare cibo fresco alle dimore dei nobili e ai Quartieri Generali del Gotei Tredici, i piedi nudi o calzati in sandali di rufia sfilacciata che battevano sulla pietra bianca. La ragazza osservava affascinata quel che le accadeva attorno: avrebbe voluto trascorrere più tempo lì. Per almeno due buoni motivi.

- Siete certa di voler proseguire da sola? – le domandò Byakuya non appena furono di fronte al portale, adesso aperto.

- Non vi preoccupate. Ce la farò benissimo – rispose Hisana ridendo piano. Avrebbe voluto restare ancora con lui, ma non voleva essere sfacciata.

Il giovane guardò altrove: - Allora vi lascio andare. Fate attenzione, sulla strada del ritorno.

- Siatene sicuro. Vi ringrazio mille e mille volte per quanto avete fatto per me ieri. Porgete i miei rispetti ai vostri parenti, vi prego.

Byakuya fece un cenno d’assenso. Non poteva salutarla in maniera tanto anonima e formale, no: - Hisana-san.

Lei, che stava già per voltarsi, si fermò, dandogli le spalle: - Ditemi – mormorò.

- Vorrei rivedervi. Se l’idea non vi disturba, e se anche voi lo desiderate, mi piacerebbe che questo non fosse il nostro ultimo incontro – esordì.

Aveva quella voce bassa e profonda che pareva capace di far vibrare ogni singola cellula della ragazza, nell’udirla.

- Ogni tre giorni a partire da oggi vi aspetterò davanti a questo cancello, nel primo pomeriggio – proseguì Byakuya – So che può sembrare un ordine, ma non saprei come fare altrimenti. E non posso far altro che sperare nella vostra venuta, Hisana-san.

- Verrò – disse Hisana – Verrò, Byakuya-sama.

Poi si allontanò rapida nella campagna assolata, mentre lui restava sulla soglia della Seireitei, il kimono scuro e la sciarpa bianca che si muovevano piano nel vento di sud, così come l’erba e le spighe tra le quali correva lei, netto punto scarlatto contro il cielo azzurro cupo.

 

 

 

 

二番章~おわり

(fine II capitolo)

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

eccoci arrivati anche alla fine del secondo capitolo della “fiaba nella Soul Society”…

Ne sono sinceramente soddisfatta, anche se immagino di avervi fatto aspettare più del previsto… chiedo venia, il tempo in più è un mio desiderio irrealizzato >_<

A proposito! Vorrei ringraziare di cuore coloro che hanno recensito la prima parte: arigatou gozaimashita (con tanto di inchino)!

Continuate a seguirmi e vi assicuro che non vi deluderò. Cioè, lo spero XP

Prima di chiudere, un paio di questioncine interessanti… Il colore che ho scelto per il kimono che Kuchiki Hisako dona a Hisana, lo scarlatto, non è casuale:

il nome di Hisana si scrive infatti con kanji che significano “verità scarlatta”, e la cosa mi è piaciuta moltissimo *luvs*

Poi vi metto il link per vedere l’unico disegno che ho fatto, per ora, sulla coppia:

http://www.deviantart.com/deviation/52086520

Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate, del dessin… e soprattutto, del capitolo. A risentirci al prossimo!

yours Black ~

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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