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Autore: eian    31/10/2012    2 recensioni
Un virus che colpisce i telepati, mortale per i vulcaniani, si sta diffondendo sul pianeta Cetacea e rischia di propagarsi per l'intero quadrante, con effetti devastanti. L'Enterprise del capitano Kirk deve indagare sulla possibile origine sintetica del virus e il suo legame con una sperduta località su Vulcano.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Nuovo Personaggio, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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        In fuga
 
Chekov e Uhura si trovarono a circa dieci metri di profondità.
Dopo un attimo di stordimento iniziarono a compensare la pressione esterna con quella interna, poi attivarono le mappe sul casco di energia.
Il freddo era intenso anche attraverso le mute e il buio profondo poteva spingere facilmente al panico.
Uhura, che aveva sempre preferito le alte temperature e le viste sconfinate, prese tre profondi respiri per contrastare il senso di schiacciamento che sempre la pervadeva nelle missioni subacquee.
Odiava stare sott’acqua, soprattutto di notte.
Lasciò che fosse Chekov a guidarli.
Avevano aria per trenta minuti, più cinque di riserva, per cui non c’era tempo da perdere; inoltre le piccole pinne in dotazione non fornivano una grande spinta, per cui dovettero nuotare con energia.
Si mossero lungo i fianchi degli atolli, che si ergevano come colonne sottomarine, seguendone i profili; ogni tanto incontravano strani animali, alcuni di dimensioni notevoli: il tenente si augurò di non incontrare l’equivalente degli squali locali.
Dopo appena dieci minuti di nuotata negli abissi, illuminati solo per un breve tratto dalle loro torce, si sentì già stanca.
“Nyota, non sei più una ragazzina per queste cose…” si disse, ripromettendosi di intensificare i suoi addestramenti una volta a bordo.
- Pavel, sei sicuro del percorso? Non dovremmo essere già arrivati? – chiese attraverso il comunicatore.
- Tranquilla, siamo quasi arrivati. Preparati alla riemersione in tre minuti –In effetti pochi minuti dopo si trovarono a nuotare lungo una colonna trasparente che portava verso la superficie, sbucando infine dentro la vasca di un locale buio simile ad una sala riunioni.
- Siamo dentro la scuola dove abbiamo lasciato la navetta. Ho usato le planimetrie delle uscite di emergenza – la informò Chekov, mentre si issava oltre il bordo per finire seduto,  gocciolante e senza fiato sul pavimento.Uhura lo seguì, abbandonandosi sfinita.
Si concessero due minuti per riprendersi, poi si tolsero le mute.
- Pensi che il capitano se la sia cavata? – chiese la bantu, indossando la tuta da sbarco.
- Lo sai com’è fatto, per lui queste cose sono ritempranti, sembra gli facciano bene alla salute – rispose il navigatore mentre si dirigevano  alla navetta attraverso i corridoi deserti.
- Non mi piace l’idea di dover riferire al comandante Spock di aver lasciato solo il capitano mentre due tizi cercavano di sparargli – ammise Uhura, salendo a bordo della navetta e, per un osservatore esterno, sparendo nel nulla.
- Neanche a me, lo confesso: quei due sono più uniti che mai. Per quanto Spock non faccia trasparire mai nulla, son sicuro che si preoccuperà da morire. E non dirmi che i vulcaniani non provano emozioni! – rispose il navigatore, avviando i controlli.
Terminata la pressurizzazione la navetta si alzò leggera e sfrecciò invisibile nel cielo stellato.
 
Kirk stava nuotando nel buio degli abissi, lottando contro il freddo.
Non aveva fatto in tempo ad indossare la muta stagna; dopo aver reso la porta incandescente e fuso col phaser l’armadietto che la barricava, continuando a sparare periodicamente dei colpi di dissuasione era riuscito a malapena ad infilarsi lo snorkel, il collare del casco ad energia, agganciarsi lo zaino sulla schiena e a spararsi in mare attraverso il condotto con le pinne ancora in mano.
Dopo un attimo di shock per l’impatto con l’acqua gelida si infilò le pinnette e si allontanò velocemente.
Attivò il tricorder, che si agganciò automaticamente al casco proiettando i dati sullo schermo.
Dopo soli tre minuti i sensori gli segnalarono che due figure lo stavano seguendo, molto più veloci di lui.
Sembravano pericolosi e determinati e non sapendo ancora con chi avesse a che fare non voleva che lo seguissero verso il centro principale di ricerca, rivelando la propria identità e mettendo in pericolo gli altri scienziati, per cui avrebbe dovuto prima seminarli.
La cosa non si presentava facile, i due erano esseri semimarini, resistenti e adatti al nuoto, l’avrebbero raggiunto presto.
Richiamò velocemente sul monitor alcune orografie tridimensionali del fondale e anziché riemergere si spinse più in profondità lungo la parete dell’atollo.
Gli abissi erano neri come lo spazio profondo e poteva usare solo una leggerissima luce verdognola che illuminava il minimo per non sbattere rovinosamente contro le pareti frastagliate e taglienti delle formazioni coralline, affidandosi al fatto che gli inseguitori non avessero sensori a cui affidarsi ma solo la loro vista.
Il gelo era paralizzante.
Dopo dieci minuti dovette ricorrere alle tecniche di training autogeno dell’addestramento speciale per frenare l’ipotermia.
A venti metri di profondità trovò quello che cercava: l’imboccatura di una grotta.
Purtroppo sembrava che i suoi due inseguitori riuscissero comunque a stargli dietro anche senza strumenti, per cui non perse tempo e si infilò velocemente dentro l’apertura.
 
Sull’Enterprise Uhura e Chekov avevano fatto immediatamente rapporto al comandante Spock, che ovviamente non aveva battuto ciglio; tuttavia un istante dopo aveva aperto un canale con la superficie del pianeta.
- Spock a dottor McCoy –
- Qui McCoy - aveva risposto la voce stanca del medico.
- Dottore, il capitano è lì con lei?-
- No, non in questo momento – rispose, subito sul chi vive.
- Da quanto tempo non lo vede? – chiese Spock con voce apparentemente indifferente.
- Da più di un’ora, direi. Vuole che lo vada a cercare? – rispose il dottore, con una  leggera sfumatura di ansia malcelata nella voce. Sapeva della missione e ora sembrava si fossero persi Jim!
- No, grazie, ma quando lo vede può chiedergli di contattarci, per cortesia? Non vorrei disturbarlo al comunicatore, potrebbe essere… impegnato –
- Certo, Spock, lo farò –
- Spock chiude – disse il primo ufficiale, troncando la comunicazione prima che il dottore potesse rivolgere qualcuna delle sue solite, inopportune domande.Rimase in attesa, apparentemente impassibile, ma i suoi compagni di viaggio avevano riconosciuto la maschera dei brutti momenti che aveva indossato per l’occasione.
Il tempo sembrò dilatarsi all’infinito nella ansiosa atmosfera di aspettativa creatasi sul ponte.
 
Dopo pochi metri l’apertura si allargava in un’enorme caverna, da cui si dipartivano innumerevoli cunicoli di ogni dimensione.
Kirk sapeva dalle relazioni di T’Mar che una volta era stata una miniera, ormai abbandonata.
Per seminare i suoi inseguitori, sapendo che seguivano le sue bolle d’aria come le briciole di Pollicino, scelse un vecchio trucco: si infilò inizialmente in un cunicolo senza via d’uscita e dopo un ventina di metri tornò indietro alla caverna; da qui, trattenendo il fiato il più a lungo possibile per non emettere bolle rivelatrici, si inoltrò velocemente in un’altra galleria accuratamente scelta.
Percorsi quasi cinquanta metri in apnea dovette riprendere a respirare, accorgendosi di essere già entrato negli ultimi cinque minuti di riserva d’aria.
Pregò che le planimetrie fossero accurate, altrimenti sarebbe stata la sua fine.
Le pareti della galleria, poco più larga di lui, sfilavano grigie e scabre, evidentemente di origine artificiale.
C’erano poche forme di vita data la totale mancanza di luce naturale; la sua illuminazione verdognola rendeva il tutto surreale.
Un vistoso segnale rosso d’allarme sul monitor del casco lo avvisò dell’imminente esaurimento dell’aria.
La galleria stava risalendo già da un centinaio di metri ma cominciò a disperare di farcela; inoltre il freddo lo stava facendo irrigidire, rallentandogli i movimenti.
Cominciava a sentirsi la testa pesante e poco lucido.
Solo qualche altro istante, pensò…
Mentre la vista gli si appannava del tutto gli parve di scorgere il pelo dell’acqua e una vaga luminescenza.
Il suo ultimo pensiero fu per il vulcaniano che lo attendeva sul ponte della sua nave, poi sprofondò nel buio.
 
In piedi sul ponte il comandante Spock serrò impercettibilmente una mano sul bracciolo della poltrona, sorreggendosi.
Improvvisamente era stato sul punto di svenire, senza causa apparente. Inoltre sentiva un freddo terribile.
Si riprese con uno sforzo, cercando di passare inosservato al resto dell’equipaggio e mantenendo il controllo sul proprio corpo.
Dopo qualche istante, tuttavia, iniziò ad avere difficoltà a respirare, come se gli mancasse l’aria.
Improvvisamente capì cosa stesse succedendo e la consapevolezza lo terrorizzò, completamente fuori controllo. Non per sè, ma per lui.
Sulu fu il primo ad accorgersene.
- Signore! – esclamò, alzandosi e avvicinandosi immediatamente ma senza toccarlo – si sente bene? – chiese preoccupato.In quella le gambe del primo ufficiale cedettero, facendolo crollare in ginocchio sul ponte; si teneva la gola con una mano e lottava per ogni respiro.
- Comandante! – Uhura si avvicinò e lo sorresse senza troppi complimenti facendolo appoggiare alla poltrona – Respiri! Riprenda il controllo, può farcela –
Uhura era un' eccellente ufficiale e una donna di grande perspicacia: aveva capito che in qualche modo quel legame tanto speciale che univa il capitano e il suo primo ufficiale era cresciuto, fino a renderli consapevoli uno dell’altro.
Questo significava anche che il loro capitano era in pericolo di vita e stava in qualche modo soffocando.
- Tenente Layrys sul ponte, emergenza medica – chiamò senza esitazione dal comunicatore del bracciolo della poltrona di comando.
In assenza di quasi tutto il personale medico, sul pianeta per le ricerche, il tenente, in qualità di esobiologa e avendo ricevuto un addestramento speciale in primo soccorso ed emergenze mediche, era quella maggiormente in grado di capire cosa stesse succedendo. Inoltre, era una potente telepate e questa, probabilmente, sarebbe stata la cosa più utile.
- Hikaru, è il capitano. Dovete cercare di localizzarlo – esclamò.
- Non è possibile attraverso lo schermo di contenimento! – esclamò Chekov.
- Ci provi lo stesso, si inventi qualcosa – ordinò Sulu al collega - e senza farsi identificare. Uhura, lo assista – I due annuirono e corsero alla postazione di navigazione, mettendosi al lavoro.
Le portine del turbo elevatore si aprirono e T’Mar scese con una valigetta di pronto soccorso, localizzando in un attimo il primo ufficiale a terra e dirigendosi verso di lui.
- Jim… - sussurrò in un soffio il vulcaniano, poi stramazzò esanime. 
  
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