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Autore: TheNaiker    31/10/2012    0 recensioni
Hinamizawa, l'estate del 1983 è passata. Ma la felicità sognata da Rika è stata davvero raggiunta? I problemi dei suoi amici sono forse stati risolti, ma la felicità è una gracile piantina per cui bisogna lottare in continuazione, per evitare che essa appassisca. L'arrivo di nuovi personaggi ed eventi e gli effetti di quelli vecchi si intrecciano, in una nuova e difficile avventura.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1: Guardandosi attorno


Hinamizawa, 31 Agosto 1983

"Ouch! Ehi, mi fai il piacere di guidare più piano? Questa strana è tutta piena di buche!"

Proveniente dal Maniero Sonozaki, una piccola utilitaria blu stava viaggiando verso il cuore del piccolo villaggio chiamato Hinamizawa. Non era un auto particolarmente lussuosa, specialmente comparandola con le magnifiche limousine che spesso attraversavano quella stradina di campagna, segno che chi ci si trovava sopra non apparteneva a quella facoltosa famiglia. E infatti, a bordo di essa, un ragazzo stava massaggiandosi la testa dolorante, osservando seccato la sua sorella maggiore mentre stava guidando.

“Te l'ho già detto che sono in ritardo tremendo. Non mi avevate detto che dovevamo presentarci oggi, non era nel programma.”

"Vero, però dovresti organizzare meglio i tuoi impegni. Non voglio certo rischiare la mia incolumità per colpa dei tuoi ritardi cronici.”

“Però a essere onesti non ho neanche capito perchè dovevamo andare là. Li avremmo incontrati comunque nei prossimi giorni, dopo tutto. Questo è un villaggio piccolo come tanti altri, e trovare qualcuno in giro non è poi così difficile!”

Il ragazzo sospirò, e rispose: “Hai già dimenticato cosa ci ha detto il nonno, prima che partissimo? Questa è una legge non scritta, qui, e quella vecchia signora ci tiene terribilmente... E in qualche modo questo è un modo di riconoscere la sua autorità, come se fosse un re che riceve omaggio dai suoi vassalli. Senza contare che Oryou-sama è una signora di una certa età, non credo che spenda le sue giornate passeggiando allegramente per il villaggio. Penso che sia carino andare a casa sua e dire chi siamo, da dove veniamo, e così via.”

"Hmmm... Sarà. Non sono ancora diventata la serva di qualcuno, al momento.”

“E al momento penso che non sia una buona idea venire meno a questo tipo di regole. E' qualcosa di puramente formale, non è che andare là comporti delle vere conseguenze... Invece ignorarli sarebbe un pessimo biglietto da visita, non sei d'accordo con me, Flavia?”

Flavia (la giovane donna al posto di guida) non rispose subito. Ma poi disse: "E' solo perchè sono loro a comandare, qui. Se lei fosse una donna come le altre tutto ciò sarebbe stato un nonsenso. Insomma, a quel punto non sarebbe meglio andare e fare la stessa cortesia nei confronti di tutte le altre famiglie qui intorno?”

"Non hai tutti i torti, ma ti ho appena detto che questa è una regola, quasi una legge vera e propria, e personalmente non ho nulla in contrario a obbedire. Comunque penso sia meglio... no, dobbiamo proprio presentarci anche agli altri abitanti della zona, partendo dai vicini. Non possiamo restarcene a casa e ignorare chi c'è accanto a noi, tanto valeva non partire proprio per questo posto, altrimenti.”

“Anche perchè non passi inosservato qui, non è vero, Giancarlo?”

Giancarlo si guardò allo specchietto retrovisore. Già, aveva ragione. I capelli castano scuri potevano anche passare per normali laggiù, anche se averli così mossi e ricci non è cosa comune in Giappone. Il problema era piuttosto la sua faccia... e non solo la sua. Gli abitanti, nel momento stesso in cui li avrebbero incontrati per la prima volta, avrebbero notato che erano occidentali.

“Chissà se Hinamizawa è mai stata visitata da qualche forestiero... Qualcuno dall'estero, intendo.”

“Non è impossibile, sai? Il Watanagashi è una festa piuttosto popolare, e non escludo che qualche maniaco di tradizioni orientali sia venuto qui negli ultimi anni. Certo, da qui a dire che si vedono spesso ce ne passa... Già, già, stai attento, sarai al centro dell'attenzione, nei prossimi giorni!”

Flavia lo guardava sogghignando sarcasticamente, e Giancarlo per tutta risposta la squadrò perplesso, replicando: “E perchè dovrei essere io l'unico in questa situazione? Siamo decisamente sulla stessa barca, non credi sorellona?”

“Oh, ma io mi sono preparata... E poi credo di essere in grado di sopportare la cosa molto meglio di quanto non possa fare tu.

L'altro arrossì: “Non è che possa cambiare il mio carattere, adesso. Non sono di sicuro una persona comunicativa, tanto meno un leader... Perlomeno non uno confusionario e pasticcione come certe persone che conosco.”

“Ah, ah, molto divertente, ti stai riferendo a qualcuno in particolare?”

“Prova a indovinare... Insomma, dovevi proprio dire ai Sonozaki che eravamo già stati a Hinamizawa la scorsa settimana, e che non eravamo potuti andare da loro quella sera perchè eravamo tutti a letto con un febbrone da cavallo?”

“Ma se era la verità!”

“Lo so che era vero! Però potevi risparmiarti di dirglielo così! Abbiamo dato loro una pessima impressione! E meno male che non sanno che la prima volta che hai sentito il nome del villaggio tu l'hai chiamato Inamidata... Cos'è, un paese o una camicia stirata? Con la mente tornarono indietro a quello che era successo qualche giorno prima. Una volta arrivati in Giappone, dopo una breve visita iniziale a Hinamizawa, erano rimasti qualche giorno in un hotel di Tokyo, aspettando che l'Ambasciata desse loro i documenti necessari per il cambio di residenza. Inizialmente, avevano deciso che solo uno di loro doveva rimanere in quella grande città, mentre gli altri si sarebbero trasferiti subito a Hinamizawa, ma l'influenza li aveva tutti costretti a stare in albergo, visto che lasciare dei malati da soli in un piccolo villaggio non sembrava proprio una buona idea. Se non fosse stato per i documenti, sarebbero potuti anche stare nel villaggio, mentre si riprendevano dalla malattia, e avrebbero potuto conoscere prima i loro nuovi vicini. Accidenti a te, burocrazia.

“Comunque quello che ha detto loro era vero, non ha mentito. Non puoi lamentarti con Flavia solo perchè ha detto la verità, fratellino.

Una voce aveva interrotto il corso dei loro pensieri, e Flavia e Giancarlo si voltarono. Dietro di loro, seduta sul sedile posteriore, un'altra ragazza aveva cominciato a parlare. La più giovane fanciulla della famiglia. Ovviamente, Flavia non poteva fissarla a lungo, stava guidando del resto e doveva prestare attenzione alla strada. Giancarlo, invece, poté pensare a una risposta adeguata.

“Lo so, Alice. Non sto dicendo che l'abbia detto per farci sentire a disagio, anzi. Ma li hai visti? Oryou-sama e quell'altra donna sembravano così divertite da quello spettacolino.”

“Non credo che sia una brutta cosa.”

“Guarda che non sono un clown.”

Alice sospirò: “Già, invece tu sei sempre il nostro fratellino senza macchia, il solito perfettino, eh? Rilassati ogni tanto, non è successo nulla di male, in fin dei conti. E poi dovevamo giustificarci, settimana scorsa eravamo andati alla scuola del paese, e non ci eravamo recati al Maniero per presentarci. Doveva dire una bugia per proteggere il tuo orgoglio, ora?”

“Che esagerazione. Non c'è nulla di male se vai a casa loro qualche giorno dopo essere arrivato al villaggio. Non era una questione di vita o di morte.”

“Non eri mica tu quello che prima stava dicendo dell'importanza di rispettare le Buone Vecchie Tradizioni?”

Ora toccava a Giancarlo sospirare: “Si, probabilmente hai ragione. Ok, ammetto che hai preso la scelta giusta, Flavia, e ora dimentichiamo questa faccenda.”

Flavia sorrise, divertita da quella scenetta. Alice, invece, si toccò i suoi capelli ricci color castano chiaro, in segno di autocompiacimento: “Ti ho incastrato, fratellino! Lo sai, non è mai facile riuscirci, sei così contorto alle volte, e... e... Oh, come si dice in giapponese... quando qualcuno dice qualcosa che ha un significato nascosto...”

“Alice, se non conosci una parola, cercane di più semplici, oppure spiega semplicemente cosa vuoi dire. Basta dire che alcune volte parlo in modo oscuro.”

“Uff, ma perchè dobbiamo parlare in giapponese, qui? Insomma, siamo tra di noi, se parliamo in italiano non si offende nessuno!”

“Ci dovrai fare l'abitudine, temo. Primo, è un buon esercizio sia per te che per me. Secondo, anche quando saremo in mezzo agli altri dovremmo evitare di parlare una lingua che non conoscono, anche se ti vuoi rivolgere solo a me. Dovrò ricordarmi di fare altrettanto... Insomma, non sarebbe carino, non capirebbero un'acca di quello che diciamo.”

"Stupido fratellino!" fu la risposta di Alice.

"Eh già, invece di fratellino o fratellone dovresti usare qualcosa tipo Imouto, oppure Nii-chan. Che ne dici?”

Vada per Nii-chan, mi piace di più... Comunque, se uso una lingua diversa dal giapponese, è perchè voglio che gli altri non capiscano, non lo pensi anche tu?”

“Rimane il fatto che sia scortese. E, come ti ho già detto, usare sempre la loro lingua è un buon esercizio. In fondo è quello il motivo per cui ci siamo recati alla scuola di Hinamizawa, l'altra volta.”

Aveva ragione. Alice e Giancarlo avevano 18 anni, mentre Flavia ne aveva già 27. Avevano già completato la scuola dell'obbligo, che in Italia si concludeva con la fine delle medie a quel tempo, e quindi potevano viaggiare in Giappone senza problemi. Però i due più giovani del gruppo volevano comunque ottenere il proprio diploma, e dovevano studiare un altro anno. Pertanto, l'avrebbero fatto “restando a casa” (per quanto non erano esattamente a casa loro, al momento) e avrebbero sostenuto l'esame finale a Settembre dell'anno successivo, in una scuola italiana non lontana dall'Ambasciata, in qualità di privatisti. Un po' complicato come procedimento, ma nel momento in cui avevano deciso di restare in Giappone per un po' quella era la scelta migliore. E comunque non erano cattivi studenti, avrebbero passato gli esami senza troppi problemi.

Piuttosto, il problema era il loro giapponese. Quello di Flavia era perfetto, ma quello dei suoi fratelli più giovani aveva bisogno di una bella ripassata, visto che non lo avevano appreso molto tempo prima. E dove potevano migliorarlo, meglio che in una scuola? Avevano contattato il preside, prima di arrivare, e quindi avevano sostenuto un test per verificare la loro attuale conoscenza della lingua, preparato appositamente da Chie-sensei. Il giorno della loro prima visita, infatti, dovettero descrivere, oralmente e per iscritto, l'ambiente intorno a Hinamizawa, e le loro impressioni a riguardo. E i risultati furono comunicati un paio di giorni dopo, per telefono in quanto erano già a letto con l'influenza, in quel momento.

“Giancarlo sembra comprendere facilmente quello che legge o ascolta, ma quanto tocca a lui parlare non usa un vocabolario molto vasto, e le sue frasi sono troppo brevi e succinte. Alice, al contrario, commette degli errori e non dà il corretto significato ad alcuni termini, ma non ha paura di usare termini che ha appena ascoltato o letto, è più propensa a sperimentare. Necessitano sicuramente di un po' di aiuto, ma sono impressionata dal livello che hanno già raggiunto, soprattutto considerando che conoscono la lingua da non più di un paio di anni.”

Giancarlo ripeté a voce alta quelle parole, mentre ci stava ragionando sopra, come fossero una cantilena. Flavia le riascoltò con piacere, e poi rispose: “Beh, non mi sembra un giudizio negativo. Insomma, imparare il giapponese di solito è usato per definire il difficile per antonomasia.”

“E poi, direi che rispecchia fedelmente i nostri caratteri, no?” aggiunse Alice “Dovresti essere più espansivo qualche volta, quando parli con gli altri, frat... ehm, Nii-chan.”

“Già, lo so, avete ragione, non è la prima volta che me lo dite.”

“Però” Alice continuò “Non mi dispiacerebbe se ci fossero dei ragazzi della nostra età, in quella scuola. Sarebbe così noioso se fossimo i più vecchi là dentro.”

“Spiacente di deluderti, ma non penso ce ne siano. In Giappone vanno all'Università all'età di 17 o 18 anni, quindi, se siamo fortunati, incontreremo al massimo dei diciassettenni. Inoltre, quella scuola è frequentata da meno della metà dei ragazzi del villaggio, ce l'ha detto Chie-sensei, ti ricordi? Quest'anno ci dovrebbero essere diciotto studenti, compresi noi, mentre tutti gli altri vanno a scuola ad Okinomiya.”

“Che peccato... Comunque, solo trenta, massimo quaranta giovani in un villaggio di duemila abitanti? Sono davvero pochissimi!”

“E' una cosa che ha colpito anche me... Però l'invecchiamento della popolazione è una questione seria, qui in Giappone, una qualche possibile spiegazione si può trovare quindi. Anche se... sono d'accordo con te, quando speri che ci siano degli studenti di sedici o diciassette anni. Altrimenti non sarebbe solo noioso... ma incredibilmente imbarazzante. Studiare circondati da un branco di marmocchi... Brrr...”

"Ah-ah! Beh, direi che farete proprio i maestri associati, in questo caso!” esclamò Flavia. “E, a tal proposito... Che significa Spero solo che ci siano dei ragazzi della nostra età, Alice? Non è che stai cercando un nuovo fidanzato? Povero Alberto, hai intenzione di piantarlo?”

"Col cavolo!" Alice divenne rossa come un peperone "Che cosa vai dicendo? Mi sta aspettando così pazientemente, non gli farei mai una cosa del genere! Dovremo sposarci, presto, te lo sei dimenticata?”

Certo, quel presto poteva anche significare tra tre o quattro anni, pensò Giancarlo, in quel momento sua sorella era ancora troppo giovane. Ma del resto sapeva bene anche che quel piccolo dettaglio era insignificante, per Alice, che continuò: “Piuttosto, stavo pensando al nostro caro Nii-chan. Se trovasse qualche partito interessante, chi lo sa...”

“Dovrebbe sbrigarsi, infatti, non possiamo aspettare che si decida, è troppo pigro in queste cose. Sai, qui intorno è pieno di belle fanciulle dagli occhi a mandorla e dai lunghi capelli neri, dolci, gentili...”

“Se la finite di impicciarvi della mia vita, mi fate un favore!” le interruppe il ragazzo “Evidentemente in amore non ho la vostra stessa fortuna.”

Le due donne sospirarono, per l'ennesima volta. Si vedeva che erano parenti. “Fortuna, la chiama...” Poi Alice aggiunse: “Certo, va detto che saremmo stati più fortunati se le nipoti di casa Sonozaki fossero state a casa, mentre eravamo lì.”

“Vi ho detto che dovevate piantar...”

“Non stavo parlando di questo ora, Nii-chan! O perlomeno, non solo di questo. Il fatto è che conoscere qualche coetaneo prima di cominciare ad andare a scuola qui sarebbe stato molto utile. Per ambientarsi, insomma.”

Aveva segnato un punto a suo favore, questa volta, e infatti le fu risposto: “Alice, devi anche pensare che oggi è l'ultimo giorno di vacanza per loro, e quindi è anche il nostro ultimo giorno, ovviamente. Immagino che i rampolli del clan siano andati fuori da qualche parte con i loro amici.”

“Vero, ma mi chiedo dove, qui non ci sono molti luoghi di ritrovo. Magari a Okinomiya? In qualche cinema?”

“Non saprei, ci sono mille possibili risposte a questa domanda. Anche se saranno andati in qualche posto piacevole e interessante. Certamente, che so, non in una discarica...”

Si misero tutti e tre a ridere, divertiti da quell'idea stupida. Mettersi a giocare in una discarica, che idea balorda.

Una volta ripreso l'autocontrollo, Flavia si guardò attorno, ed esclamò: “OK, direi che siamo quasi arrivati. Non è che vi arrabbiate se vi lascio qui? Sono terribilmente in ritardo, e senza auto non farò mai in tempo.”

“Va bene, Flavia... Non penso ci siano problemi. Non siamo poi lontani da casa, e non avendo bagagli pesanti da portare sarà una piacevole passeggiata. A proposito, sai se le nostre cose sono già arrivate a casa?”

“Sicuro, sicuro, non ti preoccupare! Mi sono occupata della cosa personalmente!” Quell'affermazione, a onor del vero, non tranquillizzò gli altri più di tanto. Era risaputo che Flavia fosse una terribile pasticciona, in certi casi, a tal punto che tutti i loro vestiti potevano anche trovarsi in Patagonia, a quell'ora. Ma comunque dovevano fidarsi di lei, almeno per il momento.

“OK... Beh, ci vediamo allora.” disse Alice, scendendo dalla loro auto. Flavia agitò la mano per salutarli, quindi prese la sirena che le avevano appena consegnato alla centrale, accendendola, e poi li lasciò, guidando come una forsennata e ridendo come una pazza per l'eccitazione. Il tutto mentre suo fratello e sua sorella la stavano osservando.

“Meno male che non l'aveva usata prima... Te lo immagini? Io e te saremmo potuti anche passare per pericolosi delinquenti, se qualcuno ci avesse visto.”

“Sarebbe meglio che tu non glielo dicessi, Alice... Mi raccomando... Potrebbe essere pazza abbastanza da farlo davvero, la prossima volta. Tra l'altro spero non sbatta da qualche parte, queste stradine di campagna sono strette, e le loro continue curve sono un costante pericolo, soprattutto se non guidi con criterio. Anche se devo ricordarmi di stare attento a mia volta, non sono abituato alla guida a sinistra, dovrò imparare in fretta.”

“Sarà come se fossimo in Inghilterra!” commentò Alice “E comunque, non sono d'accordo con te, Flavia non è una tale irresponsabile. Dopo tutto ha cominciato ad andare così veloce solo dopo che noi siamo scese. Prima è stata molto più prudente, non voleva certo che noi ci facessimo male in qualche modo.”

“Si, lo so, hai ragione, stavo solo scherzando. In fondo è sempre stata apprensiva e premurosa con i bambini, lo era anche con noi quando eravamo piccolo. Immagino le piaccia fare la spaccona, ogni tanto, ma è più che altro un ruolo che si diverte a recitare, non sei d'accordo?”

Alice sorrise, approvando la sua opinione, prima di chiedere: “Quindi, che vuoi fare ora?”

“Innanzitutto andiamo a verificare che non manchi nulla tra i nostri bagagli, anche se più che di Flavia non mi fido delle compagnie aeree. Poi suppongo che dovremo comprare qualcosa da mangiare stasera, probabilmente la dispensa è ancora vuota, a casa. Comunque sarà meglio prendere lo stretto necessario, domani sera andremo a Okinomiya per la spesa principale. E' un paese più grosso di Hinamizawa, sicuramente ci sarà un supermercato con prezzi più bassi di quelli delle botteghe di qui.”

"Okay, signor Taccagno. Però stasera vorrei andare al mercato del villaggio. Sarà una buona occasione per incontrare qualche abitante del posto.”

“Oh... Certo. Anche se non credo incontreremo migliaia di persone là, almeno questo è quel che penso. Insomma, non sarò mica l'unico a cui non piace buttare i soldi dalla finestra, al contrario di qualcun altro che ora è accanto a me.”

“Tsk, guarda che un lavoro ce l'ho, quindi i soldi sono miei e me li gestisco come mi pare.”

Si guardarono l'un l'altro, ridendo di gusto. Alla fine quella era una scaramuccia, ma nessuno dei due l'aveva presa sul serio. Era più che altro un gioco... un modo per soddisfare il proprio ego, e il desiderio di divertirsi.

“Beh, non abbiamo molto tempo da perdere purtroppo, siamo appiedati al momento. Su, andiamo.”

“Già, magari avessi la mia bicicletta.” si lamentò lui “Sarebbe tornata proprio utile qui.”

“Vero. Però puoi sempre comprarne una nuova.”

“Scherzi? Sono affezionato a quella vecchia, lo sai. Insomma, ho tanti bei ricordi e mi dispiacerebbe disfarmene. La uso da... quanti anni? Sette?”

“Più o meno. Quando te l'avevano comprata eri troppo piccolo per quella. Eri così divertente quando cercavi di salirci sopra e pedalare...”

Giancarlo preferì fingere di non ascoltarla, e guardò per un po' la strada davanti a lui. Completamente vuota e silenziosa, priva del minimo rombo di un motore. Alice se ne accorse a sua volta, ed esclamò: “Ma dove sono finite le macchine?”

“Direi che non ci sono. Ma non è una novità, evidentemente questo è qualcosa che avviene in tutti i villaggi di queste dimensione. Inoltre, penso che a quest'ora tutti gli agricoltori del paese siano ancora al lavoro, nei campi qui vicino. Del resto adesso non fa caldo, sono le quattro del pomeriggio, e non è più estate ormai. Un buon momento per lavorare in attesa dell'arrivo della sera, e quindi sono tutti all'opera, e nessuno è a zonzo, a piedi o in macchina.” Dopo aver detto ciò, emise una risatina, e commentò: “La sirena di Flavia era completamente inutile...”

“Hmmm... Traffico o no, non avrebbe fatto differenza, non vedeva l'ora di usarla. E' sempre un simbolo di forza e autorità, e la sua utilità era un fattore secondario.”

“Francesco sarà così felice, quando saprà finalmente cosa quei sentimenti significano davvero per lei...” Ignorando cosa i due fratelli stavano dicendo sul suo conto, Francesco, l'uomo che Flavia aveva sposato solo tre mesi prima, stava sistemando la loro casa in Okinomiya. Rispetto a sua moglie era stato più fortunato, non era stato colpito dall'influenza nei giorni passati, e quindi poteva curarla, prendersi cura di lei, e successivamente occuparsi del trasloco nella loro nuova casa. Che del resto era diversa da quella dove sarebbero stati Giancarlo e Alice, i quali, non volendo essere d'intralcio alla coppia di novelli sposi, avrebbero vissuto a Hinamizawa. Il tutto lontano dai genitori, che erano rimasti a casa in Italia. Già, stavano cominciando a vivere in modo indipendente.

“Abbiamo dovuto comprare due case...” disse lui “Fortunatamente da queste parti sono decisamente economiche.”

“In campagna è sempre così” rispose lei “Siamo lontani dalle grandi città, dai luoghi dove le multinazionali mettono i loro uffici, e dalle zone di pregio. Il che non mi dispiace, almeno né noi né papà e mamma abbiamo dovuto sborsare chissà quale cifra, neanche per una casa come quella. L'ho già vista la prima volta che siamo stati qui, non è per niente piccola, assolutamente adeguata alle nostre necessità, e poi è molto confortevole e accogliente."

“Sono contento che sia così. Del resto decidono di venderle a prezzi concorrenziali anche per spingere le persone ad abitare qui. Lo spopolamento è una continua minaccia per queste comunità.”

“Sono d'accordo, Nii-chan. Ad Okinomiya è già tutto un altro discorso e... Oh, buonasera!” Alice aveva interrotto il discorso in quanto aveva intravisto, in lontananza, una donna con il figlio piccolo che stavano camminando, probabilmente verso casa. La ragazza si sbracciò per farsi vedere, e poi si avvicinò a loro, contenta di iniziare a conoscere gente nuova. La signora, invece, apparve abbastanza sorpresa di vedere degli stranieri lì, specialmente perché il Watanagashi era passato da un pezzo. Ma si riprese velocemente, rispondendo al cortese saluto, e pure il bambino, che probabilmente non aveva mai visto un'occidentale in vita sua, sorrise contento, e cominciò a parlare con la sconosciuta.

Alice, a quel punto, invitò il fratello a raggiungerli, e lui obbedì, pensando Sì, è una buona idea scambiare due chiacchiere con loro, ci faremo conoscere meglio e non saremo visti come stranieri sospettosi. In fondo, è un modo carino di presentarci. Del resto, dovremo fare così anche domani per il primo giorno di scuola, no?

  
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