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Autore: _Trixie_    31/10/2012    4 recensioni
Erano settimane che aspettavo quella serata con eccitazione. Avevamo programmato tutto fin nei minimi particolari.
I genitori di Nick erano fuori città, ma sua sorella sarebbe rimasta a casa, quella notte. Così, se i signori Robbins avessero chiamato da Nick per sapere di noi, lei se ne sarebbe occupata tranquillizzandoli che già dormivano, al sicuro.
In realtà, non avevamo la minima intenzione di passare la nottata dal migliore amico di mio fratello.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Arizona Robbins
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Nickname: _Trixie_
Titolo: Caramelle, alcool e indigestione
Personaggi: Arizona Robbins (PoV), Timothy Robbins, Altro personaggio (Nick, della 8x22, il migliore amico di Timothy e personaggi di mia fantasia come: Lia e Pit)
Genere: Slice of life
Lunghezza storia:One-Shot
Rating: giallo
Avvertimenti: -
Note: -
Contesto: Prima dell’inizio
Introduzione: Erano settimane che aspettavo quella serata con eccitazione. Avevamo programmato tutto fin nei minimi particolari.
I genitori di Nick erano fuori città, ma sua sorella sarebbe rimasta a casa, quella notte. Così, se i signori Robbins avessero chiamato da Nick per sapere di noi, lei se ne sarebbe occupata tranquillizzandoli che già dormivano, al sicuro.
In realtà, non avevamo la minima intenzione di passare la nottata dal migliore amico di mio fratello.
 
  
 

Caramelle, alcool e indigestione

 
 

Mi guardai allo specchio e presi un gran respiro. Odiavo mentire ai miei genitori.
Mi sistemai i pantaloni militari e la giacca ruvida, un po’ troppo grande per me, ma sapevo che non l’avrei indossata per molto. Strinsi la coda di cavallo e misi il berretto in testa.
Per quella festa di Halloween avevo deciso di vestirmi da soldatessa.
Mi chinai e legai le stringhe degli anfibi, presi un altro profondo respiro, poi mi decisi ad andare in salotto.
Con lo zaino in spalla, scesi lentamente le scricchiolanti scale di legno.
«Ah, ecco anche l’altro nostro piccolo soldato!» esclamò mia madre, che fino a quel momento si era occupata di sistemare la giacca di Timothy.
Sorrisi a mio fratello, complice. Avremmo partecipato alla stessa festa e, di comune accordo, avevamo deciso di indossare lo stesso costume.
Stava bene, in tenuta militare, con quei suoi occhi chiari e vispi, i capelli biondi tagliati a spazzola, le spalle dritte e il mento alto, come ci aveva insegnato il colonnello Robbins.
«Fatti vedere, cara!» esclamò mia madre, prendendomi la mano e trascinandomi fino al centro della sala, accanto a mio fratello, che mi superava di cinque centimetri buoni nonostante fossimo gemelli.
«Stai bene, Tim» gli dissi, dandogli un leggero pugno sulla spalla.
«Anche tu» mi rispose lui, con un sorriso. «Sembri più piccola della tua età, però».
Mi strinsi nelle spalle, anche se, data la grandezza della giacca, il movimento fu pressoché impercettibile.
«I miei ragazzi» commentò mio padre, l’orgoglio che trasudava da ogni singola lettera.
Sapeva che si trattava solo di stupidi costumi, ma amava la patria almeno quanto amava figli e moglie e vederci in tenuta militare gli faceva fare la ruota come a un vecchio pavone.
Io arrossii, sentii le lacrime pungermi gli occhi. Tim se ne accorse.
«Bene, noi siamo in ritardo, Nick ci sta aspettando» intervenne Timothy, mettendomi un braccio attorno alle spalle.
Salutammo frettolosamente i nostri genitori. Io tenni gli occhi bassi, Tim diede mostra di tutta la sua faccia tosta. Come facesse a mentire ai miei genitori con tale naturalezza, devo ancora capirlo.
Una volta fuori casa ci dirigemmo verso l’abitazione di Nick.
Alcuni bambini bussavano già alle porte domandando dolcetto o scherzetto?
«Phoenix, avevi un’espressione terribilmente colpevole, là dentro, rilassati! Tu e i tuoi problemi con le autorità!» mi disse Tim, mentre io tiravo un sospiro di sollievo.
«Come fai ad essere così tranquillo? Se ci scoprono…» iniziai, ma Tim mi interruppe.
«Non ci scopriranno! E poi non abbiamo mentito! Mamma e papà credono che siamo con Nick a festeggiare Halloween e, di fatto, siamo con Nick a festeggiare Halloween».
«Certo, siamo con Nick a una festa di Halloween organizzata dai tuoi amici dove invece del succo di frutta ci sarà alcool e al posto delle caramelle-»
«Ci saranno caramelle! Solo ripiene di alcool!» esclamò Timothy, baldanzoso.
«Sedici anni e non dimostrarli» commentai, divertita.
Erano settimane che aspettavo quella serata con eccitazione. Avevamo programmato tutto fin nei minimi particolari.
I genitori di Nick erano fuori città, ma sua sorella sarebbe rimasta a casa, quella notte. Così, se i signori Robbins avessero chiamato da Nick per sapere di noi, lei se ne sarebbe occupata tranquillizzandoli che già dormivano, al sicuro.
In realtà, non avevamo la minima intenzione di passare la nottata dal migliore amico di mio fratello.
Arrivammo velocemente da Nick e bussammo alla porta.
«Entrate!» urlò una voce dall’interno.
Tim mi guardò, si strinse nelle spalle, poi aprì la porta cedendomi il passo.
«Sei sempre più simile a papà!» commentai stuzzicandolo.
Dentro faceva caldo. Anche se la pesante giacca militare mi aveva riparata dal freddo autunnale mi accorsi di aver il naso rosso guardandomi nello specchio appeso all’ingresso.
«Nick!» urlò Tim.
«Arrivo!» ci rispose il ragazzo dal piano superiore. «Lia…Ahi! Lia!»
Lia era la sorella maggiore di Nick. Era una ragazza simpatica, dal sorriso contagioso e i capelli neri, ricci e ribelli come quelli del fratello. La scorsa estate, per qualche mese, mi ero presa una cotta pazzesca per lei. Non l’avevo detto a nessuno. Quando Nick ci disse che sua sorella si era messa con un certo Paul, avevo nutrito risentimento e odio verso questo ragazzo sconosciuto per qualche giorno, ma poi sia la cotta che i cattivi sentimenti se ne erano andati.
«Tim! Tucson
La voce di Nick interruppe i miei pensieri.
Mi voltai e vidi Nick in cima alle scale, con un camice bianco e una borsa di pelle tra le mani, che sembrava particolarmente pesante.
«Dottore?!» esclamò Tim. Evidentemente il costume di Nick era una sorpresa anche per lui.
«Specializzato in ginecologia, per la precisione. Se capisci cosa intendo!»
Mio fratello e Nick scoppiarono a ridere per quella squallida battuta, io scossi la testa, divertita mio malgrado.
«Nick, per l’amor del cielo!»
Era la voce di Lia. L’improvvisato ginecologo smise di ridere e iniziò a scendere le scale ma, impacciato dalla pesante borsa, mise un piede in fallo e ruzzolò giù per gli ultimi quattro gradini.
«Nick!» urlai, spaventata.
Lia si trovava ora al posto di Nick e si affrettò a raggiungere il fratello che farfugliava e giurava a me e a Tim, che lo stavamo aiutando a mettersi in piedi, che stava bene, anzi benissimo.
«Perché hai fatto gli scalini così in fretta? Potevi romperti l’osso del collo!» lo rimproverai.
«Sto bene, Phoenix, non andare in paranoia. Solo che non ne posso più di Lia e del suo ago!» rispose Nick, lanciando un’occhiata infastidita alla sorella.
«Dovevo solo sistemarti il camice. Ti stavo facendo un favore» lo rimbeccò Lia.
«Sì, sì, ok».
Nick si liberò dalla presa di Tim e armeggiò con la sua borsa. Quando ne riemerse, tirò un sospiro di sollievo.
«Bene, direi che possiamo andare!» esclamò poi, prendendomi sottobraccio.
Salutai Lia, indugiando più del dovuto sul suo collo lungo e affusolato, poi uscimmo nella fredda notte di Halloween.
 
La prima cosa che feci, arrivati alla festa, fu cercare un bagno per cambiarmi.
Mi tolsi l’ingombrante divisa, sotto la quale portavo un paio di pantaloncini, sempre a trama militare, un paio di calze nere e una canottiera bianca. A completare il tutto, tenni il berretto, ma sciolsi i capelli, strinsi meglio gli anfibi e indossai delle medagliette di metallo che mi aveva regalato Tim e che mi scendevano tra i seni.
Mi guardai di profilo e storsi il naso: un paio di taglie in più non mi sarebbero dispiaciute.
Cacciai la divisa militare nello zaino, poi uscii dal bagno, quasi scontrandomi contro Nick e Tim.
«Phoenix!» esclamarono all’unisono, squadrandomi da capo a piedi.
«Allora, come sto?» chiesi, esaltata.
La musica era alta, la casa iniziava a riempiersi e io ero sempre più su di giri.
«Ecco, sembri…» iniziò Nick, cercando la parola adatta.
«Una troietta, Arizona, sembri una troietta» completò Tim per lui, con la sua solita schiettezza.
«Non è vero!» protestai indignata. «Nick, digli che non è vero!»
Nick tossì.
«Che ne dite se andiamo a posare le borse?» domandò, senza rispondermi.
«Nick!»
«Le borse, Tucson, le borse» ripeté, allontanandosi seguito da Tim. Io li seguì di malavoglia.
Dopo un breve corridoio, ci trovammo in uno spazioso salotto, già affollato.
«Ehi, Pit, dove mettiamo questa roba?» urlò mio fratello a un ragazzo alto che non avevo mai visto.
Il padrone di casa, supposi.
«Nel guardaroba. Dà a me!» rispose Pit avvicinandosi e prendendo la borsa di Tim.
Nick gli porse la sua, ma non prima di aver estratto un paio di bottiglie.
«Una è per il padrone di casa» disse, porgendola al ragazzo moro. «L’altra è per noi, non si sa mai!»
Nonostante la luce scarsa, lessi chiaramente che si trattava di Vodka.
Pit mi si parò davanti e io gli diedi lo zaino.
«Non è che vuoi offrirmi qualcos’altro per ringraziarmi dell’ospitalità?» domandò, facendo un passo verso di me.
Con la coda dell’occhio vidi mio fratello farsi avanti, ma lo fermai con un gesto della mano.
«Non sono ancora abbastanza ubriaca per andare a letto con un uomo, ma se hai una sorella, vorrei conoscerla!»
Pit si allontanò divertito io mi voltai verso mio fratello e Nick.
«Dimentico sempre che ormai non hai più otto anni» esclamò Tim, compiaciuto.
 
Io non reggevo l’alcool e lo sapevo bene, eppure quello non mi fermò dal bere uno, due, tre bicchieri. Il mio ultimo, chiaro ricordo di quella sera è Nick che mi offre l’ennesimo sorso di tequila, poi ho solo una serie di rapidi flash.
 

***

 
«Phoenix, sei ubriaca!» esclama Nick, quasi urlando.
«Sì, marito, c’è qualche problema?»
Rido, poi bevo un lungo sorso da un bicchiere di plastica che ho in mano.
Non so cosa sia.
«No, Tucson, no, sono ubriaco anche io! Tim?»
Alzo le spalle.
Non ho la più pallida idea di dove sia mio fratello.
 
La sua bocca è calda, anche se le mie labbra hanno perso parte della loro sensibilità per via dell’alcool.
Passo le mani tra i suoi capelli lunghi e neri, che mi solleticano il viso, le mordo la lingua, strappandole un sommesso grido di sorpresa.
La sento premere il suo bacino contro il mio, il muro freddo cui sono appoggiata mi fa rabbrividire. Ma forse non è solo freddo, forse è l’eccitazione.
Apro gli occhi, quando le nostre labbra si separano, e per un attimo vedo quei suoi profondi occhi neri, così diversi dai miei, nei quali sprofondo.
La bacio di nuovo, stringendola a me fino a farmi mancare il fiato.
 
La bottiglia smette lentamente di girare, indicandomi.
Un boato si alza dai ragazzi seduti in cerchio con me. A parte Nick, non credo di conoscere nessuno di loro.
Una biondina dalla puzza sotto il naso fa girare la bottiglia di nuovo.
Dopo qualche secondo, la bottiglia inizia a rallentare.  
Fa ancora un giro, uno di nuovo. Orami è quasi ferma.
Alzo gli occhi, seguendo la direzione indicata dal collo della bottiglia.
Nick.
«Ah, Tucson, credo tocchi a me» dice, con un sorriso divertito.
Nick si avvicina, io lo lascio fare.
In fondo ci siamo sposati a dieci anni, ha tutto il diritto di baciarmi.
 
«Posso sedermi?» domando a una ragazza dall’aria pensierosa, abbandonata su un divano.
«Sì, certo».
Credo sia ubriaca anche lei. Di certo, lo sono io.
«Ci siamo mai incontrate?» chiedo, appoggiando a terra l’ennesimo bicchiere vuoto.
«Non credo» mi risponde con un sorriso. Un bellissimo sorriso. «Sono Rose».
«Rose, un bel nome. Io sono Arizona».
Mi avvicino a lei, le scosto i capelli con un mano per sussurrarle nell’orecchio.
«Sei una ragazza timida, Rose?»
Lei si volta, mi bacia, fa scorrere la sua mano lungo la mia gamba.
«Direi di no. Per fortuna, perché le timide non mi sono mai piaciute».
 
Mi reggo a Nick, che al momento ha persino meno equilibrio di me.
Siamo in giardino, cercando di schiarirci le idee e respirare un po’ di aria fresca.
Fa freddo, ma al momento non mi importa.
Lui ride e rido anche io, per cosa non saprei dirlo. Ci sta raggiungendo Tim, abbracciato a quella bionda per la quale nutro una profonda antipatia senza conoscerne il motivo.
«È la stessa ragazza?» chiedo a Nick, cercando di abbassare la voce.
Credo di averlo urlato.
Ci lasciamo cadere sull’erba soffice e umida. Mi sdraio e poco dopo Nick appoggia la testa sulla mia pancia.
«Di cosa stai parlando?» mi risponde lui.
«La bionda!»
«Tu sei bionda»
Tim ci ha ormai raggiunti, si intromette.
«Ragazzi, avete un pessimo aspetto, siete ubriachi!»
Sbiascica, si lascia cadere a terra trascinando la biondina con sé.
«Tu sei messo peggio, amico» gli risponde Nick, con la voce che va affievolendosi.
Passano pochi secondi e lo sento russare sulla mia pancia.
 
Strizzo gli occhi, c’è troppa luce in questo posto.
«Arizona, guardami, mi riconosci?»
Mi guardo intorno. Siamo nel bagno.
«Certo, Tim, ho solo bevuto un po’, non sono ubriaca!»
«Insomma, stavi per baciare Pit»
«Cosa? Non essere ridicolo, Tim, sai bene quanto me che non mi piacciono i ragazzi»
«Per questo credo tu sia ubriaca fradicia!»
«Non dire sciocchezze»
«Non vuoi tornare a casa?»
«Scherzi? Ho appena iniziato a divertirmi!»
 
In piedi, su un basso tavolino, sto ballando accanto a una ragazza mai vista prima. Credo mi abbia anche detto il suo nome, ma non lo ricordo. Un nome profumato, sì, un nome che sa di fiori…
Le passo una mano attorno ai fianchi, le bacio l’incavo del collo, sento la sua mano palpeggiarmi il sedere e una risata sgorgare spontanea dalle mia labbra.
Forse ho bevuto troppo.
 

***

 
Silenzio.
E un gran mal di testa.
Questo è quello che mi ricordo della mattina dopo la festa di Halloween.
Mi svegliai sdraiata tra le braccia di Nick, avvolta nella giacca militare che avevo tolto la sera prima nel bagno.
Delicatamente, mi liberai dell’abbraccio del mio amico. Le mie ossa protestarono, così come ogni singolo muscolo del mio corpo. Avevo dormito sul pavimento per… non so quanto tempo.
Mi misi seduta e mi guardai attorno.
Accanto a me e a Nick, Tim dormiva tranquillamente sul divano.
Bella cavalleria, privare la propria sorella di un posto comodo per dormire.
Stavo per picchiargli dentro per svegliarlo, quando dovetti alzarmi per correre in bagno.
Mi mossi velocemente, tutto attorno a me vorticò, riuscì a rimanere in piedi solo grazie alla forza di volontà e a dominare il conato di vomito.
Barcollai, pestando la mano di Nick, poi mi diressi velocemente verso il bagno.
Dovetti prestare attenzione ai ragazzi che, come noi, si erano addormentati a terra.
Mi appoggiai al lavandino, non riuscendo più a trattenermi, e liberando lo stomaco.
Tossii e sputacchiai, tenendo i capelli all’indietro perché non si sporcassero.
«Tucson».
Era Nick. Si appoggiò allo stipite della porta, tenendosi una mano.
«Scusa» bisbigliai, con la gola secca, indicando la sua mano con un cenno del mento.
Si accostò a me, poi mi allontanò dal lavandino.
Toccò a lui vuotare lo stomaco.
 
Abbracciata a Tim e a Nick, che quasi mi trascinavano, arrivai fino a casa del nostro amico, dove finalmente potei fare una doccia e cambiare quei vestiti che puzzavano di alcool, fumo, sudore e… rosa.
Disgustata, cercai di ricordare se avessi fumato o meno, ma la mia mente giocava brutti scherzi.
Non ricordavo nemmeno se nel giardino di Pit ci fossero delle rose. Probabilmente sì.
Indossai i vestiti che mi ero portata da casa, poi aspettai che anche Timothy si togliesse tutto quel sudiciume.
Quando fu pronto, salutammo Nick e Lia, che si era appena alzata, un po’ allarmata per l’aspetto del fratello.
Passai l’intera giornata a letto, così come Tim, non riuscendo a tenere nello stomaco nulla per non più di qualche ora.
Indigestione di dolci, sì, deve essere un’indigestione, fu la diagnosi di nostra madre. 
Da parte mia, promisi a me stessa che non avrei mai più rifatto una cosa del genere e mantenni quella promessa.
O, meglio, la mantenni fino alla festa seguente.
 
 
 
NdA
Vorrei chiarire un paio di punti. Allora, per prima cosa, i soprannomi di Arizona (io ho usato solo Phoenix e Tucson, ma Nick, nel telefilm, ne ricorda altri, se non sbaglio) sono città dello stato dell’Arizona ed evidentemente è una sorta di affettuosa e simpatica presa in giro nei confronti della ragazza.
Nick e Arizona, come ricordato da loro stessi, si sono sposati a dieci anni con anelli di fili d’erba, ovviamente per gioco.
Credo che non ci sia null’altro da aggiungere, anche se vorrei chiarire che Arizona non era affatto un’irresponsabile, da giovane, ma aveva la testa sulle spalle.
Solo che a volte la perdeva! Voglio dire, è nella natura di ogni adolescente perdere qualche sbornia ogni tanto.
Infine, se volete sapere come Arizona ha gestito, una volta diventata madre, la richiesta di sua figlia Sofia di partecipare ad una piccola festa di Halloween, guardate qui ;D
Alla prossima,
Trixie <3

   
 
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