-
Outbreak -
Detesto
questa sensazione. Soprattutto
adesso, nella mia nuova veste e a un passo dalla mia rinascita. È come un tarlo
che scava profondo, depositando il germe del sospetto. Temo che sia già in atto
qualcosa e il sentirmi così vulnerabile rievoca ricordi che voglio cucire al
lontano passato. Tuttavia, ogni mio sospetto è più che lecito.
Nonostante io sia riuscito a tenere
a bada il guardiano Heimdall, questo non mi ha impedito di scorgere nei suoi
occhi la vena del disprezzo e, peggio, della diffidenza. Per il disprezzo, non
me ne son fatto cruccio; impareranno ad apprezzarmi. Col tempo; col mio nuovo
regno. E se pure non accadesse, mi accontenterei di essere temuto. Quello
basterebbe. Ma la diffidenza; un simile germe a cui non sono in grado di impedire
di crescere negli animi dei miei nemici, questo è il vero problema. Il loro eroico
quanto sciocco animo li porterebbe a tramare alle mie spalle. Non solo
Heimdall, ma anche quei cani dei compagni di Thor. Non voglio che tutto questo
diventi un problema impegnativo al punto da distogliermi dai miei piani. Forse
dovrei fare qualcosa.
Osservarli, certo, ma temo non
basterebbe. Avrebbero ancora il privilegio di poter smentire, se interrogati.
No, i miei occhi hanno fatto già abbastanza. A questo punto sarebbe meglio
agire. Ma il come mi dà da pensare.
Non dovrei lasciare tracce né indurre alcun sospetto. Inoltre Heimdall è
potente e può garantire l’uso del Bifrost. È decisamente una pedina troppo importante
per lasciarla in un rischio di alto tradimento. So che potrebbe farlo. Il suo
amore e la sua lealtà per Odino sono così viscerali da sfiorare il patetico.
Non è passato molto dal mio ritorno
su Asgard, eppure questa precarietà latente non mi abbandona. Temo di cadere. O
meglio, scivolare. Devo scegliere con coscienza la mia prossima mossa se voglio
restare ritto. L’irrequietezza mi impedisce di rilassarmi. Mi trovo costretto a
uscire. Raggiungo la vasta terrazza del palazzo. Aria fresca. È così diversa da
quella di Jotunheim. Inspiro a pieni polmoni per ossigenare le membra. Ogni
nervo della mia spina dorsale è teso mentre il pugno sullo scettro stringe come
la morsa di un serpente. Tra poco, tutto quello che ora vedono i miei occhi, e
forse anche oltre, mi apparterrà. Devo solo perdurare. Devo solo prestare
attenzione a non commettere errori. Non è la fortuna ciò di cui richiedo il
supporto; a dire il vero, ciò mi stupirebbe immensamente dal momento che una
tale grazia non mi è mai stata concessa. Forse anche la cieca buona sorte ha da
sempre ben pensato di scartarmi come possibilità alla quale concedersi. Non è
nulla, lo comprendo. E in fondo, non mi interessa. Le mie capacità sono
sufficientemente solide affinché io possa cavarmela con le mie forze. Come ho
sempre fatto.
Nell’eventualità, chiederei solo che
i miei sensi possano essere così rapidi ed efficaci da sferrare una contromossa
immediata ed efficace; per impedire a quei mediocri di intaccare i miei
progetti. La loro grandiosità e assoluta necessità è tale che menti primitive
come le loro non capirebbero neanche se guidati dall’intelletto. In casi come
questi, esiste solo la sottomissione. Dove questa fallisce, l’eliminazione. Le
mie labbra si piegano da un lato in un insospettabile sorriso quando raggiungo
il pensiero che no, non avrei freno né rimorso nel compiere una simile scelta.
Sono pronto a ridurre in polvere chiunque mi si opponga. Sono cresciuto ormai.
Aver avuto la possibilità di concedermi a tali riflessioni ha intorpidito
leggermente quella morsa angosciosa dettata dall’incertezza di una prossima
destabilizzazione; ma dura ben poco: il tempo di riuscire a scorgere con la
coda dell’occhio un movimento che non dovrebbe esistere lungo il ponte che
giunge al portale. Mi concedo alcuni secondi per mettere a fuoco e darmi una
possibilità di credere che sia stato uno scherzo dei sensi. Come temevo. Non
posso aggrapparmi a questa eventualità.
Quelle quattro figure che entrano
nella costruzione dorata del Bifrost sono inevitabilmente riconoscibili. Lady
Sif e i tre guerrieri, come amano chiamarsi o forse solo farsi chiamare. I
quattro idioti, io preferisco. E sfrontati, visto che si permettono di
raggiungere un luogo che non gli è consentito oltrepassare. Ma Heimdall lo sa.
Lo sa bene. Gli ho espressamente ordinato di non aprire il portale a nessuno.
Tutto a un tratto mi smuovo come
colpito da una scossa elettrica. Devo fermarli, devo impedirgli di recarsi su
Midgar. Ruoto velocemente su un lato e quasi muovo un piede per procedere. Ma mi
arresto. Rifletto.
Decido di dare una possibilità a
Heimdall. L’idea mi fa calmare per pochi istanti. Torno con lo sguardo al
Bifrost e mi dedico ad osservare nell’attesa le numerose stelle del cielo che
lo circondano. Mi impongo un respiro profondo. L’attesa è più impegnativa del
previsto. Vediamo, Heimdall, vediamo cosa farai. Aprirai davvero il portale
disobbedendo al tuo re? Perché questo sono. Che farai, dunque? Stringo lo
scettro come se vi fossi aggrappato, fino a sentire il palmo bruciare. Non riesco
a distogliere lo sguardo un solo istante. Non significherebbe solo tradimento.
Sarebbe un vero e proprio affronto. Un’offesa che temo non sopporterei.
E così ogni bullone del mio
autocontrollo salta nel momento in cui una luce argentea inizia ad avvolgere
l’estremità esterna della struttura; i sette colori del suo raggio si mescolano
in un unico potente varco di luce che parte come un razzo dal portale. L’hai
fatto. L’hai davvero fatto. Rimango a osservare la dipartita degli insulsi per meno
di un respiro; il sangue ribollisce nelle vene così violento che potrei
ustionarmi. Comincio a camminare. Meglio, ad accorrere.
Non è bastato. Il pensiero che non
sia bastata nemmeno la mia veste ufficiale e legittima di re per assicurarmi il
rispetto a lungo mancato mi percuote ogni cellula. Comincio a pensare che
niente potrebbe mai piegarli a osservarmi con occhi colmi di senno e riguardo.
Neanche ora. Neanche da re autentico quale sono. È il colmo. In situazioni come
queste mi piacerebbe intensamente possedere anche solo la metà della forza di
Thor per poter distruggere qualunque cosa mi circondi; sarebbe un modo facile e
adeguato per sfogare la propria ira. Poter ridurre in poltiglia l’inanimato
figurando che sia l’oggetto del nostro odio. Peccato, un gran peccato davvero.
Il fato mi ha concesso, ahimè, una scappatoia meno manifesta, ma egualmente
efficace. Anzi, forse anche migliore visto che non mi limiterò a distruggere
una mera riproduzione di quegli ottusi idioti, ma bensì loro stessi. Non dovrò
neanche sporcarmi le mani. Così magari si cancellerà quel sorriso ebete e
canino dai loro volti odiosi. Vedrete cosa ho in serbo per voi. Questa sarà
stata la vostra ultima impresa.
Già sono nella sala delle reliquie.
Il mio passo rabbioso è stato particolarmente celere. Mi rinfranco prendendo
fiato a pieni polmoni mentre arresto i miei passi di fronte a colui il quale
richiamo con un colpo sordo dello scettro. Il suono sale cupo sulle pareti,
chiaro come un inno, destando quello che sarà l’autore del mio primo omicidio.
Il solo scandire mentalmente queste sillabe mi procura un brivido di delirio.
Il Distruttore avanza verso di me fino ad arrestarsi a pochi passi. È immenso;
imponente. Esattamente come la mia collera. Dunque la affido a te: scaglia la
mia furia contro gli insetti che si interpongono tra me e il mio destino. Rendi
giustizia al mio progetto e porta a finale compimento la mia rinascita:
permettimi di lavare via ogni rimasuglio del vecchio me con una doccia gelata
del sangue di mio fratello. Questo sarà l’ultimo atto che mi consacrerà a
risorto, al nuovo Loki. È il passo finale, il passo necessario. Nulla potrebbe
elettrizzarmi maggiormente.
Ora stammi a sentire, Distruttore. Imprimi
queste parole nella tua corazza d’acciaio. Assicurati che mio fratello non
ritorni. Distruggi ogni cosa. Spazza via la causa della mia rovina. Mostra il
mio potere a quello stupido regno e ai suoi melensi abitanti. Mostra il potere
di Loki.
C’è solo una cosa che devo fare
prima di godermi lo spettacolo. Ed è proprio qui davanti a me. Buon Heimdall,
sarebbe stato tutto così semplice se tu non avessi ignobilmente spezzato il
legame d’onore col tuo re. Me ne rammarico. Soprattutto per la tua sorte. Non
nutro nemmeno il desiderio di scambiare alcuna parola con te; sarà tutto molto
rapido. Ma devo ricredermi in fretta visto che sei il primo che sembra
intenzionato a parlare.
E devo ammettere che la tua domanda
è piuttosto spiazzante ma legittima, lo riconosco. È bello vedere come possiamo
finalmente abbattere quel sottile muro di menzogna carica di sospetto che
rendeva le nostre conversazioni colme di ridicolo e consapevole imbarazzo. Ti
ringrazio. Se non altro, un peso in meno sulla mia coscienza che potrebbe
esplodere in tutta la sua furia da un momento all’altro. Posso dunque parlarti
liberamente, caro il mio guardiano, prima che tu rimanga a tacere per sempre.
Mi chiedi come ho fatto? Questo mi ricolma di vanto. Essere riuscito a fartela
sotto il naso, a te infallibile custode, è un’azione che origina orgoglio, non
trovi? Esistono così tanti sentieri segreti tra i mondi. Sentieri di fronte ai
quali persino tu, così potente, risulti cieco. Stolto come tutti gli altri,
pensavi davvero di potermi impedire qualcosa?
Sarà meglio che tu ti ritenga
sufficientemente appagato dalla mia confessione, visto che sarà l’ultima cosa
che ricorderai da morto. Non facciamola più lunga di quanto non debba. Sappiamo
entrambi che il tuo è stato un atto di alto tradimento. Hai disobbedito al tuo
re disonorando te stesso e pertanto io ti sollevo dai tuoi doveri come
guardiano. Nel dirlo ammetto che la mia calma si inclina pericolosamente verso
gli sgoccioli. Non ricordo giorno in cui io sia stato più furioso; il
risentimento brucia come fiamme. Il mio orgoglio scotta di una nuova offesa.
Non avrò pace finché non sarete disintegrati come tizzoni al fuoco. Vedo che la
gravità della situazione ti è chiara. Il tuo sguardo è più vitreo del solito,
il tuo corpo immobile e il tuo silenzio solenne. Andiamo, vediamo quali saranno
le tue conclusioni. Mostrami il tuo verdetto finale.
Se non altro non mi fai attendere a
lungo. Pochi istanti e si realizza di fronte ai miei occhi quello che avevo già
immaginato. La prevedibilità della vostra condotta vi rende ridicoli almeno
quanto vulnerabili. Sì, bravo, mostra pure tutta la teatralità del tuo nobile e
devoto animo ferito afferrando la tua imponente arma per risanare chissà quale
torto subito. Farai tutto questo per Odino, immagino. Non hai idea di quanto
questa vostra grettezza mentale mi disgusti; un esercito di indottrinati
inebetiti da un cieco ossequio, ecco cosa siete. Lascia allora che possa
conservare per l’eternità questo tuo atto tanto eroico. Mi ci vuole meno di un
battito di ciglia per estrarre da sotto il mantello ciò che segretamente
custodivo per te, Heimdall. Sono certo ti piacerà. La fredda reliquia del
potere di Jotunheim si illumina tra le mie mani e divampa, in tutta la sua
forza. Un potere immenso, tale da non poterlo credere prima. Non muovo un
passo. Voglio godere appieno la vista della tua sconfitta. Lo slancio che hai
fatto verso di me è in pochi attimi ridotto a una mera composizione statuaria,
mentre il mio corpo rivela la sua vera forma, la sua vera natura. Sento ogni
strato di esso reagire in sintonia con la reliquia e richiamarmi alla vita
ricordandomi l’immensità del potere dei ghiacci. La mutazione è completa, così
come il colpo sferrato. I miei occhi ormai rossi come il sangue che a breve
intendo far scorrere osservano la figura di ghiaccio ora innocua davanti ai
miei occhi. Il colore ceruleo della mia pelle si riflette sulla massa
cristallina che ho appena soggiogato. Rincuorati, guardiano, sei stato solo il
primo di una lunga lista. Ed essa sarà tanto più lunga quanto altri stolti
oseranno ancora contrapporsi al loro nuovo re. Un Dio che finalmente prenderà
il suo posto nell’universo e ciò che gli spetta. Basta con la retorica. È tempo
delle azioni.
Un ultimo sorriso maligno a ciò che
rappresentava una fonte di disturbo prima di lasciar scomparire la mia nuova
arma e riprendere la mia forma ai più conosciuta. Questo era solo il primo
passo. La prima pedina da eliminare. Non temete miei intrepidi amici, giungerò
in un istante anche da voi. E da te, Thor. E questa volta, sarà un addio
macchiato del tuo sangue.
Messo da parte l’ultimo ostacolo che
mi separava dal mio proposito, posso infine godermi lo spettacolo della vostra
disfatta. Il Distruttore ha raggiunto la sua meta e io non potrei godere di
vista migliore da qui, da Asgard, seduto sul trono che mi spetta e ormai mi
appartiene. Non perderò neanche un istante di questi momenti. È la coronazione
di un castigo da cui troppo a lungo vi siete salvati. Tutti quanti. Ora è il
momento. Ora sperimenterete il vero dolore, la vera disperazione, la crudele
sconfitta. Ogni scintilla che brucia mi riempie di autocompiacimento; ogni
legno che si infiamma, ogni umano colpito, ogni struttura che esplode e
divampa: è lo spettacolo della fine e della morte prima di un nuovo inizio. E
io ho un posto in prima fila. L’essenza del mio piano che corrisponde
all’essenza del mio essere è la distruzione. Sono giunto a comprenderlo. Se
Thor rappresenta la quiete stabilità, io sono la destabilizzazione, il caos, il
più puro antagonismo. Non me ne vergogno più oramai. Ho accettato il mio ruolo
insieme alla mia nuova identità e adesso non vedo l’ora di mostrartela. Guarda
fratello. Guardami. Osserva la mia opera di rovina e preparati a veder crollare
ogni pilastro di quelle che chiamavi certezze. Ti sfilerò ogni cosa di più caro
dalle tue mani impotenti, risucchierò in un limbo senza fine ogni grammo della
tua forza; ti perderai nel regno della pena e del tormento dove io ho già
vissuto per anni, cibandomi di rimpianti. La tua vita mi apparterà e ne farò
disfatta. Non potrai nulla se non osservare impietrito mentre i tuoi amati periscono
nel fuoco della mia vendetta. Continua quindi, Distruttore. Brucia. Devasta.
Polverizza. Annienta ogni cosa. Trova il mio fraterno contrappeso e annientalo
come un pugno di ramoscelli secchi. Liberami dalla mia maledizione e rendimi
redento.
Il suono delle vostre grida
rappresenta il mio inno sacro, le vostre lacrime disseteranno la mia sete di
vendetta. Il mio sguardo è fisso e concentrato come non mai; uno spettacolo del
genere non capiterà più, neanche nell’eternità della mia esistenza. Non voglio
perderne neanche un istante. Mai il mio cuore ha tremato maggiormente come
adesso. Vibro di attesa e di gioia, essendo il mio piano all’acme del suo
compimento: pochi passi mi separano ancora dalla vittoria; e tremo di
turbamento, perché mai avrei creduto, fino ad alcune ore fa, che sarei
diventato la mano di Hela e ti avrei strappato la vita dal cuore, Thor. Eppure
sta per succedere. Son giunto fino a te per questo. Devo solo trovarti. Devo
solo dare un ordine. Un pensiero, un sospiro, un battito di ciglia e non ci
sarai più. Tutto sarà concluso. Mi basterà un istante. La sola idea mi
elettrizza e mi scuote al tempo stesso. Nulla di paragonabile all’incertezza.
Sono solo consapevole che ciò che sto per compiere cambierà il mio destino
quanto quello di Asgard. E, ancora più importante, non ci sarà possibilità di
tornare indietro. È un viaggio di sola andata verso il nuovo me stesso. E io
rinascerò grazie alla tua morte, fratello. Il tuo sangue offrirà il mio
battesimo. E questo sarà il tuo ultimo dono per me. O forse dovrei dire, il
primo.
Finalmente. Infine decidi di
mostrarti. Rimango a osservarti da lontano, attraverso gli occhi del carnefice
al quale ti avvicini. Non noto armi nelle tue mani, né armature protettive. La
cosa non mi dispiace. Saperti remissivo mi regala un dolce sapore di dominio. Stai
davvero avanzando nudo e indifeso verso di me? Verso la morte? O hai qualcosa
in mente che dovrebbe destare le mie attenzioni? Stringo lo scettro con
maggiore forza. Devo impedire ai flussi instabili dell’emotività di prevalere
sul retto compimento del mio piano. Ma non vi è fretta. Se c’è una cosa che
anzi mi spetta è il godimento centellinato di questo momento. Voglio assaporare
ogni libbra del tuo corpo che muore, sorseggiare ogni goccia della tua anima
mentre svanisce, tendere l’orecchio al tuo respiro che svanisce, fino
all’ultimo afflato di vita. Sei la mia essenza. Il vuoto che separa il vecchio dal
nuovo. Sei l’ostacolo che devo superare per abbandonarmi alle spalle una gabbia
fredda e oscura che mi ha rinchiuso e nutrito con gli scarti più marci del
sentimento. Sei il mio sacrificio umano e la mia liberazione. Devo solo
prenderti e distruggerti. Il metallo che prenderà la tua vita sarà freddo come
il mio animo rappreso in un grumo di livore. Sarà il compimento e sarà il
principio. Non dobbiamo avere paura, fratello. Saremo insieme in quell’unico
attimo in cui i due estremi combaceranno. E proprio come essi, coincideremo e
scoppieremo in scintille di lacrime.
Inaspettatamente riesci ancora a
sorprendermi; forse il tuo è un tentativo per commuovermi o andare a perforare
la mia moralità. Bel tentativo, Thor. Il tuo desiderio di salvare queste
insignificanti formiche è dunque così forte? Vedi, è sempre stato questo il tuo
problema. Il tuo nobile cuore viene colpito fin troppo facilmente.
Controllarti, manipolarti, ricattarti, è tutto così semplice. Sei prevedibile
fino a sfiorare l’imbarazzo. La cosa in ogni caso non mi turba. Sono ancora
qui, ben seduto sul trono, e continuo ad ascoltarti; continuo a pensare. Ad
esempio, penso sia stupefacente come tu mi stia implorando in questo momento.
Meglio ancora, sto formalmente ricevendo delle tue scuse. Ma più pazzesco di
questo, è che tu possa pensare sia così facile. Davvero pensi che questo possa
cambiare qualcosa, Thor? Credi di potermi colpire e impietosire? A dire il
vero, non mi sono mai posto la domanda di come avrei potuto reagire di fronte a
una tua confessione di colpa, ma questa rappresenta sicuramente una pessima
prestazione. Sei condizionato e diversamente motivato; non potrebbe esserci
minore sincerità nelle parole di un uomo nelle tue condizioni. È chiaro che
stai barattando qualcosa per qualcos’altro; la vita di queste persone, la
sicurezza di Midgar, probabilmente anche la tua stessa vita. Credi davvero che
il riconoscimento della tua condotta esecrabile possa essere parte di scambio?
Queste sono solo scuse macchiate di terrore e artificio; pertanto, valgono
anche meno della tua stessa vita, caro fratello. Ma continuare ad ascoltarti ha
i suoi lati divertenti. Scommetto che i tuoi “qualunque torto” e “qualunque
cosa” rasentino tutta la tua inconsapevolezza. Se te lo chiedessi, forse
neanche sapresti dirmi cos’è che hai
sbagliato in tutti questi anni. Sei arrivato a un punto in cui hai forse
compreso di avere delle colpe, ma non sei ancora giunto a comprendere quali. Questa è la forma più meschina di
ingenuità; o magari di falsità. Credi davvero di poterti nascondere, o peggio
salvare, dietro un aggettivo così indefinito e pertanto codardo?
No. Magari vi è sincerità nelle tue
parole, ma non coscienza. Continui a scartare il peso delle tue responsabilità.
E continui a provocare il fuoco inestinguibile della mia rabbia. Avresti potuto
scegliere diversamente, Thor; avresti potuto scegliere un confronto onesto con
me; avresti potuto convogliare le tue attenzioni su di me. Ma non sono mai
stato io il primo dei tuoi pensieri. Forse neanche l’ultimo. Tu ami più questa
gente, questi…sconosciuti. Hai più a cuore la vita di insignificanti estranei
piuttosto che la possibilità di ricucitura del nostro rapporto. Non che tu
abbia mai avuto una remota possibilità di salvare l’insalvabile, ma almeno
avrei apprezzato il tentativo; se non altro, la sincerità del proposito. Ma
ahimè, tutto ciò è stato da te sapientemente subordinato alla protezione di un
popolo che nemmeno ti appartiene. Se non ti avessi messo alle strette, forse
neanche avresti mai pronunciato quelle parole. Come potrei mai basare la mia
scelta, adesso, su una supplica tanto innaturale?
Avrei atteso altri mille anni, Thor,
se avessi saputo che c’era anche solo una piccola possibilità che tu, un
giorno, avresti messo da parte ogni altra cosa per me. Per riconoscermi e per
riconoscere ciò che mi spetta da sempre: la tua grazia, nient’altro. Il giorno
in cui avessi deciso che ero più importante del resto, in cui avessi scelto di
confrontarti umilmente e alla pari con me, quello sarebbe stato il mio primo
passo fuori dal fango scottante del risentimento. Un vero peccato. L’ultima
possibilità che avevi hai scelto di donarla a questi cani, lasciando a me
soltanto gli avanzi della tua attenzione. Mi hai confermato ancora una volta
nel fondo dei tuoi interessi. Provo a far finta che la cosa non mi tocchi.
Basta così adesso. La tua risposta è
stata chiara. Le tue parole lo stesso. E visto che sto per porre fine alla tua
esistenza e tu stesso me lo hai così nobilmente suggerito, ti accontenterò. Prenderò
solo la tua, di vita. Voglio essere
generoso, un’ultima volta, e considerare la tua proposta come una sorta di
ultimo desiderio. Perisci pure tra questa gente avida e ingrata che tanto ti
sta a cuore. Per adesso posso accontentarmi anche solo della tua fine. Permettimi
solo un piccolo tiro, o per meglio dire, un ultimo. Voglio darti l’illusione
che le tue parole mi abbiano davvero toccato al punto di convincermi. Voglio
farti credere per un istante che io sia davvero così sciocco da scendere a
patti con un disonesto come te.
Placo le fiamme del Distruttore; la
sua cavità d’attacco si restringe fino a sembrare innocua. Comandarlo è un
gioco da ragazzi e ancora di più lo è ingannarti mentre faccio finta di
voltarmi, per andarmene. Spero che in questo modo faccia più male. Pensavo
avrei incontrato maggiori difficoltà, invece termina tutto in un momento: penso
al colpo da infliggerti e al movimento del Distruttore, e nel secondo
successivo stai già volando metri più indietro accasciandoti infine a terra. L’ho
fatto. È stato rapido come un fulmine. Il tuo corpo ha arrestato la sua corsa e
credo di non essermi mai sentito così sciolto da ogni vincolo e così libero
dalla colpa. Infine, ho ucciso mio fratello.
Non sento neanche il bisogno del
tempo necessario per realizzarlo. So che ti ho eliminato e questo mi basta;
poco importa se per spirare impiegherai ancora un minuto o solo pochi istanti.
Ho determinato l’impensabile, l’impossibile, l’incredibile. Ho sferrato il
colpo e ne accetto il rimpallo. A essere sinceri, è una sensazione piacevole
almeno quanto liberatoria. Tuttavia non sono il tipo che preferirebbe restare a
godersi lo spettacolo; almeno, non questo. Mi basta la certezza della colpa e
nient’altro. Posso ritirarmi vincitore: vittorioso come fratello e vittorioso come
re. Il mio piano sta infine per concludersi. È così vicino il suo intero
compimento che mi sembra di poterne sfiorare la superficie liscia e sottile. La
superficie del potere e del rispetto, tutto ciò che mi è stato sempre negato.
Sono integro. Sono forte. Sono completo. Mai avrei immaginato che la tua
eliminazione mi avrebbe giovato a tal punto, e non parlo solo degli aspetti
politici della mia azione. Per la prima volta, sono in vantaggio su di te. E
viste le tue condizioni attuali, direi che possiamo considerare il vantaggio definitivo.
Sarebbe stato diverso lasciarti assaporare più a lungo la sconfitta, lo
ammetto, ma il tempo è stato troppo duro con noi. Non ci ha lasciato molto
spazio. Forse è una piccola vendetta. Anzi no, penso che la vendetta sia tutta
mia in realtà. Ammetterai che te lo sei meritato.
Nella cittadina che ho ormai
distrutto echeggiano soltanto i passi tonanti del Distruttore che si allontana,
conclusa la sua missione. La desolazione che emerge da ogni polline e da ogni
granello di polvere che aleggia nell’aria, mi concilia con me stesso. Uno
scenario perfetto per concludere la nostra spinosa vicenda. Nulla può fermarmi
ormai. Niente potrà interporsi.
Sono talmente concentrato a godere
della mia stessa vittoria che nemmeno mi accorgo di un sibilo crescente che si
conclude con un rombo inaspettato e impressionante. La mia attenzione era così
distolta che accade tutto troppo in fretta: una nube, dei fulmini, venti
carichi di energia che crescono in un vortice. Collego decisamente troppo tardi
tutti quei segnali giungendo alla conclusione che, ancora una volta, i miei
sforzi si sbriciolano come una scultura di sabbia. Pensavo di aver reso
finalmente solidi i miei propositi fatiscenti. Un errore forse imperdonabile.
Non riesco a credere che sia veramente tu, fratello, quella figura che si erige
e prende forma dietro quella nube ionica. Dunque Mjollnir è davvero tornato da
te? È stato davvero un atto così nobile il tuo? Cosa c’è di meno nobile e di
più stupido che lasciarsi ammazzare come un vile per abitanti di un regno che
nemmeno ti appartiene? Tu che nemmeno hai mai riconosciuto le tue colpe come
primogenito, come fratello e come erede al trono? Vorrei continuare a scagliare
contro di te i miei pensieri carichi di odio, ma ammetto che la situazione
richiede un altro tipo di concentrazione al momento. Vedo che non hai perso
tempo e sei già entrato in azione. Mi piacerebbe chiederti come ti è sembrato
l’oltretomba, ma preferisco dedicarmi a dare istruzioni al Distruttore che non
hai esitato a colpire.
Perché? Perché? Perché deve essere
così crudele e ingiusto il fato che assegna a te ogni beneficio e benevolenza e
a me ogni fallo e astio? Non meriti tanto, non meriti questo, non meriti
niente. Devi sparire; sparire. Via dai miei occhi, dai miei pensieri, dal mio
mondo. Voglio scacciarti là dove non potrò più incontrarti né subirti. Voglio
essere libero e voglio essere unico. Se mai potrò vincere l’ombra del tuo
confronto, allora vincerò la tua vita. Stavolta voglio cancellarti per sempre.
Per quanto i miei poteri siano forti
e lo siano anche quelli del Distruttore, i colpi che ti rivolge vanno persi,
disciolti, nulla sembra essere più inefficace. La mia schiena si piega dalla
rabbia alla vista di tanta ingiustizia; quel vortice d’aria che crei nel cielo
risucchia il mio alleato nello stesso modo in cui il mio spirito viene
risucchiato dall’oscurità del disprezzo più profondo. In un istante, senza
neanche più tentare, smetto di lottare. Abbandono ogni possibilità e qualunque
illusione. Dunque non è ancora giunto il momento. Devo ancora aspettare; devo
ancora agire; e devo ancora patire. Quale dea potrebbe essere più insaziabile
se non questa? Le mie pene non sono state forse sufficienti? Troppo cauta è
stata la mia sventura? Sono così furioso con me stesso e con ogni essere e
fato, che l’esito dello scontro non mi riguarda neanche più. Se il Distruttore
vincerà o perderà non cambierà proprio nulla. Thor è vivo. E questo non posso
più cambiarlo adesso. Dovrò avere una seconda occasione per ingaggiare daccapo
una nuova lotta contro l’ombra opposta della mia esistenza. Avrei dovuto
immaginarlo che una nemesi tanto grande avrebbe comportato eguali grandi
sforzi. Lascio la sala del trono procedendo con insoddisfatta compostezza.
Seguo confusamente e senza attenzione alcune delle ultime immagini che mi
mostrano scintille di fuoco che vengono deviate, scure nubi che si illuminano
di lampi e di fulmini, la figura odiosa di mio fratello completamente
rinvigorito e carico di ogni suo potere e facoltà. È sufficiente. Non desidero
osservare null’altro. Scuoto la testa cercando di svuotarla, cancellando ogni
collegamento col mio subalterno. Chiudo gli occhi, intensamente. Strisce sfuse
di colori e macchie irregolari si stendono davanti alle mie palpebre stanche. Sono
esausto. Sono afflitto. Ma sconfitto mai. Non ancora.
Schiudo gli occhi. Tutto è terso e
limpido ora davanti a me. Le immagini di ciò che osservo si stagliano come istantanee
davanti al mio sguardo. Ho abbandonato l’osservazione della terra. Non c’è niente
laggiù che sia più di mio interesse. Posso aver perso una battaglia, ma non la
guerra. Quella non è neanche cominciata. Se proprio vuoi rimandare la tua
dipartita, caro il mio fratello, fai pure. Non sarà procrastinabile
all’infinito, sappi solo questo. Posso occuparmi di te in seguito, nulla è
perduto. Sono ancora intatto, anche se colpito. Sono ancora qui. E ancora
aspiro alla legittima gloria. Non era nei piani, ma penso che forse non sarà
così male darti l’opportunità di osservare con i tuoi occhi come, grazie al mio
disegno, mi troverai a sedere sul trono che tanto desideravi, che tanto ti era
dovuto. Potrei digerire il fatto che tu sia sopravvissuto solo per godermi
questa breve scena. Breve, sì, perché non potrei proprio consentirti di vivere
più a lungo. Sei a conoscenza adesso del mio piccolo inganno. Temo mi
metteresti i bastoni fra le ruote. Cerchiamo invece di risolvere la questione
il più in fretta possibile, così che cancellare la tua esistenza dal nostro
mondo e da tutti quelli conosciuti non potrà essere che un balsamo per il mio
spirito affaticato.
Tutto questo pensare mi
tranquillizza. Continuo col mio passo svelto e deciso lungo il ponte
arcobalenato, ma i muscoli che prima sentivo bruciare dall’ira si raffreddano a
poco a poco nel rassicurante abbraccio dell’acribia. Per quanto alcuni
imprevisti, come tali, siano sfuggiti alle mie previsioni, la mia mente è
ancora in grado di recuperare ogni caduta bilanciando ogni pecca con l’acume e
l’astuzia che ancora mi assicurano sul piedistallo. Sì, i miei piedi poggiano
ancora su quel marmo scalfito. Sono ancora in vantaggio; sono ancora il futuro
di Asgard. E lo dimostrerò esattamente adesso. Lo dimostrerò al mondo intero.
Continuo a ripetere queste parole tra i pensieri quando impugno lo scettro
nella sala del Bifrost. L’apertura del portale provoca dei fulmini di luce
guizzanti che riverberano su ogni superficie dorata dell’ambiente. Avanzate
pure, Giganti. Questo sarà il vostro ultimo viaggio. Sapere che non avete idea
di cosa vi attende mi fa gustare anticipatamente il sapore di una rivincita che
da troppo tempo aspetto. Soprattutto su di te, vecchio padre. Vecchia feccia,
re di un mondo a cui doni la tua stessa ripugnanza. Mai come ora potrei essere
più pronto a spezzarti con le mie stesse mani, immondo rifiuto; ma ormai il
tempo che mi separa dalla vendetta è agli sgoccioli. Ti concederò il tempo di
avvertire l’odore seducente del trionfo per poi annientarti nella
consapevolezza che io, Loki, ho strappato la vita dal tuo cuore. Questo
prossimo scenario mi infiamma lo spirito donandomi nuova energia, nuove forze,
nuova concentrazione. Brandisco saldamente lo scettro tra i palmi delle mani,
sicuro che il mio momento è infine giunto. Non ho voglia di nascondere un
sorriso di eccitazione, ma la repulsione che la tua presenza, Laufey, provoca
in me, distorce il mio manifesto entusiasmo in contegnoso accoglimento.
Dunque benvenuto, padre. Benvenuto
ad Asgard.