Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: redseapearl    01/11/2012    9 recensioni
Notando l’atteggiamento sospettoso dell’altro, Alois comprese che Ciel non si ricordava un emerito tubo della notte appena trascorsa.
“Oh, capisco” disse tutto dispiaciuto. Si rannicchiò su sé stesso e abbassò lo sguardo in un atteggiamento degno della miglior verginella protagonista di una soap opera sudamericana di categoria W (giusto perché la Z forse era un po’ esagerata). “Hai dimenticato tutto quindi…”
Una cosa saltò subito agli occhi di Ciel: Alois era nel suo letto con solo le mutandine addosso.
Una seconda cosa si fece avvertire subito dopo: un brivido. No, non era di eccitazione (cosa che qualcuno avrebbe potuto maliziosamente sospettare), bensì di freddo. Ciel si guardò di sfuggita e notò che anche lui era svestito, tranne che per gli slip ma…
[Ambientata durante l'OAV 'Kuroshitsuji: the making of']
{Alois x Ciel}
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alois Trancy, Ciel Phantomhive
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Gossip, fan e adorabili equivoci'
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Last Tuesday night

 

 

 

Un ospite inatteso

 

 

 

 

 

Negli ultimi tre mesi, la televisione era diventata la sua più acerrima nemica. Tutte le volte che accendeva quell’apparecchio infernale si trovava davanti la faccia di Alois. Da quando le riprese della seconda serie di Kuroshitsuji erano finite, quell’attore mediocre (come amava definirlo Ciel) si era praticamente venduto ad ogni tipo di compagnia pubblicitaria, divenendo così il testimonial di numerosi prodotti commerciali.

Ed eccolo lì, mentre ondeggiava la chioma dorata correndo su un prato verde per esaltare le miracolose proprietà nutritive di un nuovo shampoo.

A gambe incrociate, seduto sul divano, Ciel picchiettava nervosamente la punta della scarpa sul pavimento: un gesto che era diventato parte della sua quotidianità, tanto che presto avrebbe rischiato di fare un buco nel parquet.

Incapace di staccare gli occhi dallo schermo e di impedire alla sua lingua di insultare in tutti i modi possibili quell’attore da quattro soldi di nome Alois Trancy, cercò a tastoni il telecomando. Quando lo trovò, premette un pulsante a caso. Non importa su quale canale si sarebbe sintonizzata la televisione, l’essenziale era eliminare dalla sua vista quel coso lì.

Alois non faceva altro che andare ovunque lo chiamassero, senza fare una minima cernita, offrendo la propria immagine a chiunque la richiedesse.

Per Ciel ciò era quanto più simile all’atto di prostituirsi: semplicemente disgustoso e privo di classe.

Come artista di un certo livello (il più alto, per essere precisi), lui non si sarebbe mai abbassato a fare nulla di tutto ciò, compreso concedere tanto facilmente delle interviste a quei talk show per la quale la plebaglia impazziva.

Puntava molto più in alto. Doveva mantenere l’immagine del divo irraggiungibile che tutti desideravano anche solo sfiorare, ma che, per quanti sforzi avessero fatto, per quanti soldi avessero offerto, non sarebbero mai riusciti neanche a sfiorarlo.

Quindi, la domanda sorge spontanea: per quale motivo Ciel si imbufaliva tanto nel vedere la faccia di Alois che occupava l’intero schermo del suo gigantesco televisore da ottanta pollici?

La risposta era molto semplice: la fama di Alois cresceva sempre più, mentre Ciel, a causa della sua indole altezzosa e della sua tendenza a prendere facilmente i capricci, stava lentamente scivolando nell’oblio. In parole povere, non se lo filava nessuno.

Tuttavia, neanche per un secondo lo sfiorò il pensiero che la colpa era sua e del suo sentirsi superiore a tutto e a tutti. No, assolutamente. La colpa era dei produttori, dei manager e dei registi che potevano chiamare un grande talento come lui, il nuovo dio dell’olimpo hollywoodiano, ma sceglievano qualcun altro… sceglievano Alois!

Sui giornali era persino girata voce che un noto regista da premio oscar avesse proposto ad Alois di diventare il protagonista del suo ultimo film dal budget di chissà quanti fantastigliardi di dollari, ma Ciel poco ci aveva creduto. Aveva strappato la pagina, l’aveva ridotta in coriandoli, li aveva dato fuoco e si era fatto una grassa risata su quell’articolo.

Se qualcuno vedeva del talento in Alois, allora aveva decisamente sbagliato mestiere oppure aveva un urgente bisogno di un paio di occhiali nuovi. Ciel non avrebbe mai dimenticato una delle prime scene che dovettero girare insieme: quella in cui l’altro, vestito da cameriera, doveva leccargli l’orecchio e rubargli la benda.

Al solo pensiero Ciel aveva i brividi. L’avevano ripetuta almeno una decina di volte, se non di più, tanto che alla fine della giornata, quando finalmente erano riusciti a recitarla bene, il suo padiglione auricolare sembrava un biscotto lasciato a mollo nel latte caldo. E chi era stato a dare ad Alois dei suggerimenti su come recitare quella scena? Lui, ovviamente. E ora era costretto a vedere quell’incapace venire conteso da compagnie pubblicitarie e set televisivi!

Senza i suoi preziosi consigli, Alois non valeva niente.

Finalmente lo schermo della tv cambiò, ma il risultato non era mutato di tanto. Ecco di nuovo Alois, seduto su un divanetto di qualche talk show di serie Z a parlare di sé, mentre un’orda di ragazzine con gli ormoni in subbuglio smaniava per fargli delle domande.

“Maledetto!” Accecato dall’ira, Ciel scagliò il telecomando contro il televisore. Si conficcò nel mezzo, mandando in frantumi lo schermo.

Proprio in quell’istante suonarono alla porta. Indipendentemente da chi fosse il suo ospite, Ciel era talmente furioso che lo avrebbe sbranato all’istante.

Si diresse alla porta col passo leggiadro di un pachiderma. Non chiese nemmeno alla persona dall’altra parte di identificarsi. Aprì direttamente e davanti a lui, come se fosse una maledizione, c’era proprio Alois Trancy. Ma questa volta il suo viso non era allegro come sempre appariva in tv. Al contrario, era tirato, stanco, spaventato persino.

Prima che Ciel potesse sbattergli la porta in faccia o fargli piovere addosso qualsiasi tipo di imprecazione possibile, Alois si fiondò su di lui, lo abbracciò con foga e, a causa della troppa enfasi, rovinarono entrambi per terra. Così Ciel si ritrovò con la schiena premuta contro il pavimento, le gambe aperte e Alois avvinghiato a lui come una piovra proprio nel bel mezzo di esse: una posizione decisamente ambigua e poco gradita.

“Togliti di dosso, imbecille!” gli urlò contro, ma Alois parve stringersi ancora di più al suo esile corpo.

“Oh Ciel, ti prego: ho bisogno di te, solo tu puoi aiutarmi!” Ecco, se c’era un punto debole di Ciel che tutti conoscevano era proprio il suo smisurato ego. Bastava lusingarlo, fargli credere di essere l’unico, il solo, l’inimitabile salvatore di ogni povero essere umano bisogno d’aiuto ed ecco che Ciel Phantomhive concedeva udienza a questi miseri mortali.

Dopo averlo spinto in malo modo, essersi rialzato in piedi e scrollato la polvere di dosso (avrebbe dovuto abbassare lo stipendio a Rosario, la donna della pulizie, visto l’ingente numero di acari che stavano allegramente danzando tra le fibre della sua maglia), Ciel disse: “Ho da fare, sparisci!”

Bugia. Non aveva assolutamente nulla da fare. La sua agenda degli impegni era lacrimevolmente vuota, ma questo non lo avrebbe certo detto ad Alois.

“No, ti supplico. Ho un grosso problema e davvero non so come fare. Sono venuto da te perché sei il solo che può darmi una mano e poi sei sempre stato così gentile e disponibile nei miei confronti. Non ho dimenticato neanche un tuo singolo insegnamento sull’arte del recitare, per cui, per favore, in nome della nostra amicizia, aiutami!”

Di certo Ciel doveva riconoscere ad Alois una dote non indifferente: come sapeva leccare lui il deretano, non lo sapeva fare nessun altro. Tuttavia, non avrebbe certo concesso i suoi preziosi consigli così a buon mercato. Alois doveva saperseli conquistare e Ciel non gli avrebbe reso la vita tanto facile.

“Di che si tratta?”

“Grazie, grazie infinite, ti sarò eternamente…” Alois fece per abbracciarlo di nuovo, ma Ciel lo frenò con la mano, tenendo il palmo rivolto all’esterno come un vigile urbano che intimi alle macchine di stopparsi.

“Primo: non ho detto che ti aiuterò. Diciamo che sono solo curioso.” Vero, ma più precisamente Ciel moriva dalla voglia di godere come un riccio in calore nel sentire le disgrazie che si erano abbattute sul signorino Trancy. “Secondo: non osare mai oltrepassare questo confine.” Tracciò con le braccia un cerchio immaginario attorno a lui, segnando così la linea invisibile che l’altro mai e poi mai avrebbe dovuto oltrepassare ancora una volta.

“Tutto quello che vuoi, Ciel!” rispose Alois, sfoderando il suo sorriso più innocente e fanciullesco. “Si tratta delle fan” disse poi, assumendo tutto a un tratto un’espressione seria e grave come se stesse annunciando un terribile lutto. “Vedi, oltre ad esserci ragazze che mi adorano e mi sostengono, ce ne sono molte altre, e precisamente le tue di fan, che invece mi vorrebbero morto. Mi accusano di aver rovinato l’esistenza di Sebastian facendoti diventare un demone, come se si trattasse di realtà e non finzione televisiva, capisci?”

Mh, sicuro che siano le mie fan e non quelle di Sebastian?”

“Non è questo il punto, ma io non so più come fare. Mi perseguitano, mi pedinano, mi insultano. Ho cercato di guadagnare almeno in parte la loro simpatia comparendo in tv quanto più possibile, mostrando il mio vero carattere. Tu lo sai, l’Alois Trancy della serie di Kuroshitsuji è totalmente diverso dal mio vero io. Lui è sadico, vendicativo, mentre io non farei del male a una mosca.”

“Capisco, e dimmi: cosa ti fa credere che io sia disposto ad aiutarti?” In verità Ciel non aveva la benché minima idea di come risolvere quella situazione (e neanche aveva tanta voglia di sforzarsi a pensarla, una soluzione), ma, come detto, voleva vedere Alois strisciare ai suoi piedi e invocare il suo sacro aiuto. Ci mancava solo la richiesta di un tributo sacrificale!

“Perché tu sei mio amico, perché mi hai aiutato tanto in passato e poi…” Il suo sguardo celeste si assottigliò, divenendo più simile a quello di un felino predatore. “… ti sarò molto riconoscente.” Certe volte, Ciel aveva la netta sensazione che quel ragazzo soffrisse di doppia personalità, poi ci rifletteva meglio e concludeva che doveva trattarsi solo di schizofrenia infarcita di stupidità cronica. “Tu sei molto più famoso di me e lo sei anche da più tempo, quindi sei più abituato a gestire questo tipo di situazioni: come posso fare, sono disperato!”

Se Ciel avesse potuto, in quel momento sarebbe esploso nella risata più maligna e perfida che sapesse inscenare. Ma dovette trattenersi ed ostentare la sua solita espressione impenetrabile come un vetro antiproiettile. “Certe cose sono ordinarie nella vita di un attore. Mi sorprende che  non ti sia ancora abituato o, peggio, che non sia stato capace di risolvere il problema da solo. Ad ogni modo, come già ti ho detto, sono molto impegnato, ma troverò un po’ di tempo da dedicarti.”

“Ciel, ti amo!” E per coronare questa improvvisa dichiarazione d’amore, Alois lo scaraventò per terra ancora una volta, strusciandosi addosso come un gatto.

“Ti avevo detto di non oltrepassare la linea!”

“Oh giusto, la linea. Perdonami, l’emozione è stata troppo forte. Ehm…” L’espressione da bambino timido non prometteva nulla di buono. Alois era pronto per avanzare un’altra richiesta e un brivido freddo serpeggiò lungo la schiena di Ciel. “Sai, ho un po’ paura a tornare a casa. Temo che ci sia qualcuna di quelle fan pronta a tendermi un agguato. Ormai mi capita così spesso. Non è che potrei restare a dormire da te, solo per questa notte?”

“Non se ne parla!”

“Ti prego! Farò tutto quello che vuoi, non farò rumore, non ti accorgerai nemmeno che ci sono.”

Quando ci si metteva, Alois sapeva essere peggio di una piattola. L’idea di averlo in giro per casa non lo allettava affatto, ma sarebbe stata un’ottima occasione per studiare il suo nemico: si sa, per poter sconfiggere il tuo avversario, devi prima conoscerlo.

“Dormi sul divano! E un’altra cosa.”

“Sì?”

“Non osare dire un’altra volta che mi ami, altrimenti ti sbatto fuori a calci.”

 

 

Il mattino dopo, la sveglia di Ciel fu un martello pneumatico in testa. Sentiva il cervello pulsare dolorosamente e un saporaccio amaro in bocca. Ma quello era niente in confronto alla vera sveglia.

“Oh Madre de Dios!” Riconobbe subito la voce squillante di Rosario trapanargli il cervello da parte a parte. La donna delle pulizie iniziò a snocciolare in modo concitato parole nella sua lingua natia.

Per Ciel sarebbe stato già tanto fastidioso sentire qualcuno parlargli in modo calmo e dolce in inglese, figuriamoci in un dialetto venezuelano coniato in un paesino sperduto di campagna.

“Rosario… stai zitta…” tentò di dirle il ragazzo, ma la donna sembrava non volersi calmare.

Alzare le palpebre fu un’impresa titanica per Ciel, ma doveva assolutamente capire cosa agitasse tanto la donna. All’improvviso si sentì bagnare da qualche goccia d’acqua. Poi di nuovo e intanto Rosario aveva iniziato a recitare quella che aveva tutta l’aria di essere una preghiera.

Finalmente, diradata la nebbia che gli offuscava la vista, Ciel riuscì a vederla in tutta la sua sgraziata ed elefantiaca mole: aveva in mano una bottiglietta che agitava sulla testa del ragazzo, bagnandolo. Ciel la riconobbe subito. Era la personale scorta di acqua santa che Rosario portava sempre con sé per scongiurare ogni male ultraterreno.

A giudicare dai gesti e dal tono di voce, il ragazzo capì che non stava pregando: lo stava esorcizzando!

“Rosario! Che diavolo fai?” urlò, ma se ne pentì subito dopo, quando una nuova fitta di dolore lo costrinse a chiudere gli occhi e tenersi il capo dolorante.

“Il Diablo è entrato in questa casa! Ve stoi salvando la vida e l’anima, señor!”

Ciel si contorse ancora per il dolore lancinante alla testa. Rosario, credendo che fosse preda di una possessione demoniaca e che il suo spirito stesse lottando contro il demonio che si era impadronito di lui, continuò il suo rito versando sempre più acqua.

“No! No, no, no… sparisci! Oggi ti do la giornata libera, ma sparisci!”

“Ma señor…”

“Ti do una settimana libera e te la pagherò anche il doppio!”

Obrigada! Vado” e così la donna si dileguò senza lasciare più traccia.

Il Dio denaro aveva mostrato ancora una volta tutto il suo potere!

“Ah…” si lamentò ancora Ciel voltandosi di lato. Le tempie sembravano sul punto di esplodere.

Delicata come una farfalla, una mano si posò sulla sua fronte, iniziando a carezzarla amorevole. “Povero Ciel” disse una nuova voce, stucchevole come miele caldo.

“Già” rispose d’istinto Ciel. “Povero me.”

Poi si riscosse. Spalancò gli occhi. Ruotò le orbite verso la fonte della voce e si ritrovò a pochi centimetri di distanza dal volto preoccupato di Alois. Saltò giù dal letto come un grillo, ruzzolando sul pavimento e rimettendosi in piedi subito dopo.

“Che cazzo ci fai tu qui?”

La faccia di Alois si tramutò in una maschera di stupore e incredulità. “Come puoi dirmi una cosa del genere dopo quello che è successo ieri sera?”

Ieri sera?

Chi?

Dove?

Quando?

Perché?

Ma soprattutto, cosa cavolo era avvenuto?

Una serie di ipotesi fantasiose e bizzarre si susseguirono nella testa di Ciel.

Ah, a proposito: l’emicrania era magicamente sparita, chissà come poi (tanto per la cronaca).

Notando l’atteggiamento sospettoso dell’altro, Alois comprese che Ciel non si ricordava un emerito tubo della notte appena trascorsa.

“Oh, capisco” disse tutto dispiaciuto. Si rannicchiò su sé stesso e abbassò lo sguardo in un atteggiamento degno della miglior verginella protagonista di una soap opera sudamericana di categoria W (giusto perché la Z forse era un po’ esagerata). “Hai dimenticato tutto quindi…”

Una cosa saltò subito agli occhi di Ciel: Alois era nel suo letto con solo le mutandine addosso.

Una seconda cosa si fece avvertire subito dopo: un brivido. No, non era di eccitazione (cosa che qualcuno avrebbe potuto maliziosamente sospettare), bensì di freddo. Ciel si guardò di sfuggita e notò che anche lui era svestito, tranne che per gli slip ma…

Si pietrificò. “Senti un po’, razza di depravato” ringhiò. Alois non sembrò affatto turbato del tono minaccioso dell’altro. “Ora tu mi spieghi per filo e per segno cosa è successo ieri sera… a partire dal motivo per cui indosso delle mutandine di pizzo da donna!”

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

E mentre tutti sono a Lucca in questo periodo, io pubblico! Mi chiedo se mai un giorno potrò andarci anche io ç_ç

Era una vita che mi ero ripromessa di riscrivere questa fanfic. Un bel po’ di tempo fa (un anno e passa) avevo pubblicato il primo capitolo di una long AloisxCiel dal titolo ‘Gossip, fan e adorabili equivoci’. Purtroppo, dopo quel primo capitolo il cervello è andato in black out ed io ho sospeso quella storia in vista di ripubblicarla. L’inizio è quasi identico, ma lo sviluppo degli eventi è totalmente diverso dalla prima storia.

Non sarà una long eccessivamente lunga (scusate il gioco di parole): l’intenzione era scrivere due capitoli, ma dato che questo primo è uscito più lunghetto del previsto, allora ho dovuto slittare alcuni eventi. Per cui, al momento stimo che saranno 3 capitoli in tutto (ma, conoscendomi, potrebbero aumentare, in ogni caso non supererò i 5, questo è certo).

Come altre mie due precedenti produzioni (ognuna ha una trama a sé e sono quindi scollegate tra loro), anche questa storia è tratta dall’ OAV ‘The Making of’. Non occorre averlo visto, comunque: vi basti sapere che tutti i personaggi sono in realtà degli attori che hanno recitato in ‘Kuroshitsuji’ come se fosse una serie televisiva.

Ultime cose ed è dovere farlo: il titolo della storia è liberamente ispirato alla canzone di Katy Perry ‘Last Friday night’; non conosco lo spagnolo (o lingue affini) quindi ciò che dice Rosario sarà con molta probabilità sbagliato/scritto male ecc… Nel caso ditemi pure e provvederò a sistemare quanto scritto ;)

Spero che vi abbia fatto sorridere almeno un po’ e di avervi incuriosito ^^ Attendo con molta ansia i vostri commenti: grazie in anticipo a chi lo farà :3

   
 
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