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Autore: JulietAndRomeo    01/11/2012    1 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 19: non posso credere che finirà così.



Il locale caldaia era un posto caldo e molto, molto umido. Vi si accedeva tramite una serie di passaggi sotterranei, sconosciuti alla maggior parte degli agenti che non andava volentieri a ficcare il naso laggiù data la forte umidità.

Ovviamente quelli che conoscevano meglio i passaggi per arrivarvi erano l’ispettore capo, l’ispettore Lewis e i tecnici della manutenzione.

Dopo essere usciti dallo spogliatoio femminile, Lewis ci guidò verso la porta che conduceva ai sotterranei del dipartimento. La strada fin qui non era stata difficoltosa, quello che risultò più difficile invece fu scendere gli scalini che conducevano là sotto, senza rischiare di scivolare e rompersi l’osso del collo.

Quando arrivammo in fondo alle scale, sia io che Nick, tirammo un sospiro di sollievo e in qualche minuto riuscimmo a perderci nei cunicoli sotterranei del dipartimento, neanche fosse un castello medioevale.

«Dovete scendere i gradini, girare due volte a sinistra e poi seguire il corridoio fino a quando non incontrerete un bivio: andate a destra e vi ritroverete nella lavanderia del dipartimento, andare a sinistra e incontrerete un incrocio. Andando dritto sarete sotto l’ufficio dell’ispettore capo, andando a sinistra sotto gli spogliatoi maschili e a destra tornerete fino alla sala interrogatori. Quando sarete lì procedete dritto per poi svoltare a destra, sarete a quel punto sotto la sala principale, al locale caldaia».

Inutile dire che nel sotterraneo la frequenza dell’auricolare non riusciva ad arrivare, ed inutile anche dire che al primo bivio abbiamo sbagliato, al primo incrocio eravamo andati a sinistra e all’ultimo invece dritto.

Avevamo vagato per più di venti minuti alla cieca, dato che non ricordavamo più le indicazioni e avevamo smarrito il senso dell’orientamento.

Quando finalmente trovammo il maledetto locale caldaia, scoppiammo dalla gioia e ci affrettammo ad entrare e a cominciare la ricerca della bomba.

«Ha detto che la sua è la più grande, non sarà difficile trovarla» disse Nick poco prima di entrare.

Magari avesse avuto ragione

Il locale caldaia era immenso, tutto interamente occupato da tubi, stufe di qualsiasi grandezza e pozzanghere formate dall’acqua gocciolante dai tubi rotti, in qualche punto.

«Beh, almeno sappiamo per certo che la bomba è qui dentro» disse Nick ottimista.

«Chiamala consolazione!» dissi io sarcastica: «Potrebbe essere ovunque!».

Con un sospiro, uno sbuffo e molta volontà, ci mettemmo alla ricerca della bomba, con la segreta speranza che l’aggettivo ‘grande’ usato dalla rossa psicopatica fosse un’esagerazione.

«Qui non c’è proprio niente, ci ha presi in giro, Nick».

«Io non direi, Babù, guarda un po’ qui…» disse lui dall’altra parte della sala.

Io lo raggiunsi il più velocemente possibile, cercando di non scivolare e di non mettere il piede in qualche pozzanghera.

«Oh, merde!» esclamai quando vidi il congegno davanti a noi.

«Che hai detto?».

«Ho detto ‘merda’ scusa, qualche volta il nervosismo mi fa parlare in altre lingue» dissi automaticamente quasi ignorandolo.

«Non credevo parlassi altre lingue».

«Non è il momento di parlarne, non credi?».

«Si, hai ragione. Come la disinneschiamo?».

«Questo è il punto: non è una bomba normale. Non è una bomba».

«Di che stai parlando? È ovvio che sia una bomba, lo ha detto Tiffany stessa!».

«No, lei non ha mai parlato di una bomba, io l’ho fraintesa. Questa non è la bomba di cui parlava lei, la bomba è quella» dissi indicando la caldaia principale.

«Quella è una caldaia, tutto questo vapore ti ha dato alla testa, secondo me».

«Fidati, questo qui non è un congegno esplosivo completo, è come un telecomando. Quando noi o gli artificieri, cercheranno di aprirlo, questo congegno farà surriscaldare l’acqua così tanto che la caldaia non potrà sopportare né il calore, né la pressione ed esploderà. Le altre bombe erano un diversivo: mentre io mettevo ad uno ad uno K.O. gli altri, Tiffany posizionava questo».

«Aspetta, fammi capire, non possiamo disinnescarla?».

«No, a meno che non distruggiamo la caldaia, ma sarebbe lo stesso controproducente. Sono collegate, distruggendo uno l’altro esploderebbe di conseguenza: guarda questi candelotti qui. Questa è dinamite collegata con la bomba finta, esploderà se distruggiamo la caldaia. Non è molta, o almeno, non abbastanza da far esplodere tutto il dipartimento, ma guardati intorno, Nick: siamo circondati da stufe, a gas, a metano, a petrolio… tirando le somme, siamo spacciati. Bisogna far evacuare il distretto e in fretta, guarda il timer».

«Abbiamo cinque minuti: cinque minuti per tornare di sopra, e ce ne abbiamo messi venti a scendere, e per far allontanare in un raggio di tre chilometri la polizia e gli abitanti nei dintorni? Non ce la faremo mai!».

«Infatti ho detto che siamo spacciati. Mi ascolti quando parlo?!».

Lui grugnì in risposta alla mia domanda e si allontanò in direzione della caldaia.

Io invece mi sedetti per terra, incurante dello sporco che mi circondava e cercai di pensare a qualcosa che avrebbe potuto tirarci fuori da quel casino di dimensioni epiche.

Con la cosa dell’occhio, scorsi qualcosa muoversi vicino la porta della stanza. In fretta appurai che non poteva essere Nick dato che lui era ancora vicino alla caldaia, quindi c’era qualcun altro.

Mi girai di scatto, in tempo per vedere un ghigno indistinto prima che la porta di metallo si chiudesse con un tonfo.

Scattai in piedi come un grillo e raggiunsi la porta, dopodiché cominciai a tirare per tentare di aprirla.

«Nick, vieni qui!» esclamai in preda al panico.

«Perché hai chiuso?!» chiese lui allarmato quando mi raggiunse.

«Non ho chiuso io, c’era qualcun altro, qualcun altro che ci ha chiusi dentro. Maledizione!» urlai dando un calcio alla porta chiusa: «Siamo spacciati. Moriremo qui dentro come topi in trappola».

«Lewis sa che siamo qui sotto, ci verrà a cercare, prima o poi».

«Mi stai prendendo in giro?!» urlai isterica: «Mancano meno di cinque minuti alla detonazione, questo Lewis non lo sa e comunque io stessa non metterei in pericolo la vita di altri agenti per tirare fuori da un sotterrano due idioti!».

«Allora ringraziamo chiunque lassù che tu e Lewis siete due persone diverse. Macy, calmati, devi avere un po’ di fiducia».

«In chi?! In Lewis? Lui non sa quanto manca. In Anderson? La C.I.A. non ha idea di cosa c’è qui sotto. In Miller? Cosa può fare l’F.B.I. adesso? Abbiamo già un piede nella fossa, facciamocene una ragione» dissi sconsolata scivolando contro il muro fino a toccare terra.

Lo stesso fece lui: «Allora adesso che stiamo per morire, mi dici perché non hai amici?».

«Ho te».

«Non voglio essere tuo amico. Non più» disse con sicurezza.

Mi voltai a guardarlo, indecisa se dirgli o meno quello che mi ero accorta di provare.

«Già… neanche io» sussurrai.

«Bene».

«Bene».

Si avvicinò a me e mi abbracciò, facendomi posare la testa sulla sua spalla.

«Non hai ancora risposto alla mia domanda. Perché non hai amici?».

«Non mi fido della gente. Ho smesso di fidarmi di tutti da quando sono uscita dalla clinica. Solo poche persone possono vantare la mia fiducia, probabilmente è meglio così, non hai qualcuno a cui dare spiegazioni, non hai qualcuno che ti critichi, non hai qualcuno che ti dica cosa devi fare. Sei libero insomma. Quando comincia a fidarti delle persone e ad avere degli amici, automaticamente ti stai intrappolando da solo: immagina di avere un amico caro qui sotto e immagina di essere sopra, insieme a Lewis e agli altri. Non verresti a cercarlo? Non rischieresti la vita per lui o lei? Io si. Per questo preferisco non avere nessuno, darei tutto quello che ho per qualcuno che non lo merita affatto e che probabilmente mi tradirebbe il giorno dopo».

«Si ma lo faresti sapendo di aver salvato una vita».

«E a quale prezzo? La mia vita? Ad essere sincera, lo farei anche per qualcuno di cui non mi fido, per qualcuno che non sia mio amico».

«Hai appena detto il contrario».

«Lo so, ma ho anche detto ‘ad essere sincera’ non mi piace ammetterlo, ma darei la mia vita per quella di chiunque altro, intendiamoci, chiunque altro che non sia un criminale».

«Perché?».

«Perché chiunque è migliore di me. Perché chiunque ama la propria vita più di quanto io non ami la mia. Perché per chiunque si faccia del male per come me lo sono fatto io, la vita non conta poi molto, non credi? Nonostante quello che mi è capitato fosse colpa di qualcun altro».

Lui non rispose, mi fece solo un’altra domanda: «Quando usciremo di qui, se mai usciremo, diventerai la mia ragazza?» lo sentii sorridere della sua stessa domanda.

«Vedremo» risposi sorridendo a mia volta per poi alzarmi.

«Che stai facendo?» mi chiese.

«Vedo quanti minuti rimangono» dissi avvicinandomi al timer.

Con cautela mi sporsi e mi chinai sul timer: due minuti.

«Allora?» chiese Nick dall’altra parte della sala.

«Due minuti scarsi».

«Siamo morti» disse ridacchiando cupo.

«Non è detto» sussurrai.

Lui non mi sentì e io mi annullai dal resto del mondo, restammo solo io e la bomba.

Era posizionata su un tubo e dei cavi uscivano e si collegavano all’altra estremità del congegno. Un filo era collegato con il timer, ed un altro filo, era collegato invece con una piccola antenna.

Alzai lo sguardo e scrutai la caldaia in silenzio. Invisibile, se non si cercava, e sistemata dietro il sistema principale di fili della caldaia, un’altra antenna faceva capolino.

‘Beccata’ pensai soddisfatta.

Mi alzai e mi diressi verso i fili retrostanti al serbatoio.

‘Perché nascondere questa antenna e lasciare in bellavista l’altra?’ mi chiesi: ‘Ci ho messo circa tre quarti d’ora per stendere mia madre e gli altri due, Tiffany aveva tutto il tempo di sistemare la bomba e tornare sopra. A meno che…’.

«Hey, Nick, secondo te, ad occhio e croce, quanto ci vuole per sistemare una cosa del genere?» dissi indicando la bomba.

«Non lo so, io non sono pratico di esplosivi… tre quarti d’ora? Cinquanta minuti?» azzardò lui.

«Bene, grazie».

«Perché questa domanda?».

«Perché nasconderesti una delle due antenne e lasceresti l’altra in bella vista?».

«Per far spaventare qualcuno?».

«No: perché non hai tempo. Immagina di dover fare due sculture, entrambe devono essere discretamente belle e immagina di avere un solo giorno a disposizione. Immagina anche di essere uno scultore discreto, ma che come tutti ha bisogno di tempo per far un bel lavoro. Che faresti se ti dicessero che il tempo a tua disposizione è così limitato?».

Inizialmente lui non rispose, poi come gli fosse venuta un’illuminazione, disse: «Mi impegnerei nella prima statua trascurando leggermente l’altra!».

«Esatto».

«Stai dicendo che ha nascosto una delle due antenne perché non l’aveva collegata benissimo?».

«Si, possiamo disinnescare entrambi con un po’ di fortuna».

«Già, ma abbiamo un minuto» disse lui.

«Io tolgo la dinamite dal congegno vicino a te e tu pensi a quest’antenna, magari oggi ne usciremo vivi».

Feci cambio di posto con Nick e mi chinai sulla bomba ai miei piedi. Il timer segnava 48 secondi, ma non mi soffermai più di tanto su quello, cominciando invece ad esaminare i fili.

Erano in tutto cinque, uno era collegato al timer, uno all’antenna, gli altri tre facevano il giro del congegno e rientravano nella dinamite. I colori erano diversi, nero per quello più in basso, giallo per quello in mezzo e blu per quello in alto.

«Fatto, ho tolto l’antenna da qui, non l’aveva collegata bene, come hai detto tu. Era collegata a due fili, uno nero e uno giallo… perché qui è collegata ad un solo filo?».

«Fammi pensare un attimo».

‘Allora: ho cinque fili. Uno rosso, collegato con l’antenna, uno verde, collegato con il timer, uno blu, uno giallo ed uno nero, collegati invece con la dinamite. Nick ha staccato l’altra antenna, collegata con il serbatoio della caldaia con i fili nero e giallo. Perché la mia antenna ha solo un filo, e perché i colori sono diversi? È lo stesso dispositivo, solo che, anche se in modo diverso, è collegato su un altro apparecchio… c’è qualcosa che non va’.

«Macy, mancano venti secondi».

«Si lo so».

«O la va o la spacca» dissi prima di staccare tirare via contemporaneamente i fili rosso e blu e chiudere gli occhi temendo l’esplosione.

«Puoi aprire gli occhi» disse Nick accanto a me con voce malferma: «Siamo ancora vivi».

Aprii lentamente gli occhi e guardai i fili che mi erano rimasti in mano.

«Porca paletta, me la sono fatta addosso».

«Tu devi essere impazzita! Potevi dirmi che stavi per tirare via entrambi i fili!».

«Mi avresti fermata e comunque poco male, siamo vivi è questo che conta».

«Ancora per poco» disse una voce alle nostre spalle.

Ci voltammo entrambi di scatto, nella direzione da cui proveniva la voce: Christian Wollaby in piedi davanti a noi con un’arma in mano e un ghigno sul volto.

«Come ci è riuscita?» mi disse, accennando alla bomba alle mie spalle.

«Fortuna. Come è arrivato qui sotto?».

«Fortuna».

«Touché».

«Mi dica come ha fatto a disinnescarla».

«I fili mi hanno aiutata: nella mia bomba, il filo rosso era visibilmente collegato con l’antenna, il filo nero, come del resto quello giallo e quello blu all’esplosivo, il filo verde al timer. Nell’altra bomba, il filo nero e quello giallo erano collegati all’antenna, mentre mancavano quello rosso, quello blu e quello verde. Quest’ultimo è da non considerare essendo collegato al timer, come non è da considerare quello blu. Infatti quello blu collegava la dinamite al timer, mentre quello verde il timer alla batteria. Quello rosso, collegato soltanto in apparenza con l’antenna, era invece connesso all’esplosivo. Se io avessi staccato il filo nero o quello giallo, avrei attivato il segnale e fatto esplodere la caldaia, se avessi staccato solo quello blu o quello rosso, l’altro avrebbe fatto saltare tutto. Nella caldaia è stato sufficiente rimuovere l’antenna. Le basta come spiegazione?».

«Ci farebbe davvero bene averla dalla nostra parte, signorina Cullen, eviteremmo molti… inghippi» disse esitando sull’ultima parola.

«Peccato che io non condivida le vostre ‘scelte’, nevvero?».

«Già, un grande peccato. Purtroppo devo uccidervi e magari manderò qualcuno per far passare la vostra morte per uno sgradito incidente. Comincerò prima da lei, signorina, le auguro un buon viaggio nell’oltretomba» disse ridendo amaramente.

«Non ci provi neanche» disse Nick alle mie spalle.

«Sta zitto» sussurrai.

«No, per una volta sta zitta tu» rispose di rimando.

«Abbiamo un eroe! Vuoi davvero sacrificarti per quella lì?» disse Wollaby disgustato.

«Dov’è il problema? Le reca fastidio?».

«Mi sembra squallido, ma del resto, conoscendo la vita che conducono i suoi genitori, in mezzo ai ‘meno fortunati’ li chiamano, signor Black, non mi aspettavo niente di diverso».

Nick scattò in avanti, pronto a dargliele di santa ragione, ma prima che potesse afferrarlo, Wolalby gli sparò ad una gamba. Lui si accasciò a terra e io cominciai a muovere qualche passo nella sua direzione, prima di essere fermata.

«Non così in fretta, signorina Cullen. Dove eravamo rimasti? Ah, si! Addio» disse prima di premere il grilletto.

L’ultima cosa che sentii, prima che un dolore al petto mi cogliesse, furono una risata ed un urlo di terrore, poi il buio.












Ta-da! Eccomi qui con un'altro capitolo, dopo un mese e mezzo di assenza (sono imperdonabile, lo so).
Se non mi avete ancora mandata a quel paese, dopo un mese e mezzo, significa che la storia vi piace davvero tanto... fortissimo! :D
Dicevo, mi dispiace per la prolungata assenza, ma sono stata sommersa di compiti e non ho avuto neanche il tempo di potermi guardare allo specchio, né tantomeno di aggiornare.
Mentre ero in francia ho aggiornato una storia, ma stavo lavorando al capitolo già prima di partire quindi ho dovuto solo fare copia e incolla da Word e mi è venuto semplice.
Come al solito ringrazio tutti quelli che la metteranno tra le seguite, le ricordate e le preferite, chi recensirà e infine anche solo chi leggerà.
Grazie ancora per non avermi buttata nel dimenticatoio e a presto (spero xD).
Un bacione :)

   
 
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