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Autore: bieberlicious    01/11/2012    12 recensioni
Justin Bieber in più interviste ha ripetuto quanto gli piacerebbe intraprendere anche una carriera da attore, e quale opportunità migliore se non quella di lavorare con Jason Smith, il regista più famoso di Los Angeles?
In un batter d'occhio i nomi di Justin Bieber e Jason Smith si ritroveranno stampati su tutte le più importanti riviste internazionale, ma per loro ancora non è abbastanza, vogliono fare qualcosa di spettacolare e per far si di attirare su di loro tutti i riflettori, metteranno su una messa in scena.
Allyson Smith, la figlia di Jason, verrà trascinata in tutto questo.
Come? Semplice, come -finta- fidanzata di Justin Bieber.
Quale scoop migliore che dare finalmente una ragazza all'idolo delle teenager, le quali l'hanno sempre visto single?
Tra finzione, interviste, party, litigate e scintille... ci sarà spazio anche per altro?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NB: ULTIMO CAPITOLO.


Capitolo 7: restart

 
Due settimane dopo.
“È tardi, devo andare.” Sospirai, già fremendo sotto le sue attenzioni.
“Sh, non è affatto tardi.” Sussurrò di rimando, tappandomi la bocca con le sue labbra.
Rabbrividii involontariamente non appena il suo alito caldo si infranse sulle mie labbra, e non potei fare a meno di accelerare ritmicamente il respiro.
Le sue labbra sulle mie, la sua lingua nella mia bocca, le sue mani sul mio corpo.
Sapeva essere ovunque, in qualsiasi momento.
E non mi rimaneva altro che arrendermi a lui, sul letto della sua camera come in quel momento.
Avvertii la sua mano destra solleticarmi la schiena, al di sotto della maglietta, e gemetti involontariamente sulla sua bocca.

“Non giocare con me.” Biascicai, sottovoce, dettata dall'istinto, dalla paura, da quel stupido sentimento che mi sventolava nello stomaco.
Mi mordicchiai in imbarazzo un labbro, desiderosa di sprofondare sotto terra per quella richiesta che suonava come una preghiera.
Lui non rispose, passò direttamente a stuzzicarmi il collo con i denti e con la lingua.
Lo strinsi a me, circondandogli il collo con le braccia, perdendomi in quel limbo di perdizione e passione.
Sembrava irreale, noi che fino a poche settimane prima a malapena riuscivamo a sopportarci, lì, su quel letto a stringerci, toccarci, baciarci.
Gli tirai una ciocca di capelli, capovolgendo la situazione per passare sopra di lui.

“Sei bellissima.” Grugnì, tirandomi via la maglia.
Ignorai l'imbarazzo, e seguii a ruota il suo gesto sfilandogli la felpa.
Mi soffermai a osservare quanta bellezza fosse rinchiusa in una sola persona, e mi stupii che esistesse davvero una tale perfezione.
Gli baciai la bocca, con le labbra schiuse, e scesi giù per la gola fin sopra i pettorali.
Gli mordicchiai qualche lembo di pelle, e sperai di non sembrare troppo impacciata o frettolosa data la mia inesperienza.
Strofinai il naso sulla sua gola quando giunse ad accarezzarmi la spina dorsale, lungo tutta la sua lunghezza, per poi soffermarsi sul gancetto del reggiseno.
Mi immobilizzai, irrigidendomi, lo volevo tanto da star male, ma la paura mi aveva mozzato il respiro.
Mi guardò a fondo, chiedendomi silenziosamente il permesso per andare avanti, e forse lesse qualcosa nel mio sguardo o forse intercettò quel minimo cenno d'assenso che feci, fatto resta che mi sganciò il reggiseno con un gesto rapido, facendolo ricadere sul suo petto con un tonfo sordo.
Lo guardai negli occhi, sperando che non se ne uscisse con uno dei suoi commenti da perfetto idiota, e forse capì il mio disagio, la mia insicurezza, la mia inesperienza, perché mi accarezzò la guancia in un gesto tremendamente dolce e rassicurante, per poi capovolgere di nuovo la situazione.

“Rilassati.” Alitò, lasciandomi un bacio sulla clavicola.
Scendendo sempre più giù, fino ad arrivare a lambirmi il seno con la bocca.
E allora vidi giorno e notte contemporaneamente, sole, luna e stelle in un unico cielo, probabilmente toccai il massimo della perdizione.
Mentre mi baciava il seno con adorazione, pizzicandomi i capezzoli, venerandomi, baciandoli.
Non potei far altro che affondare una mano tra i suoi capelli, inarcandomi sotto la sua tortura, spingendolo più vicino al mio corpo.

“Justin.” Ansimai vergognosamente, quando con le dita arrivò a sbottonarmi i jeans.
E li trascinò via, nella discesa delle sue dita: cosce, gambe, ginocchia, caviglia, giù per terra.
E si fermò così, a guardarmi quasi completamente nuda, dall'alto.
Rossa dall'imbarazzo, mi portai una mano a coprirmi pudicamente il seno, e il cretino sorrise del mio gesto insicuro.
Sorrise tanto da abbassarsi al mio orecchio, per sussurrarmi qualche parola. 
“Non coprirti, hai un seno stupendo. Tu sei stupenda.”
E poi i restanti indumenti scomparirono, lasciandomi completamente nuda. E anche i suoi scomparirono, lasciandolo magnificamente nudo.

Probabilmente si accorse del mio tremolio, perché si soffermo ad accarezzarmi delicatamente ogni centimetro del mio corpo.
“Non ti farei mai del male, Allie.” Sussurrò, respirandomi sulle labbra.
E poi concentrò le sue carezze proprio dove pulsava dal desiderio di lui, dove agognavo di sentirlo.
Delicatamente, toccandomi, sussurrandomi, baciandomi, facendomi arrivare sempre più vicina al piacere.
Mentre mi stuzzicava, mentre il piacere diventava perdizione, mentre il ventre mi si contraeva esplodendo in una lava di piacere.
Mentre, eccitato, si faceva largo tra le mie gambe.
Mentre, la paura, mi attanagliava lo stomaco, facendomi tremare le mani, le gambe, il cuore.

“Justin.” Sussurrai, e non di piacere, quando lo sentii ad un attimo prima della lacerazione.
Codarda, codarda, codarda. 
“JUSTIN!” Ripetei, più forte, colta dal panico.
Gli afferrai le spalle, bloccandolo: egoista, immatura, stupida. Ecco come mi sentivo.
Ma non potei fare a meno di spingerlo via, tremando, e gridare con la voce rotta dalle lacrime: 
“non posso, non sono pronta.”
 
Due settimane dopo.

“Justin, cazzo, non puoi evitarmi per sempre!” Sbottai, esasperata.
La mancanza di lui mi stava consumando, giorno dopo giorno.
Mi mancava essere presa in giro, prenderlo in giro; mi mancava essere baciata, toccata, capita.

“Allyson, sto lavorando.” Mi fece notare.
Non avevo più avuto modo di scusarmi, giustificarmi, o anche semplicemente parlargli, era scomparso letteralmente dopo quella sera.

Esasperata, mi bloccai davanti a lui per non farlo passare. “Dobbiamo parlare.” Gli feci notare.
Mi guardò come se non esistessi, come se fossi trasparente, con freddezza, distacco e rancore. Mi sentii mancare.

“Non abbiamo niente da dirci.”
Con un groppo di lacrime alla gola, non mi arresi. 
“Io invece sì! Devo dirti che mi dispiace, che non volevo che andasse così, che tutto ciò è accaduto solo perché non ho mai avuto... intimità” mi mordicchiai le labbra, in evidente imbarazzo “con nessuno, prima di te. E devo dirti che mi manchi...” E che credo di amarti.
Abbassai lo sguardo, sconfitta, codarda e impaurita. Non volevo perderlo.

“Allie.” Sussurrò, quel piccolo nomignolo con cui solo lui mi chiamava. “È stato tutto un errore, mi dispiace, ma non voglio mischiare il lavoro con i sentimenti.”
E mi frantumai, in quel momento, coccio dopo coccio.
E nessuno mi rimise insieme, semplicemente gli voltai le spalle con la poca dignità rimasta e mi impedii di piangere, lasciando che le lacrime mi soffocassero dall'interno.

 
Un mese dopo.

“Chi era quel tipo con cui parlavi prima?” Domandò, digrignando i denti.
“Perché vuoi saperlo?” Risposi, guardandolo torvo.
Mi si avvicino in poche falcate, trovandoci così faccia a faccia. 
“Chi cazzo era?”
Stufa di lui, dei suoi comportamenti possessivi, della sua ossessione verso di me, gli risposi a tono. 
“Non sono cazzi tuoi.”
Mi guardò con uno sguardo carico di irritazione. 
“Sei mia.” 
E mi baciò, di una passione tale da stordirmi, con un bisogno tale da consumarmi, con un'urgenza grande quanto la mia.
E scomparì tutto: la mia camera, la sua ramanzina, le nostre problematiche.
Rimanemmo solo noi, in astinenza uno dall'altro.
I bottoni saltarono, i vestiti scomparirono e ci stringemmo uno all'altro.
E facemmo l'amore così, di slancio, con disperazione, con amore, adorazione, ingordigia.
Le lacrime mi scivolarono sul viso, dal dolore, dalla paura, dalla felicità.
E Justin mi asciugò il viso a suon di baci, e le stesse labbra mi sussurrarono frasi colme di venerazione, dolcezza e amore. 
“Giuro che è l'ultima volta che ti faccio del male.”
Dopo quella frase lo strinsi di più a me, e nonostante il dolore non mi permise di raggiungere l'apice, fu appagane e maledettamente dolce vederlo raggiungere il piacere ed accasciarsi, sudato, su di me.

 
Cinque giorni dopo.

Mi tirò le guance, facendomi grugnire indignata.
“Smettila.” Sibilai.
“Sei maledettamente bella.” Ghignò, baciandomi le labbra.
“E tu maledettamente cretino.” Risposi, imbronciata, togliendogli le mani dalla mia faccia.
“Ti amo.” Sussurrò, guardandomi negli occhi, paurosamente serio.
E quel giorno scoprii di essere immortale, perché resistetti all'emozione più grande della mia vita.
E sorrisi con le lacrime agli occhi, e piansi con il sorriso sulle labbra.
Lo abbracciai di slancio, tuffandomi tra le sue braccia, tuffandomici a capofitto. 
“Anch'io, amore, ti amo anch'io.”



THE END.


 

♥♥♥
Non so come iniziare, magari con un "mi dispiace".
Mi dispiace per non aver saputo affrontare questa storia con la giusta moderazione.
L'ho presa sulla faciltà, insomma, 
mentre invece non sono riuscita a farla crescere come volevo.
Mi dispiace di aver deluso le mie e le vostre aspettative.
Mi dispiace perché Allyson e Justin meritavano di più.
Mi dispiace perché sono giunta alla fine,
una fine che mi è uscita di getto.
E la cosa peggiore è che mi piace questo capitolo.
E mi piace anche se porta la parola fine.
Probabilmente avreste preferito vivere tutto ciò attimo per attimo,
e non in un solo capitolo pieno di sbalzi temporali,
ma purtroppo questo è ciò che sono riuscita a fare.
Spero che, nonostante tutto, sono riuscita a strapparvi un sorriso o un sospiro.
A me ne hanno strappati tanti, questi due :)
Che dire?
Al prossimo viaggio.
Con amore,

Elvy.

   
 
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