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Autore: Alias    17/05/2007    1 recensioni
Mi chiamo Martina e ho appena compiuto 16 anni... ho scritto questa fanfic tempo fa, quando in Italia era appena cominciata la seconda stagione di Veronica Mars. L'idea iniziale era di farla di un unico capitolo molto lungo, ossia il primo che posterò qui, ma poi mi sono fatta prendere la mano e ho continuato scrivendo altri capitoli. E' la prima Fanfic che scrivo, non sono molto brava, insomma, non credo che sia proprio un capolavoro, anzi! Mi è stato difficile trovare una collocazione temporale alla mia ff... Dovrebbe trovarsi circa in mezzo alle due stagioni, o meglio, anche in mezzo alla seconda stagione, ma con qualche modifica, e la situazione più o meno è questa: Logan e Veronica si sono lasciati, e tra loro è finita. Ogni volta che si vedono, ancora prima di salutarsi sfoggiano il loro corredo di battutine acide all’altro. Entrambi stanno cercando di andare avanti, e di non voltarsi più verso il passato. Tra Duncan e Veronica non è mai ricominciata, e, per quanto possa sembrare strano agli occhi di tutti, i due sono diventati ‘amici’. Duncan ha capito che l’amore per Veronica era solo un ricordo, e che il suo futuro sarebbe stato uno solo: Meg. Il Bus Crash non è mai avvenuto. Le frasi contenuta tra trattini (Esempio: - Sono Veronica- ) rappresentano i suoi voiceover, come quelli del telefilm.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aaron Echolls, Altro Personaggio, Logan Echolls, Veronica Mars
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Keith: Veronica, ci sei

Keith: Veronica, ci sei?

Veronica: Si, si papà…

Keith: Beh, credo che in questo momento Logan stia per venire informato della notizia…

Veronica è ancora leggermente scossa, e fatica ancora a crederci.

Keith: Dove sei ora? Forse sarebbe meglio che andassi da lui…

Inutile negare che a Keith erano costate quelle parole. Logan. Logan Echolls. Non gli era mai andato a genio. Eppure sembrava una calamita per sua figlia. Si ricorda quella volta che lei lo aveva lasciato. Lui aveva urlato e spaccato la lampada. Non era certo per la lampada che Keith si era arrabbiato. No. Aveva avuto paura. Ma non aveva considerato tutto il resto. La situazione del ragazzo. Non l’aveva messa in conto. Mentre ora si, invece. Per questo ci aveva messo una pietra sopra, e per questo incitava la figlia ad andare da lui. Veronica era praticamente l’ultima persona che era rimasta a Logan.

Veronica, che nel frattempo si stava riprendendo: Certo, papà. Grazie.

Non c’era motivo di spiegare quel grazie, entrambi sapevano a cosa Veronica si stessa riferendo. Veronica sapeva benissimo quello che passava nella testa di Keith a proposito di Logan.

Keith sorride, anche se sa che la figlia non può vederlo.

 

Appena finita la telefonata, Veronica si fionda nella sua macchina.

Ti prego Logan, qualsiasi cosa ti passi per la testa non fare sciocchezze. Ti prego.

Arrivata sotto l’hotel per la prima volta da quel giorno non bada a dove parcheggia la macchina.

Si precipita nell’ascensore, successivamente davanti alla porta della suite. Non ha idea di come abbia reagito il ragazzo, però è pronta a tutto, per lui. Fa un respiro profondo e bussa.

La porta si apre lentamente e dietro di essa compare Logan.

Logan: Veronica…

Veronica lo guarda, incapace di aprire bocca, per paura di pronunciare anche un solo suono sbagliato.

Logan: Hai dimenticato anche le chiavi di casa?

Le sorride. Ma per quanto si sforzi di apparire come sempre, lei percepisce. I suoi occhi non sorridono insieme al resto del viso come fanno sempre. Lei capisce.

D’altra parte, lui nota la sua titubanza. Lo sapeva già anche lei. Lui intuisce.

Logan: Entra pure.

Abbassa lentamente lo sguardo. Lei si avvicina e lo abbraccia. Si baciano.

Veronica: Ho saputo quello che è successo…

Logan: Già. Anche io. Com’è che le notizie girano sempre così in fretta?

Veronica: Siamo a Neptune, ragazzo mio.

Il loro discorso non è triste o cupo. Non è nemmeno sarcastico. E’ semplicemente serio.

Veronica si allontana leggermente e  lo studia. I suoi occhi non sono lucidi o rossi. Ha lo sguardo un po’ perso, tutto qui.

Veronica: Ma tu… come… insomma, come ti senti? Come stai?

Logan: Io? Una meraviglia, davvero! Sto relativamente bene.

Veronica non riesce a capacitarsene. Prova ad immaginare, anche solo per un secondo, la sua vita senza suo padre. No. Non sopravvivrebbe senza di lui. E non riesce a capire l’apparente indifferenza di Logan verso la morte del padre.

Veronica: Logan, infondo era

Logan: Si? Cosa? Oh, già, dimenticavo. In fondo era mio padre.

Parla gesticolando con quel tipico tono mezzo sarcastico, che però di sarcastico non ha più un bel niente, perché mischiato al dolore.

Logan: Mio padre. L’uomo che mi picchiava da piccolo, che tradiva mia madre con altre donne, che è stato il motivo del suo suicidio, che se la faceva con l’ex amore della mia vita che poi ha anche ucciso, e che ha tentato di uccidere l’attuale amore della mia vita. Ma infondo… Era mio padre.

Ora la sua voce era rotta da quel tipico nodo alla gola. Veronica lo abbraccia di nuovo, ma questa volta più forte, pensando alle sue parole. Era inutile nascondere a stessa che prova un po’ di pena per lui. Ma era anche inutile nascondere che dentro di lei qualcosa era felice. Logan aveva messo da parte Lilly come passato, e aveva tirato in ballo lei come presente.

Veronica: Scusami, è che…

Logan: Non fa niente, non ti preoccupare. Ho capito. Ma Aaron non è Keith.

Veronica annuisce con un sospiro. Logan le da un leggero bacio sulla guancia prima di staccarsi da quell’abbraccio.

Logan: Lo sai che stamattina è tornata Trina? Che tempismo, eh? Probabilmente l’unico motivo per cui era tornata era suo padre…

Era anche il tuo, Logan

Logan: … E invece di una festa in onore del suo ritorno si ritrova un bel funerale.

Veronica: L’ha già saputo?

Logan: Non lo so, ma non credo. Boh.

Alza le spalle con l’espressione di uno che si è stancato del mondo, e che ora vuole solo fregarsene, di tutto e di tutti. Poi la guarda. Di tutti tranne che di lei.

 

Passano un altro po’ di tempo senza fare niente di preciso, parlando un po’, interrompendosi con pause silenziose ma non imbarazzanti. Veronica pensa alla situazione capovolta di Logan. Ora suo padre era morto e forse sua madre era viva. Già, forse. E collega rapida quella riflessione agli altri pensieri, e le balena in mente un atroce dubbio.

Ma… Se Aaron è morto, chi c’è dietro tutto quello che è successo? Di certo ora la teoria di Logan crolla. Io l’avevo detto. Troppo facile, Troppo.

Dio, Mars, perché devi avere sempre ragione?

Logan: Cosa c’è? Cosa vuoi…

Veronica lo interrompe: Niente.

Logan: No, invece. Eri sul punto di chiedermi qualcosa.

Veronica lo fissa, senza riuscire a rispondere. A quel punto Logan prende un’espressione un poco più buffa, e un tono più scherzoso. Sembra più sereno ora.

Logan: Regola numero uno?

Veronica ha un’espressione perplessa, nonostante pensi di aver capito.

Veronica: Trasparenza e sincerità?

Logan: Risposta esatta!

Veronica: Cosa vinco?

Logan: Questo.

La bacia. Un po’ inaspettatamente. Un bacio bellissimo, come tutti i suoi baci. Come tutti quelli tra loro due. Che mischiavano tenerezza e passione, acidità e dolcezza, sarcasmo e tristezza.

Logan: Allora?

Veronica: No… niente… cioè… hai saputo… come…?

Logan: Avvelenato. Lo hanno avvelenato. E’ l’unica cosa che ho capito di quello che ha detto lo sceriffo. Credo che qualcuno abbia avvelenato il suo cibo o qualcosa del genere.

E tutto ha più senso. Non un incidente. Non un suicidio. Ma omicidio.

Qualcuno ha ucciso Aaron Echolls, la domanda è… Perché?Francamente non credo per vendetta o qualcosa di simile. Ma c’entra con questo dannato caso che non sembra avere più senso. Ne sono sicura. E, ahimè, purtroppo ho sempre ragione.

 

Veronica parcheggia la macchina davanti casa sua. E’ praticamente sera. Logan le sembrava più sereno quando lo aveva lasciato, lui le aveva assicurato che stava meglio, e poi era tornato anche Duncan. Non voleva più saperne di niente, voleva solo fiondarsi in bagno, farsi una bella doccia calda e riposare un po’.

Veronica: Signor Mars?

Keih stava armeggiando con alcune scatole bianche che portavano l’insegna del baraccone del cibo cinese dietro l’angolo. Quando si sente chiamare si gira verso la figlia.

Keith: Mi dica, signorina. Teme di essere tradita? Le è scomparso qualcuno?

Veronica: Diciamo solo che il padre del mio ragazzo è stato ammazzato.

Keith: Come l’ha presa?

Veronica: Soffre. E maschera la sofferenza con l’indifferenza. Perciò non credo l’abbia presa benissimo, ma di certo poteva andare mooolto peggio.

Si avvicinano, e Keith bacia la figlia sulla guancia.

Veronica: Che è sta roba?

Indicando la scatola col cibo.

Veronica: Scommetto che se fossi arrivata anche un solo secondo più tardi, me l’avresti rifilata come “Fatta con le mie mani”. Ti ho beccato!!!

E dicendolo alza gli indici prima verso il cielo, poi verso il padre.

Keith: Macchè. Ti sbagli. Questa è ottima cucina cinese, fatta…

Veronica: Con le mani di qualcun altro.

 

Yawwwn.

Veronica sbadiglia. L’idea di dover abbandonare il confortevole tepore delle coperte per scambiarlo con la fresca aria mattutina non la lusinga affatto. Suona nuovamente la sveglia. E decide di alzarsi.

 

Entrata della Neptune High.

Veronica si guarda intorno. Sa che quello che cerca non c’è. Nessun hummer giallo nel parcheggio.

Si gira e scorge Duncan poco più lontano. Gli va incontro.

Veronica: Duncan!

Duncan: Veronica…

Le sorride, e da dietro di lui spunta una ragazza.

Meg: Ciao Veronica!

Meg e Duncan. Ormai inseparabili. Duncan. Il suo ex ragazzo. Meg. La sua ex migliore amica. Non che ora non fossero amiche, anzi. I rapporti con Meg erano tornati normali da quando lei si era rimessa con Duncan, e da quando Veronica aveva chiaramente precisato che lei e lui sarebbero stati solo amici, e niente di più. E così è stato. Veronica aveva archiviato Duncan come passato, e sopra ci aveva messo la parola “fine”.

Veronica abbassa la testa e saluta anche Meg.

Veronica: Ieri… Come… Logan?

Duncan: Non sembra troppo scosso o dispiaciuto…

Forse a te…

Duncan: In ogni caso ieri sera quando te ne sei andata indovina chi è arrivata?

Con quel tono? Forse Tri

Duncan: Sua sorella Trina! Era completamente in lacrime e, non ci crederai, ma Logan ha quasi tentato di consolarla!

Che?

Veronica assume un’espressione perplessa. Ok, Logan e Trina erano fratelli, ma… Non che i loro rapporti fossero dei migliori. Almeno ricordando la morte della madre…

Logan che consola Trina? Altro che scosso, deve aver fatto a testate con il muro…

Però… forse l’unica spiegazione è che Logan stia tentando di non perdere quello che resta della sua famiglia…

Ferma lì i suoi pensieri. Se solo fosse andata un po’ più avanti, si sarebbe accorta che stava per dire che non ce n’era bisogno. Perché non sarebbe mai stato solo. Perché avrebbe sempre avuto qualcuno. Avrebbe sempre avuto lei.

Duncan: Lei era disperata, hanno parlato un po’, e poi non so dove sia andata ad alloggiare… Duncan: Stamattina Logan sembrava abbastanza in sé, penso che ora sia ancora con Trina… Lutto familiare

Per un secondo Veronica sorride impercettibilmente.

Chissà quale sarebbe il suo commento a questa frase…

E questa volta lascia andare i suoi pensieri. E’ strano… questa mattina sente qualcosa… Quella sensazione… come se le mancasse qualcosa… come se avesse un vuoto… E per quanto potesse sembrare stupido, poiché non l’aveva mai provato così forte per così poco, significava molto.

Logan le mancava.

 

A pranzo, Veronica è seduta ancora da sola e sta aspettando Wallace. Alza la testa e lo vede arrivare.

Veronica: Ehi, compare!

Wallace: Capo…

Si sorridono, ma Wallace non si siede. Veronica lo fissa, e dall’espressione sembra avere un immenso punto di domanda sopra la testa.

Wallace: Oggi mi siedo coi ragazzi, abbiamo una partita importante, e dobbiamo discutere su come…

Veronica risponde interrompendolo con tono piagnucoloso.

Veronica: Mi tradisci e me lo dici così? Mi si spezzerà il cuore…

Wallace: Beh, anche tu puoi tradire me…

Dicendolo indica qualcuno dietro di Veronica con la testa. Veronica istintivamente si gira, e quello che si trova davanti è una specie di flashback. Asha è lì, col suo vassoio, in piedi, e rigorosamente da sola.

Wallace: Beh, ti saluto giovane Mars

Veronica gli sorride e lo saluta con la mano.

Veronica: Asha…!

Asha: Veronica… Ciao!

Veronica, indicando il posto di fronte al suo: Guarda che è riservato… Per te! Non l’avevi preso su prenotazione?

Asha sorride, prima di sedersi vicino all’altra ragazza.

Per un po’ parlano di scemenze, mangiando l’una il pranzo dell’altra, perché giudicato “più buono”.

Non si può nascondere che, malgrado le differenze, le due si trovano molto bene insieme.

 

Ad un certo punto, per la prima volta Veronica nota le mani di Asha. Le unghie del pollice, medio e anulare sono di un colore molto scuro, mentre indice e mignolo sono viola. Questo sulla mano sinistra. Sulla destra porta tre colori alternati. Che tipa.

Asha: Che c’è?

Lo chiede guardandosi le mani. Allora si rende conto di cosa pensava Veronica, e sorride.

Asha: E’ una specie di “tradizione” per me.

Veronica: Ma come ti è venuta?

Asha: Te la sei voluta, eh! Ora ti sorbirai l’ennesima noiosa storiella…

Veronica le sorride. In realtà non la trovava per niente noiosa.

Asha: E’ stato prima dell’incidente dei miei. Un pomeriggio, come sempre, stavo davanti alla mia adorata play

Veronica la interrompe solo un secondo: Ti piace giocare alla play-station?

Asha: Altro che! E’ la mia unica passione!

Veronica: Conosco qualcuno che apprezzerà la tua passione… Continua pure.

Asha: … Beh, come dicevo, ero davanti alla mia adoratissima play, quando arriva mio padre nella mia stanza e si mette a farmi l’ennesima predica: “Ma perché non passi i pomeriggi a metterti lo smalto, a tentare di preparare qualcosa di commestibile e non ti attacchi al telefono come tutte le ragazzine della tua età?”

Asha: Quella sera io, in risposta, mi sono colorata tutte le unghie di colori diversi, ho preso il telefono e ho ordinato una pizza.

Veronica la ascolta interessata. Le viene in mente che una volta anche Keith le avevo detto una cosa simile…

Asha: Poi ho costretto i miei ad andare a mangiare fuori, da soli. Stavano così bene insieme… Quella sera, poi, sembravano due adolescenti…

Parla col rimorso e la tristezza di chi ha perso qualcuno di troppo caro, e che continua a conservarlo come ricordo nel cuore.

E Veronica, ancora una volta, pensa a Logan, e ai ricordi che ha lui di suo padre… Rabbrividisce.

Asha: Ehi… Che c’è? Qualcosa non va?

Veronica fissava il tavolo degli 09, sul quale però si notava l’assenza di qualcuno.

Asha si sporge un po’ in avanti e piega la testa, parlando in tono comprensivo.

Asha: Ho sentito quello che gli è successo… Si riprenderà, vedrai… Ma… Mi chiedo come sia possibile…

Veronica risponde incosciamente, senza pensare, con la mente da un’altra pare, troppo impegnata per riflettere su quello che sta dicendo.

Veronica: Lo hanno avvelenato in cella.

A quelle parole Ashley sembra sbiancare. La sua espressione cambia, si fa più cupa, con un che di… Preoccupazione.

Asha: Lo hanno ucciso?!

Solo ora Veronica si rende conto di quello che aveva detto. Ma non era poi così grave. La notizia era già su tutti i giornali, presto avrebbero pubblicato anche la causa della morte.

Annuisce alla ragazza, sul cui volto l’espressione di preoccupazione non diminuisce, nonostante il tentativo di nasconderla.

Attorno molte persone si stanno alzando.

Veronica: Sembra proprio che… Dobbiamo andare.

Asha: Già.

Si alzano e si salutano sorridendo, come due ragazze che si conoscono da una vita, come due ragazze che hanno condiviso discorsi e momenti, si salutano come due ragazze che si sono scambiate intimi segreti, due ragazze che insieme si sono divertite e riso tanto. Si salutano, come due amiche.

 

Veronica arriva a casa. All’uscita aveva incontrato di nuovo Duncan, e gli aveva detto che sarebbe andata a trovare Logan nel pomeriggio. Ora aveva appena salutato Keith, e gli aveva fatto il resoconto della noiosa giornata di scuola.

E’ buttata sul letto quando le squilla il cellulare. Lo prende. E’ Asha.

Si erano scambiate i numeri il giorno prima.

Veronica: Pronto?

Asha: Veronica?

Veronica: Ciao Asha!

Asha: Ciao… Senti… Io devo parlarti.

Veronica: Dimmi…

Asha: Non è che possiamo vederci…?

Veronica: Quando?

Asha: Anche subito, devo assolutamente dirti una cosa molto importante.

Veronica nota subito il tono di Asha. C’è qualcosa… che non va. Sembra davvero molto preoccupata.

Veronica: Va bene… Vengo davanti a casa tua.

Asha: Si e… grazie Veronica.

Era Veronica Mars. Era molto curiosa di sapere che cosa stava succedendo. E aveva sempre ragione. Ma avrebbe voluto che non fosse così. Perché ora aveva una strana sensazione, una brutta sensazione.

 

Asha era fuori, sulla strada, che l’aspettava.

Veronica: Ehi…

Asha le sorride, ma si vede che è una cosa molto sforzata. I suoi occhi sono leggermente lucidi.

Asha: Ciao…

Veronica: Allora? Che c’è…?

Asha: Veronica, io… Non so da dove cominciare…

 

Poco lontano. Logan è nel suo hummer. Prende il telefono e compone un numero. Dall’altra parte nessuna risposta. Lascia un messaggio in segreteria.

Logan: Veronica, non ci crederai, ma ho appena ricevuto una telefonata da mia madre. Mi ha detto che mi aspettava nel baraccone abbandonato dietro la scuola, con la verità.

Logan: Ora sto andando lì. La voglio sapere, la verità. Voglio capire che sta succedendo.

Una pausa. Poi aggiunge.

Logan: Veronica, quando tutto questa sarà finito, ricordami di invitarti a cena.

 

Asha: E’ così difficile…

Veronica: Vai, buttati, spara, capirò.

La ragazza fa un respiro profondo.

Asha: Innanzi tutto non mi chiamo Ashley.

Abbassa lo sguardo, quasi volesse sfuggire a quello di Veronica, così giudice in quel momento.

Asha: Il mio vero nome è Anissa.

Asha: E…

Improvvisamente gli occhi di Asha si alzano. Implacabili, fissi, dritti a quelli di Veronica, in uno sguardo che potrebbe sembrare di sfida, ma che non lo è. Veronica la guarda dritta negli occhi, così immensamente grandi e spaventosamente profondi.

Asha: Sono la testimone oculare dell’omicidio di Lilly Kane.

 

  
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