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Autore: Darik    17/05/2007    2 recensioni
La tempesta comincia a farsi sempre più violenta. E Kaname dovrà capire chi è veramente il suo angelo custode.
Nota: questo racconto si colloca dopo FMP The Second Raid.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Operazione Hunting'
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Per Gufo Tave: non conosco Code Geass, ed effettivamente i Venom non mi risulta abbiano dei cavi. Ma li ha l'Arbalest (se ricordi il finale di TSR), da qui la mia idea.


6° CAPITOLO

Il viaggio fu molto lungo, almeno due ore, e quel mezzo era molto veloce, quindi chissà di quanto si era allontanato da Tokyo.

Yu Fan pilotava il mezzo, silenziosa e con l’espressione impenetrabile.

Dopo tutta l’agitazione di poco fa, era scesa una calma cosi irreale.

E anche il silenzio, perché quel mezzo non faceva il benché rumore.

“Ti chiedo scusa” disse ad un tratto Kaname.

“Per cosa?” chiese Yu Fan senza guardarla.

“Per il calcio che ti ho dato prima. Visto che mi hai raccontato cosa ti è successo su quell’isola, non ti ho colpito proprio lì? Ti avrò fatto male”.

“Il dolore non è un problema per me”.

“Davvero?”

Kaname fissò il volto di Yu Fan.

E in quel volto di ghiaccio, le sembrò di rivedere…

“…Sousuke”.

“Cosa?”

“Anche se come lineamenti non vi somigliate, hai la sua stessa espressione”.

“Forse in passato, ma non certo adesso” replicò Yu Fan.

“Eh? E perché?”

“Lui si è rovinato. Non possiede più quella perfezione che il mio sensei ammirava tanto”.

Kaname represse un brivido, sapendo chi era quel sensei.

“Se le cose stanno cosi, allora tu sei rovinata quanto lui” ribatté Kaname.

“Che vuoi dire?”

“Prima, quando hai finto di colpirmi col pugnale…”

“Volevo solo vedere se eri disposta ad andare fino in fondo”.

“Si. Ma non hai ancora risposto alla mia domanda: se a te interessa solo la vendetta contro Amalgam, e immaginando l’addestramento cui ti ha sottoposto il tuo ‘sensei’, perché non mi hai ucciso? E prima, perché hai risparmiato i piloti degli AS nemici? Da quello che ho visto io, neppure Sousuke l’ha mai fatto”.

“Non è importante che tu lo sappia”.

“Perché non puoi dirmelo?”

“E’ una questione irrilevante”.

“Però…”

Yu Fan virò bruscamente verso il basso.

Kaname fu colta di sorpresa da quella virata improvvisa.

Sotto di loro, nel buio della notte, intravide solo una serie di costruzioni abbandonate dal tetto schiacciato, forse una fabbrica.

Yu Fan aveva attivato l’ECS, perciò accorgersi della presenza di quel mezzo invisibile e silenzioso era impossibile per i sensi umani.

Atterrò in una piazzola, muovendosi sui carrelli si diresse verso una saracinesca sfondata.

Quando fu entrato in un vecchio magazzino, Kaname vide che era tutto scuro, vuoto e in rovina.

Poi l’aria sembrò deformarsi e un secondo dopo si accorse stupita che era tutto illuminato, e pieno di attrezzature.

Tutti quei congegni non erano disposti in ordinate file come alla Mithril, quell’ambiente non aveva nulla di militare, ma lo stesso le diede l’impressione di essere in un film di fantascienza.

“Si può sapere che cavolo è successo?! Prima non c’era niente, e adesso…”

“L’ECS. Come quello di KITT, questo crea un campo energetico che rende invisibile tutto l’interno del magazzino. Ed esiste anche una barriera sonora” spiegò Yu Fan.

“Incredibile!” mormorò Kaname “Ma dove siamo?”

“Siamo vicino a Nanjiang, una località situata sulla costa del Mar Giallo” rispose Yu Fan.

“No, un momento, io non sono molto ferrata in geografia, ma il Mar Giallo si trova nella Cina…”

“… orientale, compreso tra quest’ultima e la penisola coreana”.

Kaname stentava a crederci: che razza di velocità possedeva quel mezzo per percorrere cosi tanti chilometri in due ore?

Il mezzo si fermò, le due ragazze scesero seguite da KITT, e un gruppetto di quattro persone andò loro incontro.

Indossavano abiti tradizionali cinesi, si fermarono davanti a Kaname e la salutarono con un inchino.

Kaname ricambiò imbarazzata, Yu Fan parlò loro in cinese, e i quattro uomini segnalarono cortesemente a Kaname di seguirli.

Attraversarono quella zona piena di attrezzature tecnologiche e raggiunsero quella che sembrava una piattaforma.

Vi salirono e la piattaforma cominciò a scendere.

Kaname rimase nuovamente sorpresa, e provò pure una certa inquietudine quando la piattaforma venne del tutto inghiottita dal pavimento.

Scesero per almeno una decina di minuti, nel silenzio totale.

Quando uscirono, Kaname rimase per l’ennesima volta a bocca aperta.

“Una sorpresa dopo l’altra, oggi” pensò.

Davanti a lei infatti si estendeva un rigoglioso giardino in stile cinese, molto grande, che circondava una pagoda di sei piani.

Kaname guardò il soffitto: sopra di loro si estendeva un cielo azzurro con tanto di nuvole e sole!

Ma quello non poteva certamente essere il cielo vero.

Però quel luogo non aveva niente degli ambienti chiusi, al contrario c’era una aria fresca e riposante.

Timidamente si rivolse ad uno dei suoi accompagnatori: “Scusi… ma come è possibile? Noi siamo….”

L’uomo le rispose in giapponese di non preoccuparsi, e che avrebbe avuto una risposta molto presto.

Attraversarono il giardino camminando su un sentiero ricoperto di ghiaia.

All’ingresso della pagoda c’erano due guardie, che squadrarono dall’alto in basso Kaname.

Gli accompagnatori però intercedettero per lei e la fecero passare.

I quattro uomini non superarono la soglia con lei, le dissero solo di andare avanti.

Kaname avanzò, guardandosi intorno.

Il primo piano della pagoda era piuttosto spoglio, ma dalle forme molto eleganti.

Da una porta davanti a lei, uscì un uomo con una classica veste cinese blu, che si inchinò davanti a lei.

“Benvenuta signorina Chidori”.

“Ehm.. grazie”.

“Io sono Unicor, e sarò ben lieto di farle da accompagnatore durante il suo periodo qui”.

“Allora è finalmente arrivato il momento delle spiegazioni”.

“Si, ma non da me. Ci sono due persone più indicate di me, per tale compito”.

Unicor guidò Kaname attraverso una rampa di scale in legno, fino ad una porta blindata.

Unicor l’aprì, dietro c’era una stanza con un letto, circondato da macchinari.

Sul letto, una ragazza con lunghi e fluenti capelli rossi che stava dormendo.

Sulla fronte aveva due piccoli congegni rettangolari.

E una flebo nel braccio.

Il suo respiro era debole, ma regolare.

Kaname si avvicinò titubante a quella ragazza, che doveva avere la sua età.

“Lei è la prima persona” spiegò Unicor.

Kaname scrutò quel viso, molto bello e un po’ emaciato.

D’un tratto la ragazza sul letto aprì gli occhi, occhi di un verde intenso.

E fissata da quegli occhi, Kaname ebbe come un flash nella sua mente: il primo tentativo di rapirla, quella foresta tra le montagne della Corea del Nord, Sousuke non c’è, ma c’è Kurz che la guarda con perplessità, che sembra non accorgersi di una ragazza impiccata all’albero che sta dietro di lui.

Quella ragazza impiccata era nella mente di Kaname.

E ora si trovava davanti a lei, su quel letto.

“Non… ti sorprendere…” disse la ragazza sul letto con voce bassa.

“Chi sei?”

“Il mio nome…. Non lo ricordo… Non ricordo più niente… della mia vita… prima”

“Non ricordi?”

“No… ma ricordo quello che è successo dopo che sono stata salvata…”

“Salvata?”

“Si. In Russia… da qualcuno che conosci molto bene… Sousuke Sagara”.

“Sousuke? Lo conosci?”

“L’ho conosciuto… per pochi minuti… più che sufficienti perché abbia per sempre la mia gratitudine”.

Allora Kaname cominciò a capire.

“Tu… sei come me. Tu sei una…. Whispered”.

Già, solo un Whispered, tra l’altro pure molto in gamba, poteva aver creato tutta la tecnologia che aveva visto finora.

“Si… rapita dal KGB… che lavorava senza saperlo per… Amalgam… non so per quanto tempo mi hanno tenuta… ma mi hanno rivoltato come… un guanto… riempita di solo Dio sa cosa…”

Kaname cercò di reprimere l’angoscia per quello che sentiva.

Possibile che per impadronirsi della Black Technology ci fosse gente disposta davvero a tutto?

La ragazza coi capelli rossi prese fiato e continuò a parlare: “Uno dei miei carcerieri… si impietosì… e cercò di farmi evadere… fummo scoperti… lui ucciso…. Poi intervenne Sagara, che mi salvò… ma quella esperienza mi ha segnato per sempre, come vedi. Il mio corpo… devastato… devo iniettarmi degli intrugli per attenuare i danni di altri intrugli… e la mia mente… impazzita”.

“Impazzita?”

“I sussurri” disse la ragazza prima di interrompersi per riprendere fiato.

“E’ meglio se ti riposi adesso” intervenne Unicor.

“No. Posso farcela….” replicò lei “I sussurri…dicevo… mi hanno portata quasi alla pazzia.. schegge impazzite…. Miliardi di voci che mi parlano in continuazione…. Che mi prendono… mi danno consigli, ordini…. Sempre! Gli sfuggo grazie a questi” e indicò con gli occhi gli oggetti che teneva sulla fronte.

“Cosa sono?”

Unicor decise di spiegarlo al posto suo: “Sono dei trasformatori neurali. Regolano l’attività del suo cervello, impediscono ai sussurri di prendere il sopravvento. Altrimenti sarebbe morta da un pezzo”.

“Ma io una volta ho avuto una visione… era morta. Si era impiccata” disse Kaname.

“Un…. incubo… la proiezione di un mio desiderio… durante una crisi, che sembrò avermi stroncato. La Mithril… che mi aveva in custodia, mi credette morta… mi seppellì… mentre invece ero in catalessi”.

“Ti seppellirono viva?!”

La ragazza sorrise: “Si… e puoi immaginare cosa successe quando il mio… cervello… riprese a funzionare e mi ritrovai… dentro una bara….”

“E come ti sei salvata?”

“Ho urlato… ho urlato e loro sono venuti a prendermi…”

“Loro?”

“Parla dei nostri” spiegò Unicor “Alcuni dei nostri uomini si trovavano lì vicino, per snidare una banda di trafficanti di droga, quando all’improvviso hanno sentito quell’urlo risuonare nella loro testa. L’urlo li ha guidati fino al piccolo cimitero dove l’avevano seppellita, l’hanno tirata fuori e portata qui per curarla. Le abbiamo pure dato un nome, Mona”.

“Un nome che trovo… buffo…. Ma mi piace…”

“E sono loro che ti hanno procurato quei trasformatori neurali?”

“No… loro poterono solo darmi dei tranquillanti, visto che non facevo altro che sragionare. E proprio sotto… l’effetto dei tranquillanti… nel sonno… ho descritto come costruire i trasformatori…”

“Nel sonno?”

Unicor dovette intervenire ancora: “Non faceva altro che ripetere uno schema tecnico, tutte le sere. Inizialmente abbiamo pensato ad un delirio, ma poi, provando ad analizzare le sue parole, ripetute identiche ogni volta che dormiva, ci siamo resi conto che cercava di comunicare con noi. Abbiamo chiamato dei tecnici di nostra fiducia, che hanno tentato di mettere per iscritto le sue parole, e hanno costruito quei congegni, grazie ai quali può ragionare lucidamente. Forse è stato il suo subconscio, che tra le tante nozioni di Black Technology che le bombardavano il cervello, ha saputo trovare qualcosa che potesse aiutarla. Ora può controllare i sussurri, può dosarli. Con tutti e due, non sente niente. Se ne toglie uno, comincia ad avere tutta una serie di intuizioni che si tramutano in tecnologie d’avanguardia”.

“Hai visto… KITT? E’ il mio pezzo… migliore…”

“Hai realizzato dei lavori magnifici, compreso il cielo finto che c’è qui fuori. E’ opera tua, vero?”

“Si… io non posso più stare troppo… all’aria aperta… allora…. ho cercato di compensare… con ologrammi solidi, luci e condotti…d’aerazione ben posizionati”.

“Anche la pagoda?”

“No… quella… c’era già…”

“Però senti… le persone che ti hanno salvato, e che hanno salvato pure me, sono evidentemente impegnate in una guerra. Ma tu perché ci collabori? Voglio dire, non sarebbe stato meglio andartene a vivere in pace da qualche parte?”

“Lo avrei fatto… e lo farò… ma solo quando Amalgam sarà stata sconfitta. Non… posso lasciare…. che facciano ad altri quello che hanno fatto a me…”

Alla ragazza sul letto venne un leggero attacco di tosse, Unicor le diede da bere dell’acqua.

“Adesso basta, sai che non devi sforzarti troppo”.

Mona annuì, sorrise a Kaname e riprese a dormire.

Kaname quindi non ebbe modo di chiederle come mai KITT in versione AS somigliava cosi tanto all’Arbalest di Sousuke.

“Bene. Ora, signorina Chidori, se vuole seguirmi, le presenterò la seconda persona che potrà rispondere alle sue domande”.

  
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