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Autore: Astrea_    02/11/2012    3 recensioni
Era dalle otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del programma di quella giornata. [...]
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto, ecco perché non me n’ero ancora andata. [...]
Non seppi neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle pozze verdi.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Every piece of your heart

Just a beautiful mistake.

Avevo sempre odiato l’attesa, era snervante, ma più di ogni altra cosa non riuscivo a sopportare i tempi morti.
Non mi riferivo a quei momenti in cui non si faceva nulla, no, quelli mi piacevano ed anche tanto.
Mi riferivo a quei periodi, giorni, settimane, delle volte addirittura mesi, in cui si sopravviveva, piuttosto che vivere.
C’era una sostanziale differenza tra quei due verbi. Io volevo vivere, ma continuavo a sopravvivere ed era sopravvivendo che era giunto anche il mese di giugno.
Avevo ultimato la tesina, ormai era pronta. L’avevo riletta tante di quelle volte da averla quasi imparata a memoria. Avrei dovuto solo stamparla, ma a quello ci avrebbe pensato papà, come d’accordi precedentemente presi.
Per quanto riguardava lo spiacevole incidente che si era verificato a casa di Ludovica qualche giorno prima, avevo deciso di metterci una pietra sopra e depositarlo tra i ricordi in una piccola, piccolissima parte del mio cervello.
Ero giunta alla ovvia conclusione che non era per Harry che avevo pianto. No, non ero contraddittoria, solo preferivo convincermi che le cose fossero esattamente come dicevo io.
Sapevo perché avevo pianto, lo sapevo bene e non lo avrei mai potuto dimenticare, ma avevo tirato in gioco altri fattori, altre motivazioni, tante scuse.
Alla fine mi ero convinta che era stata soltanto la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ero stressata, ero piena di impegni, non avevo ancora completato il percorso per l’esame, non fino a quel giorno, non avevo sentito Massi per tutta la giornata e mi sentivo oppressa.
Piuttosto credibile, vero?
La prima domenica del mese il mio ragazzo mi aveva portato finalmente a casa sua e mi aveva presentato i suoi amici: Fabrizio e Andrea, due ventiduenni piuttosto simpatici ed affabili, nonostante il primo fosse fissato per la pulizia, l’ordine ed i germi.
In realtà, cosa ben più importante, Massi non mi aveva semplicemente portata nel suo appartamento e probabilmente se non ci fossero stati i suoi amici non ci saremmo fermati a qualche bacio appassionato sul divano del salotto.
Lui mi aveva dato una copia delle chiavi del suo appartamento quel giorno.
“Usale quando e come ti pare, anche se in casa non dovessi esserci io! Diciamo che puoi considerare questo appartamento…”, si era fermato per un attimo guardandosi intorno, ma il suo sguardo era inevitabilmente caduto sui suoi due coinquilini intenti ad imprecare mentre giocavano ad uno stupido gioco a quella che intuii essere la playstation.
Massi era tornato a fissarmi, mettendo su un’espressione imbarazzata e desolata al contempo, come se volesse scusarsi per il comportamento dei suoi amici.
Io avevo accennato ad un sorriso scrollando poi la testa, per fargli capire che dei suoi amici non mi interessava minimamente.
“Va bene, diciamo allora che puoi considerare la mia camera come un nascondiglio, un posto in cui rifugiarti quando hai bisogno di rilassarti.”, aveva concluso allora, sorridendomi mentre mi accarezzava una guancia con i polpastrelli delle dita.
Mi ero avvicinata a lui, guardandolo estasiata, poi lo avevo baciato con dolcezza, per trasmettergli tutto quello che sentivo in quel momento.
Gratitudine, affetto, complicità, gioia, comprensione, protezione e forse… amore.
“E poi sappi che…”, aveva ripreso a dire quando le nostre labbra si staccarono per riprendere fiato.
Eravamo ancora molto vicini, tanto che potevo sentire il suo fiato cadere delicato sulla mia pelle stuzzicandola, solleticandola.
Aveva abbassato lo sguardo per un secondo, indugiando sulle parole, con fare imbarazzato, forse anche un po’ timido.
Avevo sorriso a quella sua reazione così genuina ed ingenua.
Lui aveva puntato nuovamente i suoi occhi nei miei, avvicinandosi fino a poggiare la sua fronte sulla mia, facendo sfiorare i nostri nasi.
“Sì, insomma, troverai anche me sempre pronto a coccolarti.”, aveva concluso scrutando il mio viso come per volerne cogliere la reazione a quelle sue parole.
Era dolce e forse potevo iniziare a farmelo andare bene.
Mi mordicchiai il labbro inferiore, sorridendo, mentre immaginai la faccia da ebete che si era dipinta sul mio viso.
“Allora verrò spesso.”, sussurrai sulle sue labbra, prima di appropriarmene.
Non era un bacio casto quello, affatto.
Le nostre lingue si intrecciavano, si rincorrevano senza sosta, mentre le nostre mani si cercavano.
Me ne strinse una all’altezza del suo petto, mentre con l’altra mi accarezzava la schiena dolce e passionale allo stesso tempo.
La mia mano invece, quella ancora libera, andò veloce a circondargli il collo, sfiorando la base di esso con movimenti lenti e delicati.
Lo sentii muoversi mentre si posizionava meglio sul divano, mentre il suo corpo si avvicinava al mio, spingendomi con la schiena sulla morbida superficie del divano.
In pochi attimi fu sopra di me, mentre mi baciava con foga, esplorando con le mani il mio corpo.
“Ehi piccioncini, almeno potreste chiudervi in camera, no?!”

Dopo quella volta non ero stata più a casa di Massi, non ne avevo avuto la possibilità visto che nell’ultima settimana ero stata troppo impegnata.
Mi ero però ripromessa che, messo da parte l’imbarazzo, ci sarei ritornata appena mi fosse stato possibile, magari per fargli una sorpresa.
Così i cappotti, i maglioni di lana, le sciarpe, i guanti ed i cappelli avevano lasciato il posto alle magliette di cotone ed i pantaloncini. Ormai l’estate era alle porte, rimaneva solo un ultimo ostacolo da superare, l’ultima barriera da abbattere.
Rossella si stava occupando del viaggio che avevamo deciso di fare a luglio, senza però dirci nulla a riguardo, né a me, né tantomeno a Ludovica. Diceva che noi dovevamo solo pensare a studiare e che quello era il minimo che lei potesse fare per ripagarci di tutto il disturbo che ci stava arrecando, chiedendoci aiuto in continuazione.
Per di più si era fissata con l’idea che avrebbe voluto farci una sorpresa, assicurandoci che l’avremmo gradita.
All’inizio avevo provato a convincerla del fatto che stesse esagerando, offrendole il mio aiuto, ma poi Ludovica mi aveva suggerito di lasciarla fare, cosicché potesse sfogare in quel modo la sua irrefrenabile vivacità e alla fine le avevo lasciato carta bianca, arrendendomi alla sua volontà.
Uscii velocemente di casa quando costatai di essere già in ritardo. Dovevo incontrarmi con le mie amiche quel pomeriggio in un posto in cui non ero mai stata. Si trattava di un locale, non avevo ben capito di che genere, poco distante da casa mia, in una zona decisamente poco trafficata.
Rossella aveva detto che una ragazza in palestra ne aveva parlato benissimo, così si era fatta dare l’indirizzo per poi andarci personalmente.
Non avevo fatto ulteriori domande alla rossa, accondiscendendo alla sua voglia di scoprire posti nuovi, del resto, per quanto Roma fosse grande, noi frequentavamo sempre i soliti.
Salutai mio padre, avvertendolo che sarei tornata per cena, poi mi avviai per strada.
Subito sentii i raggi del sole scaldarmi la pelle, mi piaceva quella sensazione.
Ormai le giornate si facevano sempre più lunghe e soleggiate e la pioggia di quell’inverno sembrava essere solo un lontano ricordo.
Mi incamminai a passo svelto, intenzionata a recuperare qualche minuto, poi presi i mezzi pubblici.
Quando scesi alla fermata che Ross mi aveva indicato, mi guardai bene intorno, per cercare di individuare il posto che mi aveva accuratamente descritto in precedenza.
Inutile dire che non fu propriamente facile trovarlo. Percorsi lo stesso pezzo di strada per ben quattro volte prima di notare una scritta lampeggiante in uno dei vicoli sulla destra.
Mi fermai di scatto, arricciando la fronte per la confusione.
Da quando sceglieva posti tanto nascosti?
Scrollai le spalle, cacciando via quel pensiero dalla testa e mi introdussi nella stradina.
Era piccola ed i raggi del sole stentavano ad illuminarla a causa della presenza di alti palazzi su ambedue i lati.
Feci solo qualche passo prima di giungere davanti alla porta d’ingresso del locale.
Sembrava una semplice e comunissima caffetteria, solo arredata meglio.
Entrai e con lo sguardo cercai le mie amiche tra i vari tavolini, senza però trovarle.
“Cerca qualcuno?”, mi chiese una donna oltrepassando il bancone per venirmi incontro.
Era piuttosto anziana, aveva i capelli grigi e gli occhi azzurri. Non era grassa, ma ben piazzata, ed aveva un ampio e caldo sorriso sulle sottili labbra.
Annuii e lei si fece ancora più vicino.
“Due mie amiche.”, spiegai.
Il suo sorriso si aprì ancora di più, mentre anche i suoi occhi sembravano brillare di una strana luce.
“Forse ho sbagliato il posto.”, borbottai facendo spallucce, quasi imbarazzata da quella strana situazione.
Feci per girarmi, ma lei mi bloccò afferrandomi con delicatezza per il gomito.
“Non credo.”, controbatté lei con voce calma e rassicurante.
“Per caso la tua amica è rossa?”, mi chiesi a mo’di conferma.
Io annuii, sorpresa com’ero avevo talmente tante domande da farle che non riuscii ad esternarne neppure una.
“E l’altra è bionda?”, continuò allora l’anziana donna.
Annuii ancora, guardandola con fare circospetto.
Non mi rassicurava affatto sapere che un’estranea fosse a conoscenza di tutti quei dettagli.
“Sono nella saletta al piano superiore, però devi passare di qua.”, mi comunicò facendo cenno con una mano alle scalette che s’intravedevano al di là dell’arco che si ergeva dietro il bancone e che, probabilmente, dava accesso ad un’aria privata.
E se voleva ammazzarmi e poi chiudermi nella cella frigorifera?
Accennai ad un sorriso, ma venni scossa da un leggero brivido di paura.
“Vai, ti stanno aspettando!”, m’incalzò la donna, continuando a sorridere.
Annuii ancora, facendomi coraggio.
Sì, ero davvero una stupida a temere di una signora anziana, ma non potevo certo sapere chi ci fosse al piano di sopra! I telegiornali parlavano chiaro: i tempi erano cambiati e bisognava diffidare di tutti.
Bene, ero una fifona paranoica!
Mi feci coraggio e mi diressi dietro al bancone, oltrepassai l’arco e iniziai a salire le scale che si snodavano sulla sinistra.
Già dalla prima rampa si sentiva il parlottare sconnesso di Rossella, unito ad altre risate che non riconobbi.
La voce della mia amica mi giunse all’orecchio come un’ancora di salvezza, come un salvagente per un uomo caduto in mare durante la tempesta.
Non sarei morta, non quel pomeriggio perlomeno!
Feci gli scalini a due a due, ansiosa di vedere il volto della mia amica sorridermi per poi rimproverarmi a causa del ritardo.
Non ero mai stata così felice di sentire la sua voce stridula borbottare infastidita che il rispetto degli orari era fondamentale, che la prossima volta se ne sarebbe andata, che ero un caso cronico e via dicendo.
Il piano superiore era arredato in maniera deliziosa, con tonalità chiare che mettevano maggiormente in risalto la luce che entrava dall’ampia vetrata.
Seguii le voci delle mie amiche, giungendo ad un’area più appartata, e fu allora che li, lo, vidi.
M’immobilizzai all’istante, ferma a qualche passo dal tavolino intorno al quale erano seduti su bassi e apparentemente comodi divanetti.
“Finalmente sei arrivata!”, esclamò Rossella, alzandosi per venirmi incontro.
“Quasi pensavamo non venissi più!”, aggiunge dandomi un bacio sulla guancia.
“Dai, vieni, siediti!”, disse poi prendendomi per mano e trascinandomi con lei.
Rimasi in silenzio per tutti quei pochi secondi che a me parvero millenni.
Mi misi seduta all’estremità di un divanetto, accanto a Ludovica.
Tenevo lo sguardo fisso sul legno smaltato di bianco del tavolino, senza avere il coraggio di alzarlo, consapevole che avrei potuto incontrare il suo.
“Ti ricordi di loro?”, mi chiese allora Ludovica, prendendomi una mano per incrociarla con la sua.
Alzai la testa, consapevole che comunque l’avrei dovuto affrontare, ed annuii convinta sorridendo.
“Ho persino imparato i vostri nomi!”, dissi allora scherzando in italiano e solo allora mi resi conto che per tutto il tempo, anche quando avevo sentito la voce di Rossella dalle scale, non avevano fatto altro che parlare la nostra lingua.
“E noi abbiamo imparato l’italiano!”, affermò quello con gli occhi azzurri che ricordai essere Louis, sorridendo di rimando.
“Ma che bravi! Ed io che dubitavo delle vostre capacità intellettive!”, ironizzai ancora, prendendoli in giro.
Loro sorrisero.
Dovevo farmi coraggio, dovevo apparire… serena.
“Piuttosto, cosa ci fate qui?”, chiesi allora rivolgendomi ai cinque ragazzi.
Non appena terminai di pronunciare quelle parole vidi Niall, Zayn, Liam e Louis voltarsi con un’espressione confusa e disorientata verso… verso Harry.
“Hazza, ma non le hai detto nulla? Avevi detto che ci avresti parlato tu!”, esclamò allora Niall con voce sorpresa e frastornata, ma ricevette subito una leggere gomitata da Liam che gli sedeva accanto.
Harry non rispose, non disse nulla. Teneva gli occhi fissi sul bicchiere che stringeva tra le mani.
Abbassai il capo repentinamente, stringendo con forza la mano di Ludovica, ancora incatenata alla mia.
“Bene, allora te lo dico io!”, annunciò allora Louis, cercando di ammortizzare la tensione che si era appena creata.
“Dobbiamo girare il nuovo video della canzone promozionale dell’album che uscirà quest’estate ed abbiamo scelto Roma come location.”, chiarì lui allora.
“Siamo venuti qui anche il mese scorso per fare un sopralluogo sui posti designati per il video.”, continuò Liam mentre sorseggiava quello che dal colore dedussi essere the.
“E non riuscite proprio a starci lontane?”, li provocai con un’espressione scettica disegnata sul viso.
Per quale cazzo di motivo dovevamo incontraci ogni volta?
“Ma veramente è per Zayn che siamo qui! Dice che voleva rivedere Ella!”, confessò Niall facendomi un complice occhiolino.
Io e Ludovica scoppiammo a ridere, mentre Rossella, la nostra cara Ella, rimase in silenzio, imbambolata e forse anche imbarazzata.
“Niall!”, lo rimproverò allora Zayn dandogli uno scappellotto dietro la nuca, prima di abbassare il capo in segno di evidente disagio.
“Ma perché ogni volta che dico qualcosa mi picchiate sempre tutti?”, si lamentò allora il biondino massaggiandosi il punto indolenzito.
Sorrisi ancora, godendomi la scenetta, e mettendo da parte, almeno per un attimo, il fatto che ci fosse anche lui.
“Perché tu non ti rendi conto di quello che dici! Ci fai sempre fare figure di merda!”, sbottò allora Louis.
“Zayn, ora che l’hai rivista possiamo andarcene?”, domandò allora lui con voce seccata, posando sul tavolino il bicchiere ormai vuoto che prima doveva contenere qualcosa simile, almeno per il colore, a succo d’arancia rossa.
Sentirgli pronunciare quelle parole fu per me un profondo e duro colpo al cuore.
D’istinto spostai gli occhi, sgranati e dilatati, su di lui.
Non aveva un’espressione rilassata, né tantomeno accennava ad un sorriso, probabilmente si stava annoiando.
Teneva il gomito del braccio sinistro appoggiato sulla spalliera del divanetto, mentre quello destro gli cadeva morbido un fianco. La gamba destra, invece, era piegata in modo tale che la caviglia poggiasse sul ginocchio sinistro.
Indossava una semplice maglietta grigia e dei jeans chiari, il polso era ricoperto di tanti piccoli e sottili bracciali.
Fu allora che notai per la prima volta il suo tatuaggio, posto sulla parte inferiore del braccio: una stella a cinque punte sotto alla qualche si snodava una frase che non riuscii a leggere.
“Andiamo Hazza!”, lo rimproverò Liam. “Non fare l’antipatico!”, aggiunse storcendo il labbro.
Harry non rispose, gli rivolse solo un’occhiata di sufficienza.
“Lo è, che è diverso da lo fa.”, borbottai sovrappensiero senza neppure rendermi conto che avevo pronunciato quelle parole ad alta voce.
Mi immobilizzai del tutto appena realizzai ciò che avevo appena fatto, o meglio detto.
Di scatto tutti gli occhi si puntarono su di me, compresi i suoi verdi e stranamente inespressivi.
“A quanto pare non sono l’unico poco socievole.”, costatò lui con un sorriso beffardo mentre mi sfidava con lo sguardo.
Stava forse cercando di provocarmi?
Serrai le labbra e strinsi forte i denti, presa da un incontrollabile moto di rabbia.
“Se non ti piace la nostra compagnia puoi anche andartene.”, quasi sibilai non interrompendo il nostro contatto visivo.
Percepivo l’atmosfera farsi chiaramente più tesa. Gli altri rimanevano in silenzio, probabilmente non sapendo cosa sarebbe stato giusto fare.
“A me piace la loro compagnia, è la tua che non sopporto.”, replicò allora lui sottolineando prima il loro e poi il tua.
Per quanto possibile sgranai ancora di più gli occhi, mentre sentivo la rabbia montarmi nelle vene.
“Questi sono i tuoi amici, li vedi sempre. Ripeto, nessuno ti obbliga a restare.”, decretai fingendo un tono di voce calmo e risoluto, ma in realtà l’avrei voluto volentieri prendere a schiaffi.
Lui tirò su l’angolo sinistro delle labbra, disegnando un sorriso molto più simile ad un ghigno, e sulle sue guance si scavarono due piccole fossette.
“Hai ragione, non dovrei perdere tempo con certa gente e con il certe non mi riferisco a Ludo o Ella.”, dichiarò modulando la voce decisamente meglio di quanto avessi fatto io.
“Sei solo un ragazzino viziato e presuntuoso!”, lo accusai alzando il tono di voce, evitando comunque di urlare.
“Tu invece non sei nulla.”, rispose lui come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Nella sua voce non c’era alcun cenno a rabbia, irritazione, nervoso, collera o rancore di cui invece era stracolmo il mio.
Non c’era nulla, esattamente come io non ero nulla.
Annuii a ritmo lento, quasi come se mi servisse del tempo per assimilare le sue parole.
“Devo andare.”, dissi in un sussurro alzandomi di scatto dal divano.
“Scusate, ma devo andare.”, ripetei lanciando una veloce occhiata alle mie amiche.
Loro mi guardavano dispiaciute, desolate, ma non dissero o fecero nulla per fermarmi e di questo ne fui grata.
Neanche gli altri dissero nulla. Niall piegò le labbra all’ingiù, in una chiara espressione di tristezza, mentre Liam annuì comprensivo. Zayn fece spallucce, come per dirmi che non potevano farci nulla se avevano un amico tanto coglione. Louis, invece, accennò ad un lieve, piccolissimo, sorriso di scuse.
Lui non lo guardai neppure.
“Ciao a tutti.”, salutai prima di andare via.
Sì, Harry Styles era stato solo un incidente di percorso, una sbandata.
Un errore, meraviglioso, ma pur sempre sbagliato.

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Angolo Autrice
Ed ecco il nuovo capitolo!
Quasi mi stupisco io stessa di quanto spesso stia riuscendo a pubblicare!
Comunque, credo che questo capitolo parli da solo...
Insomma, la prima parte costituisce una sorta di riavvicinamento a Massi,
in virtù anche del fatto che lui comunque si sia dato da fare a Londra,
mentre lei era a leggere degli stupidi articoletti di giornale su internet.
La seconda parte, invece...
Harry è tornato, carissime!*.*
Sì, lo so, ha fatto lo stronzo, ma non ammazzatemi, vi prego!
Insomma, lui è ancora profondamente ferito!
Juls ci è rimasta male, però io sono convinta che se lo meritasse!ù.ù
Cioè, qui nessuno pensa al mio caro e dolce Hazza???
Del prossimo capitolo non vi anticipo assolutamente nulla,
però voglio darvi due infomazioni piccole piccole!;)
Per prima cosa, vi annuncio che mancano dieci capitoli alla fine!*.*
Quindi sappiate che questa tortura avrà presto fine!;)
Seconda cosa, nell'ultima parte
(ora non preciso da quale a quele capitolo, altrimenti direi troppo)
ho concentrato tutta la dolcezza che è mancata fino ad ora...
Certo, non aspettatevi le carie,
non credo neppure di essere capace di scrivere cose etremamente romantiche,
però ci saranno dei momenti particolarmente dolci!;)
Bene, detto tutto anche oggi!
Anzi, devo ancora fare la cosa più importante:
ringraziare voi tuttte!<3
Grazie a chi inserisce a storia tra preferite, ricordate e seguite,
grazie a chi legge
e grazie immensamente alle persone che lasciano dei commenti!
Grazie di cuore!<3
Ok, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!;)
Ah, ma ieri sere li avete visti ad X Factor?*.*
Io ho lottato con tuttte le mie forze contro la volontà dei miei amici,
ma alla fine ce l'ho fatta!:D
Hanno cantato Live While We'Young!!*.*
E poi ieri l'avevte visto il video di Harry di Little Things???<3
Cioè, io l'avrò messo in ripetizione almeno una ventina di volte!xD
Oggi esce il video ufficiale!*.*
Non vedo l'ora di vederlo!!!:D
Ora scappo a fare matematica, purtroppo!-.-"
Alla prossima!:*
                                                             Astrea_

  
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