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Autore: Astrea_    02/11/2012    5 recensioni
Era dalle otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del programma di quella giornata. [...]
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto, ecco perché non me n’ero ancora andata. [...]
Non seppi neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle pozze verdi.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Every piece of your heart

Loved to see me breaking.

Negli ultimi quattro giorni ero stata particolarmente suscettibile e, soprattutto, distratta.
Finivo sempre con la testa tra le nuvole, rimuginavo tra i pensieri, riflettevo sul presente e sul passato, ma mai sul futuro, non mi concentravo su quello che facevo e lasciavo tutto ancora più in disordine del solito, il che era piuttosto grave se si considerava che, dopo essere stata riordinata, la mia camera sembrava essere lo scenario dello scoppio di una qualche bomba.
Insomma, l’incontro con gli One Direction mi aveva condizionata molto più del dovuto ed ammetterlo tanto liberamente, anche se solo nella mia testa, mi constava un incredibile sforzo.
Rossella e Ludovica si erano scusate per tutto il giorno successivo per l’imprevisto che si era verificato, ma io avevo detto loro che non aveva alcuna importanza, al contrario avevo finalmente trovato una valida scusa per non doverli incontrare più.
Anche con Massi non andava propriamente bene ed era per quello che avevo deciso di usare finalmente la chiave che mi aveva consegnato per fargli una sorpresa.
Sapevo che non era in casa, me lo aveva detto appena cinque minuti prima per messaggio, ma suonai lo stesso, convinta che in casa ci fossero sia Fabrizio che l’altro ragazzo di cui non ricordavo il nome.
Al terzo squillo, non essendo ancora venuto nessuno ad aprirmi, capii che in realtà erano fuori anche loro.
Estrassi la chiave dalla borsa e la infilai nella toppa della serratura, poi la girai.
Fece uno scatto, poi si aprì. La spinsi di poco, il necessario per poter passare e la richiusi. Quasi mi sentivo un ladro mentre percorrevo il corto corridoio di quella casa.
Diamine, era la casa del mio ragazzo! Non potevo sentirmi un’estranea!
Feci un veloce giro di tutte le stanze, appurando che non vi fosse nessuno, poi mi lasciai cadere sul divano del salotto.
Ispirai forte l’aria, come se quel gesto potesse farmi entrare in confidenza con quelle mura che mi mettevano tanto a disagio, poi con lo sguardo passai ad osservare l’arredamento.
Non aveva uno stile proprio. Riconoscevo il gusto di Massi tra i vari soprammobili, ma era come se fosse sopraffatto da altro. Tutto in quella casa era la chiara espressione dell’anonimato.
Scossi la testa, del resto non poteva che essere così.
Quello era comunque l’appartamento di un gruppetto di universitari che preferiva mettere da parte i soldi, piuttosto che spenderli per arredare una casa che di lì a qualche anno non sarebbe stata nemmeno più loro.
A ciò si aggiungeva il fatto che fossero in tre, che avessero gusti ed esigenze diverse, personalità contrastanti e che fossero maschi.
Sospirai, poi decisi di spostarmi in camera di Massimiliano, sperando di trovare almeno in quella stanza qualcosa che mi desse lontanamente l’idea di casa.
E fu proprio quando aprii la porta della sua camera che un sorriso si disegnò sulle mie labbra: sì, qualcosa di familiare c’era.
La sua camera, che per l’arredamento restava comunque la chiara espressione dell’anonimato, era disordinata quasi quanto la mia.
Non era esattamente per quello che avrei voluto sentirla più sua, mia, nostra, ma non avendo trovato altro mi accontentai.
Una pila di vestiti era accatastata sulle due sedie della scrivania, mentre quest’ultima era ricoperta di fogli, libri aperti e tazze vuote che intuii dovessero essere di caffè, perché lui, come me, ne beveva davvero tanto, soprattutto quando doveva studiare ed avrebbe voluto dormire.
Il letto, invece, era sormontato da due valigette di pelle, di quelle che usavano gli uomini d’affari per darsi delle arie, entrambe aperte, dai quali fuoriuscivano delle fotocopie rilegate e ben tenute.
Sul comodino a prima vista riuscii a distinguere soltanto il portafogli, il caricabatteria, la custodia degli occhiali da sole, l’orologio da polso e un bracciale d’argento che non avevo mai visto prima, sotto al quale intravidi un pacchetto di fazzoletti.
Sì, quella stanza esigeva una bella ripulita.
Senza riflettere iniziai a riordinare il letto, che mi sembrava l’unico ad essere ancora in condizioni dignitose, poi passai al comodino ed al resto della stanza.
Quando realizzai quello che stavo facendo mi sentii quasi in imbarazzo, tanto che per un attimo pensai di rimettere tutto in disordine come prima.
Sì, insomma, sembravo quasi una casalinga disperata sulla soglia dei quaranta.
Scossi il capo, cercando di far scivolare via quell’assurdo pensiero, e mi dedicai alla scrivania.
C’erano tanti, tanti, troppi fogli. Alcuni erano scritti con una grafia ordinata, chiara e precisa, altri invece erano molto più simili a degli scarabocchi, quindi dedussi si trattasse di carta straccia.
Li divisi in due gruppi, quelli da gettare e quelli da lasciare, ordinati in una pila, sul tavolo di legno.
Ne riempii una busta intera, tanto che il cestino ne era ricolmo fino all’orlo, così decisi di passarli con il trita documenti che si trovava sul secondo ripiano dello scaffale del salotto, cosicché tutti potessero utilizzarlo.
Quando terminai mi sentii soddisfatta del lavoro che avevo svolto ma si trattò di una sensazione che durò solo pochi attimi.
D’un tratto, come un fulmine a ciel sereno, mi accorsi che anche l’unico legame che si era stabilito con quella casa, era andato in frantumi, ridotto in mille pezzi come la carta straccia.
O meglio, ero stata io a distruggerlo.
Mi guardai intorno e ne ebbi la totale conferma: in quel momento non c’era più nulla che mi facesse percepire la sensazione di essere nel posto giusto, di essere accolta, di essere protetta.
Era esattamente come trovarsi per la prima volta a casa di qualcuno che non conoscessi.
Lo scatto della serratura mi fece destare dai miei pensieri: Massi doveva essere rientrato.
Rimasi in silenzio, seduta sul suo letto, aspettando che arrivasse per poi saltargli addosso.
“Fabri, Andrè ci siete?”, chiese lui chissà da quale stanza.
Andrea, ecco come si chiamava l’altro!
Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini, fino a quando non spalancò la porta socchiusa della sua camera.
“Sorpresa!”, esclamai alzandomi per andargli incontro.
Lui sgranò gli occhi non appena mi vide, poi un sorriso a trentadue denti si aprì sulle sue labbra.
“Hai detto che potevo usarle quando e come mi pare ed io ho seguito il consiglio!”, dichiarai con tono malizioso, un attimo prima di baciarlo.
Lui ricambiò il bacio, poi mi abbracciò forte, stringendo il mio corpo al suo.
“Hai anche messo in ordine?”, mi chiese tra un bacio e l’altro.
Annuii soltanto, troppo presa com’ero dalle sue labbra, mentre con una mano giocai con i suoi capelli che per un attimo, un solo fottutissimo attimo, mi parvero troppo corti, ordinati e chiari.
Lui sorrise, riavvicinando ancora la mia bocca alla sua.
“Sei una donna da sposare, insomma.”, scherzò mentre mi avvicinava al letto, fino a quando non finii per sbatterci le ginocchia.
Il bacio non era più semplicemente di ringraziamento. Percepivo il desiderio, l’eccitazione, la passione ed in casa non c’era nessuno.
Merda.
Si staccò per un attimo dalle mie labbra, fissandomi negli occhi.
I suoi erano particolarmente languidi e pieni di lussuria.
Mi sorrise con fare rassicurante, poi poggiò le sue mani sulle mie spalle, invitandomi a stendere.
In un attimo la mia schiena fu a contatto con il copriletto, mentre Massi era sopra di me, intendo a lasciarmi una scia di baci che andava dalle labbra alla clavicola, per poi continuare seguendo lo scollo a v della mia camicetta.
Merda.
Poco dopo tornò sulle mie labbra, per baciarmi, con una mano mi accarezzò la guancia con movimenti lenti e circolari, mentre l’altra era sul mio fianco, mentre cercava di farsi spazio tra la mia pelle e la stoffa.
Fremetti per quel contatto.
Ero pronta? Ero pronta a fare sesso con Massimiliano?
Sì, mi imposi di rispondere a quella tacita domanda che attanagliava la mia testa.
E allora perché continuavo a chiedermelo piuttosto che farlo? Perché avevo usato la parola sesso e non amore?
Dovevo trovare un modo per temporeggiare, altrimenti di quel passo avrei finito per bloccarlo.
Mi serviva solo un po’ di tempo per assimilare cosa stava succedendo.
Io volevo, ma…
Se davvero volevo non sarebbero dovuti esserci ma.
Maledissi all’istante quella stupida vocina che continuava a sottolineare ogni mio più piccolo passo falso.
“Forse potrei venire più spesso se questa è la ricompensa per aver buttato tutta quella carta straccia.”, sussurrai ansante sulle sue labbra, distraendolo per qualche secondo.
Mi resi conto, soltanto dopo ovviamente, che le mie parole non avevano fatto altro che aggravare la situazione.
Lui mi sorrise e tornò a baciarmi ancora con più foga, mente con una mano sbottonava l’ultimo bottone della mia camicia.
Doppio merda.
Poi si svolse tutto in un attimo.
Lui si scostò di qualche centimetro, inchiodando le mani sul letto per reggersi senza pesare su di me, e mi fissò dritto negli occhi.
Deglutì, il suo pomo d’Adamo andò su e poi giù, e aggrottò la fronte.
“Di quale carta straccia stai parlando?”, mi chiese con un filo di voce, quasi temesse la risposta.
Gli sorrisi, mentre con le dita gli tracciai i contorni delle labbra.
Certo, in quel modo non ero assolutamente d’aiuto.
“Quei fogli scarabocchiati che tenevi sulla scrivania.”, mormorai.
Massi scattò giù dal letto con un gesto repentino, avvicinandosi alla pila di fogli che avevo ordinato sul legno del tavolo.
Iniziò a sfogliarli con fare frenetico, isterico, arrabbiato.
“Dove cazzo sono?”, chiese più a lui che a me, mentre ancora continuava quella estenuante ricerca.
Non avevo combinato un casino, vero?
“Cosa stai cercando?”, gli chiesi mettendomi seduta sul letto.
“Dove li hai buttati i fogli che erano qui?”, tuonò adirato, fulminandomi con lo sguardo.
“Sono tutti lì.”, risposi scrollando le spalle.
“No, cazzo!”, sbottò lui portandosi le mani dietro la nuca, come esasperato.
“Gli scarabocchi, quelli che credevi fossero scarabocchi, dove sono?”, mi domandò allora.
Cazzo.
Mi mordicchiai il labbro, avendo intuito che forse non era carta straccia quella che avevo distrutto.
“Li ho passati nel trita carte.”, confessai in un sussurro abbassando la testa.
Lui sospirò, poi si passo una mano sul viso.
“Erano gli appunti delle ultime tre lezioni che avrei dovuto copiare oggi. Quelli che mi servivano per l’esame che ho tra dieci giorni.”, disse cercando di rimanere atono.
Mi alzai, avvicinandomi a lui.
“Mi dispiace.”, mormorai affranta cercando la sua mano.
“No, Giulia, non venirmi a dire che ti dispiace perché delle tue scuse non me ne faccio un cazzo!”, urlò alzando un braccio per respingere il contatto.
Spalancai gli occhi.
Certo, avevo sbagliato, ma erano solo appunti! Poteva chiedere a chiunque di prestarglieli e mancavano ancora dieci giorni!
“Io così non ce la faccio!”, gridò ancora, guardandomi in faccia. “Con te è come se tutto ti fosse dovuto, non riesci ad apprezzare tutti gli sforzi che le persone fanno per cercare anche solo di stare in sintonia con te! Sono sempre io a dover capire tutto, a dover essere comprensivo, a cercarti. Sempre e solo io, cazzo!”, continuò poi.
Indietreggiai, mentre torturavo le mani che sudavano freddo.
“Non ti sei neppure ricordata che ieri erano tre mesi che stiamo insieme!”, aggiunse.
Il cuore perse un battito quando sentii quelle parole: l’avevo completamente rimosso.
Provai a dire qualcosa, ma fui interrotta da lui.
“E no! Non venirmi a dire che eri qui proprio per questo perché, se c’è una cosa che ho capito di te in questi mesi, è che le balle le sai dire alla grande! Pensa che all’inizio ti credevo persino!”, disse ma questa volta il suo tono di voce era calato.
Sentivo gli occhi pizzicarmi, ma mi imposi di non piangere. Mi morsi con forza il labbro inferiore, come se quel piccolo dolore fosse stato capace di darmi la forza di cui necessitavo.
“Credo che dovremmo prenderci una pausa.”, dichiarò infine calmo, atono.
Non riuscii a replicare.
Ero stufa di prenderlo in giro, ma soprattutto ero stufa di prendere in giro me stessa.
Annuii, facendo un cenno con la spalla destra.
“Hai ragione.”, sussurrai.
Non era stato lui a ferirmi e neppure le sue parole, ma la verità che quelle implicavano.
“Ora è meglio che tu vada.”, mi suggerì abbassando la testa.
Indugiai ancora un po’, non sapendo esattamente cosa avrei dovuto dirgli, come avrei potuto rendere quel momento meno tragico e melodrammatico, ma poi i suoi occhi si incatenarono ai miei e fu in quel momento che capii che non avrei dovuto fare assolutamente nulla.
Quello era il momento buono, anche se suonava terribilmente male.
Dovevo solo lasciarlo andare via.
“Allora ciao.”, lo salutai con un filo di voce facendo rotta verso la porta.
“Ciao.”, mi parve di sentire quando già ero nel corridoio.
Recuperai veloce la borsa, poi mi diressi verso la cucina. Estrassi le chiavi, le rigirai per l’ultima volta tra le dita e quasi sentii scendere una lacrima sulla mia guancia, poi le posai sul tavolo ed uscii.
In pochi secondi mi ritrovai lungo la affollata strada. D’istinto presi il cellulare e composi un messaggio, inviandolo sia a Ludo che a Ross.
Volevo vederle in quel momento, avevo bisogno di sentire le loro voci, magari di ridere con loro.
Lo schermo del cellulare si accese, segnalando una chiamata che prontamente accettai.
“Ross!”, esclamai e la mia voce mi parve sin troppo esitante.
“Che succede Lia?”, mi chiese lei preoccupata dall’altro capo del telefono.
“Possiamo vederci? Avvisi tu Ludo?”, le chiesi con tono implorante.
“Veramente lei è già a casa mia.”, m’informò.
Non mi preoccupai del perché, in quel momento avevo altro a cui pensare.
“Allora vi raggiungo.”, dissi, ma la mia non era affatto una proposta.
“Forse sarebbe meglio se venissimo noi da te tra qualche…”, provò a dire, ma la interruppi.
“Niente scuse, tra cinque minuti sono lì.”, decretai chiudendo la chiamata per evitare che replicasse.
Neppure mezz’ora dopo ero davanti alla porta di casa sua, ad aspettare che mi aprisse.
La porta si spalancò, rivelando le figure di Rossella e Ludovica.
D’istinto mi gettai su di loro e le abbracciai.
Loro ricambiarono immediatamente quel gesto, accarezzandomi la schiena ed i capelli per infondermi tranquillità e affetto.
Affondai la testa tra i loro capelli e chiusi gli occhi che ormai mi pizzicavano, assaporando finalmente l’odore di casa.
“Ma che bel quadretto! Quasi potreste vincere un premio per la miglior scena melodrammatica dell’anno!”, commentò ironica una voce proveniente dal corridoio che collegava l’ingresso al salotto.
Mi staccai immediatamente delle mie amiche ed i miei occhi finirono per incontrare quelli di Harry che se ne stava tranquillamente appoggiato alla parete, con le braccia incrociate al petto ed un’aria di sfida.
Sbattei più volte le palpebre, quasi sperassi che potesse sparire con quel semplice gesto.
“Cosa ci fa lui qui?”, chiesi poi lanciando un’occhiata omicida a Rossella.
Lei abbassò la testa, senza rispondermi.
“Zayn voleva vederla e hanno pensato di incontrarsi qui, piuttosto che in giro. Non ti abbiamo chiamata perché non ci sembrava più giusto coinvolgerti in qualcosa che non volevi.”, mi spiegò al suo posto Ludovica.
Harry fece qualche passo in direzione nostra, avvicinandosi.
“Allora, cos’è successo al bel faccino e alla lingua tagliente?”, mi provocò con un sorrisetto beffardo incastonato tra due fossette.
Lo guardai, ma i miei occhi erano vuoti.
Non gli risposi neppure, probabilmente stava cercando solo di infierire contro di me, di arrecarmi altro dolore.
“È meglio che vada a casa mia.”, bofonchiai con la voce impastata.
A quelle parole Rossella alzò il viso, tornando a fissarmi.
“Aspetta, li mando via in un secondo.”, propose facendo per girarsi, ma la fermai per un braccio.
“Tranquilla, davvero. Ne parliamo domani, tanto adesso ho solo bisogno di una bella dormita.”, la rassicurai con un mezzo sorriso di circostanza.
Sentivo ancora lo sguardo del riccio addosso: che si stesse divertendo a vedermi in quello stato?
“Salutate gli altri da parte mia.”, dissi mentre posavo un bacio sulla guancia ad entrambe.
Loro annuirono, sventolando con agonia la mano a mezz’aria, poi andai via, diretta a casa mia, quella vera in tutti i sensi questa volta.

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Angolo Autrice

Little Things!!<3
Sono senza parole, è qualcosa di disumanamente splendido quel viedo!*.*
Orami l'avrò già visto una ventina di volte!
Ed Harry... ma l'avete visto quant'è meraviglioso??*.*
Lo voglio, lo voglio, lo voglio!!!!xD
Davvero, il video di Little Thing è splendidissimamente splendido!!!*.*
*ok, la sottoscritta prende un profondo respiro e cerca di calmarsi*
E rieccoci ancora qui!:D
Allora, questo capitolo lo adoro: sia chiaro, non sono una di quelle a cui paice ciò che scrive,
semplicmente mi piace perché finalmente Massi e Giulia si lasciano!
Cioè, si lasciano! Bye-bye Massi! Welcome back home, Hazza!<3
Certo, nell'ultima parte il nostro riccio è ancora freddino nei confronti di Juls,
ma almeno non c'è più quella palla al piede di mezzo!ù.ù
A proposito, ci tenevo a sottolinerare la descrizione delle sensazioni della nostra protagonista
quando si aggira per la stanza di Massimiliano:
più avanti noterete quanto le cose siano diverse con altri!;)
Per non parlare poi di quella svampita che butta gli appunti del ragazzo, ormai ex-ragazzo.
Cioè, sta proprio con la testa tra le nuvole e questo può significare solo due cose:
prima di tutto, ha la testa altrove (a buon intenditor poche parole *.*),
in secondo luogo, non le deve poi importare più di tanto della vita di quel Massi!ù.ù
Go Harry, go!!*.*
Nel prossimo capitolo la sitaizione migliorerà, 
ma purtroppo ancora non è detta l'ultima parola!-.-
Ma perché questi due li ho fatti così complicati???-.-"
Passiamo alle cose serie:
A MASSIVE TAHNK YOU, GIRLS! YOU'RE ABSOLUETLY AMAZING!*.*
Ok, questo fa tanto 1D dopo un'esibizione!xD
Comunque, davvero, grazie mille a chi legge,
alle magnifiche 31 persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
quelle 3 splendide che l'hanno inserita tra le seguite
e quelle meravigliose 34 che l'hanno inserita tra le seguite...
voi mi volete morta gi gioia!<3
Per non parlare poi di quelle supermegaiperfantasticissime persone che hanno lasciato una recensione...
grazie mille!*.*
Bene bene, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitoletto...;)
Io scappo a vedere un'altra volta quel fantastico video!*.*
A presto!:*

                                                                                                  Astrea_

  
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