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Zero
e Nives si addentrarono in profondità nel bosco, e alla vampira non servì molto
perché le sue notevoli capacità di cacciatrice, affinate in anni di pratica nei
boschi della Norvegia, le permettessero di imbattersi in tracce fresche di una
misteriosa creatura bipede, nella fattispecie una enorme orma di scarpa, molto
superiore a quella lasciabile da un normale essere umano o vampiro.
«Un sessanta, come minimo.» ipotizzò
osservando il calco nel fango fresco «E dalle dimensioni e dalla profondità, deve
pesare almeno duecento chili».
Zero non faticò a immaginare a chi, o a che
cosa, potessero appartenere.
«Credo sia davvero il caso di tornare
indietro.»
«Dì un po’, ma sei sicuro di essere un
guardiano?» gli replicò Nives «Ho visto ragazzine più coraggiose di te.»
«Razza d’idiota, non lo capisci? Abbiamo a che
fare con un Revenant!».
Nel sentire quel nome, la ragazza non riuscì a
trattenere una risatina.
«Oltre che codardo, pure credulone. Un
revenant. Come no.»
«Allora dimmi. Secondo che cosa può aver lasciato un’impronta simile?».
Un’argomentazione convincente e logica, che
avvalorava la tesi.
«Comunque.» disse Nives calma e sicura
nonostante tutto «Non vedo la ragione di avere tutta questa paura.
I revenant sono solo degli animali stupidi e
ottusi. Niente che una vampira sangue puro come la sottoscritta non possa
gestire.»
«Ti sbagli. Tu non hai neanche idea di che
cosa possano essere capaci i revenant.»
«Davvero? Illuminami.»
«Adesso basta!» urlò Zero perdendo la pazienza
«Tu non rendi conto in che situazione ti trovi, razza di…».
In quella, però, Nivest
scattò sull’attenti, come attirata da qualcosa, e fulminea fece segno a Zero di
rimanere in silenzio.
«Lo senti?».
Anche Zero allora tese al massimo i propri
sensi, alla ricerca di qualunque cosa che facesse presagire un pericoloso.
«Odore di fumo.» disse fiutando l’aria
«Misto a sangue.» replicò Nives, che aveva un
olfatto di gran lunga superiore al suo, tanto da identificarne subito la
provenienza «Da questa parte».
Questa volta Zero seguì Nives quasi senza
fiatare, e assieme a lei raggiunse in pochi minuti una piccola radura in mezzo
agli alberi; proprio qui, poco discostato dal centro, i due ragazzi si
imbatterono nel relitto accartocciato di un grosso elicottero, un mezzo
militare sicuramente.
A giudicare dai detriti e da come era ridotto,
doveva essere precipitato, e visto quanto lontano fossero dalla civiltà non
c’era da stupirsi che nessuno se ne fosse accorto, tanto più che non c’erano
tracce di incendi o esplosioni.
«È un black hawk americano.» disse Nives
«C’è una base militare americana non lontano
da qui. Forse veniva da lì».
Nives si avvicinò, gettando uno sguardo
all’interno ed accertando la morte dei due piloti, entrambi presumibilmente
morti nell’impatto.
Poi, notò il simbolo impresso sulla fiancata,
il tricolore nero-bianco-rosso con lo scudo crociato.
«Questo è lo stemma della Repubblica
dell’Est.» disse riconoscendolo
«La Repubblica dell’Est?» ripeté Zero, che non
era mai stato una cima in geografia, unica materia a fargli difetto
«È una delle Repubbliche ex-Sovietiche nate
dopo il crollo dell’URSS. Si trova sulle coste del Mar Nero.
Perché mai un loro elicottero si trova qui?»
«Se è un alleato degli Stati Uniti,
probabilmente arrivano anche loro dalla base militare».
Poi entrambi avvertirono distintamente un
rumore alle proprie spalle, scattando subito sul chi vive, ma a differenza di
Zero, che si limitò ad affondare una mano dentro la giacca, Nives senza remora
alcuna afferrò uno dei suoi aghi e lo lanciò fulminea alle proprie spalle.
«Chi c’è?» urlò mentre lo scagliava.
Per fortuna il suo bersaglio aveva i riflessi
altrettanto pronti, e riuscì a bloccare la punta tra l’indice e il medio un
momento prima di venire colpita.
«È questo il modo in cui solitamente ti
presenti agli amici, Nives?» domandò Raven uscendo
dagli alberi con l’ago tra le dita e Alexandra al seguito «Non sei cambiata
affatto in tutti questi anni.»
«Raven!?» esclamò
incredula la norvegese «Che cosa ci fai tu qui?»
«La stessa cosa che ci fai tu».
Raven e Nightwish erano amiche di vecchia data; si erano conosciute
durante una missione di Raven in Norvegia, anche se
nell’ultimo periodo si erano un po’ perse di vista. Anche Alexandra aveva già
incontrato la Hunter in un’altra occasione.
«Ho incrociato per caso Alexandra quando è
arrivata alla scuola, e mi ha raccontato quanto era successo. Il direttore ci
aveva mandato a recuperarvi, ma quando siamo arrivate sul luogo dell’incidente
voi non c’eravate.»
«Tutta colpa di questa testa di legno.» disse
malamente Zero indicando Nives
«Non preoccuparti. So ben io che la nostra Nightwish qui presente ha il brutto vizio di voler fare
sempre di testa sua.»
«Sì, ma ogni tanto qualcuna di giusta ne
combino. Abbiamo trovato tracce di un Revenant.»
«Un altro!?» replicò Raven,
che era stata messa al corrente di quanto accaduto la notte prima come tutta la
Night «Ne spuntano come funghi ultimamente.»
«Potrebbe essere stato un Revenant a fare
questo?» chiese Alexandra
«Non credo. Probabilmente è stato solo
attirato qui dal sangue».
Di
nuovo, tuttavia, i ragazzi non potevano rendersi conto di avere un occhio
invisibile sorvegliare tutto ciò che facevano.
Una volta informato di quello che era
successo, il dottor Iruma aveva immediatamente messo
al lavoro i pochi tecnici dei quali si fidava, con l’ordine di inserirsi quanto
prima in tutti i satelliti spia e trovarne uno che inquadrasse i monti attorno
a Nagano, dove era caduto l’elicottero.
Il satellite per le telecomunicazioni della
Repubblica dell’Est che usavano di solito ormai era fuori asse, ma per fortuna
ce n’erano altri a disposizione.
«C’è un satellite spia russo che sta
transitando proprio lì sopra.»
«Molto bene, inseritevi. Ci servono le
immagini.»
«Dottore.» disse un altro agganciando la cornetta
«Ho avvisato la squadra di recupero. Saranno lì in mezz’ora.»
«Dobbiamo localizzarlo per allora».
Iruma si
sentiva sulla graticola; nessuno sapeva cosa ci fosse realmente a bordo
dell’elicottero decollato quella mattina, e se qualcuno lo avesse scoperto per
lui sarebbero stati dolori seri, soprattutto perché ufficialmente tutte le
cavie del Progetto Level 0 erano state distrutte
tempo prima.
Era riuscito a salvarne solo una, e non
sentendosi al sicuro nel tenerla al quartier generale con l’arrivo di Durand l’aveva affidata a persone di fiducia perché fosse
portata nell’avamposto segreto in Giappone, dove erano tutti o quasi sotto il
suo controllo, ma quel maledetto doveva essersi liberato e aver fatto
precipitare l’elicottero, e adesso bisognava ritrovare sia la cavia che il
luogo dello schianto per ripulire tutto.
Il Progetto Level 0
era nato ed era morto quando ancora non era stato possibile clonare interamente
un Revenant in laboratorio, pur avendone a disposizione il codice genetico. Il
codice in questione era stato replicato ed inserito chirurgicamente in alcuni
Vampiri Ex Umani, nella speranza di evitare l’involuzione cerebrale dovuta
all’effetto del virus vermillion, ma il risultato era
stato esattamente l’opposto; le cavie testate avevano ottenuto alcune delle
capacità proprie dei revenant, ma ciò non era servito a impedire l’incancrimento della neocorteccia cerebrale provocata dal vermillion, cosa che ne aveva fatto una sorta di Livello E
ibridi, molto potenti ma assolutamente incontrollabili.
Il principale ne aveva ordinato la
distruzione, ritenendoli inutili e pericolosi, ma Iruma
aveva voluto conservarne uno nella speranza di riuscire un domani a correggere
l’anomalia, ma vista la situazione non restava altro da fare che eliminarlo.
Si trattava solo di inquadrarlo e catturare la
frequenza del circuito biomedico che tutte le cavie e i cloni avevano
impiantato nella testa, poi ci avrebbe pensato il satellite a inviare l’impulso
che lo avrebbe incenerito; e poi bisognava pensare anche all’elicottero caduto,
ma di questo si sarebbe occupata la squadra speciale.
«Dottore, ce l’ho fatta. Sono entrato nella
memoria del satellite.»
«Proietta subito le immagini».
Le immagini apparvero sul monitor principale
della consolle, inquadrando prima le montagne giapponesi e poi la zona dove si
presumeva che l’elicottero fosse caduto, basandosi sulle ultime coordinate
note.
Non era un satellite potente come quello in
dotazione alla Repubblica dell’Est, ma ciò nonostante dopo poco fu possibile
inquadrare la radura dello schianto, e con somma disapprovazione di Iruma furono immediatamente riconoscibili attorno al mezzo
distrutto alcuni studenti della Cross.
«Maledizione! Compaiono sempre al momento
sbagliato! Ma proprio lì doveva precipitare?»
«Dottore. Ho localizzato il segnale della
cavia.»
«Dove si trova?»
«A meno di venticinque metri dal punto
d’impatto, e procede in quella direzione».
Il satellite russo aveva anche un rilevatore
di calore, e attivandolo il dottore e i suoi poterono vedere distintamente una
figura rossa che si muoveva velocemente tra gli alberi verso l’elicottero
precipitato.
«A quanto pare non è ancora sazio».
Nella
radura intanto, Zero e le tre ragazze erano ancora intenti a guardarsi attorno,
cercando di capire cosa potesse essere successo, quando di nuovo avvertirono la
sensazione di non essere soli.
«Non mi piace questo rumore.» disse Zero
riferendosi alle sterpaglie smosse.
Tutti si misero in guardia, pronti a reagire
al primo pericolo, ma quando una figura minacciosa sbucò fuori dalla macchia
saltando addosso al gruppo fu Zero il più veloce nell’inquadrarlo e sparare,
anche se il suo tiro non fu dei più precisi.
Il nemico, sbalzato all’indietro, cadde a
terra colpito ad una spalla, ringhiante di dolore.
Le dimensioni erano di sicuro molto superiori
a quelle di un essere umano, ma già a prima vista non sembrava possedere quella
massa muscolare che Zero aveva visto combattendo con il Revenant la notte
prima; più che altro dava solo l’idea di un normale essere umano afflitto da
gigantismo, per quanto indubbiamente di costituzione superiore alla media.
«Questo sarebbe un Revenant!?» disse Raven sfoderando dalle cinture alle cosce le sue due
mitragliette vz 61 cecoslovacche
«Sembra diverso da quello della scorsa notte.»
disse Zero
«Questo non è un Revenant.» sentenziò Nives
«Solo un comune Livello E».
Invece, qualcosa di un Revenant doveva
possederlo, perché d’un tratto, come per magia, la ferita che Zero gli aveva
inflitto alla spalla guarì miracolosamente, lasciando dietro di sé nulla più
che una piccola cicatrice.
«D’accordo.» disse allora Nightwish
un po’ spiazzata «Forse è davvero un Revenant, dopotutto».
Ripresosi, e decisamente arrabbiato, il nemico
si scagliò di nuovo all’attacco, trovando Raven
pronta ad accoglierlo.
«Mangia un po’ di argento, bestione!» gridò la
ragazza scaricandogli addosso le sue mitragliette.
Quello però si fece scudo con le braccia,
mettendole davanti al viso e incassandovi tutti i colpi, che ebbero un effetto
decisamente secondario rispetto a quanto ci si sarebbe aspettato, quindi
avvicinatosi abbastanza saltò tentando di colpire la ragazza.
«Ma cosa…» disse
vedendoselo venire contro.
Fortunatamente, all’ultimo una selva di aghi
si abbatté sul bersaglio trafiggendolo in più punti, e dando in questo modo a Raven il tempo di spostarsi.
«Tutto bene?» chiese Nives
«Grazie dell’aiuto. Sai ancora come si fa».
Lo scontro era seguito via satellite anche dal
dottor Iruma e dai suoi collaboratori.
Uno di questi, vedendo che la cosa andava
complicandosi, fece per azionare il sistema di autodistruzione che la cavia
aveva nel cervello, ma sorprendentemente fu lo stesso dottore a fermarlo.
«No, lascialo fare.»
«Ma, signore…»
«E registrate tutto. Voglio una documentazione
completa. In futuro questi dati potrebbero servire.»
«Ma, se il conte dovesse scoprirlo…»
«Molto meglio fare la cosa giusta e chiedere
scusa, che non farla e pentirsene quando è troppo tardi.
Procedete.»
«Sì, dottore».
La cavia era indubbiamente un avversario di
alto livello, ma comunque non abbastanza da impensierire sul serio due Hunter e
due vampire aristocratiche forti e combattive, anche se le sue capacità
rigenerative alla lunga potevano diventare un problema.
L’unica cosa da fare era colpirlo nei soliti
punti deboli, cuore e testa, ma quello era abbastanza accorto da proteggerseli
ogni volta, senza scoprirsi, e faceva in modo di non dare mai le spalle a
nessuno dei quattro avversari per non rischiare un attacco a sorpresa.
«Allora non sono solo degli animali,
dopotutto.» osservò soddisfatto Iruma notando una
seppur basilare tattica nel modo di lottare del Level
0, come amava chiamarli.
Alexandra tentò l’assalto decisivo, e mutatasi
in un superbo lupo bianco corse contro al nemico, gli saltò addosso e lo
azzannò ad una spalla, attirando la sua attenzione; subito ne approfittò Nives,
che con il machete in una mano e il coltello nell’altra cercò di infliggere un
colpo mortale approfittando della distrazione della cavia, ma questa non si
fece sorprendere, afferrò Alexandra per la collottola, e con la sua enorme
forza la scagliò contro l’altra ragazza, buttando entrambe a terra.
«Ti spiace levarti?» mugugnò Nives al grosso
lupo che le stava sopra «Ti avverto che sei piuttosto pesante».
Zero e Raven
tentarono una manovra di attacco combinato da due direzioni, nel tentativo di
confondere la cavia e fare in modo che non potesse evitare entrambi gli
attacchi, ma ancora una volta il nemico si protesse i punti deboli con le
braccia scegliendo di schivare i colpi di Raven e
incassare quelli di Zero, assai meno numerosi.
«Questo proprio non vuole saperne di
arrendersi.» disse Raven vedendolo saltare da una
parte all’altra come un grillo aggrappandosi ai rami degli alberi tutto
attorno.
All’inizio sembrava una manovra volta a
confondere l’attenzione, ma all’improvviso il mostro, dandosi la spinta su di
un tronco come su di una molla, scattò fulmineo all’attacco come sparato da un
grosso cannone ad aria compressa.
«Attenta, Raven!»
gridò Zero, che gettatosi su di lei fece appena in tempo a levarla d’impaccio
«Tutto apposto?»
«Più o meno.» rispose lei un po’ frastornata
«Questa te la devo, Kiryu».
Il Livello 0 colpì come un proiettile, e
fallito l’attacco rimbalzò sul terreno come su una parete di gomma per fare
ritorno al sicuro sul ramo di un altro albero; una volta qui ritentò alla
stessa maniera, e così via via per molte volte
consecutive, sempre fortunatamente evitato.
Una sua artigliata poteva risultare molto
pericolosa se presa in pieno, e si muoveva troppo per poter tentare in qualche
modo di contrattaccare.
L’unica era provare a fermarlo, ma era un’incognita
grande come un palazzo: ci volevano grande resistenza, forza fisica, e
soprattutto una quantità eccezionale di sangue freddo.
Alexandra, che aveva ripreso forma umana, si
guardò attorno in un momento di quiete, che precedeva di sicuro l’arrivo di un
nuovo assalto, quindi, senza dire niente a nessuno, si alzò in piedi e corse al
centro della radura mettendosi in bella vista.
«Aspetta, che fai!» urlò Zero «Vuoi farti
ammazzare!?».
Il Livello 0, abilmente nascosto tra le
fronde, la notò, ma fu tanto avventato e poco accorto da cadere nella sua
trappola e senza rifletterci la caricò arrivandole da un fianco.
Ma Alexandra aveva i sensi più affinati di
qualunque vampiro le fosse mai capitato di conoscere, e non faticò a
localizzare la direzione dell’attacco, e quando le piombò addosso il Livello 0
si ritrovò imbrigliato nella stretta d’acciaio di uno spaventoso orso kodiak.
«Ce l’ha fatta, l’ha preso!» esclamò Raven
«Adesso mi hai proprio stufato!» ruggì
Alexandra in quelle forme spaventose, e non appena quello tentò di liberarli lo
scagliò in aria con tutta la sua forza.
Teoricamente in questo modo era vulnerabile,
ma poco dopo essere stato lanciato via tutti si avvidero che stava cercando di
riacquistare una posizione di combattimento.
Nives, però, non aveva alcuna intenzione di
permetterglielo.
«Col cavolo che te lo lascio fare!» urlò
spiccando un altissimo salto.
Con un solo balzò raggiunse il nemico a mezz’aria,
sfoderò gli artigli della mano destra e, come questi si illuminarono di rosso
sangue, glieli piantò con forza al centro del petto, dritto sul cuore.
Ma ancora non bastava; la ragazza infatti lo mise
davanti a sé, e sempre tenendogli gli artigli conficcati in corpo precipitò
insieme a lui verso terra come una meteora, mentre quello, pur devastato dal
dolore, tentava in qualche modo di liberarsi.
L’urto con il terreno fu violentissimo,
abbastanza da produrre un piccolo terremoto e sollevare un tremendo polverone,
ma quando tornò la calma del Livello 0 non restava che la cenere. Del resto,
anche escludendo il colpo indubbiamente mortale che aveva ricevuto, non era
possibile resistere agli artigli di Nives, capaci di incenerire istantaneamente
ogni cosa con cui venissero in contatto, e per questo usati con la massima
attenzione persino dalla loro stessa padrona.
«È finita?» domandò Zero
«Sembra di sì.» rispose Raven.
Anche il dottor Iruma,
nonostante tutto, era soddisfatto.
Aveva perso l’unica cavia che gli fosse
rimasta, ma almeno ci aveva guadagnato la certezza che il progetto Level 0 non era poi da buttare via, come aveva
puntualizzato quella primadonna di Durand fin dal
primo giorno in cui aveva messo piede al laboratorio.
Terminato
quello scontro, i quattro ragazzi fecero per fare ritorno verso il luogo dell’incidente,
per recuperare quel povero tassista prima di rientrare al collegio, dove avrebbero
informato il direttore di quanto accaduto e dei resti rinvenuti.
«Sbrighiamoci a tornare.» disse Zero
rinfoderando la pistola.
Invece, all’improvviso, si udì un rumore
assordante di pale, e dopo pochi secondi Zero e le ragazze si ritrovarono
abbagliati dal faro di atri tre elicotteri black hawk, stavolta con impresso il simbolo USAF.
«Non muovetevi!» urlò qualcuno all’altoparlante
«Parla l’aviazione degli Stati Uniti!».
Furono gettate delle corde, dalle quali si
calarono una decina di soldati USAF con le armi puntate in direzione dei
ragazzi, che restarono schiena a schiena guardandosi attorno attoniti.
Nives, come al solito, aveva il sangue alla
testa, ben consapevole che insieme avrebbero potuto tranquillamente farli fuori
tutti, ma Raven la fermò come la vita cercare di raggiungere
l’impugnatura del pugnale.
«Sta calma. Hai deciso di farci uccidere?».
Quando poi i tre elicotteri toccarono terra
scese anche il capo della squadra, un capitano, che si avvicinò a Zero e gli
altri con fare minaccioso.
«Chi siete?» domandò severo «Che cosa ci fate
qui?»
«Siamo studenti.» ribadì Zero composto ma
fermo «Ci siamo trovati qui per caso.»
«Studenti?» replicò ridacchiando il soldato «E
di quale scuola, se è lecito chiedere?»
«Della mia!» rispose una voce tonante.
Il direttore Cross fece capolino dagli alberi,
severo e autoritario come Zero non ricordava di averlo mai visto, e con fare
sicuro si avvicinò al gruppo tenuto sotto tiro da alcuni soldati.
«E lei sarebbe?»
«Mi chiamo Kaien Coss, e sono il direttore della scuola dove studiano questi
ragazzi. Si trova non lontano da qui.»
«E, se posso permettermi, quale motivo può
aver portato quattro adolescenti in giro per i boschi nel bel mezzo della
notte?»
«Loro» rispose il direttore indicando
Alexandra e Nives «Sono arrivate oggi. Ho mandato mio figlio e un’altra ragazza
a prenderle alla stazione di Nagano. C’è stato un incidente lungo il tragitto, e
tentando di raggiungere la scuola si sono persi e sono finiti qui».
Il sergente squadrò Kaien
come fosse stato un criminale recidivo, ma alla fine, incredibilmente, non
controbatté.
«D’accordo, abbiamo già abbastanza problemi. Non
ho nessuna voglia di averne altri.
Questo elicottero della Repubblica dell’Est proveniva
dalla nostra base militare di Kogashima, ha avuto un
incidente in volo e ci hanno mandato a riprenderlo.
Prenda il suo quartetto di ragazzini, sparisca
da qui, e farò finta di non avervi mai incontrati».
Il direttore non stette a farselo ripetere;
prima se ne andavano e meglio era.
«Forza, andiamo via.» ordinò ai ragazzi
«Ma, direttore…»
tentò di protestare Zero
«Zero.» rispose severissimo Kein «Devo ripeterlo un’altra volta?».
Il ragazzo ringhiò di disappunto; c’erano
molte cose che avrebbe voluto dire, prima fra tutte la questione del Livello E
coi superpoteri che avevano incontrato, ma era chiaro che quello non era il
momento migliore.
Così, con Raven e le
altre al seguito, Zero si mise in coda al direttore e i cinque tornarono sui
loro passi, seguiti con lo sguardo dal capitano americano.
«Signore.» disse l’ufficiale parlando
sottovoce alla sua auricolare «È proprio sicuro di volerli lasciare andar via
così?»
«Non c’è alcun pericolo.» rispose dall’altro
capo una voce gracchiante e acuta, da far venire male alle orecchie «Per loro
era un Livello E come un altro, anche se un po’ sopra la media. Non hanno
neanche la minima idea di cosa abbiano realmente affrontato.
Cancellate le prove e tornate indietro».
Note
dell’Autore
Eccomi
qua!^_^
Ci è
voluto un po’ più del previsto, ma alla fine sono riuscito a completare anche
questo capitolo.
Ora, però,
dovrete darmi un paio di settimane di tregua.
Purtroppo
tra poco dovrò affrontare una prova importante, che non posso assolutamente
permettermi di sbagliare, e finora non ho quasi preso in mano i libri, quindi
sarò costretto a lasciar momentaneamente perdere la scrittura.
La prova
in questione sarà il 16 di questo mese, poi prometto di ridarmi nuovamente da
fare.
Ecco, ho
detto tutto.
Grazie
come sempre ai miei lettori e recensori!^_^
A
presto!^_^
Carlos Olivera