Crossover
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Autore: Furiarossa    03/11/2012    1 recensioni
The bird of Hermes is my name
Io sono un diavolo di maggiordomo, un perfetto maggiordomo ....
La sfida del secolo fra i demoni più potenti del mondo degli anime, Sebastian Michaelis e Alucard, ma soprattutto una sfida fra la famiglia Hellsing e la famiglia Phantomhive.
Hellsing e Kuroshitsuji, mistero, violenza, humor. 365 prove, una per ogni giorno dell'anno in cui i nostri personaggi dovranno affrontarsi.
Fra il comico demenziale e il terribilmente serio, esattamente come nella realtà, benvenuti al reality del secolo: benvenuti a Kuroshihellsing.
[Opere principali: Kuroshitsuji; Hellsing][Altre opere: Doctor Who, Dracula, Castlevania, Le Cronache di Narnia, Lost]
Genere: Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Anime/Manga, Cartoni, Libri, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 102

Dormiamo dolci sonni

 

Quella mattina, come tutte le mattine Finnian aprì i suoi femminei occhioni verdi e cigliuti. Ciò che vide furono due cose ben distinte: un orologio, che segnava le nove e ventidue, e un cervo volante sopra l'orologio.

Immediatamente, il giardiniere saltò su tutto contento e pian, pianino, si avvicinò al lucanide munito di mandibole iperboliche. Pensò, intimorito, a come acchiapparlo senza fargli male. Allora, decise di metterci davanti un dito e aspettare, ondeggiandolo. Lo aiutava a pensare.

Il cervo volante, tuttavia, pinzò con ferocia il dito del giardiniere, che immediatamente stillò sangue.

«Ahia» disse Finnian, poi fece un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro. Il signor Sebastian doveva assolutamente vedere che cosa aveva “catturato”.

Coprendo il coleottero con una mano, senza però toccarlo, si mise a correre per la casa, ancora in pigiama

«Un cervo volante! Un cervo volante!» strillò.

Inciampò sui suoi piedi, fece un mezzo capitombolo a mezz'aria, cadde a faccia in giù, ma alzando il dito pinzato. Il cervo volante era salvo. Si rialzò come se nulla fosse (e in effetti, per lui, nulla era stato) e si trovò faccia a faccia con Sebastian

«Signor Sebastian!» esclamò felice «Guarda che cosa ho trovato!»

«Carino» commentò Sebastian «ti sei accorto che sta cercando di tranciarti il dito, vero, Finny?»

«Si, ma ne ha tutto il diritto» annuì Finnian, serio

«Si, è molto bello Finnian» sorrise Sebastian «Ma ora posalo, dai»

«Dici che dovrei posarlo?»

«Scommetto che ne sarebbe più felice»

«Uhmm» lo sguardo di Finnian si fissò negli occhietti neri e rilucenti del coleottero. Il Lucanide restituì l'occhiata.

«Ok...».

Il giardiniere posò delicatamente il dito per terra, e aspettò. Il cervo volante, a poco a poco allentò la presa e volò via.

«Non ti dimenticherò mai!» disse il ragazzo, commosso.

Quanto sono strani gli umani” pensò Sebastian, e sorrise “E divertenti”.

Finnian guardò Sebastian e gli chiese «Che ore sono, signor Sebastian?»

Il maggiordomo controllò il proprio orologio «Sono le nove e trentuno»

Il giardiniere sgranò gli occhi «Le nove e mezza?! Quelli là ci hanno lasciato dormire così tanto? Non è che c'è qualcosa di strano?»

«Già» disse Ciel, tirando un'occhiataccia a Sebastian «C'è di strano che potevo dormire e invece questo diav... cavolo di maggiordomo mi ha svegliato presto».

Finnian sobbalzò

«Si, ci sono anch'io, Finny»

«Oh... bensvegliato, signorino!» lo accolse Finnian «Siamo solo tre, che si fa?»

«Che ne dite di, ehm... parlare?» propose Ciel «Non mi ricordo di aver fatto un intero discorso decente con Finnian, a parte il discorsetto di assunzione, da quando l'abbiamo preso con noi alla villa»

«Che bella idea!» approvò il giardiniere, battendo le mani come un bambino

«Posso permettermi l'insolenza di unirmi al discorso, signorino?»

«Dipende» gli occhi, anzi, l'occhio di Ciel era ridotto ad una fessura

«Se farò qualcosa di sbagliato, vi basterà redarguirmi» sorrise Sebastian

Ciel si limitò a fissarlo male, poi si rivolse a Finnian

«Ho cambiato idea»

«Cosa?» Finnian parve deluso

«Scusa, Finny, ma mi sono ricordato che mi ero ripromesso di cercare una persona. Devo ringraziarla. Nel frattempo, puoi parlare con Sebastian» disse Ciel, giovialmente

«Ma, signorino» intervenne il maggiordomo «Se io sto qui a parlare con Finnian, chi vi spingerà la sedia a rotelle?»

Ciel gli gettò un'occhiata serpentina e si portò avanti muovendo le ruote della sedia con le braccia «Visto? Anche se tu non ti fidi, io sono abbastanza forte da farcela da solo, Sebastian. Ti saluto».

E se ne andò, sdegnosamente, e in modo penosamente lento.

La mente di Sebastian cominciò ad andare a mille. Da quando, nell'Inferno, non era riuscito a soccorrerlo (o forse, dovette ammetterlo, si era trattenuto un pò più del previsto, ma quei micetti erano così dooolci e spupazzoooosi!) Ciel aveva cominciato a rifiutare il suo aiuto. Ovviamente non era questo che lo preoccupava: era molto meglio, visto che aveva meno lavoro da fare per quell'egoista sadico del suo padroncino. Piuttosto temeva, che, rifiutando i suoi favori, Ciel si accorgesse che riusciva a farcela (anche se un po' meno bene) senza Sebastian e, una volta sfruttato alla grande per vincere tutte le prove e il reality, avesse rotto il patto. Così avrebbe sprecato anni di servizio per nulla! Magari, riflettè il demone, non lo avrebbe licenziato, ma se non lo riteneva indispensabile per aiutarlo persino nel più minuscolo particolare della vita quotidiana, lo avrebbe rinchiuso in uno scantinato con dei (ugh!) cani rabbiosi e tirato fuori solo quando gli faceva comodo, come una bestia qualsiasi.

La sua strategia era sempre stata di convincere in modo sottile di essere delle schiappe i propri padroni, punzecchiandoli, soccorrendoli in qualunque campo anche se non doveva, lasciando evolvere solo la mente, ma lasciando il corpo troppo debole per difendersi da solo o per svolgere incombenze semplici come trasportare della legna o alzarsi dalla poltrona. Chiudendoli in una prigione dorata troppo piccola, che non li lasciava crescere o scappare. Curiosamente, Ciel Phantomhive riusiva a cavarsela un po' meglio delle sue altre prede: riusciva ad alzarsi da solo dalle sedie. Tuttavia, senza Sebastian, non sapeva neppure vestirsi da solo e... un immagine gelò tutta la mente di Sebastian. Le scarpe del signorino erano allacciate. Non ricordava di avergliele allacciate, oggi. E lui ricordava tutto.

La cosa era più grave di quanto pensasse.

Ciel aveva cominciato a fare a meno di lui.

Le sopracciglia di Sebastian gli ombreggiarono gli occhi rossi in un atteggiamento deciso.

Era rimasta solo una cosa da fare...

«Ohi, ohi, è venuto il momento di sabotare...» sussurrò Sebastian, sorridendo «Perchè sono un diavolo di maggiordomo»

«Posso aiutarla, signor Sebastian?» chiese Finnian, spalancando gli occhioni imploranti.

Sebastian lo guardò. E gli venne un'idea.

«Oh, ma certo, Finny, certo» acconsentì, sorridendo «Il tuo aiuto mi sarà prezioso...».

 

Ciel spinse per l'ennesima volta la sedia a rotelle. Inizialmente si era stancato subito, ma adesso le sue braccia sembravano essersi abituate al ritmo che si era imposto. Si guardò intorno, in cerca di un ombra palisa (significa molto alta, in un arcaico linguaggio) con un cappotto e un cappello nero.

«Undertaker?» chiamò «Undertaker? Ci sei?»

Continuò per un po' così, anche se le braccia, troppo disabituate al movimento fisico, aveva cominciato a strillare pietà.

Infine, lo vide.

Ansimando, si trascinò verso di lui

«Undertaker?»

«Ciel?» il gigantesco wrestler si voltò.

Sembrava un'ombra scura, con gli occhi cerchiati da occhiaie che il giorno precedente non aveva, ed era pallido.

«Undertaker... io devo... ringraziarti».

Il wrestler si abbassò lentamente e poggiò un ginocchio a terra per trovarsi a fronteggiare Ciel

«Non c'è di che, piccolo. Sono felice che tu sia venuto... ora dobbiamo salutarci e sarebbe stato brutto andarsene senza farlo...».

Ciel si sentì cadere il mondo addosso. Se ne sarebbe andato? L'avrebbe lasciato lì, in quella casa?

«Non puoi andartene!» Strillò

«Calmati... devo andarmene»

«No! No! No! Perchè devi farlo?»

«Io... sai... anch'io ho una vita mia...»

«No! Ti prego, non te ne andare, ti prego! Rimani qui, rimani con me!» Ciel tese le mani verso di lui, come un bambino piccolo piccolo che vuole abbracciare la mamma «Tu mi hai insegnato tante cose fantastiche e ora credo in me stesso! Non puoi lasciarmi da solo»

«Oh, si che posso»

«Ti prego! Non farlo! Ti prego!»

«Mi dispiace per te, Ciel, ma non posso proprio rimanere».

Lacrime calde presero a solcare il delicato faccino del conte

«Ti prego... sto male... ho una gamba rotta... perchè non puoi accontentarmi? Per un po'. Solo per un po'. Finché non sarà guarita!».

Undertaker afferrò la gambina spezzata di Ciel, ma il bambino non sentì alcun dolore. Il wrestler spezzò con le mani il bordo del gesso e prese a scavare e spezzare finchè non ebbe estratto la gamba del bambino dall'involucro che la proteggeva e immobilizzava

«Vedi» Disse «Ora è guarita».

Ciel non poteva crederci, no, era impossibile. Era sicuro che fosse stata rotta, fino a qualche istante prima, e che sicuramente lo era stata il giorno precedente. Non poteva essere guarita, era semplicemente e sostanzialmente impossibile.

Ciel strizzò gli occhi e prese a muovere la gamba, la piegò, la alzò, poi scese dalla sedia a rotella e si mise in piedi. Non sentiva alcun dolore.

Undertaker lo fissava con sguardo quasi vitreo, ancora in ginocchio, e a Ciel parve molto stanco e molto sofferente.

«C'è qualcosa che non va?» Gli domandò il conte Phantomhive «Qualsiasi cosa. Sono molto ricco, sai. E ho un ottimo maggiordomo. Posso aiutarti»

«Devo andare a casa» la sua voce roca rombò bassa «Capisci, Ciel? Non posso rimanere qui»

«Ti manca casa tua?».

Undertaker non rispose. Comunque sembrava che gli mancasse. Ciel lo capiva e perciò annuì

«Se è questo che vuoi... ma devi farmi una promessa»

«Che promessa?»

«Devi tornare. Almeno un'altra volta. Voglio rivederti in questa casa»

«Si. Te lo prometto. Anzi, ti farò una promessa ancora migliore: quando avrai più bisogno di me, io sarò accanto a te»

«Non sai quanto le tue parole mi rendano felice...»

«Qui ti sbagli. Lo so perfettamente» il wrestler si rialzò in piedi e al piccolo conte parve enorme e familiare, rassicurante con la sua mole scura

«Undertaker?»

«Si, Ciel»

«Quanto sei alto?»

«Molto»

«Pensi che... pensi che crescerò mai?»

«Sei alto per l'età che hai...»

«Non è vero! Sebastian me lo dice sempre, sono piccolo e sono esile e cagionevole di salute... anche mio padre lo diceva. E sono timido»

«Io non ti vedo timido, né piccolo. Esile si, assolutamente si. Mangia di più, ragazzo, sono sicuro che sotto quella giacchettina ti si vedono le costole»

«Hai ragione» Ciel annuì, ripensando al proprio scarno riflesso allo specchio «Sono un po' magro»

«Però sei alto per la tua età. Forse non lo noti perchè non vedi molti bambini... sei convinto di essere piccino, ma non devi preoccuparti. Sei a posto. E diventerai alto»

«Dici davvero?»

«Fidati di me. Ho occhio per queste cose»

«Anche tu eri come me?»

«Un po' più... più cicciottello. Ma si, ero come te. Con tutti e due gli occhi, intendo»

«Lo so» Ciel ridacchiò «Sembro un pirata brontolone!»

«Non ti ho ancora sentito brontolare»

«Oh, io brontolo e mi lamento sempre...»

«Beh, non farlo» Undertaker posò la mano sulla testa di Ciel, ricoprendogliela con il palmo caldo e pesante, e gli scompigliò leggermente i capelli «Ora devo andare. Ma ritornerò, te l'ho promesso. Faremo delle buone cose, io e te»

«Ci conto».

Undertaker si allontanò. E Ciel sentì qualcosa dentro il petto che bruciava e scoppiettava come una caldarrosta, che gli faceva male ai polmoni trafiggendoli con stille di rovente calore, e prese a piangere come un bimbetto. Tuttavia non si accasciò né si porto le mani in faccia, ma pianse guardando dritto di fronte a sé, guardando la figura becchinesca del tizio dal cappotto nero che si allontanava.

«Ehi, Ciel» Undertaker si girò, ma anche lontano com'era, la sua voce risuonò forte

«Si?» domandò il piccolo conte, singhiozzando

«Smetti di piangere».

Ciel strinse i denti. E smise di piangere.

Gli parve di scorgere sul volto del wrestler l'ombra di un sorriso compiaciuto, poco prima che questi si allontanasse per lasciare quel luogo immondo e talocco che noi genericamente chiamiamo “la Casa del Reality”.

Ciel si sentì improvvisamente molto stanco. Gli stavano per cadere a terra le braccia, anche se ovviamente era solo un'impressione, in quanto in realtà le braccia di Ciel stavano benissimo: erano solo un po' stanche. Fra l'altro, tra un emozione e l'altra, continuava a chiedersi come mai la sua gamba fosse di nuovo funzionante. Stregoneria? Ferite infernali? O forse era lui che era speciale? Ma certo! Doveva essere stato il suo organismo che era diventato più forte. Adesso, non era più cagionevole di salute. Non era più timido. Non era più basso. Adesso era forte e coraggioso, e aveva le ossa che si sanavano in una nottata.

Prese la sedia a rotelle e la spinse comodamente (quanto era bello poter camminare di nuovo!) verso la sua cameretta. Aveva fatto ciò che doveva fare e, nonostante tutto, aveva ancora voglia di riposare. Insomma, auto-ripararsi le ossa in breve tempo, un po' di energia la consumerà, no?

Quando tornò davanti alla porta della sua camera, Sebastian e Finnian, non erano più lì ad aspettarlo. Ciel se ne dispiacque, perchè così non poteva sbattere in faccia a Sebastian che era guarito in una notte e non era basso, nonché, forse il gesso.

Aprì la porta, e si mise a correre in circolo. Così, perchè era contento di poter camminare di nuovo, e perchè nessuno lo guardava. Se qualcuno l'avesse guardato non sarebbe stato così euforico. Poco dopo si accorse che era anche molto stanco, e che quindi non voleva più correre, ma voleva sdraiarsi sul suo soffice letto, con il suo soffice pupazzo, e dormire comodamente nella sofficità, sognando di mangiare Sofficini e molte altre cose sofficiose.

E fu così che il conte Ciel Phantomhive, pur di non pensare al fatto che Undertaker se n'era andato (sigh!), si preparò a cadere in un lungo letargo da cui si sarebbe svegliato solo quando avrebbe sentito di poter superare il peso della perdita.

Chiuse gli occhi, strinse il pupazzo e cadde in letargo.

Ciel iniziò a sognare. Si trovava, con il sottofondo di una ninna nanna familiare eppure sconosciuta nelle orecchie, in un campo fiorito e profumato. Quelle che vedeva davanti a sé erano margherite, ma sapevano di lavanda. Erano lavandite. No, che brutto, sembra una malattia. Allora erano magnemite. O magnetite. O magnerite. Ma per semplificarsi le cose, Ciel le chiamò fiori.

E su questo non ci pioveva. O meglio, ci avrebbe pure potuto piovere sui fiori, ma questo avrebbe portato solo bene.

Davanti al suo sguardo si materializzò un Sebastian. Era strano, e Ciel se ne accorse subito: era alto quanto lui. Sorrise in quel modo sdentato, e gli disse «Ghyoi, Bocchan».

Ciel non capì (che cavolo significava? Lo preferiva quando parlava inglese!), ed all'improvviso una corda invisibile calata dal cielo acchiappò Sebastianino per un piede e lo sollevò su per aria.

Il conte, tutto interessato, si sedette tra i fiori, e tra le mani gli comparve un sacchetto di pop corn belli salati. Si gustò snack e spettacolo.

Correndo, da levante, da ponente, da oriente e da occidente, da destra e da sinistra (così, per rinforzare il concetto) arrivarono un mucchio di chihuaha grandi come un uomo adulto, e tremando si avvicinarono a Sebastian e gli abbaiarono contro. Il maggiordomo si rannicchiò, ma uno dei cani gli acchiappò coi denti la divisa e scuotendo la testa la sbrindellò.

Ciel dimostrò tutta la sua preoccupazione staccando una marghenda e mettendosela fra i capelli.

Si sentiva bene come poche altre volte si era sentito così bene in vita sua.

Nel suo sogno, curiosamente, a Sebastian erano cresciuti due baffetti arricciati proprio nel bel mezzo dell'attacco dei cihuahua e aveva tre ciuffi tutti colorati uno di blu, uno di verde e uno di rosso.

I cihuahua scodarono un po', e d'improvviso misero la coda fra le zampe e guaendo scapparono via. Così, tanto per. Ciel si guardò intorno, ma il campo di fiori era troppo basso per nascondere qualsivoglia mostro, e si stendeva a perdita d'occhio. Era uno spettacolo meraviglioso a vedersi

Sebastianino, in assenza dei cihuahua, tirò un sospiro di sollievo e si rilassò.

Nel frattempo il conte di era fatto una coroncina di lavangherite profumose, e la rimirava tutto contento. Se la mise in testa, e si sentì bello.

Davantì a lui, svolazzando, si posò una cocorita che lo guardò e gli disse «Non sei timido».

Ciel gli diede un pop-corn e la cocorita lo ingollò e volò via.

Poco dopo, gli arrivò davanti un pappagallo grigio africano e, inclinando un po' la testa annunciò «Sei forte e coraggioso». Un pop-corn anche a lui, e il pappagallo decollò.

Poi venne un Ara Macao che gli disse «Non sei basso, e saprai cavartela perchè puoi guarire e pensare» e si fregò tutto il pacchetto di pop-corn.

Per ultimi arrivarono una coppia di inseparabili che lo guardarono e dissero in coro «Metti su ciccia!» e gli regalarono un altro pacchetto di pop-corn e salatini misti.

Ciel ne fu contento, e si mise a mangiare i suoi pop-corn.

Si alzò in piedi e, allegramente, cominciò a passeggiare.

Si trovò di lato una figura, alta

«Salve, padre» salutò Ciel. Non aveva bisogno di voltarsi per capire che era lui

«Ciao, figliolo».

 

Nel frattempo, anche gli altri concorrenti della casa si erano destati.

Nell'aria era stato messo un allegro Yodel, ma, curiosamente, era stato mandato solo quando erano stati tutti svegli.

Non poteva essere altro che un'adunata!

Fu così che tutti si riunirono nella Sala Grande e attesero di fronte allo schermo gigante.

Comparve la solita bella ragazza che si tirava ostinatamente il naso, mentre la voce allegra della conduttrice diceva «Che pucci i cuccioli di bradipo! Bradipini! Che carini! Che carini! Bradipini! Oh? Ma... che... che... il microfono è acceso? Oh... ehm... cavolo, non potevi dirmelo, vero? Non ti serve a niente la tua laurea di carta stagnola! Uhm... ciao ragazzi! Bene, vi abbiamo chiamato qui perchè abbiamo intenzione di inaugurare una nuova rubrica; questa tratterà di...»

«Di attualità?» domandò Bard, tirando a indovinare

«No» disse la conduttrice, con la voce di un super-cattivo. Così, perchè poteva farlo «Tratterà piuttosto...»

«Di violenza?» provò a indovinare Integra, sperando che fosse così

«Nooooo. Uffa, ma in tutto quello che fate voi c'è la violenza, dobbiamo farci sopra anche una rubrica?! Uhmm... che bella idea... annota, psicologo dalla laurea di carta spagnola... cioè, di carta stagnola. Rubrica violenta... comunque non è questo»

«È la rubrica della posta?» chiese Walter.

Probabilmente, prima di quella domanda, non era affatto la rubrica della posta. Ma la fortuna di Walter, gli permise di indovinare a colpo di sicuro

«Bravo Walter! È proprio la rubrica della posta! La inaugureremo con un'unica lettera, perciò questo non è ancora da considerarsi un vero angolo della posta. Ce la scrive Annarita, da Oppido, indirizzata direttamente a... Walter. E ti pareva. Quattro Braccine, all'opera!».

Immediatamente, da dietro un armadio spuntò un Grozzo vestito da DueperDue e fortunatamente non da QuattroperQuattro (?). Tutti si spaventarono, perchè era un armadio a parete.

Il Grozzo si avvicinò al maggiordomo senza proferir parola e gli allungò il biglietto.

Era scritto su carta di quaderno a quadretti, palesemente strappata via, ed era per giunat scritta in italiano.

Walter, per fortuna, in qualità di maggiordomo e tuttofare, conosceva anche l'italiano, che non era poi così diverso dalla sua lingua d'origine, lo spagnolo.

Un ennesimo, solitario Yodel risuonò nell'aria, poi fu il silenzio.

Il maggiordomo lesse il bigliettino e lo tradusse automaticamente ad alta voce. Ma noi vi riporteremo l'originale del bigliettino, perchè è più divertente.

In lettere vergate in stampatello maiuscolo, rotondeggiante e infantile (anche se la a per motivi ignoti era l'unica in minuscolo) era riportato il seguente messaggio:

Caro Walter -cancellatine cancellatine cancellatine di penna-

Ti scrivo x dirti ke sono una grande tua fan è come hai capito mi piaci molto. Sai io ti ammiro tanto x tt quello ke fai e ke continui a fare anke se vai in bagno ti hammiro.

Ti

voglio tanto

bene

anzi Je t'aime!

-cuoricini cuoricini cuoricini cuoricini-”

«Aehm... che pensiero carino...» Walter era rimasto parecchio colpito da quella lettera. Nel senso che era come se avesse ricevuto in pugno in faccia. Chi era questa persona che lo hammirava? E poi, in un certo senso, era imbarazzante ricevere lettere che dicevano che lo hammirava anke se andava in bagno. Come se fosse una colpa. Non era una cosa solo sua, succedeva a tanta gente.

Però quello che Walter disse ad alta voce, forte del fatto che fra i presenti solo lui capiva l'italiano, fu questo:

Caro Walter Cumm Dorneaz,

ti scrivo per dirti che sono una tua grande fan e che la mia ammirazione verso di te non conosce confini. Come avrai capito dalle mie parole, mi sono infatuata di te e ti trovo molto attraente, atletico e intelligente. Io ti ammiro per tutti gli sforzi che fai in questa malefica casa, anche nelle situazioni più imbarazzanti.

Ti

voglio tanto

bene

anzi, Je t'aime!

-cuoricini cuoricini cuoricini cuoricini cuoricini cuoricini-”.

 

Non appena finito di leggere, Walter s'impietrì. C'era qualcun altro in quella stanza che sapeva leggere e parlare l'italiano e avrebbe potuto smascherare il suo inganno! Oh, destino crudele...

Walter gettò un'occhiata nervosa verso padre Alexander Andersen. Che, tuttavia, non sembrava intenzionato più di tanto a smascherare il suo imbroglio, visto che aveva deciso che la sua baionetta era talmente lucida da meritare tutta la sua attenzione per il resto della mattinata.

Il maggiordomo sentì di avere tessuto un fortissimo legame affettivo e sentimentale verso quel benedetto braccialetto della fortuna.

La voce della conduttrice, si alzò rombante dalle ceneri per tornare come yuna fenice (?), e disse:

 

«Cari fan, questo è il vostro momento! A partire da adesso, se volete inviare qualcosa ai vostri beniamini, una lettera, un saluto, un incoraggiamento, un disegno, anche un oggetto, per quanto voluminoso o povero sia, adesso potete farlo attraverso attraverso i commenti su EFP fanfiction e su deviantart! Ricordate: anche il più piccolo gesto può fare la differenza e far sentire meglio questi poveracci a cui siamo sicuri che almeno un po' vi sarete affezionati. Potete far recapitare a Finnian un cervo volante, per esempio (anche se è illegale), o un padre nuovo a Ciel (anche questo probabilmente è illegale). Cioè, non so dove prenderete un padre nuovo per Ciel, ma potete spedire anche quello! La nuova Rubrica della Posta, ai limiti dell'illegalità!»

 

I partecipanti erano eccitati: da adesso avrebbero ricevuto regolarmente delle lettere! E voi? Li volete deludere? No, vero? Ecco, quindi mandategli le lettere. È gradito anche un salutino. Anche una gomma da masticare. Ma non mandatela a Integra se no vi rintraccia e vi ammazza, e ammazza noi per avervi consentito di mandarle unicamente una vile gomma da masticare. Per lei, però, anche un sigaro mezzo usato va bene, purchè lo puliate prima di spedirlo. Anzi, no, anche sporco. Potete anche mandare una lampada con un bigliettino con su scritto “da fumare” e Integra lo apprezzerà.

La voce della conduttrice continuò «E dopo la Rubrica della Posta, con la speciale collaborazione dello piscolgo dalla laurea di carta stagnola e la nostra Annarita, potete tranquillamente andare a riposare per stasera. Sarete stanchi dopo quella luuunga passeggiata all'Inferno. Stasera ci sarà la prova, quindi preparatevi. Oppure dormite. Vi farà bene, sembrate stanchi»

«Perchè solo Walter ha le letterine?» chiese Finnian, ciucciandosi il dito pinzato

«Perchè le mandano solo a lui?»

«Ora le mandano anche a te, ora che abbiamo fatto la Rubrica della Posta»

«Ma secondo te mi mandano davvero un cervo volante?»

«Può darsi...»

«Yay!».

E Finnian corse via. Gli altri si sentivano tutti pieni di acido lattico e stanchezza, perciò decisero che andare a riposare era la soluzione migliore.

E adesso, analizzeremo nel dettaglio i sogni di tutti. Tranne Sebastian, che non dormì, ma fece il poeta, e più tardi vedremo la sua composizione artistica.

Iniziamo dai sogni di padre Alexander Andersen...

Padre Alexander Andersen, nei suoi sogni, vedeva una grande luce bianca che gli diceva con voce soave «Sono una luce buonaaa! Perchè sono Diooo!».

Glielo diceva all'infinito.

Andersen cominciva ad irritarsi, ma non poteva dirlo, per quella luce buona era Dio. E qvesti evano i sogni di padve Alexandev Andevsen.

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola: Questo sogno denota una fede tanto grande da procurare parecchi problemi psichici. Tanto per cominciare, la luce “semplice” che dice “sono una luce buona” indica due cose: una qual certa ilare mancanza di fantasia, e il fatto che Padre Andersen non sa come immaginarsi Dio e sa solo di lui che probabilmente è buono. Ciò gli provoca una confusione bestiale, che lo irrita. È come quando si ha il prurito sul naso, e il naso è troppo alto per raggiungerlo (?)Fine dell'opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola.

Passiamo ai sogni del giardiniere Finnian.

Finnian sognava di essere in un prato. All'improvviso si ritrovava in un salotto. Questo salotto era all'interno di una barchetta di legno. Quando lui affacciò dalla barchetta di legno, vide che la barchetta di legno galleggiava in una pozzanghera sul pianeta Grabov, che era un pianetino millenario poco più grande del pallone di un fantomatico Gianni. Da lì Finnian iniziò ad ascoltare una voce narrante, che mentre narrava gli fece vedere le immagini di un'incredibile storia.

La storia era più o meno così:

Tanti e tanti anni fa, c'era un intrepido ragazzo di nome lungo e parecchio inusuale: si chiamava infatti Rumplestiltskin e veniva da dieci a venti anni di età complessiva, insomma, tutti molto giovani neopatentati che sradicavano i cartelli stradali e li nascondevano fra i cespugli, e investivano chiunque, compresi i bambini, poverini, dietro i loro bei palloni gonfiati, irritanti damerini che si credevano grandi uomini bianchi bianchi e neri neri e tutti vivevano insieme in pace e in armonia, senza mai avere problemi a litigare come Tom e Jerry, cercando di spiaccicarsi reciprocamente...

Si tirarono tutti i capelli contemporaneamente, e rimasero pelati, mentre sullo sfondo c'era una strana figura che bisticciava con il fuoco, fuoco, muori fuoco maledetto! Ma il fuoco non voleva morire, poco importava quanto forte e quante volte venisse colpito con una pallina da ping pong di plastica grigigna e di scarsa qualità: non era Funtom.

«Ahia» disse lui, risentito, mise il broncio e incrociò le braccia sul petto e disse «Io ti odio bruciante e cattivo. Non era certo una bella cosa, anzi, era brutta e faceva piangere pucci e bimbi, e questo era inaccettabile come i crimini della cristianità nei secoli contro il mondo degli uomini, uomini, uomini, il mondo è pieno di uomini, cavolo.

Ma c'è una soluzione... genocidio! (faccina felice)»

Genocidio degli ebrei ad opera di Adolf Hitler, il famoso e bello, tuttavia era molto infelice perchè non aveva un amico vero, e lo cercava sempre insieme tu ed io senza dirci mai addio, la mia terra e il mio figlio non va bene a scuola? Disse la madre, e lo sgumbunò con una padella, per fargli capire. Questa era educazione del fanciullo borghese il quale deve essere necessariamente e assolutamente essere o non essere, questo è il dilemma?

Genna, pensò che preferiva essere che non essere per ovvi motivi importantissimi: risolvere la fame nel mondo, smettere le guerre, persino salvare animali in via d'estinzione quali le letterine che ballavano la rumba, ma ovviamente ciò non era possibile, perciò doveva per forza essere un sogno che presto divenne un terribile incubo. Insomma, si videro immagini di The Rake e dell'orrido Red Smile, un cane che di denti ne aveva un sacco di patate, ma patate mostruose, con i dentoni ch erano tutti gialli e marrò e avevano pure gli occhi, ed erano tutti bianchi come i denti di Chip Skylark.

Chip Skylark è un personaggio di Due Fantagenitori, che è un cartone animato della Tv... oh, mamma, era Memole!

Il canale venne subito cambiato, tanto da risultare irriconoscibile, ormai tale e quale a The Great Khalì, un atleta Magnus che s'era sprecato per un cartone stupidino come Lazytown, dove faceva un tizio che non combinò niente senonché saltava da un lato all'altro della strada, quel birichino, ma sempre molto puccino, quindi tutte le sue birbonate venivano perdonate sempre e comunque e dovunque, lui non se ne sarebbe interessato e avrebbe cantato con tutta la sua forza spaventosa.

«Quindi ha un'aura potentissima!» dedusse Junior, spaventandosi tantissimo per colpa di quella brutta storia di come nacque Equestria.

Chi ha qualcosa da ridire parli adesso o anche no, tipo che arrivava all'improvviso un posto a tavola, che c'è un amico in più forte di Callaghan, che poi non si è mai capito chi fosse questo Callaghan se non un forzuto uomo che fece un incidente autostradale. Uii! Evvai! Incidenti autostradali! Che bello, bello impossibile, con gli occhi neri e il tuo sapor medio-orientale, bello, bello invincibile, con gli occhi neri e la tua bocca dentuta, con i denti puntuti, e le punte affilate e le affilature, beh, erano veramente brutte e somigliavano un poco ad R-Truth, un wrestler con un amico immaginario, ma che poi si scoprì che non era mica tanto immaginario. E quando comparve loro davanti, capirono:

lui e lei non si amavano, ma si ostinavano ancora a stare insieme perché, oh mio Dio, lui in realtà non era affatto ciò che noi credevamo che fosse... lui... lui era una marionetta! Lo shock fu un grande eroe per il popolo dei Ming Ming Ming, il glorioso nome che l'ultimo gruppo di goldenwolfen si erano scelti. Certo sembrava il nome di una tribù di pigmei, ma era solo un dettaglio non molto più piccolo di quanto si era immaginato.

E fu così che nacque Equestria.

Nacque così. Non è uno scherzo. È tutto vero e tutti pony andarono sulla luna del pianeta Grabov che era fatta di mille farfalle, mille colori, arcobaleni, fiori e cose molto allegre e sicuramente no di creepypaste, cioè paste molto brutte: pasta con gli occhi storti e sangue all'AIDS, pasta alla lucertola scuoiata ancora viva” qui Finnian aveva cominciato a strillare come una ragazzina terrorizzata “e gli autoveicoli dovevano valutare la distanza che li separava da un ciclomotorista di fronte alta alta” qui Finnian era al colmo dell'orrore “Sciccitano” il giardiniere si era sepolto la faccia fra le mani e piangeva, perchè sentiva di non poter fare altro “dalla famosa forma della testa a piricuddo. Quale orrore nell'osservare, impotenti, l'avversario che si avvicinava con il suo cappotto nero di pelle e quel suo sguardo spaventoso, che te la faceva fare sotto la panca la capra campa, e sopra la campa la capra continua a campare, è una legge di natura. Tuttavia Daniel si arrabbiò lo stesso quando glielo dissimo, mah, forse che è vivo, forse che è morto, non si sa lo scopriremo solo vivendo all'aria aperta”....

E qui lo psicologo dalla laurea di carta stagnola spense momentaneamente la macchina per ascoltare i sogni, perchè gli stava fondendo il cervello, e decise di dire la sua. Magari qualcosa di comprensibile.

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola: Finnian è chiaramente un ragazzino con problemi psicologici risalenti all'infanzia. Lo si nota soprattutto nei punti in cui la mamma educa il figlio dandogli botte, e dal fatto che all'inizio, esplora posti che, normalmente non dovrebbero esistere in quel modo. Forse lo tenevano rinchiuso e gli vietavano di uscire perchè si vergognavano di lui. Inoltre, ultimamente, il suo stato di shock è peggiorato a causa, probabilmente, della presenza di Seras e di questo reality. Non si capiva nulla del suo racconto, perciò il suo cervello deve aver mescolato varie informazioni a casaccio, unendo tutte le frasi, anche se incoerenti, per l'ultima parola, come in una specie di gioco. La sua personalità infantile risalta anche per il fatto che continua a citare cartoni animati come Due Fantagenitori, My Little Pony e Memole, tra i tanti. Alcuni non li so, ma probabilmente è tutta una grande accozzaglia di cartoni animati, programmi e shock infantili. Probabilmente uno dei suoi parenti deve aver avuto un incidente stradale con la moto, perchè continua a fare riferimento ai codici della strada. Un'altra cosa che mi ha colpito è il fatto che usi parole quali “sgumbunare” e “piricuddo”. È anche saltato subito all'occhio che è rimasto impressionato in modo particolare dalla figura del nostro ultimo ospite Undertaker, visto che la voce narrante nella sua testa gli dedica interamente un periodo coerente più lungo degli altri e lo definisce come “una figura inquietante col cappotto che te la fa fare sotto col suo sguardo spaventoso”. La recente visita all'Inferno ha contagiato il suo sogno con sprazzi di incubo e parole cattive come “genocidio”, “Adolf Hitler”, “pasta con gli occhi storti e sangue malato”, “lucertole aperte ancora vive” e passa.

Questo ragazzo attribuisce una personalità al fuoco, e c'è un ragazzino che tenta di ucciderlo con una pallina da ping pong. Il fuoco incrocia le braccia (che non ha, perchè è fuoco) e gli dice che lo odia (e non può, perchè è fuoco). Questo ragazzo deve avere avuto problemi con il fuoco e snetirsi odiato da lui, cercando a sua volta di annientarlo, attraverso uno smodato utilizzo di palline da ping pong. Ma ciò lo rende impotente, e si sente ancora più male.

In conclusione, ci sono molte altre cose che potrei dire, ma per abbreviare, dai suoi sogni risulta che o Finnian è dotato di una fantasia fuori controllo (che è significa che è pazzo), oppure Finnian è un pazzo demente (che significa che è pazzo). Se volete potete tirare altre conclusioni, ma a giudicare da questo sogno, non è sano. È pazzo. Fine dell'opinione dello psicologo con la laurea di carta stagnola.

Il prossimo sogno che andremo a esplorare (ma è legale?) è quello di Mey Rin:

Il vicolo buio era in bianco e nero.

Mey Rin avanzò tenendosi con una mano il suo cappello da investigatore privato, che avrebbe dovuto essere marrò, ma che era grigio.

Perchè era tutto in bianco e nero.

«Devo risolvere il caso» disse Mey Rin.

Si guardò intorno, guardinga. Poi disse ad alta voce «Il cucchiaio del signorino è stato rapito. E io devo trovarlo». All'improvviso vide per terra una traccia insanguinata.

Era la forma del cucchiaio.

Era un indizio. Significava che avevano usato il cucchiaio per un delitto.

O forse il rapitore stesso si era fatto la bua.

Ben gli stava, maledetto. Mey Rin iniziò a raccogliere il sangue in una provetta sterile che tirò fuori da sotto l'impermeabile grigio e lo portò al suo laboratorio privato.

Analizzò il campione di sangue e ne dedusse che apparteneva a un maschio bianco, dai capelli neri , alto e bello, con gli occhi grigi (perchè era tutto in bianco e nero), faceva il maggiordomo e portava i guanti bianchi.

«Come hai fatto a capire tutto questo da una goccia di sangue?» chiese il suo aiutante Walter

«Elementare, Walter» disse lei, e non spiegò niente.

Perchè si trovarono immediatamente di fronte al colpevole, colto in flagrante con il cucchiaio in mano.

Conosceva solo una persona che corrispondesse alla descrizione e non avesse un alibi contemporaneamente... ed era lui...

Era stato il maggiordomo!

«Posso spiegare» disse Sebastian

«Non c'è ne è bisogno» disse Mey Rin «Perchè ora avremo un flashback».

Ci fu, come detto da Mey Rin (che intuito!) un flashback.

Nel frattempo, la voce dell'investigatrice, spiegava tutto

«Quando hai preso il cucchiaio, sapevi quello che facevi. Lo hai preso mentre il padroncino dormiva, il suo solito riposino pomeridiano. Finnian si occupava del giardino. E Bard... Bard era il tuo complice!»

Nel flashback si vedono Bard e Sebastian con la faccia di loschi ceffi (Bard ha pure una cicatrice sulla faccia) che rapiscono il povero, piccolo, indifeso cucchiaino che si dibatte, ma è impotente, e lo ficcano in un ruvido sacco

«Ma non ti bastava portarlo via, no... Lo avresti consegnato al suo destino in men che non si dica. Ma d'improvviso accadde qualcosa... Ti feristi la mano con cui portavi il cucchiaio con una posata, un coltello. Volevi lavarli, non è così?» disse Mey Rin, in tono accusatorio.

Sebastian era più pallido che mai.

«Ma il cucchiaino ti cadde, immerso nel tuo sangue, e tu gli lanciasti mille accidenti, ti lavasti le mani e ne usasti uno di rimpiazzo, spacciandolo per il vero cucchiaino, il cucchiaino preferito del signorino. Preparasti il tuo dolce, lo portasti al signorino e poi sei tornato qui, infine, per cancellare le prove del tuo delitto e lavare il sangue dal cucchiaino preferito del signorino»

Sebastian era sull'orlo delle lacrime «Si, è vero, lo confesso, è tutto vero!» ammise il maggiordomo, piangendo «Non è stata colpa mia, era quel cucchiaino che cercava rogne!»

Mey Rin lo guardò impassibile

«Ti giuro, è tutto vero, è tutto vero, ti dico!»

«Appunto perchè è tutto vero tu sei colpevole!» tuonò Mey Rin a un povero Sebastian criminale

«E allora... allora... cos'hai intenzione di farmi?» chiese il maggiordomo, con voce tremante

«Nulla» disse lei «Perchè non è un delitto lavare le posate»”.

Questo si che è stato un bel sogno pieno di azione.

Opinione dello psicologo con la laurea di carta stagnola: Da questo sogno, ovviamente, traspare l'amore di Mey Rin per i gialli. È vero che è una cinese, però non è inteso come l'amore per i cinesi, quanto i libri di colore giallo o noir, come ci viene. Questo, seppure sia una situazione che nella realtà non dovrebbe esistere (la gente non avvia un'indagine per una posata scomparsa e presa dal maggiordomo) è un sogno molto più sensato di quello di Finnian. Innanzitutto, è comprensibile. In secondo luogo, se la guardiamo attentamente, capiamo che rispetta le leggi dello spazio-tempo (più o meno, escludendo i salti temporali) e che il delitto ha uno svolgimento, dei sospettati, delle prove, un'accusa, una vittima (all'incirca) e il criminale. Segue una logica. Se questo fosse stato il sogno di Finnian probabilmente il sangue riportato era perché Sebastian si era sbattuto il cucchiaino in testa, nel sangue si vedeva il DNA con scritto Sebastian, Sebastian, Sebastian e lo avrebbero incarcerato perchè aveva pulito la posata del signorino. Perciò dico che Mey Rin è sana di mente, nonché con un certo talento per le investigazioni. Fine dell'opinione dello psicologo con la laurea di carta stagnola.

Il prossimo sogno che analizzeremo sarà quello di Seras. E già il nostro psicologo trema e sta per mettersi a piangere. Perchè questo è un sogno per Seras, ma sarà senz'altro un incubo per lui.

Via con il sogno!

Il sogno, a quanto pare ha una sigla. Questa sigla dice, sulle note di quella di Intervista col Vampiro provvisoria

Intervista col Vampiro è un programma,

che se lo vedi ti spaventi e chiami Mastah,

il mio Mastah intervista tutti pari,

uatciuwuari, uatciuwuari, uatciuwuari

uatciuwuari, uatciuwuari, uatciuwuari!

Intervista col Vampiro ti spaventa,

e se ti giri cadi dalla motoretta,

poi ti metti a testa in giù,

i tuoi boccoli stan su,

però che sono tutti morti, poverini!”.

Il sogno parte così: c'è una castagna gigante. In questa castagna, che è palesemente marcita, c'è un buco con una porta. Questa porta si apre e dalla castagna, anzicchè il solito monotono vermetto, esce il suo Mastah. Che felicità!

Seras guarda il Mastah e gli dice «Mastah!».

Straordinariamente, il Mastah le sorride benevolo e non con i denti che sembrano una tagliola tagliante.

E d'improvviso alle sue spalle compare Finnian che la guarda e le dice «Vieni, Seras, andiamo a giocare!»

«Ma, Finnian, oggi io veramente volevo giocare col mio Mastah...»

Finnian la guarda sorpreso «Cosa?»

«Si» Seras fa una faccia dispiaciuta «Oggi io volevo stare col mio Mastah»

«Quindi vuoi giocare con lui e non con me...»

«Si, ma solo per oggi, Finny»

«No, tieniti il tuo Mastah per tutto il tempo che vuoi!» grida Finnian, poi tira su col naso «Gioca con lui, se lo preferisci, stacci insieme per sempre!»

«No, Finny!».

Finnian scappa in lacrime. Tutto diventa scuro, tranne un fascio di luce che illumina male lui e il suo Mastah.

Seras guardò verso di lui. Il Mastah ha una strana espressione, a metà tra la disapprovazione e il disgusto. Si richiude dentro la castagna e la lascia lì, sola.

La scena cambia. C'è Seras, seduta su un muretto di uno skatepark desolato. Di lato a lei c'è Walter: il maggiordomo la guarda e le mette un braccio intorno alle spalle, paterno

«Chi fa da sé fa per tre» dice, rassicurante «La prudenza non è mai troppa. Chi dorme non piglia pesci. La vità è bella. Chi la fa l'aspetti. Non ti arrendere. Occhio per occhio, dente per dente».

Seras annuisce, trovando le parole di Walter sagge ma incomprensibili.

«L'erba del vicino è sempre più verde. Gioco di mani, gioco di villani. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Meglio tardi che mai. Pelo rosso mal colore: o ladro, o birbante, o traditore. Chi si fa i fatti suoi, campa cent'anni. Non si guarda in bocca a caval donato. Gli uomini sono come i cavalli: quando un cavallo ha i capelli, è come quando un uomo ha i capelli. C'è puzza di chiuso, apriamo le finestre. Una rondine non fa primavera. L'amicizia è magica. Occhiomalocchioprezzemoloefinocchio. Supercalifragilistichespiralidoso. Rosso di sera, buon tempo si spera. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio».

Seras si sente meglio. Non ha capito niente di niente, ma almeno il tono rassicurante di Walter la fa sentire meno in colpa. E all'improvviso Walter scompare e la scena turbina. Seras si trova in un altro posto. Questo posto è l'ufficio di Integra, ma c'è qualcosa di diverso: adesso le seggiole sono infinitamente più grandi di lei. Quando Seras alza lo sguardo, c'è Integra che la fissa.

Ma non è un'Integra normale: è una Integra in formato maxi. È a dir poco gigantesca, e parla in un modo che farebbe piangere di vergogna un golem trollesco di dimensioni draghesche con la gola secca.

Dice qualcosa, ma la sua voce è talmente grossa che non si capisce niente; sembra quasi che farfugli complicati calcoli matematici dai risultati errati.

Seras scappa e si nasconde dietro l'armadio, ma Integra l'acchiappa come se nulla fosse e la tira fuori... UAG71DQWG5QUDe7I9D010KOKDeRRorErroorErrorErrorErrorjihbo9f4wqudw0w...”

Seras si è svegliata, spaventata dal suo incubo. Almeno si suppone. Forse il suo cervello è andato definitivamente in pappa, però, quindi non è più in grado di sognare. La macchina dei sogni continua a incepparsi e mandare diverse interferenze. Pare di scorgere qualcosa tra le varie interferenze, ma non può essere altro che un'impressione.

Tuttavia il nostro psicologo è sollevato. Si aspettava qualcosa di peggio, e siamo stupiti anche noi. Ci aspettavamo un sogno più coerente da parte di Finnian e uno demenziale da parte di Seras. Più demenziale di così. Molto di più.

Tuttavia, per spiegare ciò che è accaduto davvero, ci conviene rivolgerci al nostro psicologo dalla laurea di carta stagnola.

Opini... Aspettate, la macchina si è fermata per qualche secondo su un'immagine in bianco e nero non particolarmente complicata che non siamo riusciti a vedere e poi ha ripreso a funzionare. Eccoci, siamo di nuovo sintonizzati sui sogni di Seras. Seras Tv, il canale come lo vuoi tu! All'incirca...

Ci siamo persi per qualche motivo com'è andata a finire tra Integrodzilla e Seraspollicina.

Ma il peggio deve ancora venire... è interessante sapere che lo psicologo dalla laurea di carta stagnola ha gli occhi rossi e lucidi e tira su con il naso ogni venti secondi?

Seras cammina, tutta contenta. Sembra la sua stanzetta, quella che ha a casa Hellsing. C'è uno specchio. Nella stanza ci sono un letto e un comò, cose normali nella stanza di una persona, ma parecchio strane in quelle di un vampiro. Si specchia nello specchio. I suoi occhi sono azzurri. Non ha i canini sporgenti. E d'improvviso nello specchio passano un sacco di immagini senza alcun senso. Cagnolini, mostri bicefali, lombrichi lunghi, castagne, un micio nero, un micio bianco e un micio blu, un tubetto di mostarda, un vampiretto bambino dalla testa pelata, uno strano essere lungo lungo vestito elegante e con la faccia tutta bianca senza lineamenti.”.

Ok, definitivamente possiamo dire al nostro psicologo dalla laurea di carta stagnola di dirci che cosa sta succedendo, prima che tutto questo degeneri in qualcosa di incontrollabile e definitivamente spaventoso (sono i sogni di un vampiro, dopotutto, cosa vi aspettavate?).

 

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola: Tanto per cominciare l'inizio di questo sogno indica in modo approssimativo che Seras non sa a chi vuole più bene: se al suo “Mastah” o a Finnian. Per questo si sente in colpa. Identifica Walter come una figura di riferimento, un uomo saggio, ma non capisce comunque quello che dice, perchè fra Seras e la saggezza, sapete, c'è di mezzo il mare... lo skatepark simboleggia... hmm... visto che è deserto... la solitudine forse. Forse. Integra godzilla è... è la rappresentazione onirica di una figura incontrastabile e mostruosa che troneggia sulla vita della nostra povera vampiretta, distruggendogliela. Forse. Non sono molto sicuro, insomma, sono un pochino confuso su queste cose. E infine lei, che si vede umana nello specchio: questo è ovviamente un forte desiderio di gelato alla vaniglia. Perchè se è un vampiro, non può mangiare il gelato alla vaniglia, ed io lo amo tanto, il gelato alla vaniglia. Le immagini che passano nello specchio alla fine sono pezzi della sua vita messi lì alla rinfusa, immagini che le passavano in quel momento per il cervello, probabilmente visto che ha dei batteri nella testa le hanno inviato degli impulsi in una zona che conteneva questi ricordi e allora sono andati a finire nello specchio. Altrimenti è solo che Seras è confuseggiata. Fine dell'opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola.

 

Passiamo adesso a dei sogni che teoricamente dovrebbero essere molto interessanti. I sogni di Alucard.

Che erano davvero singolari, molto nitidi e puliti, contrariamente a come accaddeva di solito, dove il nostro vampirone in rosso vedeva un'accozzaglia di teschi, pipistrelli, streghe sghignazzanti, lacci delle scarpe, Integre che lo picchiano, sangue, Ciel Phantomhive, sangue, mosche, tafani, sangue, zanzare, pistole, sangue e gabinetti.

Ma date voi stessi un'occhiata:

Seras passeggiava da sola per il corridoio buio e silenzioso. Intorno a lei le tenebre ammantavano come vestiti di velluto nero i quadri antichi e costosi.

La ragazza si fermò a guardare di fronte a se, nell'oscurità. Gli occhi di un essere umano non avrebbero potuto percepire in maniera così vivida i colori così come lei.

«Che succede?» Domandò.

Aveva percepito qualcosa. No, non visto, ma percepito. Si muoveva intorno a lei.

Strisciava silente e se lei l'aveva notato era solo grazie a una combinazione dei suoi sensi acuiti ed ormai da molto tempo non più umani. L'olfatto, il tatto, la percezione dello spostamento d'aria.

«Mastah?» domandò, perplessa e insieme qualcosa che non si capiva tanto bene, perchè anche i sentimenti di Seras sono confuseggiati.

Dietro di lei, qualcosa comparve scivolando attraverso la parete, come un fantasma. Lei si volse.

Un paio di occhi grandi e rossi si aprirono nel buio, due luci rotonde e inquietanti, animalesche, come lo sguardo di una iena famelica.

«Seras Victoria...» Mormorò una voce profonda e calda, che scivolava sulla pelle come un panno pesante «Ho sentito Integra parlare con qualcuno, prima, nell'ufficio… chi era?»

«Mastah… era solo… un uomo d'affari»

«Un uomo d'affari?» la voce nel buio si alzò leggermente di tono e una striscia di bianchi denti affilati comparve a mezz'aria, come il sorriso dello stregatto «Interessante… o forse no. Ci sono molti uomini d'affari, che in questo periodo visitano la nostra Master. Ma questa volta era diverso… si… aveva qualcosa di strano, quell'uomo. Lo sentivo dal suo odore. Odorava di offerta. Cosa ha offerto?»

«Un… un...» la ragazza vampira si ritrasse «… Un guerriero, Mastah».

La figura nel buio emise un verso che somigliava ad un ringhio, roco e vibrante

«Un guerriero?»

«Si, Mastah»

«A che cosa le serve un guerriero? Non ha forse me?»

«Dice… dice che hai bisogno di essere affiancato da qualcuno»

«Non ho alcun bisogno di cose simili!» ruggì il vampiro «Io sono totalmente invincibile!»

«Beh, non è colpa mia...» Seras Victoria si ritrasse finché non giunse nei pressi di una finestra, che illuminò il suo pallidissimo profilo.

Anche l'ombra nera avanzò fino alla luce. I raggi lunari mostrarono una figura altissima, all'incirca di due metri, tutta ammantata di rosso. Ed era strano che fino ad ora il brillante rosso smaltato del suo cappotto non si fosse visto… come se egli si fosse occultato nelle ombre fondendosi totalmente con esse.

Il volto dell'uomo, o della creatura, o del vampiro, o di qualunque cosa fosse (alias Alucard), era crudele e beffardo insieme di solito, con quel sorriso che pareva una paralisi facciale, ma in quel momento era solo arrabbiato, con la pelle raccolta agli angoli della bocca in un digrignar di denti animalesco

«Integra non ha mai voluto un guerriero che non fossi io! Che cosa le ho fatto di male? Non si fida più di me?».

Seras pensò che Alucard fosse dannatamente orgoglioso, ma non disse nulla e si limitò a chinare la testa. Dopotutto lui era il Master. Lui era l'immortale e lui aveva sempre ragione. Alucard ruggì, gettando la testa all'indietro, poi scomparve di nuovo nella parete, quasi volesse dimostrare al mondo intero di avere tutti i poteri possibili, di essere il più degno servo dell'Hellsing.

Ma la sua ira riecheggiava ancora per i corridoi della casa, come una nera e profonda vibrazione che impregnava le pareti.

«Master!» Lo sentì urlare Seras, quattro o cinque stanze più in là «Perché sostituirmi?»

«Non ho alcuna intenzione di sostituirti, Alucard» fu la risposta di Integra «Voglio solo affiancarti»

«Questo è solo il primo passo! Tu vuoi sostituirmi!»

«Paranoico» disse Integra, con aria seccata «Per il patto di Cromwell ti ordino di non ribellarti alla mia decisione! Questo è quanto!».

Seras strisciò fino alla stanza in cui Alucard e Integra stavano parlando, o meglio, animatamente discutendo. Integra aveva un pugno chiuso e premuto contro la scrivania. I suoi occhi azzurri erano due laghi ghiacciati ed imperscrutabili, mentre Alucard sembrava inquieto, un leone in gabbia, con i tendini delle dita in rilievo anche sotto la stoffa dei guanti bianchi.

«Master!»

«Alucard, sta in silenzio! C'è un motivo per cui sei tu a chiamare Master me e non il contrario… e questo motivo è che tu sei ai miei ordini. Perciò accetterai quello che ho deciso per te»

«Volevo solo farti capire… capirai che… è sbagliato! Stai solo assoldando qualcuno, stai pagando qualcuno, che sarà solo una problema. Mi starà in mezzo ai piedi tutto il tempo e non potrò agire come voglio. Lo farò fuori per sbaglio, Integra!»

«Sei tu che non capisci, Alucard» Integra puntò un dito contro il volto del vampiro «Ti credi immortale ed invincibile, ma non è così! Non ricordi l'ultima volta? Non ricordi?»

«Quale volta, Master?» chiese Alucard, in tono stranito

«Non fare il finto tonto, nosferatu! Contro il Millennium. Ti hanno sconfitto. E per anni, per molti, lunghi e pesanti anni, è stato come se tu fossi morto ...»

«Master» il tono di Alucard si addolcì «Non devi preoccuparti...»

«Non mi preoccupo, vampiro! Non per te. Tu sei il joker assassino dell'Hellsing e se vieni sconfitto rimarremo scoperti, senza un'arma decente. Perciò tu accetterai questo compagno, che ti piaccia o no!»

«Questa volta sarà diverso, Master, non mi farò abbattere...»

«Bah!» Integra crollò seduta sulla poltrona, poi allungò la mano verso la confezione di sigari e ne prese uno, che si rigirò fra le dita «Puoi dire ciò che vuoi, ma non voglio che ti facciano fuori di nuovo»

«Si, my Master» Alucard si inchinò e indietreggiò, scomparendo dentro il muro come se si fosse dissolto.

Integra si lasciò scappare un sorriso soddisfatto: ancora una volta aveva convinto mister “assassino perfetto” che le sue idee erano giuste. O almeno lo aveva fatto cedere.

 

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola: In questo sogno viene espressa la possessività da bambino di due anni verso la mammina che Alucard prova verso la sua master. Non vuole condividerla e anche se lei non vuole lui, non importa finchè nessun'altro si frappone fra loro due. Sembra la gelosia che provano i bimbi quando arriva un fratellino o una sorellina in casa, perchè hanno paura che i loro genitori non li amino più come una volta. E questo è quanto. Seras viene usata semplicemente come mezzo di comunicazione che va avanti e indietro solitaria per i corridoi, confusa e perplessa, tanto che Alucard percepisce le sue reazioni come incomprensibili. Fine dell'opinione dello psicologo con la laurea di carta stagnola.

 

Abbiamo osservato i sogni di Mey Rin, Finnian, Andersen, Alucard e Seras. Passiamo dunque ai sogni di Bard:

Bard sognava di sognare di essere malato in un letto d'ospedale. Di lato a sé aveva Sebastian, che lo guardava fisso con occhi di bragia e di tanto in tanto gli diceva di non oziare. Ma Bard era troppo rotto per fare qualcos'altro che non fosse oziare, così oziava e Sebastian continuava a guardarlo male con i suoi occhi di bragia rossa. Punto.

 

Opinione dello psicologo con la laurea di carta stagnola: Bard è fissato con le malattie. Forse ha vissuto un brutto periodo in guerra, con battaglia batteriologica, buh, non lo so... fatto sta che è fissato. E perciò si identifica come un malato all'ospedale, limitato contro la sua volontà. Sebastian di lato è una figura che, oltre a dirgli di oziare, pur non facendo nulla anch'esso, lo limita secondo la logica onirica che non si capisce bene com'è. Gli occhi “di bragia” di Sebastian sono sinonimo di occhi cattivi e brucenti.

Questo indica che Sebastian lo guarda male. C'è solo Sebastian perchè è un sogno sfigato e i sogni sfigati possono capitare a tutti e non si discutono, sono così e basta. Anche io una volta o due ho avuto sogni sfigati dov'ero solo in mezzo a un pannello bianco per la pubblicità senza pubblicità. Fine dell'opinione dello psicologo con la laurea di carta stagnola.

 

Adesso andiamo a dare un'occhiata agli interessanti sogni di Integra, sempre se è lecito, oddio, ma anche se è illecito... tanto chissenefrega? Non glielo andrete a dire voi, vero? E quindi non lo sapranno mai, o quando lo sapranno la direzione di questo show sarà già scappata alle Hawaii con tutto il malloppo guadagnato dalla produzione di questo reality show.

Ecco i sogni della leggendaria Integra Farburke Wingates Hellsing “Godzilla”:

Integra si trovava in una stanza, una stanza ampia, con pareti dipinte del colore del caffè e decorate finemente da disegni di foglie di marijuana e fiori di nocciolo e arancio. Vi erano alcuni quadri alle pareti della stanza, che ritraevano uomini bellissimi, tutti diversi e tutti con un fisico pazzesco e i capelli al vento (tranne quelli pelati, che non potevano avere i capelli al vento solo perchè non avevano i capelli, ma che avevano comunque le ciglia al vento). Vi era una grande finestra alla parete, dalla quale filtrava la luce, attenuata dal fatto che una palma da cocco di dimensioni apocalittiche e con foglie lunghe come minimo sei metri era piantata proprio fuori da questa.

Integra era seduta dietro una scrivania di mogano con i piedi d'oro, decorata con animaletti intagliati nelle canne (?) di tutti i tipi: orsi, cerbiatti, cavalli, leoni, elefanti, cani, gatti, sorci di un metro (erano i più grandi di tutti gli animaletti), farfalle, aquile, rondini, piccioni, gabbiani e pappataci inferociti. A poco distanza vi era una statua ritraente un lombrico, sul cui piedistallo era inciso il nome “giaguaro”, anche se a quanto pare non era un giaguaro, ma un lombrico.

C'era anche, appeso a parete, un noto lavoro di Renè Maigritte: ceci n'est pas un pipe (questa non è una pipa), ovvero il disegno ritraente una pipa con sotto scritto che in realtà non è una pipa. Una cosa confusa, così...

Integra fumava un sigaro grosso come due pollici e sputava nell'aria forme magiche fatte con fumo e fiamme, ritraenti diverse cose, quali: orsi, cerbiatti, cavalli, leoni, elefanti, cani, gatti, sorci di un metro (erano i più grandi di tutti gli animaletti), farfalle, aquile, rondini, piccioni, gabbiani, pappataci inferociti e la nave che Gandalf il grigio (celeberrimo mago de “Il Signore degli Anelli”) sputa con il fumo dalla pipa (che forse non è una pipa) all'inizio del primo film del ciclo del Signore degli Anelli (da non confondersi con Iuri Chechi).

Ovviamente è sola. Non c'è nessuno che dica niente, gli unici animali presenti sono fatti di canna o di fumo (oddio, detto così sembra una cosa da drogati...).

Poi, all'improvviso, arriva Seras, apre la porta, dice “Mastah!”.
Ma Integra le sputa contro una fiammata, come se fosse un drago che cerca di incenerire un cavaliere, e la avvolge con il fuoco, bruciandola: dalle ceneri della vampiretta carbonizzata sorge un bellissimo ragazzo che un pochino ino ino assomiglia ad Alucard, ma che non ha il nasone, e che quindi non può dirsi realmente somigliante ad Alucard, e che inoltre ha gli occhi azzurri come un mare calmo delle isole tropicali e l'ampio petto muscoloso tatuato con un galeone pirata dalla bandiera sventolante e sette sigari di marche diverse.

L'uomo di bellezza strabiliante dichiara di essere Norm. Noi non sappiamo se Norm è il suo nome o uno status, tipo, non so, normale... sapete, norm, normale... però è norm. Il resto del sogno non ve lo possiamo fare vedere perchè anche questa serie è limitata da un certo rating, ma di certo potete immaginare il resto da soli, se immaginate che cosa può farci Integra con un ragazzo bellissimo in una bellissima location.

Si, e lo psicologo con la laurea di carta stagnola non voleva spegnere la macchina per i sogni... ovviamente.

Smettila, e piuttosto esprimi la tua opinione, psicologo con la laurea di carta stagnola!

Dopo, dopo” dice lo psicologo

Se non esprimi la tua opinione, visto che tanto hai già la laurea di carta stagnola, ti pagheremo in pepite di pura carta stagnola accartocciata”

No, no, dico che cosa penso”.

 

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola:

Allora, ehm... da questo sogno vengono espresse cinque cose fondamentali di Integra, due delle quali non sono ovvie come le altre tre.

Cosa numero uno: lady Hellsing trova fighissimo fumare i sigari. Nella sua testa, il sigaro gli conferisce il potere di fare cose straorinarie, tra cui sputare fiumi di fiamme e fumo come un novizio Vesuvio; mentre, in realtà, quando uno fuma gli vengono i polmoni brutti e i tumori. Inoltre crea figure fumose e animalitiche (?). Ciò denota una fortissima passione per Gandalf o il Signore degli Anelli. Ma soprattutto per Gandalf. (?).

Cosa numero due: lady Hellsing trova fighissima sé stessa. Sta da sola, in contemplazione di ciò che riesce a fare, in un bell'ufficio tutto suo. Inoltre, Integra non ha empatia con le altre persone; infatti è sola nella stanza, ma non è affatto triste per questo, anzi, pensa a quanto è bella e brava lei. Tutto gira intorno a lei, e degli altri... chissenefrega? Questo comportamentop vagamente anti-sociale da “sto-bene-da-sola-grazie” la rende una persona un tantinino egoistica, perchè tende a non capire davvero cosa provano agli altri o come risponderebbero a certe sue azioni o parole.

Cosa numero tre: Seras trova tremendamente irritante Integra... eh, cioè, Integra trova tremendamente irritante Seras. Vorrebbe incererirla e vedere uscire dalle sue ceneri un bel ragazzo.

Ma ha anche un significato simbolico: Seras è si, irritante, ma ha dei sentimenti nobili, e in fondo Integra le vuole un po' di bene. Forse. Boh, non è che lo so tanto bene... (N.d.r. Secondo voi perchè ha una laurea di carta stagnola?). Se dovessimo vederla sotto questo punto di vista quando chiedi al cervello di Integra (senza filtri vocali e ragionamenti freddi e ghiacciolosi nel mezzo) cos'è “bene” la risposta è “bel ragazzo”. E questo ci porta a un altro lato di Integra rimasto nascosto fino ad ora...

Cosa numero quattro: Integra vuole un ragazzo. Visto che ha un comportamento egoistico, freddo, cattivo, duro e anti-sociale, nessuno si azzarda mai ad avvicinarsi a lei con l'intento di darle affetto. Almeno non un homo sapiens sapiens, una persona umana come noi. Se non sono umani, lei li respinge, o almeno se sono mostri come Alucard, visti gli insegnamenti che gli dato suo padre fin da piccola. Se sono umanoidi ma vivi sono okay, visto che il suo nuovo ragazzo è il Maestro, che poi è un alieno. Perciò necessita di affetto, che il Maestro ha appena cominciato a darle, perciò Integra non ha ancora smesso di desiderare di essere voluta bene. Oh, che romantica... più o meno.

Cosa numero cinque: lady Integra ha una passione sviscerata per tutti gli animaletti intagliati nelle canne. Fine dell'opinione lunga lunga dello psicologo dalla laurea di carta stagnola.

Bene. Una volta consultato il nostro strizzacervelli, che ha riacceso la macchina dei sogni su Integra, sbavando sopra quella visione a luci rosse, decidiamo la nostra nuova destinazione onirica... Un Grozzo suggerisce, facendosi venire la voce di Fluttershy, cavallino alato dalla vocetta strozzata e dolcina (?) «Elizabeth». Dopodichè si nasconde dietro la sua giacca nera.

Ed Elizabeth sia! Ecco a voi su un piatto d'argento il suo sogno:

Elizabeth è davanti ad uno specchio. Lo specchio la riflette normalmente, per fortuna (vista la follia di alcuni altri sogni), mentre Lizzie tiene in mano un paio di scarpe col tacco e uno paio di scarpe dal tacco basso, scalza. Sospira e posa le scarpe col tacco alto, e infila le scarpe col tacco basso. Esce dalla stanza e cammina per un lungo corridoio, male illuminato tutto pieno di porte. Sembra non avere mai fine. Si ferma di fronte a due porte uguali. Spia dal buco di una serratura: è la sua stanza degli armadi, dove tiene tutti i suoi graziosi abiti, le sue scarpe con fiori e fiocchi, tutti i suoi accessori con lustrini. Le ante di tutti gli armadi sono aperte a rivelare il loro interno. Lizzie si sposta e guarda nell'altro forellino. È una grande sala: c'è un sacco di gente stretta in un semicerchio intorno a un'altra persona. L'uomo (o la donna), ha il volto coperto ed è in divisa da scherma, con il fioretto in mano. Sembrano tutti aspettare qualcuno.

Lizzie si guarda intorno, nervosa, poi apre la porta senza alcun bisgno di chiave ed entra anche lei. D'improvviso tutto il sogno diventa più nitido: è un ricordo. La vista è limitata dalla griglia della “maschera da scherma”, ma lei è troppo brava per preoccuparsene. L'incontro dura poco: lei si è impegnata al massimo, il ragazzo davanti a lei non ha avuto speranza, mentre lei con pochi, abili colpi, si è aggiudicata l'incontro. Lui è stanco, ha il fiatone. Lei no: non si è mai sentita meglio. Si libera la testa dal fardello che la imprigiona e respira a pieni polmoni l'aria fresca. La gente mormora eccitata intorno a lei. È un brusio indistinto, ma lei non ha bisogno di chissà quale dote per capire cosa stanno dicendo. La marchesina tira di scherma, la lady è una spadaccina, la figlia dei Middford è un prodigio a combattere. Già.

«Ciel non dovrà mai saperlo» sussurra lei, impercettibilmente.

Sapere battagliare come lo sapeva lei, sapere usare un'arma, non è grazioso. Indossare vestiti carini, e fiocchi, e scarpe dal tacco alto... quello è grazioso. Ma lei non indosserà scarpe col tacco alto, o farà sfigurare Ciel. Ma a Lizzie piace tirare di scherma... e Ciel non dovrà mai saperlo.

Quando lei esce dalla stanza, torna ad essere vestita come lo era prima di entrare nella Sala. Il sogno torna di nuovo impalpabile, irreale, in un certo qual modo nebuloso, come lo sono molti sogni. Si richiude la porta alle spalle.

Qualcuno inspira rumorosamente dietro di lei, trattenendo il fiato.

Lizzie si gira, e davanti a lei c'è Ciel.

La ragazza sorride facendo ampi gesti con le mani «Ciao, Ciel! Oh, ogni volta che ti vedo sei più grazioso!»

Ma c'è qualcosa che non va e lei se ne accorge subito. Lui è spaventato. Elizabeth lo guarda perplessa, poi Ciel, pallido, getta uno sguardo eloquente alla sua mano. Lizzie si accorge di avere ancora in mano il fioretto.

«Non è come pensi!» cerca di dire velocemente Lizzie, ma Ciel, lanciandole un ultimo sguardo spaventato, corre via....”

La macchina dei sogni salta un paio di volte, mostrando strane immagini incomprensibili, miscugli di nero e sprazzi di colori, e poi torna a funzionare

Quando lei esce dalla stanza, torna ad essere vestita come lo era prima di entrare nella Sala. Il sogno torna di nuovo impalpabile, irreale, in un certo qual modo nebuloso, come lo sono molti sogni. Si richiude la porta alle spalle.

Qualcuno ride rumorosamente dietro di lei, facendole trattenere il fiato.

Lizzie si gira, e davanti a lei c'è Ciel.

La ragazza sorride facendo ampi gesti con le mani «Ciao, Ciel! Oh, ogni volta che ti vedo sei più grazioso! Awwwwwwww! Quel vestito ti sta un incanto, così sei super-grazioso!».

È tutto come sempre. Lui non saprà mai che lei è brava con la scherma, ma saprà che le piacciono le cose graziose, e che ci sarà sempre per lui. Lo spupazza, come sempre, e poi, mano nella mano, si incamminano verso il corridoio infinito. Insieme”.

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola: Questo è uno dei sogni più strani che io abbia mai visto. Rivela tutto della personalità di Elizabeth, eppure è una delle prime volte che vedo una persona in grado di cambiare il finale del proprio sogno. Stava per volgere in un incubo, dove lei rimane da sola in un corridoio senza inizio né fine, dove Ciel scappa da lei, ma al suo subconscio non è piaciuto e allora ha cambiato il finale in un bel sogno, dove lei cammina mano nella mano con il suo ragazzo che non saprà mai la verità, ed è meglio così. Cominciamo mettendo in chiaro che Elizabeth ama e dico ama le cose graziose, e questo il sogno non lo cambia, anzi, lo conferma. La scelta della porta che conduce alla sala con la gente e gli spadaccini non significa che in realtà lei ama di più combattere, ma indica una separazione imposta dalle cose graziose per via della scherma, che sono le due cose più determinanti della sua vita. A lei piace la scherma, ma piacciono anche le cose graziose, solo che per una lady, una marchesina di tutto rispetto come lei, è più conveniente tenere nascosta la sua passione per i combattimenti e mettere in luce il suo amore per i frizzi, i lustrini, i pizzetti, i fiocchetti e gli abiti graziosi. Credo che è anche per questo che lei, per tutto il reality si è comportata in modo strano: temeva che, visto l'ambiente aggressivo, avrebbe dovuto adeguarsi ed essere aggressiva anche lei. Per quanto brava e temeraria, la povera bambina non può reggere tutta questa pressione e ha avuto alcuni cedimenti, per esempio a cena con il Maggiore, oppure quando ha fatto il robot killer “dagli occhi grandi grandi e rossi rossi come i pomodori”, o quando, appena reduce dall'Inferno, ha avuto un repentino cambio di personalità (a proposito, è tornata normale: era solo un collasso nervoso-lampo la storia di Beth e la darkettosità). La storia della scherma non è una metafora: la macchina dei sogni, con tutti questi pippoli bottoncini, è anche in grado di distinguere un ricordo da un sogno, e mi ha segnalato l'incontro come ricordo. Ha paura che questa sua forza possa spaventare Ciel, il suo adorato ragazzo puccio orbo da un occhio, quindi la rintuzza in un angolino e... beh, finisce lì. E poi non so più che cosa dire. Ehm... ciao. Fine dell'opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola.

Wow. Questo è... particolare. Ma, visto che non ci si può fermare mai, più avanti avrete un angolino dedicato alla riflessione su questi fatti appena svelati dal nostro psicologo, che allora non è poi così inutile... scherzo, scherzo, non sventolare la tua laurea posticcia in quel modo così arrabbiato!

Bene, adesso passiamo a una persona che ultimamente, è stata parecchio fortunata per la sua media, e cioè il nostro non più sfigato Chiccolino di Ribes!

Oh... ok. Ci siamo collegati, e Walter non sta sognando. Qui è tutto nero. Beh, non potevamo aspettarci certamente che nel momento in cui proviamo la nostra macchina dei sogni tutti sognino, giusto? Sarebbe presunzione bella e buona... anzi, brutta e cattiva. La presunzione non è bella e non è buona, ma queste considerazioni di alta filosofia sono altamente superflue.

Perciò, visto che Walter lo sfigato non sta facendo incubi... ah, giusto non è più uno sfigato, ecco perchè non fa brutti sogni di mostri cattivi (Alucard) e vampiri zannuti (Alucard) e fiere cremisi (Alucard) e assassini incappottati (Alucard) e pistoleri animalitici (Alucard) e cani con gli occhi rossi (Alucard) e bestie con lunghe braccia nere multiple e tentacoli (Alucard)...

Ma, visto che non possiamo aspettarci niente da Walter; né da Sebastian, perchè lui è un demone e quindi non necessita di chiudere i suoi occhietti cigliuti e ronfare come tutti noi, allora facciamo affidamento su qualcun altro.

Vai, Tanaka-san, scelgo te!

Il signor Tanaka, allisciandosi i baffetti, si trovava davanti a un tavolo imbandito pieno di tazze tutte diverse. Erano tutte piene fino all'orlo di tè bello caldo e fumante. Come resistere? Il signor Tanaka se le beve tutte quante, e mentre se le beve, le conta. Una tazza di tè, due tazze di tè, tre tazze di tè, quattro tazze di tè, cinque tazze di tè, sei tazze di tè... in tutto sono quarantasette tazze di tè. E lui non lascia neanche una goccia. E all'improvviso, Tanaka si gonfia tutto e torna normale. Poi si sgonfia e diventa “chibi Tanaka-san”. Poi si gonfia di nuovo. Poi si sgonfia. Poi si rigonfia. Veramente, continua così per un bel pezzo, a gonfiarsi e sgonfiarsi, e sembra anche che si diverta un mondo con tutti questi gonfiamenti e sgonfiamenti”.

Non c'è bisogno di dire il resto del sogno perchè durante tutto il sogno, il signor Tanaka non fa molto altro.

Opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola: Al signor Tanaka piace tanto farsi grande grande e piccolo piccolo. Fine dell'opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola

 

E questi erano i sogni dei nostri amici della casa del reality! Aspettate un attimo... non abbiamo ancora finito con Ciel Phantomhive! Dove eravamo rimasti?

Ah giusto, eravamo qui:

Ciel ne fu contento, e si mise a mangiare i suoi pop-corn.

Si alzò in piedi e, allegramente, cominciò a passeggiare.

Si trovò di lato una figura, alta

«Salve, padre» salutò Ciel. Non aveva bisogno di voltarsi per capire che era lui

«Ciao, figliolo».”

Ora volete sapere il seguito?

Si? No? Forse? Volete vedere soffrire Ciel? Amate Ciel Phantomhive? Non ve ne frega niente di Ciel? Se non ve ne frega niente, potete tranquillamente saltare questo pezzo, ma dubitiamo che voi lettori non siate neppure nullamente interessati alle vicende del piccolo Ciel Phantomhive.

Perciò non perdiamo altro tempo anche se... dopo tutte queste parole inutili... dove eravamo arrivati? Ah si:

«Salve, padre» salutò Ciel. Non aveva bisogno di voltarsi per capire che era lui

«Ciao, figliolo».

Undertaker era in piedi accanto al piccolo conte, enorme e tutto vestito di nero, e lo guardava con il classico “mezzo-sorriso paterno” stampato in volto.

«Padre... che cosa faremo oggi?»

«Oggi diventerai un vero uomo».

Ciel gonfiò il petto preventivamente... non sapeva ancora in che modo sarebbe potuto diventare un vero uomo, ma gli sembrava una cosa di vitale importanza e tanto bastava per renderlo disponibile.

«Sono pronto, padre»

«Oggi combatterai per la prima volta, Ciel».

E il piccolo Ciel Phantomhive sentì il mondo crollargli addosso in tutta la sua mostruosa pesantezza: combattere? In che senso combattere? Nel senso... fisicamente? Con le mani e con i piedi e con la testa? Facendosi male? La bua? Lui non l'aveva mai fatto. Certo, altrimenti quella non sarebbe stata la prima volta...

«Sono pronto» Disse.

Ma non si sentiva pronto. Neanche un po'. Però non importava, non doveva deludere suo padre, perciò prese un profondo respiro e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, non si trovava più nel prato, ma su un ring dal tappeto grigio, circondato da un pubblico di gente urlante con striscioni e cartelloni.

Sentiva gridare il proprio nome, ma non vedeva il suo avversario. Non si scompose quando vide arrivare Integra, vestita con una tuta da ginnastica rosso sangue decorata a teschi mostruosi e zannuti. Era lei l'avversario? Pareva di si, visto che stava salendo sul ring e lo stava squadrando con aria truce.

I due si avvicinarono l'uno all'altro, e l'altro con l'uno, e Ciel si rese conto di non essersi mai sentito così piccolo e fragile. Integra era enorme, rispetto a lui, ed era una specie di Hulk femmina, una Hulka, e... ed era vestita come un pirata sportivo, il che non era il massimo per rassicurarlo. E se solo pochi secondi prima non si era sentito pronto, adesso aveva voglia di coricarsi su un divano e non muovere più niente fino alla fine del mondo. E magari di un parfait.

Integra aveva lo sguardo di un drago selvatico (ma non un drago selvatico buono), e ad ogni suo passo, dal tappeto del ring uscivano fumo, fiamme e gnomi abbigliati in modo inquietante (?). Le luci dell'arena si erano notevolmente abbassate e illuminavano tutto di un fievole rosso demoniaco. Il pubblico sembrava tutto più cattivo, e nessuno urlava più il suo nome: c'era stata una conversione generale e il coro da stadio che finora aveva incitato il povero, piccolo, eroico suo malgrado, Ciel, si era tramutato nel boato di un unico nome, ormai sulle labbra di tutto il pubblico:

Integra Farburke Wingates Hellsin; non si capiva bene perchè il pubblico storpiasse il nome della sua beniamina, ma lo faceva. Forse era il suo nome di spettacolo (uguale, ma senza la g, ma sempre nome di spettacolo era. Forse).

Ciel in quel momento decise il proprio nome di spettacolo: il Conte Solubile! E nel momento in cui lo decise... si sentì fracco, dove fracco sta per: debole, moscio, indifeso, fragile, attaccabile, inerme, inerte, ingenuo, abulico, abbattuto, debilitato, fiacco, stanco e anche un po' malato, delicato, instabile.

Insomma, non bene.

Era Intregra Farburke Wingates Hellsin contro il Conte Solubile, per il match in cui è messo in palio il titolo dei pesi massimi. Già il nome “Conte Solubile” non ispirava potenza. Ispirava piuttosto un'aspirina, o qualcosa di solubile in acqua fredda.

Insomma, non pensavi al Conte Scatenato. Pensavi a quello Solubile. Il che è ben diverso.

L'arbitro, un tizio vestito come un carcerato, ma con un grazioso papillon color cannella, con un gesto ampio del braccio annunciò al din din din della campanella che il match era cominciato.

Integra prese immediatamente Ciel e lo lanciò verso il pubblico come se pesasse poco più d'un ramoscello. Il ragazzo urlò per tutto il tragitto, che gli sembrò lunghissimo, e andò a finire al rallentatore fra le grinfie del pubblico cattivo e di un paio di gnomi dotati di cesoie e borchie e cesoie borchiate. Anche una volta atterrato, il bambino non smise di urlare, terrorizzato, e si chiese se era stata una buona idea accettare a tredici anni di diventare un uomo.

Insomma, agli uomini cresce la barba, a lui era già assai se gli crescevano i capelli. Peli non ne aveva, e non ne voleva neanche avere, che gli facevano un po' schifo. Guardò con apprensione, senza smettere di strillare, la folta barba di uno gnomo (dotata di borchie e di treccine tenute assieme con sputi, preghiere ed elastici borchiati).

Ciel cercò di liberarsi, ma gli gnomi lo tenevano anche con la barba, che era durissima, come il marmo, e quindi non poteva liberarsi. L'arbitro, nel frattempo, lo stava contando fuori dal ring e appena arrivato a dieci lo avrebbe squalificato, togliendogli l'unica possibilityà di diventare uomo a tredici anni (?).

Come avrebbe mai fatto a liberarsi Ciel?

E fu allora che a uno gnomo cadde una borchia. E si scatenò il caos. Tutti gli gnomi volevano quella borchia, e lo gnomo a cui era caduta la voleva pure. Così si picchiarono, si tirarono capelli e sopracciglia, e pure la barba, che era dura come il marmo e quindi non solo non conclusero niente, ma si fecero pure male.

Ciel si liberò e corse verso il ring con tutta la forza che aveva, mettendoci ogni briciolo di energia che aveva, senza mai smettere di strillare (anzi, di “gridare”: “strillare” è un verbo troppo da ragazzina svenevole per uno che diventa un uomo a tredici anni) e si fiondò all'interno del quadrato, passando sotto l'ultima corda in scivolata e notando di sfuggita che tra il pubblico c'era un tizio basso, ma volante e muscoloso, con una coroncina sulla testa che volava pure lei e delle ali da... mosca, o qualcosa del genere. Si guardava allo specchio con i suoi grandi occhi viola sciabolando le sopracciglia, quasi ipnotizzato da sé stesso, con i capelli neri e lucenti raccolti in una coda e che volavano pure loro.

Ma torniamo al match.

Ciel si rimise in piedi, spalancò la braccia e urlò come pensava che urlassero i veri wrestler (insomma, continuò a fare ciò che stava facendo da un bel pò), poi temerariamente si scagliò verso Integra, cercando di farle una clothesline from hell, che però lui non sapeva come si chiamava e per lui era solo un colpo di braccio teso in faccia. Poi si accorse che, essendo troppo nano, il suo colpo di braccio sarebbe andato tutt'al più sull'ombelico. E Integra lo fermò comunque molto prima che potesse fare la sua bracciata letale ombelicale.

Integra lo prese come se fosse un fuscello, lo alzò con un urlo da Tarzan, signore delle scimme, o del drappo (?), e dopodiché lo fece roteare. Ciel non smise mai di urlare. La donna lo gettò per terra e prese a colpire la sua povera testolina con gli stivaloni brutti e borchiati, duri come marmo.

Nel frattempo, l'arbitro si scaccolava allegramente, fissando la telecamera e facendo ciao ciao con la mano libera. Era felice.

Ciel, invece no.

Ciel era molto, molto triste.

Integra lo risollevò per i capelli, dopodichè lo prese alla gola, lo sollevò ad altezze vertiginose e lo ributtò per terra (questa mossa si chiama chokeslam, bambini, e ricordatevi: try this at home! Ma non per terra che vi fate male) e continuò a dargli un sacco di calci. Poi lo risollevò (i suoi capelli e anche lui cominciavano a stufarsi di essere presi così) se lo mise sulle spalle come un caprettino, tenendolo per mani e piedi (anche se più che altro lui si sentiva un litro di latte tenuto dentro una bottiglia di carta) e si buttò all'indietro, ricadendo con forza e peso (con tutta la sua forza e tutto il suo peso, da precisare) sul povero Conte Solubile (questa si chiama gorilla press slam).

Miracolosamente, Integra si allontanò. Ciel chiuse gli occhi, tutto malmenato, cercando qualche attimo di tregua. Aprì un occhio, e vide che Integra stava salendo sulle corde, in corrispondenza del paletto d'intersezione a uno dei quattro angoli del ring. Che stava facendo?

La donna alzò le braccia verso il pubblicò come a cercare incitamento, e quando si girò verso l'interno del ring, Ciel pensò che volesse scendere. Era proprio così, ma in un modo più turbolento e doloroso di quanto il bambino potesse mai aspettarsi.

Integra si lanciò all'improvviso su di lui, protendendo il gomito e facendoglielo affondare dritto dritto nel suo stomaco (e non aveva neanche grasso, o addominali, o strane conformazioni ossee anomale, o uno gnomo, o una borchia, niente per proteggersi, povero bimbo) in una “elbow drop” o “gomitata in caduta”.

Ciel sputò sangue. Non ci capiva più niente, sentiva solo che gli davano botte, che lo sollevavano e lo strapazzavano tutto, lo portavano a spasso per il ring come una bambolina di pezza con un occhio-bottone cavato. Sentì nebulosamente che qualcuno lo prendeva ripetutamente a colpi sul petto, e ancor più nebulosamente sentì che faceva male.

Come se non bastasse, la forza misteriosa e sovrannaturale che si accaniva sul suo corpicino (Integra) dalla percezioni non più perfetta, lo acchiappò, lo mise in verticale con la testa verso il basso (ecco, anche il sangue al cervello, come se la attuale nuvolaglia non fosse abbastanza; trad.:è confuseggiato) gli strinse la testa fra le ginocchia e poi tutto cominciò a vorticare, sprazzi di luce si mostrarono e soprattutto Ciel sentì un fortissimo dolore alla spina dorsale che lo fece gridare di sofferenza. Ecco come si esegue una Tombstone Piledriver. Più o meno. Non è che Ciel poteva sapere nel suo subconsio tutte le mosse di wrestling, come si eseguono e i loro effetti: sapeva però, che facevano male e tanto gli bastava.

Anzi, in quel momento avrebbe preferito sapere che le mosse di wrestling sono in realtà piacevoli massaggini sofficiosi, perchè in quel caso, Integra gli avrebbe fatto un sacco di bene e di piacevoli massaggini sofficiosi, anzicchè un sacco di male e botte.

Ciel si sentiva tutto sanguinante e contuso e ciò era deprimente. Gli usciva sangue dal naso e dalla bocca e in quel momento pensò di arrendersi e che vada al diavolo la possibilità di diventare un vero uomo a tredici anni. Per diventare precocemente peloso non valeva tutta questa sofferenza.

Sentì confusamente la voce di Integra che riecheggiava nell'arena, sbattendo ferocemente contro le pareti e raccogliendo i ruggiti di consenso della folla affamata di violenza e di carne umana, tanto che la carne umana la aveva anche nei sacchetti con le patatine e gli hot dog

«Feed me more! Feed me more!».

Ciel pensò che era la fine e che Integra aveva invece di fronte a sé due possibilità importanti (e nessuna delle due lo rallegrava): o se lo mangiava, o se lo fumava.

Bellissimo.

Il sudore scendeva lungo le imberbi gote del Conte Solubile, macchiandogli il colletto e creando aloni scuri sul tappeto di quel maledetto, schifoso, quadrato con le corde ai lati.

Uno gnomo brutto, più brutto degli altri, tirò contro il povero bimbo una lattina di coca cola e la sicurezza non gli disse niente di male, anzi, gli passarono cinque verdoni e gli diedero pacche sulle spalle.

Ciel fu stretto da Integra in una dolorissima presa articolare di sottomissione, talmente strana che Ciel non la capì, ma sapeva solo che faceva male. Stava per cedere, per urlare “lascio tutto, lascio tutto, aiuto, ahia!”, ma in quel momento, guardò verso un angolo del ring che fino ad ora non aveva mai guardato neanche una volta sola e non sapeva neanche lui spiegarsi il perchè.

Si disse che quel match non valeva la pena, se era solo per diventare peloso a tredici anni, ma che ne valeva assolutamente la pena per rendere suo padre fiero di lui.

Perchè suo padre era lì, fuori dal ring, e lo guardava. Lo guardava con un misto di pena e di delusione, qualcosa di amaro e doloroso, più doloroso della complicata presa articolare di Integra. Ciel deglutì (smettendo di urlare per circa 2.7 secondi). Poi raccolse tutte le sue forze.

Con stupore, si accorse che queste forze erano ancora tante. Perchè in realtà lui non si era per nulla stancato: aveva solo preso un sacco di botte. La sua forza era sempre stata lì, sotto la superficie, pronta a sbocciare, a saltare fuori come un leone che si sveglia dal suo sonno, come un drago che esce dalla sua grotta.

In realtà Ciel era stato debole perchè aveva voluto essere debole: non aveva desiderato di combattere. Ma adesso lo voleva e lo voleva fino in fondo, perciò non avrebbe mollato, perciò decise che avrebbe disputato quel match. Qualcosa brillava e si agitava dentro di lui, come l'aura di un super sayan, e lo pervase, come un calore pulsante, una vibrazione che nulla aveva a che vedere con il tremore della paura.

Il Conte Solubile, dopo i suoi canonici 2.7 secondi di silenzio, ruggì il suo grido di battaglia:

«AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHAAAAHHH!».

Integra ebbe paura di lui. Ciel ne approfittò, approfittò della sua presa allentata per insinuare la propria e tutto si capovolse, si ribaltò come una frittata: adesso era lui il sottomissore (?) e lei la sottomessa.

Poi Ciel si alzò, decidendo che non voleva finire il match così. Iniziarono una parte dinamica dell'incontro: i pugni del Conte Solubile erano una raffica colorata, volavano dritti a segno, veloci, incredibili, impossibili, Integra neanche li vedeva. E facevano male. E creavano lividi istantanei. Integra indietreggiò. Ciel avanzava, un caterpillar alto un metro e diciassette senza tacchi (nella realtà, crediamo sia più alto), e colpiva velocissimo. A un certo punto, fece un balzo a mezz'aria e colpì Integra con un calcio volante alla Chuck Norris, che la spedì oltre le corde. Integra si rialzò quasi subito, sputò un grumo di sangue ed afferrò la corda per rientrare.
Ciel, con il suo perpetuo grido di battaglia, le colpì a pugni la mano e la fece cadere di nuovo fuori. Allora Integra balzò dentro, colpendosi il petto con i pugni come King Kong, poi si lanciò verso Ciel e i due cozzarono come due cozze lanciate da un cannone.

Ma Ciel era fresco e riposato, mentre Integra era stanca, così fu che il Conte Solubile riuscì a colpire Integra con la sua mossa finale, che non sapeva di avere, ma che aveva appena inventato, da lui denominata “Splish splosh” e approvata dal pubblico, improvvisamente convertito dalla sua parte (ruffiani brutti). La splish splosh si eseguiva così: un pugno in faccia e poi un pugno nei filetti e una serie complicatissima di volteggi acrobatici aerei, con calci rotanti a mezz'aria, avvitamenti, torsioni, tuffi dai paletti in numero di quattro, consecutive contusioni (se ci si riusciva, magari dell'avversario e non solo di se stessi) e per finire si metteva un dito in un occhio al povero nemico steso a terra e dolorante; tanto l'arbitro pensava a quanto era bello il suo papillon, rimirandoselo e mostrandolo al pubblico con orgoglio e dimenticando l'esistenza delle regole e di un match in corso.

Il pubblico faceva “Uhh, ahh!” alla vista del papillon dell'arbitro, ma ancora più grande fu il giubilo quando la mossa finale del Conte Solubile riuscì perfettamente in tutte le sue sfumature e fasi e finalmente l'arbitro si svegliò dalla sua trance ipnotica da papillon e contò Integra con le spalle a terra

«Uno! Due! Tre! E il vincitore è il... Cooonte Soooolllubbbileeee!».

Ciel sorrise al pubblico, diventato improvvisamente composto da persone più belle e privo di gnomi. Ma, un attimo... per questo match era in palio la cintura dei pesi massimi! E lui poteva essere tutto, fuorchè un peso massimo. Fu allora che si accorse di essere più alto. E più grande.

Una ragazza bellissima con un vestito da sera rosso gli portò la cintura dei pesi massimi, che era tutta d'oro massiccio risplendente, con dei... bottoncini rossi... forse erano rubini, ma sembravano quei bottoncini che fanno illuminare i giocattoli talocchi delle bancarelle cinesi talocche... sapete, no, bottoncini lossi. Ciel la sollevò e se la mise su una spalla e il pubblicò lo acclamò, ma non lo chiamava “il Conte Solubile”, bensì...

«Conte Phantom! Conte Phantom! Conte Phantom! Conte Phantom!».

Uscì in trionfo dall'arena, sentendo le voci di una folla in visibilio e suo padre lo incontrò poco fuori dalla porta principale e lo guardò, fiero di lui, annuendo una volta sola come per dire “bel lavoro”.

Allora Ciel mostrò la cintura a suo padre, ringraziandolo silenziosamente di essere stato lì, di lato a lui, quando tutto volgeva al peggio, quando le folle pronosticavano la sua sconfitta e lo ingiuriavano e colpivano e il nemico sembrava invincibile.

Poi, mentre ritirava la cintura, vide qualcosa con la coda dell'occhio: il proprio riflesso.

Sull'oro lucente del nobile trofeo, come specchio prezioso e perfetto, Ciel vide il proprio volto adulto e ciò che vide gli piacque: era un uomo dai lineamenti maschi, senza essere pesanti, parzialmente coperti da una barba abbastanza curata che gli dava un tocco in più di guerriera virilità. I suoi capelli erano lunghi, e un pochino spennati, ma in modo epico, tipo come quando sei appena uscito da una battaglia. E Ciel si sentiva proprio così. I suoi occhi erano rimasti grandi perchè non potevano rimpicciolire, ma almeno era cresciuta anche la faccia, quindi non erano eccessivamente enormi, inoltre il suo sguardo aveva una nuova consapevolezza: quella della forza e dell'esperienza di un vero uomo.

Era un vero uomo a tredici anni. Ma visto che era brutto pensarla così pensò solo che era un vero uomo”

A questo punto Ciel si svegliò, perchè una mosca dispettosa aveva sceelto giusto quelo momento per avventurarsi nella cavita nasale sinistra del conte Phantomhive, il che non consentiva la corretta respirazione e interrompeva l'andazzo del suo epico sogno. Quando si svegliò, Ciel si mise a urlare di frustrazione, con le lacrime che salivano sole sole: aveva combattuto tutta quella schifo di battaglia, aveva subito quella lunghissima serie di torture, aveva sognato di diventare un vero uomo peloso, e tutto ciò per nulla: era stato un sogno!

 

Opinione dello psicologo di carta stagnola: In questo sogno viene data un'immensa importanza... agli gnomi. Gli gnomi sono la chiava. Scusate, la chiave. Nei brutti gnomi barbuti del pubblico, Ciel, vede la propria bassezza incarnata in brutte entità dispettose che bevono Coca-cola e gli tirano le lattine. Come se non bastasse, la sua bassezza ha una lunga barba di marmo, che forse simboleggia che nessuno potrà mai scalfirla (anche se penso lui non speri sia così). Inoltre la lunga barba di marmo è anche prensile perchè nel sogno lo acchiappano con le barbe munite di treccine schifose, tenute insieme, come dice lui, da sputi, preghiere e borchie. La presenza di tutte quelle borchie simboleggià una tamarragggine nascosta (si, le tre g sono volontarie) che potrebbe prima o poi manifestarsi. Un altro punto interessante è il fatto che lui trova sostegno da suo padre, che lo fa vincere il match, perchè non vuole deluderlo. Ma io, sinceramente, non ho visto suo padre durante tutta la durata del sogno. So che è morto, ma perchè c'era sempre quel becchino che lo seguiva e lo guardava con sguardo affettuoso? Forse Ciel identificava suo padre nel becchino affettuoso? E in quel caso, perché? Visto che sono io lo piscologo... cioè, lo psicologo (non è che è sempre facile scrivere in quesrte tastiere taloce... tarocche, cioè) ve lo devo dire io. Allora... il becchino affettuoso è suo padre in questo sogno perchè all'Inferno è stato carino con lui, quando era da solo appena sfuggito da dei rapitori sconosciuti rivelatisi poi folletti (il che mi lascia ancora perplesso), e poi forse Ciel pensa di essere prossimo all'aldilà. Quindi ha un padre becchino, che essendo padre è affettuoso, ed essendo becchino lo vuole morto. Oppure, ipotesi meno plausibile ma più complicata, visto che tutti i suoi parenti sono morti ed è rimasto da solo con una servitù imbranata, un maggiordomo che gli mangerà l'anima, una fidanzata spadaccina, una regina che gli ordina sempre di ammazzare gli assassini che ammazzano, è visto che suo padre tra i tanti è morto, identifica la Morte come vicina parente. Insomma, è un ragazzino in crisi, povero piccolo. Ma non è solo la Morte: è anche suo padre, ed è anche Undertaker, contemporaneamente: non ha mai potuto dimostrare a suo padre quanto vale e ad Undertaker che ha imparato da lui e ha capito ciò che gli ha detto; è per questo che non vuole deluderla durante il match (la Morte-papà-Taker). Un altro punto su cui vorrei puntare i faretti da stadio è il fatto che il pubblico è tremendamente capriccioso e gli tirerei tutte le scarpe e le pantoffole che ho in testa. Il pubblico inferocito e poi angelico e poi un sacco di cose (ruffiani brutti) simboleggia l'opinione pubblica, di fornte a cui Ciel deve schermarsi e risultare completamente pulito e nobile, o cadrebbe nella vergogna lui e il suo stemma di famiglia, e nessuna dovrà mai sapere che lui è della Nobiltà del male. E io come lo so? Io so, io so, io ho una laurea.

Integra è un personaggio ricorrente nei sogni di tutti. È sempre il cattivo. Persino nei propri sogni è il cattivo.

Immagino che ciò sia dovuto al suo splendido carattere e alla sua benevolenza del mondo, o più probabilmente perchè è cattiva. Fine dell'opinione dello psicologo dalla laurea di carta stagnola.

  
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