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Vado incontro alla morte
con un sorriso
M |
i
sono spesso chiesta come fosse morire e il solo pensiero mi toglieva il fiato:
mi faceva terrore non essere più in grado di respirare, essere solo un’entità
in decomposizione e, con un po’ di fortuna, un ricordo per una generazione di
persone amate. La morte mi spaventava a tal punto che, qualsiasi cosa stessi
facendo, il tempo sembrava fermarsi, che io fossi sdraiata sul letto a fissare
il soffitto o in macchina a guidare.
Un giorno cara, smetterai di respirare diceva il mio cervello. Il tuo corpo si decomporrà e diventerà
cenere. Non potrai più agire, non proverai più alcuna sensazione e non
conserverai nemmeno i tuoi ricordi, perderai tutto. Ho sempre creduto
nell’esistenza di un’anima, ma ero certa che fosse ben distante dall’idea che
ne ha ogni essere umano. Anche dopo aver visto le anime dell’Ade, ero certa che
provare ad essere come loro fosse tutt’altra cosa che vederli.
Credi di essere abbandonata dalle
persone che ami, ogni tanto durante la tua vita? Pensa alla Morte: allora sì
che sarai veramente sola, ci sarai solo tu a fare i conti con la tua coscienza
terrena.
Immaginavo
spesso me stessa da vecchia, la pelle raggrinzita e i capelli bianchi, sola in
un letto a notte fonda: immaginavo di svegliarmi all’improvviso per un dolore
al petto; tentavo di prendere un respiro per calmarmi, ma quel respiro proprio
non riuscivo a farlo: era come se all’improvviso l’aria tentasse in tutti i modi
di allontanarsi da me. Annaspavo nel letto senza forze, la vista iniziava a
svanire e il color panna della mia stanza sarebbe stata l’ultima cosa che avrei
visto… poi per un’ultima volta avrei espirato, e l’ultima cosa della mia vita
che avrei sentito sarebbe stato il calore delle mie lacrime lungo le guance.
Sola.
Quando
sprofondai nel Tartaro tutti quei pensieri presero il sopravvento persino sul
dolore fisico; mi sentivo come se mi stessero bruciando viva e allo stesso
tempo stessero tentando di tirarmi per le braccia e le gambe in quattro
direzioni differenti, ma il pensiero della morte era ancora più doloroso: ero
sola nel buio, annaspavo nel vuoto e l’aria si faceva sempre più pesante…
Ricordati chi sei… diceva nella mia mente una voce
maschile. Chi stava parlando? Io non ero nessuno, io non avevo una vita. Se non
fossi stata così in preda al dolore, mi sarei sorpresa a sentire una voce nella
mia testa: non avevo la benché minima idea di cosa fosse una voce. Non avevo
idea di cosa fosse il passato, quello che contava realmente era il presente,
quello che contava realmente era la morte. Ed era una cosa straziante.
Voglio morire pensai disperata tentando di respirare
invano: i miei polmoni urlavano chiedendo ossigeno. Voglio morire ora e subito
Ricordati di me… ricordati della tua
vita… continuava a
ribadire quella voce, e all’improvviso mi sentii travolta da un altro genere di
calore: era qualcosa di dolce, che non avevo mai provato in vita mia ma allo
stesso tempo così famigliare. No, forse in realtà l’avevo già provato… forse
avevo un passato, forse avevo avuto una vita.
Improvvisamente
in tutto quel buio iniziai a vedere: vidi degli occhi scuri e profondi che mi
scrutavano fino a leggermi dentro… e mi ricordai di quel sorriso stupido che
una volta aveva avuto quel volto guardandomi. Poi mi ricordai che ci eravamo
baciati: in pochi secondi rivissi tutta quella marea di emozioni che avevo
provato baciandolo e il dolore del Tartaro sembrò nulla a confronto. Sì, mi
trovavo nel Tartaro, e la voce maschile che mi aveva parlato era quella di
Nico. Mi sembrò di salire, di alzarmi in volo. Dovevo farcela per lui, era lui
la ragione che mi spingeva a lottare. Ma non era l’unica. C’era Chiara. Come
avevo fatto a dimenticarmi di lei? Mi accorsi solo quando iniziai a riprendere
la memoria che ancora ci tenevamo la mano: credevo di essere sola, ma in realtà
non lo ero mai stata. Sorrisi, e sentii la sua presa farsi più forte e salda
contro la mia: eravamo pronte.
Senza
che nemmeno ci dicessimo qualcosa, iniziammo entrambe a trasmettere dal
nostro
corpo quante più scariche di energia potevamo. Mi sentivo
bruciare quasi più di
prima, ma questa volta sorridevo: avevo un motivo per non cedere.
Grazie ai
lampi iniziavo a vedere Chiara di fianco a me: anche lei sorrideva ed
emanava
scariche elettriche, e nel buio del tartaro illuminato solo dai nostri
potenti sprazzi di elettricità, i suoi occhi sembravano essere
diventati gialli. Abbassammo lo sguardo e vedemmo per la prima volta un
fanciullo con i capelli ricci, con un arco e delle frecce,
che teneva una caviglia mia e una di Chiara, come se qualcosa lo
stesse tirando giù e noi fossimo la sua unica
possibilità di salvarsi: quel putto era certamente Eros e ci
sorrideva dal
basso, fiducioso in noi. Io e Chiara ci guardammo e, continuando ad
emanare
scariche di elettricità, ci alzammo in verso l’alto.Era difficile: immaginate
di essere in una piscina senza fondo, con una persona attaccata alle vostre
caviglie. Questa persona ha dei pesi di almeno trenta chili su ognuna
delle sue di caviglie, e immaginatevi se, nel frattempo, una forza invisibile spingesse la
vostra testa sempre più sotto… strinsi più forte la mano di Chiara, e delle
lacrime di disperazione sgorgarono dai miei occhi.
Puoi farcela! Diceva convinta la voce di Nico nella
mia testa. Sono certo che ce la farai a
tornare in superficie… tornerai da me, so che ne sei in grado.
Tornare
da Nico. Sentire la sua voce calda e suadente con le mie orecchie,
vedere il
suo sguardo sincero e quelle simpatiche fossette che gli si formavano
ogni
qualvolta mi rivolgeva un sorriso… il pensiero sembrò
darmi più forza, e sembrò
veramente che sotto di noi fosse esploso un razzo. Fummo scaraventate
letteralmente verso l’alto, e mi vennero i brividi di freddo
quando
attraversammo la barriera che divideva il Tartaro dal resto
dell’Ade. Dopo il
lancio, subimmo il pauroso atterraggio: mi misi ad urlare a
squarciagola fino a quando
non mi spiacciai letteralmente contro una fredda superficie di roccia,
perdendo
la mano di Chiara e rotolando un paio di volte su me stessa. Col senno
di poi, pensai che avrei potuto rimanere sospesa a mezz'aria, ma in
quel momento era l'ultimo dei miei pensieri.
-
Robby! – gridò la voce di Nico, e sentii qualcuno correre. Rimasi a terra,
dolorante, con gli occhi chiusi e il corpo che si muoveva senza volerlo, come
dopo essere stati colpiti da una forte scarica elettrica, solo che a me non era
quella che faceva male.
-
Z-z-z-z… zto bee-ee-eene… - balbettai battendo i denti ad
occhi ancora chiusi: la mascella mi si muoveva su e giù
involontariamente, e il mio corpo teso sulla roccia tremava rigido
senza volerlo.
-
Siete vive! – esclamò la voce di Paul entusiasta.
Ci
volle un bel po’ prima che potessi essere in grado di aprire gli occhi.
Eravamo dove prima stavamo combattendo contro Micah e Alexa, io e Chiara
eravamo sdraiate per terra, Nico teneva la mia mano, Paul quella di Chiara.
Quando incontrai lo sguardo di mia sorella, entrambe sorridemmo: ce l’avevamo
fatta. Nessuno delle due avrebbe creduto di sopravvivere ad un salto nel Tartaro.
Eppure c’eravamo. E il bruciore che ci perforava il corpo non era nulla di
fronte alla gioia di essere ancora vive, di non essere morte. Alzai lo sguardo
verso il soffitto, e vidi per un’ultima volta Eros: il piccolo ragazzino alato
ci fece l’occhiolino, dopo di che volò via e si dissolse, emanando per tutto il
Tartaro un piacevole odore di rose e fiordaliso.
All’improvviso
sentimmo un forte rumore, come qualcosa che scoppiava in tutto l’Ade, e
l’ambiente si fece un po’ più luminoso.
-
C-cheeee è su-uu-cc-cezz--zo?! – balbettò Chiara
preoccupata: la sua mascella continuava a fare su e giù,
nonostante il corpo non fosse più rigido come prima.
-
Quei due sono scappati! – esclamò Paul. – Micah e Alexa! Devono essersi ripresi
e essersela data a gambe mentre noi eravamo occupati con Robby e Chiara! –
Mi
misi a sedere per vedere con i miei occhi, ma ebbi appena il tempo di
constatare che non c’era veramente nessuno oltre a noi quattro prima di
lasciarmi andare ancora indietro, troppo debole per rimanere seduta. Nico si affrettò a
sostenermi la testa e mi chiese preoccupato: - Hey! Come stai, tutto bene? –
Oddio,
mi sorrideva. Quel sorriso che avevo tanto pregato di rivedere era di fronte a
me. Gli sorrisi, sentendo il cuore in gola e le lacrime agli occhi, e annuii
stringendogli ancora più forte la mano che mi teneva.
-
Sì, se ne sono andati. – disse una voce gelida dal tunnel dal quale eravamo
arrivati. Piegai la testa, e vidi Ade in piedi di fronte a noi: le sue vesti di
seta nere emanavano un potere che non avrei mai potuto immaginarmi, e sul suo
volto pallido e sicuro, ora si poteva leggere un ghigno soddisfatto. – Ho ripreso
i miei poteri nel momento in cui hanno oltrepassato le porte dell’Ade. -
Di fianco a lui c’era Persefone: era quasi irriconoscibile ora, i capelli neri, lucidi, raccolti in un’elegante treccia sulla sua spalla sinistra, gli occhi grandi, castani e accesi, e un vestito colorato che le lasciava scoperte le spalle, mostrando una carnagione olivastra. Dietro di lei e attorno all’orlo del suo vestito che toccava terra, spuntavano mille fiori colorati.
- Che è successo? - domandò Chiara. - Come abbiamo fatto ad uscirne vive? -
Ade alzò le spalle. - Potrei darvi mille ipotesi, ma ad essere sincero non ne ho la minima idea: non è mai successo che qualcuno si buttasse nel Tartaro e ne uscisse vivo. -
- Marito mio, credo sia l’ora di andare per questi ragazzi… - lo interruppe dolcemente
Persefone, sfiorando con una mano il braccio del marito. Questo guardò la
moglie e sul suo volto apparve un sorriso. Era stranissimo vedere Ade
sorridere: nonostante nei suoi occhi si vedessero ancora morte e dolore, le sue
labbra si alzarono verso l’alto, mostrando delle fossette identiche a quelle di
Nico. Trattenni un sorriso di fronte a quella scena: Ade poteva essere un dio
crudele, ma si vedeva che amava la sua sposa ed era contento che lei ora stesse
bene.
-
E credo che sia l’ora di andare pure per me… - aggiunse Persefone. Il sorriso
di Ade s’inclinò, e il dio dei morti sospirò.
-
La primavera è iniziata già da parecchio in superficie, mia madre starà dando
di matto non vedendomi arrivare, avrà già fatto appassire tutti i campi del Paese… -
Ade
annuì e disse mestamente: - Ci pensi tu ad accompagnare i ragazzi nella terra
dei vivi? –
Persefone
annuì con un sorriso dicendo: - Le due cacciatrici che ho
trovato prive di sensi di là le ho già riportate da
Artemide… -
Dopo
di che si avvicinò a me, Nico, Chiara, Paul e Talia, che ancora era a terra
priva di sensi, s’inginocchiò in mezzo a noi, poi si rivolse al marito e disse accigliata:
- Caro… non dimentichi qualcosa? –
Ade
corrugò la fronte, preso alla sprovvista.
-
Non credo… vuoi il bacio d’arrivederci al prossimo autunno? – domandò. Vidi
Nico ridacchiare.
-
No, tesoro… - ribatté Persefone pazientemente. – Dovresti ringraziare questi
ragazzi per quello che hanno fatto… e anche se non mi piace avere a che fare
con dei figli tuoi… - lanciò un’occhiata ostile a Nico. - …credo che tu debba
ringraziare in particolare lui. E’ la seconda volta che ti aiuta, dovresti
veramente dargli più credito: anche se non è figlio mio, è proprio un bravo
ragazzo. –
Nico
arrossì e abbassò la testa. Ade si guardò i piedi, scuro in volto.
-
Non sono tanto un tipo da cerimonie… - borbottò il dio contrariato. – Beh…
grazie a tutti. Ringraziate le cacciatrici da parte mia. Grazie a te, figlio di
Apollo… e gra-grazie anche a voi figlie di Zeus. – si vedeva che gli costava
molto ringraziare le figlie del fratello che odiava più di tutti. – Non vi farò
fuori per essere entrati nel mio territorio perché mi siete stati molto utili…
- aggiunse in un debole tentativo di elevare la propria autorità; dopo di che
guardò Nico negli occhi e, lasciando da parte l’orgoglio e la testardaggine,
disse sinceramente: - E grazie, figlio mio. Non ho mai abbastanza fiducia in
te, eppure anche questa volta mi hai fatto ricredere. -
Nico
sembrava imbarazzato come non mai, ma gli si leggeva in volto che i complimenti
del padre gli facevano piacere.
-
Ed ora è tempo di tornare a vedere la luce del sole! – disse allegramente
Persefone; questa alzò lo sguardo, guardò il marito e sorridendogli dolcemente
disse: - Ci vediamo in autunno, mio sposo… - dopo di che fummo tutti
risucchiati in un vortice pieno di colori e forme che non si riuscivano a
distinguere: sembrava di essere entrati in una dimensione psichedelica, tanto
che dovetti chiudere gli occhi per non vomitare.
Finalmente
sentii il vento sulla mia pelle e il caos della città attorno e capii che
eravamo arrivati in superficie.
-
Talia! – esclamò un mucchio di voci femminili. Aprii gli occhi e vidi che ci
trovavamo il gruppo di cacciatrici correrci incontro, campeggiate da Artemide,
che aveva il volto preoccupato. Eravamo su una spiaggia piccola e deserta,
doveva essere tardo pomeriggio, e non sembravano esserci altre persone in zona.
-
Dove sono Luna e Martha? – domandai ansiosa alla dea.
-
Alcune mie cacciatrice si stanno prendendo cura di loro in questo momento… -
rispose Artemide, inginocchiandosi e appoggiando il dorso della mano sulla
fronte di Talia. Questa alzò il petto, come se fosse un riflesso involontario,
dopo di che riaprì gli occhi.
-
Mia signora… - balbettò lei.
-
Sei stata molto coraggiosa, mia luogotenente. – le disse dolcemente Artemide. –
Così come lo sono state anche Luna e Martha. Avete combattuto con tutte le
vostre forze e mi avete reso onore. Ve ne sono grata. –
Sembrava
di vedere una madre con la propria figlia, e sorrisi di fronte a quella scena.
Artemide
poi guardò me e Chiara con uno sguardo a dir poco enigmatico, e ci domandò
soltanto: - Riuscite ad alzarvi? –
Io
e mia sorella annuimmo e, mentre Nico aiutò me ad alzarmi, Paul aiutò Chiara.
Artemide
a questo punto alzò lo sguardo verso Persefone e disse: - Grazie, Persefone per
aver riportato da me le mie cacciatrici. E grazie per aver accompagnato qui
anche questi quattro ragazzi. –
Persefone
scosse la testa con un sorriso.
- Nessun ringraziamento: mi fa sempre piacere avere a che fare con i vivi e aiutare degli eroi che si
meritano di essere aiutati… - disse la regina dei morti.
-
Figlia mia! – strillò una voce e, prima che potessimo prevederlo, s’iniziò ad
intravedere una fortissima luce.
-
Chiudete gli occhi, mezzosangue! – ci avvertì Artemide. Tutti quanti chiudemmo
gli occhi, e quando sentimmo che la luce si era dissolta, li riaprimmo, e
ritrovammo Persefone stretta in un abbraccio da una donna che le somigliava
molto, solo più anziana: quella era sicuramente Demetra.
-
Figliola mia! Finalmente sei tornata! – gridò Demetra in lacrime, continuando
ad accarezzare la testa della figlia. – Quello sciagurato di mio fratello e
genero ti ha costretta a rimanere giù più del previsto! Questi non erano i
patti! Oh, tesoro mio, quanto mi sei mancata! Non tornerai più in quell’orrido
posto, mi appellerò a Zeus stesso se è necessario… -
Persefone
sospirò con un sorriso e, allontanando Demetra da sé, disse: - Madre, non è
colpa di mio marito se sono stata nell’Oltretomba fino ad ora… avrò modo di
raccontarti tutto con calma, credimi… ora è meglio che ce ne andiamo: non
vorrai sprecare il tempo della primavera e dell’estate a discutere con me,
spero! –
-
No, no, certo che no! – fece la donna, asciugandosi le lacrime. – Bene,
andiamo! -
Chiudemmo
di nuovo gli occhi, apparve di nuovo un lampo di luce, e quando li riaprimmo,
Demetra e Persefone se n’erano andate, e al posto loro di fronte a noi c’era
una Maserati.
Dalla
macchina uscì una figura bionda, alta, dal fisico atletico e dal sorriso
sicuro…
Oddio… pensai, e sbiancai immediatamente
vedendo che quella figura era Apollo.
-
Sorellina! – esclamò rivolto ad Artemide. – Visto? Mi hai chiamato per un
passaggio e sono subito arrivato! -
Artemide
sospirò e disse: - Grazie, Apollo… credo che per le mie ragazze e per questi
quattro eroi non sia il caso di andare fino all'Olimpo a piedi... - dal suo tono di
voce sembrava che chiedere un passaggio al fratello le fosse costato molto, e
che ne avrebbe fatto a meno volentieri.
-
P-padre…! – esclamò Paul immobilizzandosi. Apollo sembrò accorgersi di lui solo
in quel momento, o forse l’aveva fatto apposta per creare un po’ di suspense.
Fatto sta che non appena Apollo e Paul si guardarono negli occhi, Apollo
sorrise e avvicinandosi spavaldo al figlio, lo abbracciò.
-
Figlio mio! – esclamò il dio, e Paul sembrò diventare di tutti i colori. – So
che non è stato facile aspettare così tanto tempo per avere l’opportunità di
mostrare la tua audacia, ma credimi, io sono fiero di te. –
-
Hem… Apollo? – lo richiamò Artemide.
-
Sì, sorellina? – rispose Apollo, con un enorme sorriso, guardando Artemide.
-
Il sole qui dovrebbe tramontare, dovresti darti una mossa… e smetterla al più
presto di chiamarmi sorellina! – rispose la dea minacciosa.
Apollo
ridacchiò e dirigendosi verso l’auto commentò: - Certo… sorellina! –
Il
dio tolse dalle tasche le chiavi, premette un pulsante e la macchina
s’illuminò, trasformandosi in un minibus.
-
Vi avviso però che anche se sarà più breve che utilizzare altri mezzi di
trasporto, dovremo fare il giro lungo. – ci avvisò Apollo. – Qui si viaggia
solo da est verso ovest. -
Le
cacciatrici si sedettero tutte indietro, il più lontano possibile da Apollo, ma
questo sembrò non prendersela troppo. Tra queste notai Martha e
Luna, la prima con ferite profonde sul volto, la seconda con le stampelle ed
entrambe con l’aria affaticata. Quando incrociarono il nostro sguardo, ci
sorrisero e ci salutarono con la mano.
Talia
e Artemide si sedettero in prima fila, di fronte alla porta d’uscita. Dietro di
loro si sedettero Chiara e Paul, mentre io e Nico dovemmo sederci dietro al
conducente. Per tutto il tempo avevo cercato di evitare di incrociare lo
sguardo di Apollo, ma ora che poteva tenermi d’occhio dallo specchietto retrovisore,
sentivo il suo sguardo pesante su di me.
-
Robby, stai bene? – mi chiese Nico, stringendomi la mano mentre l’autobus si
alzava in volo. – Sei sbiancata all’improvviso… -
-
Un po’ come Talia… - commentò Paul. Mi voltai a guardare Talia, e vidi che
anche lei era pallida come un cecio, ma oltre a quello sembrava stare male
anche fisicamente: si teneva la testa con le mani e guardava le sue gambe con
la faccia di una persona che stava per vomitare.
-
Guarda che questa volta non ti faccio mica guidare… - disse Apollo rivolgendosi
a Talia e alzandosi ancora di più.
-
Che ha, sta ancora male? – chiese Chiara.
-
Certo, ha paura delle altezze! – rispose subito Apollo.
- Una figlia di Zeus che ha paura delle altezze?! – fece Paul, e scoppiò a ridere. Talia, sebbene stesse male, lanciò a Paul un’occhiata malefica.
- Non avevi paura pure te delle altezze, Paul? - gli domandò Nico, ricordandosi di quando avevamo volato a causa mia per la prima volta.
- Volare senza una protezione è un altro conto - specificò Paul. - Ma non ho paura dei grattacieli o degli aerei... -
Artemide
sbatté furiosa una mano sul sedile dell’autobus e guardò furente suo fratello.
- Non hai il diritto di rivelare al mondo le debolezze delle mie
cacciatrici! – sbottò la dea.
Apollo
alzò le spalle e disse: - Scusami, dai! Per tutto questo tempo in cui l’Ade è
stato inaccessibile, non sono riuscito a fare bene le mie profezie, non sai che disperazione… ora che non
ho più la vista annebbiata lasciami parlare a ruota libera, per favore! –
-
Sì, peccato che invece il cervello invece continui ad essere annebbiato… - borbottò
Artemide tra i denti. Chiara e Nico ridacchiarono, io invece continuai a
guardare le mie ginocchia, preoccupata. Ad un certo punto però commisi l’errore
di alzare lo sguardo, e incrociai nello specchietto lo sguardo di Apollo, che
mi fece subito l’occhiolino.
-
Credevi che mi fossi dimenticato di te, Robby? Che dici, dall’ultima volta hai
fatto un pensierino riguardo alla mia proposta? – mi domandò. Io tornai a guardare per
terra, con il sangue che mi pulsava nelle orecchie, e lasciai andare la mano di
Nico, senza avere il coraggio di guardare in faccia nemmeno lui.
-
Ultima volta?! – ripeté Paul. – Voi due vi siete già incontrati?! –
Avrei
voluto seppellirmi dalla vergogna. Mi coprì il volto con le mani pur di non
vedere gli occhi di tutti su di me.
-
Certo che ci siamo incontrati! – rispose Apollo allegro. – Anche se questa è la
prima volta che ci incontriamo di persona… -
-
Di cosa sta parlando? – chiese Nico rivolgendosi ad Apollo.
No! Pensai disperata. Ti
prego, no, Nico non ne deve sapere nulla, ti prego, ti prego!
-
Io… - iniziò Apollo, ma io presi il respiro e prima che dicesse altro lo
interruppi e, guardandolo dallo specchietto gli dissi: - Che ne dice se ne
parliamo dopo, divino Apollo? -
-
Certo! – fece il dio allegramente. – Solo se inizi ad essere meno formale con
me. –
Se
fosse stato un ragazzo normale l’avrei fulminato con lo sguardo, ma in quel
caso proprio non ci riuscivo.
-
Come vuoi… Apollo… - borbottai tra i denti.
Apollo
sorrise soddisfatto guardando il cielo, ed iniziò a canticchiare.
Con
la coda nell’occhio, vidi Nico lanciare ad Apollo uno sguardo truce. No, non
poteva aver capito quello che era successo…
-
Vi conviene riposarvi, ragazzi… - disse Artemide. – Il viaggio è lungo, e avete
faticato tanto oggi… -
Quasi come se le sue parole fossero sonnifero, i miei occhi iniziarono a chiudersi, e mi addormentai con uno sbadiglio, senza ulteriori pensieri.
Fulmini e saette, ecco lo spazio dell'autrice!
Beh, non c'è da sorprendersi che io non sia morta nella storia: figurati se faccio morire la protagonista, specialemente considerando che la protagonista sono io! xDLa risposta al perchè io e Chiara siamo sopravvissute la riceverete quando arriveremo all'Olimpo: dovrete pazientare ancora per poco.
Detto questo, forse una cosa vi risulterà chiara: Micah e Alexa se la sono data a gambe, quindi... ebbene sì, questa storia avrà un seguito! Non possiamo di certo lasciare quei due a ruota libera... E preparatevi perchè ci sarà l'entrata in scena di una nuova piccola ma potente mezzosangue... credo che mi divertirò a scrivere il seguito esattamente come mi sono divertita a scrivere questo racconto! Ma è ancora presto per parlarne visto che mancano ancora due capitoli alla conclusione di questa storia (un capitolo finale più uno a "sorpresa" se così vogliamo chiamarlo). Ormai ci siamo, è quasi finito!
Ne ho parlato con i miei amici e non vedono realmente l'ora di leggere questa storia! Mi vergognerò a morte, ma come ho già detto ad alcuni, credo che sarà il mio regalo di Natale per loro. Quindi per fine novembre al massimo questa storia sarà conclusa, e impiegherò i primi giorni di dicembre per dare le dovute correzioni (anche per una più facile comprensione visto che i miei amici non hanno letto Percy Jackson).
Alla prossima,
Calipso