Avendo del tempo, da
brava bambina, mi sto apprestando a
concludere questa storia. Ammetto, mi fa un certo effetto terminare una
storia
di questo genere. La fic mi ha dato molte soddisfazioni e, come
autrice, non
posso che esserne orgogliosa.
Vorrei dire tante
cose ma credo che vi lascerò a questo penultimo
capitolo.
Come ho
già annunciato avrei in cantiere di scrivere il seguito.
Intanto vi lascio a
questo ultimo capitolo. Seguirà poi un
epilogo.
CONGEDO
Il vento della notte
mi accarezzava il
viso, lasciando che i capelli, per una volta sciolti sbattessero sulle
spalle
nude. La luna illuminava la strada, una scia chiara in mezzo al buio.
Una
striscia d'argento che conduceva ad un cancello a me, purtroppo, assai
familiare. Gli zoccoli del cavallo batterono al suolo, creando un
rumore secco
che non riusciva tuttavia a rompere la quiete notturna, né
il battere furioso
del mio cuore.
Guardai per un
momento le ampie
finestre, rimaste al buio, mentre prendevo la spada che Oscar mi aveva
regalato.
La lama riluceva
nell'oscurità
riproducendo, in modo assolutamente sorprendente, il bagliore che
balenava
nello sguardo della mia benefattrice, quando duellava con
André o con chi la
sfidava.
Una fitta di
nostalgia mi attraversò il
petto. Non volevo pensare a quel momento, non prima di chiudere per
sempre
quella situazione.
Con un balzo, scesi a
terra.
Scalza.
Con gli abiti a
brandelli ed il corsetto
ormai distrutto.
Fissai ora la
cancellata che, nella
notte, pareva più alta del solito, ora l'anello che Nicole
aveva lasciato,
ultimo dono per le sue figlie.
Poi, appoggiai il
piede sulla prima
pietra.
Il viso era disteso e
rilassato, preda
completa dell'abbraccio di Morfeo.
Era completamente
sola e non vi erano
segni che il giaciglio fosse occupato da altre persone oltre alla
contessa. A
passo lento e cadenzato raggiunsi il suo materasso, stringendo la lama
della
spada tra le mani.
Per vari momenti,
contemplai la sua
quiete, con l'elsa in pugno.
Come era tranquilla e
distesa...perfettamente in pace con il mondo.
Sembrava una
bambina...come se i
bambini, in quanto tali, non potessero essere crudeli nella loro
innocenza.
La mia mano
calò sulla sua bocca e la
contessa, di botto, uscì dal mondo dei sogni.
-Buonasera, contessa
di Polignac-
esalai.
Lei mi
guardò spaesata, prima di farsi
prendere dal panico... non appena vide la spada che tenevo in mano.
-Come vedete- feci,
notando il suo
sguardo- sono armata. Provate solo a chiedere aiuto e vi
taglierò la gola.-
A quella minaccia, la
dama annuì,
tremando per il terrore.
-Che...che cosa
volete da me? -
balbettò.
Ritirai la lama.
La guardai a lungo.
Aveva gli occhi
enormi, spalancati dalla
paura.
- Volete oro?
Gioielli?- esclamò, in un
elenco febbrile di beni che mi dette solo la nausea.
- Mi dispiace
contessa- feci- sono qui
per motivi ben diversi da quelli che credete. Vengo per dirvi addio. La
vita
che mi state offrendo non fa per me.-
La Polignac si
allontanò di scatto.
D'un tratto, la paura
era completamente
svanita dal suo volto.
-Non scherzate,
Rosalie- disse,
allontanandosi da me, senza tuttavia perdere di vista la mia arma.
-Non lo sto facendo,
infatti- risposi- a
differenza vostra, voglio essere franca. Il mondo che mi avete imposto
non fa
per me, come vi ho già detto.-
Il viso di Yolande
rimase paralizzato,
prima di contorcersi in un'espressione di furia. -Non siate ridicola!
Come
potete rifiutare tutti i benefici che questo lignaggio vi concede? Come
potete
ignorare tutti i sacrifici che sono stati ottenuti per raggiungere la
soglia di
un simile traguardo? Come potete mancare di rispetto a me, che vi ho
messo al
mondo?- disse, severa e indignata allo stesso tempo.
La fissai con
indifferenza.
-I vostri sforzi non
mi turbano.-
risposi - e nascondervi dietro al fatto che mi avete messa al mondo non
vi servirà
a condurmi dalla vostra parte. Non avete più nulla che possa
legare la mia vita
alla vostra...ed il legame di sangue a cui vi state tanto attaccando e
assai
più falso di quello che avete affermato di nutrire per
Charlotte.-
La dama fece per
scagliarsi contro ma si
calmò subito, quando la lama accarezzò il suo
collo di cigno.
- L'unica cosa di cui
vi sono davvero
grata è stata quella di affidarmi a quella santa donna che
era la povera Nicole
Lammorliere. Lei è la sola persona che posso riconoscere
come madre, anche se
la nostra parentela è spirituale e non di sangue. - dissi -
Voglio che sappiate
che io non vi riconosco degna di questo titolo. Voi non siete
all'altezza di un
simile compito...perché semplicemente non sapete farlo.
Potrete pure essere una
gran dama...ma non possedete altre virtù, posso
garantirvelo...e non c'è da
meravigliarsi se poi Charlotte ha fatto la fine che ha fatto.-
Il respiro della
Polignac si fece
affannoso.
La mano tremava.
Forse mi avrebbe
addirittura schiaffeggiato, se la spada, a bella vista, non le avesse
ricordato
di essere in una posizione per nulla favorevole.
-Vorreste picchiarmi,
non è vero?-
dissi, sorridendo
triste- Posso capirvi.
In questo modo, non dovreste ammettere di aver venduto vostra figlia ad
un
degenerato, senza alcuna dignità. Già me lo
immagino. Di certo, non avete per
nulla sentito il suo pianto...e nemmeno la disperazione per l'ovvia
bestemmia
di un simile matrimonio. Voi non sbagliate niente...ma ora Charlotte
giace
sotto terra...e questo non potete negarlo.-
Lei tremò.
-Per quanto ancora
vorrete
rinfacciarmelo?- ribatté - Charlotte è morta in
un incidente.-
Scossi il capo.
-Charlotte si
è suicidata. Ha preferito
la dannazione eterna ad un'esistenza che, se da un lato avrebbe portato
vantaggi alla vostra famiglia, avrebbe portato una vita che non
meritava di
essere vissuta. Contessa, se davvero amavate tanto vostra figlia,
perché avete
preferito prometterla in sposa ad un uomo che prova piacere nello
stuprare le
ragazzine invece di scegliere un gentiluomo che avrebbe saputo
rispettarla?
Potevate approfittare della posizione ottenuta con la regina per darle
un
matrimonio soddisfacente che voi, per quel che ne so, non avete mai
avuto...e
invece avete pensato solo a voi stessa.- dissi dura.
La Polignac mi
guardò. Gli occhi
sembravano fiammeggiare nel buio di quella notte. -Sono venuta per
dirvi che
non sposerò De Guiche...né ora, né
mai.- conclusi, mettendomi in piedi.
Un lampo d'ira
attraversò il viso della
contessa.
-Voi non avete
nessuna autorità nei miei
confronti...e nemmeno il nome dei Polignac è abbastanza
convincente per
spingermi a immolare la mia vita per voi.- dissi- Per questa ragione,
vi dico
addio.-
Feci per andarmene,
quando una risata
attirò nuovamente la mia attenzione.
Mi voltai di scatto.
La contessa mi stava
fissando, con aria
derisoria. -Non siate ridicola- disse- Voi, Rosalie, sporca pezzente,
non siete
alla mia altezza e nemmeno nelle condizioni di opporvi a me.-
Non risposi.
-Avete dimenticato
che potrei infamare
la vostra beniamina? Oppure che potrei fare uccidere la vostra Jeanne,
con un
minimo cenno della mano?- domandò tronfia.
Mi avvicinai di nuovo.
-La vostra superbia
è senza eguali-
dissi- e mi fate pena. Non avete più niente con cui ferirmi.
Ho perso entrambe
le sorelle che possedevo...per colpa della vacuità dei
nobili...e ho perso la
donna che amavo sopra ogni cosa, la mia vera madre, per colpa di una
femmina
senza arte né parte che, dopo essersi sbarazzata di me,
distrugge il mio mondo
e pretende di usarmi...come ha fatto con i figli legittimi.-
Senza rendermene
conto, avevo avvicinato
la spada al volto della contessa...e questo non era sfuggito alla
Polignac.
-Volete uccidere me, la prima dama di compagnia di Sua
Maestà?...Ma sì, in
fondo voi siete venuta per questo. Tante belle parole...ma la
verità è che
volete vendicarvi...Avanti, fatelo! Fatemi vedere cosa sapete fare!- mi
sfidò.
Ben volentieri, caro
lettore, avrei
stroncato quella vita malata...ma in quel momento, dopo tutto il dolore
sofferto, mi rendevo conto che una simile azione non avrebbe portato a
nulla e
che, in fondo, la morte era ciò che lei voleva.
Un modo distorto, per
infliggermi il
peso di un rimorso futuro...ma non conosceva affatto la mia indole, non
completamente.
-No- dissi- non
voglio mischiarmi a voi
nobili...e, di certo, non diventerò un'assassina come voi.
Io ho ricevuto un
insegnamento ben più duro, votato ad un'onestà ad
oltranza. Non posso essere
come voi, come una volgare mezzana che vende le proprie figlie al
miglior
offerente. Io non temo la miseria...non l'ho mai fatto. A differenza
vostra,
che avete temuto la povertà senza conoscerla, io ho avuto
modo di
sperimentarla...e non la temo. Voi, invece, vi siete chiusa nella
vostra bella gabbia
dorata, vi siete circondata di cose belle, sacrificando i vostri
balocchi
quando avevate il timore di poter uscire dalla vostra prigione. Non
esiste
nient'altro oltre a voi stessa e questo vi consente di poter
sacrificare anche
i parenti senza battere ciglio.-
Scossi il capo.
-Mi fate davvero
pena...e forse l'unica
cosa che davvero posso perdonarvi è il fatto che, grazie al
vostro egoismo mi
avete dato una vera madre.- feci, prima di raggiungere la finestra-
Quanto a
Oscar, non azzardatevi più a tirarla dentro i vostri
giochetti...o non ci metto
niente a concludere quello che non ho finito ora. Al contrario di voi,
io non
ho nulla da perdere. Addio.-
Non udii alcuna
risposta...e, senza
degnarla di uno sguardo, saltai giù.
La via era ancora
deserta e, solitaria,
mi limitavo a condurre, tenendolo per le briglie, lo stallone che avevo
rubato
al duca. La testa era completamente sgombra di ogni pensiero. Non ero
né
triste, né arrabbiata.
Semplicemente vuota.
Non sentivo nemmeno
il freddo di quella
notte morente che soffiava dentro gli strappi dell'abito che ancora
portavo.
Proprio mentre mi
incamminavo lungo la
strada, vidi una carrozza immobile.
Subito mi accigliai.
Possibile
che mi abbiano già scoperta?mi chiesi, mentre
l'ansia prendeva
possesso di me.
Lo sportello si
aprì e fece la sua
comparsa il conte di Polignac.
-Ciao Rosalie- disse
pacato- avete fatto
ciò che sentivate di fare?-
Lo guardai...ma
subito mi ritrovai a
chinare il capo.
L'espressione
rilassata di lui rendeva
per me impossibile sostenerne il peso...e le emozioni provate quel
giorno
piovvero improvvise su di me.
-Non lo so- risposi,
tremando.
Jules chiuse gli
occhi.
-Rosalie- fece-
vorreste venire nella
casa che possiedo a Parigi? Vivo insieme ad Isabelle e lei avrebbe
piacere di
averti un po' con lei. Seguitemi. Vi riposerete e poi deciderete sul da
farsi.-
A quell'invito, non
potei dire di no.
Il mio vestito era
completamente strappato
e andarmene in giro così era sconveniente e
pericoloso...impossibile rifiutare.
La casa del conte, un
acquisto assai
recente, era bella e confortevole. Jules l'aveva intestata a Isabelle,
con la
quale viveva come se fosse sua moglie. Avevo previsto di rimanervi qualche ora, per
poi andarmene...ma
non avevo tenuto conto che, dopo gli spaventi e le emozioni prese,
avevo preso
una brutta febbriciattola.
E'colpa
della stanchezza aveva commentato il
medico, chiamato urgentemente
da Isabelle.
Per questo motivo,
passai alcune
settimane nella sua abitazione.
Isabelle e Jules mi
fecero compagnia in
ogni singolo momento della giornata, conversando con me. Erano una
coppia molto
affiatata e quello che davvero mi fece piacere fu la silenziosa
complicità che
li legava.
Durante questa
permanenza, venni a
sapere della storia di mio padre. La zia provò in ogni modo
a farne un ritratto
lusinghiero ma non era difficile notare, dalle sue esitazioni, che non
era
molto semplice. Persino per lei, che era sua sorella, era difficile
farne
un'immagine positiva e dalle sue parole riuscii a capire il motivo per
cui
Nicole ne parlava sempre in termini molto vaghi e perché
fosse così dura verso
Jeanne.
Da quello che avevo
capito, era un
nobile che, malgrado le naturali qualità e l'attuale
condizione avversa, non
era mai riuscito ad adattarsi alla perdita del suo benessere di
aristocratico.
Malgrado il suo matrimonio d'amore, aveva finito con il disprezzare la
mia
madre adottiva e, dopo aver sedotto per una scommessa una giovane della
piccola
aristocrazia, aveva lasciato la famiglia, per poi essere ucciso dai
parenti
della fanciulla disonorata.
La vittima di tutto
questo, altri non
era che Martine Gabrielle de Pollastrion, ovvero la contessa di
Polignac.
Il racconto di
Isabelle mi spinse a
rivalutare molte cose e la posizione dei personaggi della storia. Il
mio
affetto e stima per Nicole crebbero ulteriormente...e, per una ragione
che tuttora
ignoro, finii con l'essere un po'meno dura con la contessa,
benché non
perdonassi affatto le sue azioni.
Isabelle chiesi, alla
fine della storia qualcuno, una volta, mi
disse che non si può odiare la propria madre...io non riesco
a farlo.
Lei mi
guardò sorpresa.
Le avevo raccontato
tutte le mie
peripezie, compreso l'incontro con Madamigella.
Chi
vi ha detto questo è una persona molto saggia...ma non
dovete dimenticare che
siete una creatura della stirpe degli uomini. La ragione ed i
sentimenti non
vanno di pari passo. La contessa non ha mai saputo come fare la
madre...non fa
parte della sua educazione. Ciò nonostante, ha fatto l'unica
cosa giusta nei
vostri confronti...ovvero darvi ad una vera madre. Se lo è
potuta permettere
perché non aveva altre vie...forse, una volta sposata,
questo genere di cose
non sarebbe mai accaduto. Grazie al suo egoismo, voi avete avuto una
madre che
vi ha amato come e forse più della sua figlia di sangue.
A quel pensiero,
inarcai la fronte.
Nicole
ha amato Jeanne e me allo stesso identico modo obiettai. Per
quanti sforzi facessi, Lammorliere aveva usato le stesse maniere con
entrambe.
Non
è così disse la donna ricordate che siete
una trovatella, nonché figlia di un tradimento. Nicole ha
forzato il proprio
orgoglio di moglie per potervi amare come madre e, di conseguenza,
proprio
perché ha distrutto questo amor proprio, ha usato per voi
una misura d'amore
maggiore.
Quelle parole mi
fecero riflettere
molto...e, tuttora, quando mi trovo a cader vittima del pregiudizio,
ripenso a
quella chiacchierata. Non avevo mai affrontato quel genere di argomenti
con
qualcuno e mi sorprende pure adesso la facilità con cui ne
ho parlato con mia
zia, una donna che, peraltro, conoscevo davvero molto poco.
Non so
perché lo feci...forse, era colpa
del prolungato silenzio che avevo tenuto per così tanto
tempo, chissà.
In seguito, parlai
molte altre volte con
Isabelle, soprattutto durante la mia convalescenza...e lo stesso valse
per il
conte.
Davvero curioso che
in una simile
situazione d'isolamento, abbia creato dei legami tanto pacifici. Questa
fu,
senza dubbio, una delle impreviste conseguenze piacevoli della mia
esperienza.
Sì,
stavolta, posso dare la notizia ufficiale. Questo è il
penultimo capitolo, dove, in qualche modo, si tirano le somme delle
considerazioni di Rosalie. Non so quanto potrà essere
necessaria la
cosa...comunque, il pezzo forte, a mio parere, è quello
dell'incontro tra la
protagonista e la contessa.
Rosalie poteva pure
scappare ma ha voluto togliersi un sassolino
dalla scarpa...e terrorizzare la fautrice di tutte le sue rogne era una
delle soddisfazioni
che voleva avere e, se vogliamo, anche un modo per allontanarla in
maniera
definitiva.
Ringrazio tutti
coloro che mi hanno letto.
Presto avrete il
tanto sospirato epilogo.
cicina