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Autore: Cee4    03/11/2012    3 recensioni
Cose che succedono a Matt su di un treno che fischia.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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train Si era svegliato tutto di un colpo ritrovandosi un pungente dolore al collo. Colpa dello schienale prettamente scomodo del treno  e colpa sua che si era addormentato ventisette minuti dopo essersi sistemato al suo posto.
Inoltre, aveva dormito con la bocca aperta  fornendo un'epifanica visione della sua ugola ai passeggeri che gli stavano intorno. O, almeno, credeva di aver dormito a bocca aperta dato che, all'angolo destro delle labbra, era comparso un rigagnolo di bava. Sì, aveva dormito, senza il minimo dubbio, con la bocca aperta.
Strano. Di solito capitava quando era a proprio agio ossia a casa nel suo letto, sul divano a guardare documentari ad orari da nottambulo sociopatico e sulla spalla di Dom nelle lunghe tratte in aereo. Lì, in aereo, lo facevo quasi apposta, ma questo è un altro discorso.
Il punto centrale della questione era che, di certo, non piombava nelle avvolgenti braccia di Morfeo per tre ore e quarto di viaggio in treno. Ah, già. Quella era stata la sua settimana di turno con il piccolo che, neanche a dirlo, aveva  iniziato a cacciare fuori i primi denti. Agitazione, qualche linea di febbre  e oggetti inzuppati di saliva dovunque si posasse lo sguardo.
Era bello tenerlo tra le braccia  e, dopo, rimanere a guardarlo dormire mentre il suo pancino faceva su e giù lungo la linea del respiro. Lo rassicurava.
A Matthew James Bellamy, nato a Cambridge, trentatrè primavere trascorse, di certo non difettante di esperienze tra le più disparate, rassicurava più di qualsiasi altra cosa quest'unico fatto.
Mancavano dieci minuti scarsi all'arrivo a Teignmouth e, siccome neanche lui era indenne alla frenesia che coglie il novanta per cento dei viaggiatori, si mise a raccattare le sue cose. Tiro giù la tracolla nera dalla mensola porta-bagagli e iniziò a riordinare il tavolino.
Frappuccino consumato: via! Tre articoli di Science News, neanche a dirlo, non ancora letti: dritti in borsa! Fazzoletto: vi...vi...a. Un momento. Non era suo. Uhm...Lo prese in mano avvicinandolo agli occhi. Sul retro, a caratteri grandi, in stampatello, c'era solo scritto uno tremante "THANKS". Uhm...tutto ciò cosa esattamente doveva significare? Soprattutto, aveva un senso?
Passò velocemente in rassegna tutto ciò che aveva fatto dalla colazione di quel giorno in poi  per cercare di capire e di risolvere quel mistero.
Mancavano sette minuti per la stazione di Teignmouth. Doveva sbrigarsi.
Era sabato e, fino a  qui,  tutto in regola.
Quella mattina aveva deciso di andare da solo in Devon. Aveva bisogno di staccare per almeno dodici ore buone. Era arrabbiato con l'intero mondo sferico-ellissoidale, più specificatamente con il corriere ed i suoi inspiegabili problemi tecnici, con delle risposte non pervenute a prenotazioni riguardanti i concerti dell'anno venturo, con Kate.
C'era qualcosa che avrebbe dovuto fare il giorno prima  e invece non aveva fatto. In sottofondo, molto in sottofondo, probabilmente, lei aveva ragione ma era troppo incazzato al momento per darle piena vittoria.
Pertanto aveva preso tracolla ed era uscito di casa. No, niente tipica scusa delle sigarette. Un semplice e laconico "Ho da fare. Vado da mamma. Ciao. Ti mando un messaggio quando arrivo. Ciao" era stato sufficiente.
Era arrivato a Paddington a passo svelto. Già. Con quelle gambettine e le Vans grigie sapeva essere veloce come una faina isterica. In stazione aveva comprato il suddetto frappuccino e due muffin, uno bianco ai mirtilli e uno al cioccolato perché non sapeva scegliere e, fondamentalmente, non gli andava di scegliere. Certe scelte non andrebbero mai fatte, specie di sabato.
Al primo morso di uno del muffin bianco si accorse che il treno stava per andarsene.
Mentre un uomo in completo scuro dava il fischio di partenza, mise entrambi i piedi all'entrata del vagone. Ce l'aveva fatta. Fiù!
Aveva cercato il suo posto. Prima classe. Arrivato. Eccoci qui: sino a questo punto tutto quadra. Si era seduto finalmente.
C'era profumo di pelle e plastica. Tutto era grigio tortora  con posti singoli.
Aveva allungato le gambe e sistemato le sue cose. Poi, si era guardato intorno.
In quella carrozza c'erano otto persone al massimo compreso lui. Proprio dietro aveva due uomini in giacca e cravatta. Uno doveva essere un avvocato e l'altro un broker o roba simile. Il broker aveva una bruttissima cravatta gialla con pallini rossi, ricordò.
Il posto dall'altro lato, in perfetta parallelica simmetria al suo, invece, era occupato da una ragazza. Carnagione olivastra, lunga treccia bruna,  due simpatiche fossette sul viso, belle spalle.
Dopo questa panoramica, incrociò le braccia con sopra gli occhiali da sole simili a catarifrangenti.
Voleva vedere gli altri ma non essere visto.
Ecco.
Voleva passare inosservato con quegli occhiali, non essere riconosciuto. Genio, un genio.
Un idiota.
Mentre succhiava tramite una cannuccia verde la sua bevanda, con la coda dell'occhio vide quella ragazza, la sua vicina, armeggiare spastica con iPhone e cuffie.
Lei gli aveva lanciato qualche occhiata sperando di non essere notata, ma lui  l'aveva notata., interamente estatica, presa da ciò che stava facendo e frenetica nei movimenti.
Ora ricordava.
Prima che la ragazza attaccasse le cuffie al cellulare, aveva sentito Animals. Però non poteva essere, mancava una settimana allo streaming dell'album e lei non sembrava essere una fan.
E poi, poi si era addormentato.
Si avvicinò allo sportello di uscita.
Un minuto e il treno si sarebbe fermato.
Riguardò il fazzoletto, lo distese per bene. Più in basso c'erano anche altre parole. Ci mise trenta secondi per capire bene.

THANKS
for your music, for these years.

Scese dal treno con le estremità della bocca che avevano assunto una dolce curvatura all' insù.
Forse era una fan. Forse avevano leakato l'album. Forse le sue deduzioni ed elaborazioni mentali facevano davvero schifo. No, l'ultimo non era per nulla un forse.
Si sentiva il verso dei gabbiani. Dio, quei maledetti gabbiani si sentivano fino alla stazione. Nessun posto è al sicuro quando si ha a che fare con i gabbiani del Devon.
Uscì dalla stazione dove lo aspettava Paul con suo nipote.
Mandò un messaggio a Kate. "Scusa. Pranzo con mamma e Paul. Torno stasera. Ti amo".
Gli occhi di Matt sorridevano mentre scattava una foto, che avrebbe inoltrato in seguito a Dominic e Christopher, a quel fazzoletto.
Anche quei tre veli di carta lo rassicuravano.
Non era più arrabbiato con il mondo, perlomeno non al momento. Le cose succedono e basta.
Se mai l'avesse incontrata di nuovo, l'avrebbe voluta ringraziare. Anche lui le avrebbe voluto dire grazie e non per semplice forma di cortesia.
C'erano entusiasmo, tenerezza e orgoglio nel suo cuore, e tutto ciò era bello, definitivamente bello.

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I Muse e il loro 'entourage' non hanno nulla a che fare con i fatti esposti in questa storia, etc. etc.
In questo caso specifico, Matt non ha mai mangiato entrambi i muffin, non ha mai preso il suddetto treno,  non ha mai incontrato questa ragazza/povera creatura senza nome né ha mai letto il suo messaggio scribacchiato sul suddetto fazzoletto.
Tutto ciò di cui sopra è maledettamente autoreferenziale e si è fatto spazio finché non è uscito in questa veste. In fatto di titoli e sottotitoli sono una frana, quindi perdono.
Ah, è tutta colpa del 2003, il "2003 è stato un anno infame per molti". Solo questo. Allegria!
Ciao. *sparge amore e fiumi di nastro adesivo*
   
 
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