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Autore: Giulia White    03/11/2012    1 recensioni
Mentre camminavamo lui disse, sempre con un bel sorriso: “Ah, io sono Neal”.
“Liz” ricambiai il sorriso e gli strinsi la mano che mi stava porgendo.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neal Caffrey, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Driiin, Driiiin, Driiiiin..
Che cazzo..!?” esclamai, ancora mezza addormentata.
Riconobbi il telefono come fonte di quel fastidioso rumore che mi aveva appena svegliata.
“Pronto?” risposi, la bocca ancora impastata dal sonno.
“Ehi Liz, stavi dormendo?” disse Billie all’altro capo del telefono.
“Vaffanculo, Billie, certo che dormivo”
“Sono le 8.15, lo sai?”
“No, ma grazie per avermelo detto, adesso ho un motivo in più per prenderti a sberle”
“Sto venendo da te” disse lui ignorando la mia simpatia mattutina.
“Non te ne frega proprio niente del fatto che volessi dormire ,vero?”
“Come, non vieni a scuola?”
Dio, quel ragazzo era sveglio come un orso in letargo.
“Sei un coglione, la scuola è chiusa”
“Ma che cazzo dici?”
“Alice non ti ha detto niente?”
“No, non l’ho sentita”
“Vabbè allora vieni qua che ti spiego” mi arresi sospirando. Ormai ero sveglia, tanto valeva alzarsi.
“Ok, arrivo”
Chiusi la chiamata e mi strofinai gli occhi per scacciare le ultime tracce di sonno.
Ecco che il primo giorno di “vacanza” andava a farsi benedire.
Mi alzai e iniziai a prepararmi. Entro 10 minuti suonò il campanello e andai ad aprire la porta a Billie, con ancora addosso i pantaloni del pigiama.
“Ciao” mi  salutò quando aprii la porta. Mi squadrò un po’ perplesso – “Ma stavi dormendo davvero”- disse con aria smarrita.
“Cavolo, sei un fulmine” commentai sarcastica.
“Ti ho portato il caffè”. Mi porse uno dei bicchieri di Starbucks.
“Grazie” risposi. Lui sì che mi conosceva bene. Perdono chiunque si presenti al mattino alla mia porta con una tazza di caffè.
“Allora, cos’è questa storia di scuola?” mi chiese mentre andavamo al piano di sopra
“Questo è bourbon” aggiunse poi guardando la bottiglia sul mio comodino.
“Hanno ritrovato degli affreschi o roba del genere”
“Perché ti sei bevuta mezza bottiglia di bourbon?” mi chiese. Aveva già perso interesse per la storia della scuola. Probabilmente l’unica cosa che gli importava era che fosse chiusa, e chissene frega del motivo. E poi se l’alcool era un argomento alternativo di certo preferiva parlare di quello piuttosto che di affreschi ritrovati a scuola.
“Non l’ho bevuta da sola, c’era Neal”
“Neal? Quello dell’FBI?”
Annuii.
“No aspetta” disse lui “Non avevate litigato? E comunque, perché eravate in camera tua con una bottiglia di bourbon?”
“Sai una cosa?” risposi – “Chiamo Alice e Julia, ci incontriamo in un bar e vi racconto, non ho intenzione di ripetere tutto tre volte a tre persone diverse”- Presi il telefono e chiamai Julia.
“Pronto?” rispose.
Mi stupii di trovarla sveglia. Mi ero già immaginata una conversazione sulla falsa riga di quella che avevo avuto con Billie quella mattina.
“Ciao Juli. Hai da fare questa mattina?” le chiesi.
“No..”
“Vediamoci a Bryant Park alle 10, ok? C’è anche Billie e forse Alice, vi devo dire delle cose”
“Neal, vero? Alice mi aveva detto che sareste usciti..devi raccontarci tutto! Nei minimi dettagli, mi raccomando!”
“Certo” dissi, facendo una smorfia – “A dopo, un bacio”
“Bacio”
 Chiamai subito anche Alice. Con lei la conversazione fu molto simile alla mia con Billie, e non avevo dubbi che lo sarebbe stata.
“Che cazzo vuoi?” fu la sua allegra risposta.
“Buongiorno anche a te”
“Ma che problemi hai?”
Risi tra me e me, è davvero insopportabile essere svegliati negli unici giorni in cui si può dormire.
“Ci vediamo a Bryant Park alle 10”
“Vaffanculo”
“Ti voglio bene anche io”
“Torno a dormire”
Ero pronta a quella risposta: “Ti devo raccontare di Neal” ribattei quasi all’istante.
“E’ vero, cazzo!” esplose lei, improvvisamente sveglia.
Che amiche che mi ero andata a prendere, morirebbero per un pettegolezzo.
“A dopo, Al”
“Preparati il discorso, ricordati che mi hai svegliato per questo”
Risi e attaccai.
Billie intanto si era già bevuto due bicchieri di bourbon.
“Tuo padre ha dei gusti fantastici” commentò schioccando le labbra.
“Che schifo, come fai a bere alle 9 del mattino?” chiesi con una smorfia.
“Io bevo a qualsiasi ora del giorno e della notte”
“L’ho notato. Bhè, vado a prepararmi, non fare casini” presi i vestiti e mi diressi verso il bagno – “E non finire il bourbon!” –  esclamai prima di chiudere la porta.
 
Arrivammo a Bryant Park alle 10 in punto, Alice e Julia erano già lì.
Abbracciai entrambe, e iniziammo a passeggiare per il parco.
Comprammo quattro caffè e ci sistemammo su una panchina al sole.
L’aria fresca dell’autunno iniziava a farsi sentire, ma il sole scaldava ancora molto. Si stava benissimo.
Vista l’insistenza dei miei amici iniziai subito a raccontare di Neal.
Dissi loro della cena, riassumendo la nostra conversazione, e poi della serata a casa mia.
 “Lo sapevo che aveste fatto pace” disse Julia con aria sognante, gli occhi che brillavano.
“Un ladro e un falsario! Che cosa figa!” esclamò Alice entusiasta.
“Credo anche io che sia una cosa interessante” commentai, sorseggiando il mio caffè.
“Interessante? E’ un criminale” si intromise Billie
“Anche tu lo sei” ribattei
“Oh, è vero” disse lui come se ci stesse pensando per la prima volta
“Anche io penso sia una figata. E’ un uomo del mistero!” riprese la parola Julia.
Scoppiai a ridere – “Uomo del mistero?” –
“Bhè? Che c’è? Vuol dire che non ti sei attratta da lui per la sua figura del ‘bello e dannato’ come nei film?”
“No, decisamente non è per questo” risposi ridendo.
“E dai, ammettilo, è anche questo lato della sua personalità che ti attrae” intervenne Alice
“Ma se non la conoscevo neanche questo lato della personalità appena l’ho incontrato!”
“Ma noi Nemici della Giustizia abbiamo un qualcosa che attira” disse Billie, ormai convinto che il suo ruolo di emarginato sociale fosse qualcosa di cui vantarsi.
Scoppiammo tutti a ridere, anche perché sembrava credere davvero a ciò che diceva.
Guardai l’orologio – “Merda, le 11 e un quarto, devo andare!” esclamai –
“Dove?” domandarono  in coro tutti e tre
“Pranzo con Neal oggi” dissi, e mi sfuggì un sorriso. La relazione che avevo con Neal, seppur appena cominciata e piuttosto incostante, mi rendeva felice.
“Cioè ci hai trascinato tutti qui di mattina e te ne vai dopo un’ora?” esclamò Alice indignata.
“Tutta colpa di Billie che mi ha svegliata. Devo andare, veramente, ci sentiamo”
“Scordatelo, io e Julia veniamo con te, ti serve il nostro consiglio per i vestiti” disse Alice, mentre Julia annuiva con convinzione.
“No, mi passa a prendere tra tre quarti d’ora, non voglio rischiare che vi trovi da me quando arriva”
“Ti vergogni di noi?” chiese Alice facendo la finta offesa.
“Certo” sorrisi amabilmente, diedi un bacio a tutti e tre sulla guancia e mi fiondai nella metro, l’ultima cosa che volevo era fare tardi.
 
A casa mi cambiai in tutta fretta, poi pensai al trucco e ai capelli.
Mancavano due minuti a mezzogiorno quando suonò il campanello. Neal poteva avere tutti i difetti del mondo, ma di certo non era un ritardatario.
Aprii la porta, e me lo trovai davanti in tutto il suo splendore.
Indossava un completo blu, camicia bianca, e una cravatta rossa.
Quanto mi piaceva come si vestiva.
“Ciao” mi salutò sorridendo.
“Ciao” sorrisi a mia volta.
Mi sentivo un ebete. Avevo sempre stampato in faccia quello stupido sorriso quando ero con lui.
“Pronta per andare?” chiese, porgendomi una mano.
“Certo” gli presi la mano e scendemmo le scale fino in strada, dove c’era un taxi ad aspettarci.
Mi aprì la portiera e la richiuse dopo che fui salita, poi fece il giro del taxi e entrò dall’altra parte.
Le buone maniere non gli mancavano di certo. Mi sembrava di essere tornata indietro agli anni Cinquanta.
“Dove andiamo?” chiesi.
“Sorpresa” rispose lui sorridendo. Ma non era lo stesso sorriso di quando avevo aperto la porta di casa, era un altro sorriso. Avevo individuato in lui due modi di sorridere. C’era quello dolce, come quello iniziale, e poi c’era quello che avevo etichettato come “sorriso da truffatore”, dopo la cena in cui mi aveva rivelato chi era veramente. Era un sorriso furbo, quasi di scherno, ma mi piaceva da morire.
Il taxi si fermò davanti a un ristorante sulla 30ensima tra Lexington Ave e la Terza.
Era un bel posto.
Entrammo, ci sedemmo ad uno dei tavoli liberi e quasi subito arrivò un cameriere a portarci il menù.
“Cosa prendi?” mi chiese Neal.
“Pensavo a del pesce..”
“Ottima scelta” sorrise.
Consultammo un attimo il menù poi chiusi il mio e chiesi: “Allora, cosa fai di preciso all’FBI?”
“Aiuto una squadra di agenti a risolvere casi di furti o falsificazioni”
“Sei un paladino della giustizia, insomma”
Lui ammiccò sorridendo.
“E tu, invece? Cosa fai nella vita?” mi chiese.
“Studio alla Columbia High School, ma lo sai già…”
In quel momento tornò il cameriere a prendere le ordinazioni.
“Trota al vapore e un’insalata” dissi.
“Lo stesso” sorrise Neal.
“E da bere?” chiese il cameriere.
“Ti va del vino?” mi chiese Neal
“Certo” sorrisi
“Vino bianco” disse Neal al cameriere, che appuntò le ordinazioni e si allontanò.
“Cosa fai nel tempo libero?” chiese Neal riprendendo la conversazione di prima.
“Niente di particolare, più che altro vado in giro con gli amici. E suono il pianoforte”
“Pianoforte. Mi piace” sorrise – “Da quanto suoni?”
“Da quando avevo 6 anni”
“Oh. E’ tanto tempo. Sarai brava allora”
“Me la cavo”
“Mi farai sentire qualcosa”
“Certo” – “E tu? Hai qualche hobby?”
“Bhè, il lavoro occupa la maggior parte del mio tempo”
“Quale lavoro?” chiesi con un sorriso furbo, alludendo alla sua attività di ladro d’arte.
Lui sorrise ma non rispose.
Il resto del pranzo passò così, tra chiacchiere, battute e risate. Mi trovavo bene con lui, mi metteva a mio agio con la sua voce e i sorrisi, ma alla fine mi decisi ad affrontare un argomento che non avrei mail voluto affrontare.
“Neal..” cominciai.
“Discorso serio?” domandò lui, decifrando subito la mia espressione.
“Sì..” ammisi.
“Che ne dici di parlarne in un bar davanti a una tazza di caffè?” propose.
Accettai, così iniziai anche a pensare a come impostare il discorso.
Andammo in un bar poco distante, e ordinammo un caffè.
Avevo l’impressione di aver incontrato un caffeinomane come me.
Iniziai a bere, persa nei miei pensieri.
“Allora, cosa devi dirmi?” mi chiese Neal.
Risposi dopo qualche secondo “Bhè, io..” – presi un respiro “Quanti anni hai?” chiesi di getto, credendo che più velocemente l’avessi detto, più velocemente mi sarei tolta il peso.
Non avrei voluto chiederglielo, ma dovevamo affrontare quell’argomento.
Lui sospirò e abbassò leggermente la testa.
Sapeva che ci saremmo arrivati prima o poi.
“Ho 28 anni” disse.
Puntò i suoi occhi nei miei, per vedere la mia reazione. Sentii come se il suo sguardo si fosse incatenato al suo, e non riuscivo ad interrompere il contatto visivo.
Alla fine distolsi lo sguardo e fu come se riprendessi a respirare solo in quel momento.
“Ok..” dissi soltanto. Alla fine avevo già previsto una cosa del genere. “Non è un problema” dissi, decisa.
“Davvero?” chiese lui a metà tra lo stupito e il dubbioso.
“Sì”
“Quanti anni hai tu?”
“16. Alla fine sono solo..quanti anni di differenza?”
“12”
“12, giusto”. La matematica non era mai stata il mio forte, usavo la calcolatrice anche per il calcoli più semplici.
“Già”
“Per me non è un problema” ripetei, anche se c’era una lieve sfumatura di auto-convinzione nel mio tono di voce.
“Bhè, neanche per me” ribattè Neal.
“Perfetto allora”. Dentro di me mi sentii sollevata, mi ero tolta un peso enorme, e per il resto del tempo in cui stetti con lui mi sentii molto meglio. Sembrava già passato tantissimo tempo dal nostro litigio, l’avevo ormai dimenticato.
Passammo il resto del pomeriggio in giro per Manhattan, parlando del più e del meno.
Neal era un grande ascoltatore, sembrava non perdersi una parola del mio discorso. Io, d’altra parte, mi accorsi di distrarmi spesso, persa nei suoi occhi blu, o fissando le sue labbra perfette, o il suo sorriso.
Eravamo seduti su una panchina a Central Park e ripensavo alla serata in cui eravamo andati a teatro, quando ci eravamo baciati per la prima volta. Mi sfuggì un sorriso.
“Che c’è?” mi chiese Neal.
“Niente” dissi in fretta tornando alla realtà e cancellando il sorriso dalla faccia.
“Non mi stai ascoltando” disse Neal. Non era una domanda, era un’affermazione, ma non sembrava arrabbiato, scocciato o niente di simile.
“Sì, sì, certo che ti sto ascoltando” dissi sedendomi meglio e simulando un’espressione interessata.
“Davvero?” chiese Neal con un sorrisetto divertito. Evidentemente la mia simulazione di interesse non era proprio un gran chè.
“Giuro, va’ avanti”
“Ok..” disse sempre con quell’espressione divertita.
Mi persi di nuovo nel suo sorriso.
“..e penso che il cielo sia di un magnifico fucsia oggi, non credi?” disse Neal.
“Sì, lo penso anch’io..” risposi.
Lui inarcò le sopracciglia e si mise a ridere.
“..non lo penso, vero?” chiesi, tornando alla realtà.
Lui scosse la testa, sempre sorridendo.
“Scusa, stavo pensando a..” cercai di inventare in fretta qualcosa di accettabile per la quale potevo non ascoltare Neal.
“Non sai mentire” sorrise Neal.
“Non stavo mentendo! Stavo solo..” Merda.
“Visto?” rise ancora.
“Vaffanculo, Caffrey” sussurrai prima di baciarlo. Fu una sensazione magnifica, la mia mente si svuotò da tutti i pensieri. Lo baciai perché non riuscivo più a trattenermi, e visto che lui non si decideva..
“Se avessi saputo che era questo che avevi in mente avrei smesso di parlare molto prima” disse lui prima di baciarmi ancora, mentre entrambi ci lasciavamo sfuggire un sorriso.
In quel momento gli squillò il telefono, ma lui non rispose, continuò a baciarmi.
Alla fine mi staccai io: “Neal, risposi al telefono” sorrisi.
Lui si allontanò controvoglia da me e si alzò per rispondere al cellulare.
Tornò un minuto dopo: “Devo incontrare un collega tra mezz’ora” disse sedendosi di nuovo accanto a me.
“Devi proprio?” chiesi facendo uno sguardo dolce.
Sorrise – “Temo di si” – e mi diede un altro leggero bacio sulle labbra.
“Vieni da me sta sera?” gli chiesi.
“Va bene”
“I miei escono alle 8.30, puntuali come orologi svizzeri”
“Alle 8.35 sono da te” sorrise.
“Perfetto, a dopo allora”
“Ciao” mi baciò di nuovo e si allontanò.
 
**
 
Neal arrivò davvero alle 8.35, e ci mettemmo a guardare un film come l’altro sera.
Ad un certo punto però iniziammo a baciarci, sempre più intensamente.
Lui finì sopra di me, mi baciava sulle labbra e sul collo, e sentivo le sue mani su tutto il corpo.
Mi tolse la maglietta, rimasi in reggiseno. Cercai di togliergli la cravatta, ma quella stupida cosa non si slacciava.
“Mi stai strozzando” disse lui fermandosi un attimo e sorridendo.
“Scusa, come cazzo si toglie?!” esclamai.
Se la tolse da solo, poi riprese da dove aveva interrotto. Iniziai a slacciargli la camicia, ma dopo pochi secondi ci interrompemmo di nuovo.
C’era un rumore proveniente dalla finestra.
“Oh, stai scherzando” sussurrai, riferito a chiunque stesse bussando alla mia finestra.
“Chi è?” chiese Neal.
“Non lo so”. Mi alzai e aprii leggermente la finestra.
Il rompipalle patentato.
“Ehi Liz” disse Billie.
“Billie, che cazzo ci fai qua?”
“Passavo a trovarti”
“Lo sai che esistono i campanelli e le porte, vero?”
“Non avevo voglia di fare il giro dell’edificio. Dai, fammi entrare”
“Sono un po’ occupata al momento”
Lo vidi accorgersi solo in quel momento del fatto che ero in reggiseno, spiò oltre le mie spalle e scorse Neal, che si stava riallacciando la camicia.
“Oh.” disse Billie.
“Liz, io vado..” disse Neal.
“No no no, non te ne devi andare” dissi in fretta, accostando la finestra e avvicinandomi a lui.
“Sì, credo di si” sussurrò.
“Puoi restare”
“Magari facciamo un’altra volta. Ti chiamo domani”
“Ok..”
Mi baciò uscì.
Tornai ad aprire la finestra.
“Ti odio” dissi molto schiettamente, mentre mi mettevo la maglietta.
“Non pensavo che avrei interrotto qualcosa. Ma forse è meglio se l’ho interrotta”
“Mi serve del bourbon” dissi uscendo dalla stanza, diretta all’armadio degli alcolici di mio padre.
“Anche a me”
Lo guardai con le sopracciglia inarcate, lo sguardo interrogativo e anche un po’ incredulo.
“Ho appena visto la mia migliore amica fare sesso, devo bere qualcosa” spiegò, come se fosse ovvio.
“Non mi hai visto fare sesso con nessuno, e comunque se il bourbon ti farà stare zitto, bevine quanto ne vuoi. Affogatici”
E la nostra serata passò davanti alla tv con la nostra fedele bottiglia di bourbon. Devo ammettere che avevo aspettative migliori.

  
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