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Autore: Berenike_Talia    03/11/2012    0 recensioni
Non ci si può illudere che tutto sia perfetto. Non va tutto bene. Non per Kurt, non per Blaine. La vita viene sconvolta completamente, ma come si deve reagire? Bene, male? E se per una volta fosse proprio Kurt a perdere il controllo della propria vita...
Klaine, of course.
ATTENZIONE, SPOILER FINO ALLA TERZA STAGIONE!!!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sam Evans | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Survival,
perché sopravvivere non è vivere.



Nessuno ebbe più notizie di Blaine Anderson, scomparve dalla vita di tutti, come se non fosse mai esistito.



Il ragazzo dagli occhi celesti che era abituato a sorridere sempre e a non buttarsi mai giù stava scomparendo, lasciando posto al suo contrario: un infelice che soffriva di crisi di nervi. Molte cose erano cambiate dalla notte del temporale, le crisi erano passate da episodi sporadici ad appuntamenti quasi giornalieri. Accadeva così, senza una causa scatenante particolare, Kurt sapeva solo che, in un momento qualsiasi di una giornata qualsiasi, tutti i sentimenti negativi che albergavano in lui si manifestavano. Cominciava a sentire la rabbia per l’infelicità della sua vita e poi la frustrazione per i suoi insuccessi, principalmente erano queste due emozioni a far scoppiare Kurt e dopo non c’era modo di fermarlo. Le lacrime cominciavano a sgorgare, poi iniziavamo i tremori e infine le urla, ma non erano come le solite urla di dolore o di tristezza, erano disperate e inquietanti. Non durava molto, venti minuti al massimo, ma quando, alla fine, si ritrovava sdraiato sul suo letto, sfinito e solo, non riusciva più a vedere un futuro per sé stesso. Inesistente, mai scritto, impossibile. Era questo che si ritrovava a pensare dopo ogni singola crisi di nervi: ‘Non ho un futuro”.
Ma cosa avrebbe potuto fare, chiedere consiglio o parlare con qualcuno? E con chi? Rachel era a New York e non poteva angosciarla con i suoi problemi ora che leistava avendo una vita meravigliosa e piena di prospettive; c’era sempre Burt, ma anche lui aveva troppo da fare con la storia del congresso e né lui né Carole avevano più un momento libero. E così Kurt pensava di essersi ritrovato solo, ma lo pensava lui. Aveva sviluppato una sorta di complesso per cui aveva paura di aprirsi e parlare con le persone, come se fosse stato pericoloso confidarsi, anche con persone che lo amavano con tutto il cuore come Burt e Carole. Ma Kurt di questo non ne era consapevole, e non lo sarebbe stato fino a qualche mese dopo.
Passarono altri giorni e nessuno si accorse delle crisi di Kurt, che intanto aveva cominciato a frequentare la Ohio State University.
Forse fu proprio l’università a salvarlo dalla completa depressione, a dargli uno scopo: sopravvivere giorno dopo giorno, senza pensare o fare niente di diverso dall’ordinario. Questo era ciò che lo salvava dal baratro.
Ma sopravvivere non è vivere. Sopravvivere è solo uno dei tanti modi per evitare di morire, non è altro che la negazione della vita stessa. La morte è parte della vita, ma sopravvivere è solo emulare la vita: niente gioie né momenti di euforia, ma nemmeno momenti tristi, è la totale apatia; l’unica sensazione è quella del dolore, provocato dalla consapevolezza che non si può fare niente per cambiare la situazione che si “vive”.
Soltanto un mese dopo la partenza di Blaine, Burt e Carole si accorsero che c’era qualcosa che non andava, che il bellissimo mare dalle mille sfumature di azzurro e blu negli occhi di Kurt, si era strasformato in un solo ed unico abisso oceanico, senza fondo.
Fino a quel momento erano state solo supposizioni, ma proprio il pomeriggio precedente, tornando a casa prima dal lavoro, Burt aveva sentito delle urla che sfioravano il sovrumano. Era corso in camera di Kurt, perché sapeva che era da lui che provenivano, essendo l’unico in casa in quel momento; aveva trovato la porta semi-aperta e dentro la stanza c’era Kurt. Non lo aveva mai visto in quelle condizioni: stava rannicchiato sul letto con una mano sullo stomaco e l’altra che stringeva il cuscino i suoi occhi erano chiusi e cercavano di espellere tutte le lacrime. Ma non fu quello a sconvolgere totalmente il padre. Furono le urla del ragazzo a costringerlo ad aprire gli occhi su ciò che stava realmente accadendo nella vita del figlio.

La sera stessa parlò con Carole di quello che aveva visto e sentito.
“Non sta bene. Lo so e la cosa che più mi fa soffrire è che è da un po’ che è così. Sono un’idiota, Carol”, Burt aveva la voce angosciata, “avrei dovuto capirlo subito, ho un senso di colpa fortissimo per questo, lo sai?”
“Sì, Burt, lo so. E’ mezz’ora che non fai altro che ripetere la stessa cosa...”, Burt la interruppe, ricominciando il discorso che la moglie pensava fosse finito con l’ultima domanda retorica.
“Non lo vedi che è una persona completamente diversa? Io sapevo cosa stava succedendo, sapevo che Kurt stava soffrendo per tutte le delusioni della sua vita; ma avevo chiuso gli occhi perché non avevo materialmente tempo per curarmene. Avevo promesso a sua madre che sarebbe stato bene e che avrei avuto cura di lui, ma io sono un cretino. Non ho mai visto come stava veramente perché non volevo. Ho scelto di essere un politico in carriera piuttosto che un padre, pensavo che le cose non fossero così gravi, allora ho pensato di poter lasciar perdere.”
“OK, Burt, ora basta. Hai due possibilità, caro: puoi continuare a dire che ti dispiace e che ti senti in colpa, facendoti solamente del male senza risolvere niente; oppure alzi il culo e cerchi di aiutare tuo figlio. Ah, amore, prima che tu decida, sappi che io opterei per la seconda opzione, ma è solo un consiglio. Tu fai come ti pare...”, Carole, quando voleva, sapeva essere terribilmente autoritaria.
Era tremenda, quando voleva far ragionare le persone e fargli fare quello che era più giusto, ci riusciva sempre. Era davvero la persona di cui gli Hummel avevano più bisogno in quel momento.
Passò un’altra settimana prima che i due adulti dissero a Burt che sapevano cosa stava succedendo, ma prima di questo si attivarono per trovare un bravo psicologo, comprensivo ma comunque competente, a cui poter affidare il figlio.

***

Burt e Carole erano appena usciti dallo studio di quello che avrebbero deciso essere lo psicologo del figlio. ‘Non avrei mai pensato che mio figlio avrebbe avuto bisogno di fare delle sedute di psicoterapia. La cosa peggiore è che non avrei mai pensato che mio figlio sarebbe mai stato così male.”
Burt era incredulo della piega che la vita della sua famiglia avesse preso.

***


Nel frattempo l’autunno era sceso a Lima. La pioggia e il vento erano all’ordine del giorno e mentre prima Kurt amava la sensazione di riparo che aveva nei lunghi pomeriggi autunnali, ora era solo un clima che gli dava angoscia. Quando calava la sera, sapeva che la giornata era finita, un altro giorno passato e un altro ancora da venire. ‘Perché non si può avere un solo,lungo e intero giorno?’. La notte per Kurt era solo un lungo oblio, senza sonno e senza veglia, sopravviveva alla notte, come sopravviveva alla vita. Non aveva più nessuna speranza, tutta le creatività che aveva sempre dimostrato era stata accantonata in uno scatolone, non poteva essere creativo, poteva solo fare il suo dovere. Non aveva forza di lottare e non aveva più pensieri. La mente e gli occhi erano uguali, un pozzo profondo, ma senza niente a riempirlo.
Il telefono squillò, quel pomeriggio di metà novembre, e Kurt rispose:
“Hey, Kurt, allora, è da troppo che non ti fai sentire, avevamo detto che avresti sempre chiamato tu! Sono molto arrabbiata con te!”, la risata di Rachel si fece sentire da New York.
“Scusa Rachel, ma non sto passando un bel periodo e poi sono molto impegnato con l’università”, scuse, ancora scuse, come tutte quelle che aveva dovuto dire alla sua famiglia per nascondergli la sua reale situazione.
“Ah, è vero. Mi dispiace tanto Kurt, insomma, per Blaine intendo. Vorrei esserti vicina, ma veramente non posso venire, lo sai, ho troppe cose da fare qui, la scuola è iniziata e... (‘oh, no, ora comincia a lamentarsi di quanto sia difficile la sua vita a New York e di quanto impegni abbia’), ogni parola che Rachel diceva faceva innervosire Kurt.
“Sì, hai ragione, bene, senti adesso devo andare.”
“Noooo,Kurt, non riattaccare devo dirti un’altra cosa! Io e Finn siamo tornati insieme, non insieme, però mi ha richiamata e ha detto di voler riprovare (‘Cosa dicevi, Blaine? Che Rachel non aveva nessuno che la amava, mentre io ho te? Ma vaffanculo’).
“Molto bene, sono felice per te, ci risentiamo.”
“Certo che sei comico, non ci sentiamo per più di un mese e tu cerchi di riattaccarmi in faccia, non penso proprio mio caro, puoi anche scordartelo. Sei mio amico, penso che sia giusto che almeno ti interessi della mia vita lontano da Lima. (‘Non mi ero mai accorto di quanto fosse stronza, sono io quello che sta di merda, Rachel, non tu!’), tutto quello che Kurt pensava era impossibile da dire, era una sua amica, non avrebbe mai potuto vomitarle tutto addosso, no? O forse sì? E’ un’amica quella che non si interessa per niente di te?.
“Rachel, sono interessatissimo, non puoi immaginare quanto, davvero, ma da quello che ho capito va tutto alla grande a New York, no?”
“Ehm... sì! Però avevo voglia di sentirti e raccontarti, mi sento così sola qui e tu sei l’unico con cui poter parlare. (‘Eh no! Questo è troppo, non può solo cercarmi così a cazzo perché lei si sente sola e vuole farmi rodere perché lei ha tutto e io sono un povero idiota che è bloccato a studiare letteratura a Lima!’)
Kurt in quel momento scoppiò: “Cazzo, Rachel, stammi a sentire: qui quello che avrebbe bisogno di una fottutissima spalla su cui piangere sono io, sono io che sono rimasto solo, che non ho un futuro che non sia lavorare nell’officina di mio padre e che sono stato lasciato dall’unica persona che mi abbia mai reso veramente felice. Tu non hai idea di come io stia, non puoi immaginartelo, tu non sai cosa significhi per me stare ogni giorno qui, sapendo che tu hai avuto tutto, da tutti quei cazzo di assoli che Shuester ti dava a una immeritata accettazione a una delle migliori scuole di arti del mondo. Cazzo Rachel, io odio te e Carmen Tibideaux, odio Blaine che mi ha abbandonato, odio mio padre che è sempre fuori, odio tutto il mondo, odio anche me stesso. Rachel, non ti voglio più sentire, né te, né quegli altri idioti del Glee Club che cercano di farmi uscire con loro per andare a mangiare tutti a quell’odioso ristorante italiano. Basta, BASTA!”. Kurt attaccò il telefono in faccia a quella che una volta era stata una sua amica ed ebbe la crisi più forti tra tutte quelle che avesse mai avuto.





 
   
 
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