Film > I fantastici quattro
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Autore: Artemis Black    04/11/2012    0 recensioni
"Io sono figlia del ghiaccio: pelle candida, capelli corvini e occhi di ghiaccio.
Il mio tocco può congelare la vita, preservarla o ucciderla.
Era un giorno qualsiasi della mia vita, quando tutto cambiò. Quando tutto si fece freddo e azzurro. [...]
Dicono che la vendetta non serve a niente. Si sbagliano, o almeno chi lo dice non ha mai passato un inferno come il mio. Non sanno che quando ti viene portato via tutto, la rabbia dentro di te cresce fino ad esplodere. Non sanno che quando si vede la paura, che si ha provato, riflettere negli occhi del vostro aguzzino, un brivido di euforia percorre il tuo corpo e ne nutre l’anima, lacerandola.
La vendetta serve a far capire chi ha vinto veramente."
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Non sono l’unica.


There was nothing inside
The memories left abandoned
There was nowhere to hide
The ashes fell like snow
And the ground gave in
Between where we were standing
And your voice was all I heard

 

Uscii di casa molto presto.
Era gennaio e l’aria frizzantina di New York inondava i miei polmoni e scompigliava i miei capelli. Andai a correre per un’ora circa, poi tornai a casa. Mi feci una doccia, salutai mia nonna e mi avviai verso il centro.
Avevo trovato due lavori, finalmente, che riuscivano a coprire le spese: di giorno lavoravo in un edicola mentre la sera lavoravo presso un pub.
Quando arrivai all’incrocio con la 23esima e la 15esima, svoltai a destra e trovai l’edicola già aperta. Evidentemente oggi Harris si era alzato presto.
“Harris.” Lo salutai con un cenno del capo.
“Evelyn! Alla buon’ora.” Mi disse mentre scaricava alcuni pacchi di giornali.
“Sei tu che sei arrivato presto, io sono puntuale.” Gli risposi.
“Ah… Hai ragione. Comunque, lascio l’edicola nelle tue mani.” Disse e se ne andò.
Harris era il proprietario, ma avendo anche un negozio di dolciumi poco più avanti, lasciava a me il compito di badare all’edicola di mattina e di pomeriggio, e la paga non era niente male.
Cominciai a mettere apposto alcuni giornali e poi mi chiusi all’interno dell’edicola, aspettando l’ora di punta in cui decine di persone comprano il Times.
Faceva freddo, la temperatura si aggirava intorno allo zero, eppure per me sembrava estate.
Perché io ero diversa.
La mattinata passò liscia come l’olio e lo stesso fu per il pomeriggio.
Verso le 18 tornai a casa, aiutai la nonna a cucinare e poi scappai a lavoro. Feci in tempo solo a cambiarmi la felpa con un top nero di pizzo e il giacchetto di pelle.
Presi le chiavi della moto e mi diressi al pub.
Alle 20 il locale era ancore mezzo vuoto e l’atmosfera era serena, ma verso le 23 cominciò a fluire una marea di gente.
“Ma oggi che giorno è?” chiesi di sfuggita a Amy, la ragazza che lavorava dietro il bancone con me.
“Sabato, cara.” Disse sorridendomi.
“Allora si spiega la calca.” Le risposi.
Servii drink a destra e a manca, pulii i tavoli ogni dieci minuti e non facevo altro che sistemare il bancone: la serata era appena cominciata.
"Secondo te per che ora staremo a casa, stanotte?" chiesi ad Amy.
"Se tutto va bene, Joe ci manderà via per le 3!" mi rispose alzando gli occhi al cielo.
"Oddio..." esclamai.
"Ehi bambola, puoi servirci due drink extra alcolici?" mi chiese un ragazzo alto e biondo con la faccia da strafottente.
"Cosa, scusa?" ripetei. Oggi non ero in vena di apprezzamenti sarcastici.
"Due super-alcolici!" mi urló lui indispettito.
Gliene preparai due al volo.
"Sa, il mio amico ha una crisi matrimoniale e gli serve qualcosa di forte." disse mentre preparavo i drink.
"Di sicuro così non lo aiuta." gli risposi.
"Perchè?" chiese alzando un sopracciglio.
"L'alcol non risolve i problemi, anzi, li peggiora." Dissi servendogli i due cocktail.
Sbadatamente le sue dita sfiorarono le mie e il contatto con la sua pelle mi fece ritrarre la mano istintivamente. Era caldo, se non bollente per me e lui si accorse di questa differenza di temperatura. In un primo momento si guardò la mano poi spostò lo sguardo su di me.
Era interdetto. Aprì la bocca per dirmi qualcosa poi la richiuse e se ne andò con i due drink in mano.
Tirai un sospiro di sollievo.
Dissi ad Amy che sarei uscita per prendere una boccata d’aria sul retro.
Aprii la porta antiincendio e quando l’aria fredda mi investì, un sorriso di piacere comparve sulla mia bocca. Dentro al locale si stava bene, ma avvertivo un po’ di caldo dovuto alla troppa gente che lo affollava.
Appoggiai la schiena addosso al muro e scivolai giu, fino a sedermi per terra.
Guardai la mano che il tizio biondo aveva sfiorato
“Ma che cavolo?!” dissi.
Quando la mia pelle veniva a contatto con quella dei comuni mortali, sentivo solo il loro calore tiepido, mentre quella del biondino sembrava un tizzone ardente.
“Assurdo…” pensai.
Un micio dal pelo bianco e nero si avvicinò e si strusciò sulla mia gamba. Lo presi in braccio e cominciai ad accarezzarlo. Quel gatto ormai si era affezionato a me, ogni volta che uscivo sul retro me lo ritrovavo in mezzo alle gambe che mi faceva le fusa.
“È così strano… eppure quel ragazzo l’ho già visto da qualche parte, ma non ricordo dove..” dissi, parlando con il gatto.
Mi sembrava di averlo visto da qualche parte, aveva una faccia conosciuta.
Mi sforzai di ricordare, ma non  mi venne in mente.
“Vabbè, pazienza.” Dissi.
Posai il gatto e rientrai nel pub.
Alla fine, il locale chiuse verso le 3.30 di notte e non essendo stanca, decisi di farmi una passeggiata notturna nel parco vicino la 25esima. La notte era giovane nella Grande Mela e le strade erano così illuminate che sembrava giorno e c’era anche molta più gente in giro.
Passeggiai indisturbata per il vialetto alberato e mi fermai quando arrivai al laghetto, dove c'erano alcune papere. Mi avvicinai al recinto di ferro battuto e le ammirai mentre nuotavano placide nell'acqua.
All'improvviso mi venne in mente James e quella volta che mi aveva preso da parte per parlarmi della Grande rapina
 
"Andiamo Evelyn! Siamo una squadra, sin da tempi dell'ultimo anno scolastico. Ti prometto che questa sarà l'ultima..." mi disse guardandomi negli occhi.
"James non lo so. Non mi sento in grado, insomma io ho smesso! Non voglio rovinarmi la vita più di così, ci è andata bene per troppe volte..." gli dissi sbuffando.
"Evy." mi chiamò con il nomignolo che mi aveva affibbiato.
"Ci penserò." gli avevo detto alla fine, anche se sapevo che avrei rifiutato.
Ma la stessa sera arrivarono altre bollette da pagare: more su more, multe su multe e un avviso di sfratto. Non avevo detto nulla alla nonna, per non farla preoccupare. Ma a quel punto l'unica via di salvezza sembrava essere la proposta di James.
 
Scacciai via quel pensiero amaro, insieme a tutte le immagini raccapriccianti dei miei amici morti. Scrollai le spalle e mi andai a sedere sulla panchina più vicina.
La mia mente vagava altrove, tornando indietro nel tempo, ricordando le giornate intere passate a fare dolci con Jessica; quando andai alla festa di fine anno con James e lui mi baciò, ma sapevamo entrambi che non ci sarebbe mai stata una storia perché qualcosa ce lo impediva; la prima rapina in un negozio di vestiti con Rick e James fatta per passare il tempo, poi però ce ne fu una seconda, una terza e così via fino a quando mi resi conto che era sbagliato e che non potevo vivere una vita del genere. Poi il drastico cambiamento: la loro morte, la loro assenza, il mio cambiamento, la fredda solitudine e la conscia realtà che non avevo più nessuno.
L’unica persona che poteva salvarmi da quella situazione era mia nonna: l’unica donna che mi abbia mai amato indiscutibilmente, dopo la morte dei miei genitori, che io non ho mai conosciuto. Mi presi la testa tra le mani e cercai di allontanare quei pensieri negativi.
Ripensai al ragazzo biondo che mi aveva sfiorato, nel tentativo di ricordare dove lo avessi già visto.
Inutile, non riuscivo proprio a ricordarlo.
L’orologio segnava le 5 di mattina.
Presi la moto e tornai a casa solo per cambiarmi e farmi una doccia. Alle 8 ero già dentro l’edicola a distribuire i giornali.
“Evelyn, ti vedo stanca.” Disse Harris portando altri giornali davanti l’edicola.
“Non ho dormito molto stanotte.” Gli risposi.
“Qui ci vuole una bella tazza di caffè caldo! Con questo freddo!” disse e si allontanò per andare nel primo chiosco.
“Se questo è freddo…” dissi ridendo tra me. Indossavo solo una felpa primaverile ed una sciarpa, eppure sentivo un caldo incredibile.
“Ecco qua, tesoro!” Harris tornò con una tazza di caffè bollente e un pretzel gigante.
“Oh, grazie.” Dissi e divorai subito quel delizioso brezel.
La mattinata passò velocemente e il pomeriggio accompagnai Harris da un suo amico per dargli dei vecchi giornali.
“Devi sapere che William è un appassionato di cose antiche e colleziona tutti i numeri de Usa Today!” mi disse, mentre lo aiutavo a portare alcuni pacchi di giornali su per le scale di un vecchio condominio.
“William caro! Guarda che ti ho portato.” Disse Harris appena entrammo dentro la casa del tizio in questione.
Era un vecchietto piuttosto arzillo, con occhiali spessi e un adorabile accento inglese. Quando gli porgemmo alcune copie dello USA Today, i suoi occhi si illuminarono.
Ci offrì del thè con dei pasticcini deliziosi e poi ci fece vedere parte della sua collezione.
“Da quant’è che li colleziona?” gli chiesi mentre riponeva alcune copie in un armadietto.
“Dal 1982 ragazza!” disse.
“Da quando l’hanno fondato… wow.” Dissi ammirando alcune copie messe dentro delle teche.
Una attirò la mia attenzione.
“O mio dio…” dissi.
Sulla copertina c’era il tizio biondo che avevo visto al locale la sera prima.
“Aaaah! Bel giovanotto, non è vero?” disse William rivolgendomi un sorriso innocuo.
“Si, certo… un po’ arrogante.” Dissi.
“Eh già, mi ricordo quando sfrecciava in alto nei cieli di New York! Una volta mi era così tanto vicino.” Dissi mimando la distanza con la mano.
“Oh William, non ti sarai mica bruciato?” disse ridendo Harris.
“No mio vecchio, ma poco ci mancava!” gli rispose borbottando.
I due continuarono a parlare, ma le loro voci mi arrivavano ovattate: ero troppo concentrata a credere o no a quello che avevo davanti. La data riportata sul giornale era di 3 anni fa, esattamente quando io ero scappata in Canada subito dopo aver commesso l’omicidio.
“I-io devo andare.” Dissi.
“Di già, cara?” mi chiese il vecchietto.
“Ho da fare, grazie per il thè!” dissi e scappai via.
Camminai per le vie di New York a passo svelto, fino ad arrivare dove era parcheggiata la mia moto. Saltai in sella e corsi a casa.
“Tesoro?” la voce di mia nonna appena aprii la porta.
“Sto andando in camera nonna!” dissi mentre salivo le scale per andare al secondo piano.
Entrai in camera e chiusi la porta. Rovistai nel guardaroba in cerca del mio portatile.
Lo accesi e cominciai a cercare su internet.
“E’ tutto vero…” dissi. Stentavo a crederci.
“Evelyn!” sentii mia nonna chiamarmi dalla cucina. Chiusi il pc e scesi giù.
“Che c’è?” chiesi.
“Dovresti andare a fare la spesa, altrimenti stasera non mangiamo niente.” Mi disse accarezzandomi una guancia.
“Si, certo. Vado subito allora!” gli dissi.
Uscii di casa con la lista per la spesa e andai verso il market più vicino. Mentre stavo mettendo alcune buste di latte nel cestello, due tizi mascherati entrarono nel negozio e puntarono la pistola al commesso.
-Questo è il colmo.- pensai mentre mi nascondevo dietro uno scaffale.
Sentii i passi dell’altro tizio che si avvicinavano e istintivamente una stalattite di ghiaccio si formò nella mia mano destra.
-No, Evelyn!- mi dissi.
Sciolsi la stecca di ghiaccio e arretrai ad ogni passo che faceva il tizio mascherato. Fino a ritrovarmi vicino alla cassa. Lasciai cadere il cestello per terra e balzai alle spalle del tizio che minacciava il commesso e con una mano sulla sua bocca gli feci inalare del ghiaccio e poi gli sferrai un pugno sulla mandibola, rompendogliela.
L’altro tizio si avvicinò puntandomi una pistola.
Il commesso si era nascosto dietro la cassa, con le gambe raggomitolate al petto.
Era il momento giusto: allungai una mano verso il rapinatore e congelai le sue mani alla pistola, poi con un calcio gliele ruppi. Cadde a terra vicino al suo compare, dolorante. Presi il cestello e lasciai i soldi al commesso che mi guardò atterrito.
Uscii dal market ma un colpo di pistola mi colpì alla spalla.

____________________________________________
 
Buonasera :)
Eccoci arrivati al secondo capitolo! Qui appare uno dei Fantastici 4: La Torcia, ovvero Johnny Storm.
Ma da qui inizieranno i guai per la cara Evelyn. Keep Reading!
La citazione sopra è tratta da New Divide dei Linkin Park (la citazione è la parte più difficile di tutto il capitolo! Non riesco a mai a trovare quella giusta!)
See you soon,
Artemis Black

 

  
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