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Autore: Phoebus    05/11/2012    1 recensioni
1287, nel cuore dell'Italia medievale un amore rischia di sconvolgere alleanze politiche e una famiglia intera. Un amore forte, nato per caso, ma destinato all'eternità.
Al tempo delle dame e dei cavalieri, una giovane ragazza bella e splendente come una vera dama e un'aristocratica non proprio nobile come un cavaliere, incroceranno i loro destini per legarsi nell'anima...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Poco prima del tramonto, in un bosco fitto e freddo la giovane mora intaccava a colpi di frecce un albero lontano di quercia, e la nobiltà con cui lo faceva lasciava intuire quale fosse la sua maestria.
 
Prendeva con cura uno dei tanti dardi che aveva in una sacca e, dopo averne affilata la piuma, tendeva l’arco, fino ad un punto preciso, guardando l’obiettivo; quello era il trucco.
 
Esiste un punto che, se conosciuto, permette di colpire oggetti anche molto distanti, e Julia lo sapeva bene; conosceva quell’arma meglio di quanto capisse se stessa.
 
L’albero al quale mirava distava poco meno di un centinaio di metri, era il luogo dove si esercitava sempre; doveva avere qualche legame affettivo con quell’albero, perché era sempre verso di lui che puntava.
 
E con una precisione tale da togliere il respiro.
 
Tendeva l’arco e quando i suoi occhi centravano l’obiettivo, scoccava. Erano gli occhi a colpire, prima che la freccia.
 
Era la mente a dettare la mira, dopo essersi estraniata dal resto che la circondava, dopo aver smesso di sentire qualsiasi suono, dopo essersi concentrata.
 
Imparò da sola, da piccola e più andava avanti, più i suoi occhi cerulei riuscivano a diventare un tutt’uno con quell’arma.
 
Era incantevole…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Aveva preso l’ennesimo dardo, e lo stava per scoccare, ma un soffio di vento le confuse le dita e la freccia, indirizzata, colpì l’albero, ma non dove aveva mirato.
 
Qualcosa si era mosso dietro di lei e appena si voltò una figura di uomo a cavallo le si presentò innanzi.
 
 
 
“Julia! Ma…cosa ci fai qui?” – era suo padre, che appena la vide scese velocemente e, senza troppi indugi, si avvicinò amorevolmente alla figlia.
 
“padre voi… - era senza parole, non capiva cosa potesse farci lui lì -…ma non…non siete fuggito dagli Antici? Perché ora siete qui? In queste terre…”
 
Rimasero in silenzio un attimo, il tempo di osservarsi e riconoscere lo stesso sangue, lo stesso viso, la stessa lealtà.
 
 
 
 
 
Poi Erman, poggiando le mani sulle spalle della figlia, capì.
 
Capì che aveva fatto passare a quella ragazza una vita misera, e per quanto lusso le avesse regalato, lei non aveva mai ricevuto il dono più grande che una famiglia possa offrire, l’amore.
 
 
 
 
 
“sono contento di vedere che stai bene…e sono fiero di te Julia…fiero di quello che hai fatto! – poi un po’ di rammarico segnò le sue parole-…Se solo avessi avuto più coraggio da giovane…se solo mi fossi comportato come te quando avevo la tua età…molte disgrazie non sarebbero successe… - Julia lo guardava con filiale devozione, amava suo padre -…tu hai lottato per il nostro popolo e sei tu, tu soltanto, la giusta regnante e l’unica degna di portare il nostro nome…”
 
Era commosso, perché non aveva mai detto quelle cose, anche se nel profondo del suo cuore le aveva sempre sapute.
 
 
 
“vi ringrazio padre, ma è tardi…vi riaccompagno dagli Antici, il sole sta tramontando. Andiamo.”
 
“no Julia! – la fermò -…No! Tu non devi mettere piede in quella contea, sai cosa pensano di te, ti ritengono una traditrice! Se ti prendono ti uccideranno…andrò da solo…ero venuto soltanto per controllare…”
 
La giovane cambiò espressione, il suo sguardo si fece torbido, aspro; aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
 
Cosa avrebbe mai dovuto controllare suo padre venendo così di nascosto, in quella che una volta era la sua terra?
 
 
 
“mi state nascondendo qualcosa? Non siete tranquillo e non vorrei che qualche altra tragedia segni il nostro paese. Ditemi cosa succede, ve ne prego.” – lo guardava, scrutando nei suoi occhi.
 
“non ho notizie certe…so solo che tuo fratello Victor è strano ultimamente…che ce l’abbia a morte con la gente del nostro borgo è cosa vecchia e risaputa, ma non vorrei facesse sciocchezze…solo questo…”
 
Non si dava pace Erman, sapeva bene che suo figlio aveva qualcosa in mente e che l’avrebbe portata a termine, a qualunque costo; conosceva i suoi figli e quanto fossero diversi.
 
 
 
Julia iniziava a sospettare allora e, senza dirlo al padre, promise a se stessa di tenere a bada la situazione, non poteva andare tutto a rotoli per uno sciocco ambizioso senza scrupoli, fosse anche suo fratello.
 
“forse è meglio se andate ora, si sta facendo notte e il bosco è pericoloso per chi non lo conosce …” – riprese le sue frecce e le redini del suo cavallo nero.
 
 
 
Ma il cuore di quell’uomo stava per scoppiare, non poteva far andare via sua figlia così senza…senza averle detto…
 
“Julia io…non te l’ho mai detto ma…io…” – stava per cedere.
 
Ma lei lo fermò.
 
“non ce ne bisogno, so cosa volete dirmi…nemmeno io sono stata mai di troppe parole. – a volte voleva mostrarsi più forte di quello che in realtà era -…forse un giorno avremo la possibilità di stare vicini e conoscerci come non abbiamo mai fatto. A presto padre…ci rivedremo presto, ne sono sicura…” – sorrise.
 
Salì a cavallo e lo spronò al galoppo, per poi allontanarsi veloce e decisa come il vento che la sfiorava.
 
“che Dio t’aiuti figlia mia…io sarò sempre con te…” – disse quelle parole piano, sottovoce…come a ripeterle per se, o magari a quello stesso Dio.
 
Poi anche lui lentamente tornò da dove era venuto, con il pensiero a quella forte e fragile ragazza che aveva cresciuto, ma non conosceva come avrebbe voluto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I rami si appesantivano sempre di più, stava ricominciando a nevicare.
 
Il bosco imbiancato era uno spettacolo bellissimo e sublime, piacevole eppure pericoloso, i viandanti lo sanno bene; la natura può essere molto rischiosa per chi non sa prevederne l’evoluzione e la situazione.
 
Ma l’anima di Julia era eternamente affascinata davanti a ciò, tanto che durante il tragitto verso casa non si accorse di alcune tracce, ben evidenti, che marcavano il sentiero.
 
Orme fresche, qualcuno era passato da poco.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Si ridestò da quella visione e capì la situazione quando, arrivata dinanzi al ponte levatoio, lo trovò aperto.
 
“strano…” – per quell’ora crepuscolare era insolito che il ponte, e quindi la porta d’ingresso, fosse ancora aperta, ma non pensò certo al peggio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
E invece avrebbe dovuto pensarci.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Scese da cavallo…lo stava sistemando nei pressi di una locanda quando tre uomini da dietro le bloccarono le braccia, impedendole di muoversi; erano tre gendarmi armati per giunta, e dell’esercito che lei stessa un tempo comandava; lo capì dalla loro divisa.
 
Julia: “lasciatemi stare! Si può sapere che volete?” – si dimenava in tutti i modi, ma la presa era troppo forte.
 
Uno di essi, quello non impegnato a contenerla, le si presentò davanti e iniziò a deriderla mentre con dei violenti pugni la picchiava all’addome. La ragazza iniziò a piegarsi per le botte, ma non demordeva.
 
Intorno la gente muta e senza voce si avvicinava lenta, nessuno interveniva in favore di quella giovane che aveva combattuto per loro. Avevano paura…paura di essere puniti, o peggio uccisi.
 
Julia: “brutti bastardi…” – ce l’aveva con i soldati, eppure quei pugni non massacrarono la sua voglia di ribellarsi.
 
Soldato: “ah! Parli ancora Volkova! Ci vorrebbe una lezione molto più pesante per te! – prese Julia per i capelli, obbligandola  guardarlo negli occhi -…traditrice che non sei altro!!”
 
 
 
 
 
Improvvisamente dal buio attorno un uomo si avvicinò svelto, era anche lui un soldato; man mano che il volto si illuminava dalle torce, la mora lo riconobbe. Era Sert, il giovane ragazzo castano che un tempo era la sua spalla destra…
 
 
 
 
 
Sert: “Comandante mi dispiace, ma abbiamo l’ordine di arrestarvi. – parlava con ancora un grande rispetto per la ragazza, forse era il solo tra i commilitoni-…siete accusata di tradimento verso la vostra stessa famiglia. Non posso fare altrimenti.”
 
Julia: “cosa?! Ma siete forse tutti impazziti?? Sert tu mi conosci! Io non avrei mai tradito la mia famiglia! Ho solo aiutato il mio popolo! Devo forse pagare per questo??”
 
Sert: “sono ordini del Duca. Non posso farci nulla…”
 
La folla osservava inerme; c’era stata una soffiata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Qualcuno aveva avvisato il Duca Victor che il borgo era scoperto e senza protezione, nonché senza governo; e il giovane rampollo aveva capito che quello era il momento giusto per un colpo di mano.
 
Con la forza avrebbe potuto riprendersi quello che era suo, e così fece. Ma sta di fatto che era stato avvisato di ciò da qualcuno che conosceva, che sapeva come si svolgeva la vita all’interno del borgo, una spia quindi.
 
Ma nessuno intuiva chi potesse essere stato…
 
Tutto si era svolto in una sera, quella sera; e la mora in quel lasso di tempo non era a Spoleto, non aveva potuto organizzare una valida difesa.
 
All’ambizioso Victor questo non bastò: non era abbastanza veder soffrire la propria gente, non era abbastanza che poveri uomini ci rimettessero la vita; ora doveva togliere di mezzo sua sorella e quell’alone di bontà che si era innalzato intorno a lei.
 
E quale modo migliore, se non farla catturare e imprigionare come traditrice della sua nobiliare famiglia?
 
Era un reato e come tale prevedeva una pesante punizione; gli bastava catturarla, poi avrebbe potuto godersi finalmente la sua eredità completamente.
 
Questo era il piano del giovane nobile, questo stava per accadere all’innocente ragazza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Julia!!! Julia!” – una voce rimbombò nelle orecchie della mora, proveniva dalla folla.
 
Una ragazza superò i soldati e giunse fino a lei…era la sua Lena, corsa appena aveva saputo del ritorno di Julia al borgo.
 
 
 
Soldato: “mocciosa vedi di andartene via!”
 
Lena: “lasciatela andare…lei non ha fatto niente, è innocente! Ve lo posso garantire!”
 
Soldato: “ah ma certo! – con un ghigno derisorio -…Tu sei la sua sporca sgualdrina, non è vero?”
 
 
 
Con quel briciolo di forze che Julia aveva, alzò il capo e guardò la rossa; erano ancora lì, a lottare insieme per qualcosa che sembrava sempre più un’utopia, quell’amore…
 
 
 
Julia: “vai via Lena…non… - le era difficile parlare, aveva ricevuti troppi colpi -…non preoccuparti per me…” – i soldati lasciarono per un momento Julia, che cadde a terra, stremata.
 
Lena la prese tra le braccia, non poteva andare così.
 
 
 
Erano pochi quelli che sostenevano Julia, anzi forse solo gli amici di Lena. Nessun altro l’appoggiò.
 
Giacomo: “Julia non vi ha traditi…non ha fatto nulla di male…anzi lei è stata l’unica a difenderci!” – cercava speranzoso di convincere Sert, il nuovo comandante dell’esercito ducale, ma non servì a nulla. Gli ordini erano ordini.
 
 
 
 
 
Eppure era impossibile non vedere quell’unione, la scheggia di paradiso che quelle due ragazze erano se solo stavano insieme…se solo potevano essere loro.
 
Lena: “ti aiuteremo Jul…non devi aver paura…” – mischiava parole a piccole lacrime che lente si formavano in quegli occhi verdi.
 
L’altra rispondeva a malapena, era conciata male.
 
Julia: “io…non…non ho fatto niente…di male”
 
Lena: “lo so! Lo so e vedrai che lo capiranno…ora devi sol…” – ma non le fu permesso di finire quella frase. I soldati ripresero Julia e, legandole le mani, la condussero verso il palazzo. Avrebbe pagato un prezzo molto alto per il suo atteggiamento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lena rimase lì, paralizzata in cuore…cosa avrebbe potuto fare ora? Julia rischiava l’impiccagione....dovevano aiutarla.
 
Ma non era così semplice. Ogni porta aveva sentinelle e il palazzo era sorvegliato a vista.
 
Eppure dovevano trovare un modo…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I giorni successivi non furono molto meglio; Giacomo cercava di avere comunicazioni con Julia, ma quest’ultima era chiusa nelle prigioni del castello e, anche se lui era pur sempre un soldato, non gli fu permesso di farle visita.
 
Lena nemmeno a pensarci! Sapevano della storia d’amore tra lei e la mora e quindi non aveva la minima possibilità d’avvicinarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passarono più di tre mesi…la situazione non cambiò. Anzi forse degenerò ulteriormente.
 
Victor ormai aveva a pieno il titolo ducale e massacrava quella povera gente con tasse impossibili e regole rigidissime; trasgredire voleva dire morire. Con questo atteggiamento dispotico si era fatto odiare da tutti, nemmeno i suoi soldati lo stimavano più.
 
La piccola Ester fu costretta a tornare a vivere a palazzo con la famiglia, non c’era più Julia a proteggerla e Lena non riuscì ad evitarlo. Il malcontento regnava sovrano e l’unico problema del nuovo Duca era quello di comprare il vino umbro più pregiato, per far bella figura ai balli che organizzava.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era una normalissima mattina e Lena, ormai triste e senza voglia di vivere, si incamminava verso il panificio dove lavorava duramente la madre, non ce la facevano più a pagare tutti quegli onerosi tributi. Teresa era sfinita per il troppo lavoro…
 
Lena decise di aiutarla e così si alzò di buon’ora; non le fu difficile alzarsi presto: la sera ormai non usciva, non vedeva i suoi amici, era chiusa dentro se stessa. Perché senza Julia non c’era vita…senza Julia non era nemmeno vita la sua.
 
Poi, lungo il corso che passava per la piazza, un’esile donna attirò la sua attenzione; era Bernadette.
 
 
 
“Bernadette! Sei tu?” – l’altra si voltò subito e riconobbe senza esitazioni Lena.
 
“Lena! Come stai?” – si salutarono come due vecchie amiche che si ritrovano dopo un periodo difficile, qualcosa le univa.
 
 
 
Ma non potevano saperlo.
 
 
 
“io sto bene, vado avanti Bernadette…e tu? Come procede a palazzo?” – non riuscì a fare subito quella domanda che il cuore le implorava di fare.
 
“cara Lena…non serve che ti spieghi come vanno le cose lì. – era triste, afflitta -…sono uscita per comprare il pane e per prendere un po’ d’aria…è tutto invivibile e il signor Duca non fa altro che rimproverarci e far picchiare chi lo contraddice…non sai quante ne sta facendo passare alla piccola Ester e…e a Julia…”
 
Il cielo per Lena si oscurò, anche se il sole illuminava quella giornata.
 
“coma sta Julia? Hai sue notizie? Io…io vorrei tanto tirarla fuori di là…e rivederla…rivederla…mi manca da impazzire…”
 
“ti capisco Lena… - le prese fraternamente le mani -…anch’io voglio aiutarla, dobbiamo far presto e trovare un modo…non so quanto resisterà ancora, è sfin…” – la giovane servetta chiuse un attimo gli occhi, come per fermare un logorante dolore improvviso.
 
“Bernadette qualcosa non va? Che succede? Non stai bene forse? – poi Lena capì. Capì tutto quando la serva poggiò le mani sul proprio ventre ingrossato e tondo. -…ma tu…tu sei incinta Bernadette!”
 
L’altra arrossì, non per felicità, ma per vergogna. Era sola, e crescere un figlio da sola significava essere additate e umiliate per sempre, perché non si aveva la protezione di un marito.
 
“si…aspetto un bambino…e a breve partorirò… - stava per piangere, ma il pensiero della sua generosa padrona la rincuorò -…ma ora non preoccuparti per me! Abbiamo altro a cui pensare…anzi…Ho un’idea Lena!”
 
“che intendi?” – la rossa non riusciva a seguire.
 
 
 
Bernadette la prese sottobraccio e la portò in un angolo meno affollato, per parlare con calma e discrezione.
 
 
 
“ascoltami…possiamo tirare Julia fuori di lì! Ma certo perché non c’ho mai pensato! La mia testa a volte mi stupisce!”
 
“come Bernadette?? Come possiamo fare??? È impossibile entrare nel sotterraneo del castello…” – era ansiosa di sapere.
 
“farò richiesta io! A me non negheranno di vedere la padroncina! La scusa sarà portarle abiti puliti…e, in mezzo a questi abiti, potrei mettere una spada! Se tu e i tuoi amici mi aiuterete potremo organizzarle una fuga! Che ne dici?” – era entusiasta.
 
“dico che ci sto! Certo che ti aiuteremo! Ma per te è troppo rischioso! Non puoi avventurarti così, sei incinta!” – rispose premurosamente Lena.
 
“mettiamola così…voglio che mio figlio sia orgoglioso di me anche ora che è nel mio grembo! – risero insieme -…allora è deciso! Appena tornerà la luna piena tenteremo, quello sarà il segnale…la notte della luna piena, appena dopo il tramonto…”
 
“grazie Bernadette…grazie…” – la rossa era commossa da tanto affetto e sentiva di potersi fidare di quella giovane.
 
“non devi ringraziarmi! A presto allora…devo scappare adesso! Altrimenti subirò le ire del Duca…stammi bene! Ciao!” – diede un bacio sulla guancia a Lena e si allontanò.
 
La rossa sorrise rincuorata…finalmente avrebbero potuto aiutare Julia.
 
 
 
 
  
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