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Autore: Maricuz_M    05/11/2012    6 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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XIII Capitolo


The fear

La paura si è impadronita di me nel giro di un secondo, alimentata dal senso di agitazione che avevo ancor prima di sentire la voce sconvolta di Ginevra.
“Simon e Jon.. Loro.. La strada era ghiacciata, la macchina ha sbandato, sono andati a sbattere contro un albero..”
Sono paralizzata, così come il mio respiro. Anche il cuore per un secondo si è fermato, adesso invece batte all’impazzata, come se fosse l’ultima occasione in cui può farlo e volesse dare il meglio di sé per concludere in bellezza. Filippo, osservandomi, capisce che c’è qualcosa che non va e richiama la mia attenzione con un movimento della testa e lo sguardo interrogativo e preoccupato. Non riesco a dire niente, rimango con la bocca socchiusa cercando di fare ordine nella mia mente e parlare, ma non ottengo il risultato sperato. Il ragazzo mi ruba di mano il cellulare e se lo porta all’orecchio.
“Ginevra, che c’è?” le chiede, costringendola a ripetere. Sentendo anche lui la sua condizione, la blocca “Ok, respira e passami Roberto, Marco o chiunque sia più tranquillo di te.”
Mentre lui parla agitatamente con qualcuno, mi appoggio al muro esattamente come stava facendo lui un minuto fa e chiudo gli occhi, cercando di respirare normalmente e raccogliere la massima lucidità. Quando riattacca, non molto tempo dopo, mi riassume brevemente la situazione, massaggiandosi le tempie “Allora, c’è stata questa collisione con l’albero, Simon ha perso i sensi mentre Jonathan è svenuto subito dopo aver contattato Samuele che per enorme botta di culo era fuori a prendere una boccata d’aria insieme ai tuoi amici. Li hanno raggiunti mentre chiamavano l’ambulanza e chi cazzo dovevano chiamare, adesso si stanno dirigendo verso l’ospedale.”
Annuisco impercettibilmente senza riuscire a chiedere più particolari e lo guardo, mentre lui fa lo stesso. Come se gli facessi male anche solo ricambiando il suo sguardo, sospira “Ok, ascolta, stai tranquilla. Sono vivi entrambi, non dovrebbero esserci grandi problemi. La macchina è sfasciata, ma loro no. Fortunatamente si erano messi la cintura e.. Cristo, non mi guardare con quella faccia.” Borbotta, in difficoltà “Comunque, non ho idea di come raggiungere l’ospedale. Io ero venuto con la macchina di Simon, tu?”
“In moto..” mormoro, indicando il mezzo alle sue spalle. Lui, con gli occhi spalancati, lo fissa sibilando qualcosa “Se vuoi possiamo andare con quella, non ho due caschi, ma possiamo comunque andare con calma. Non ci tengo ad aumentare il numero degli incidenti, stasera..”
Lo vedo rabbrividire e girarsi verso di me incerto “Non so se è una buona idea..”
Nervosa e cominciando ad avvicinarmi alla moto, sbotto “Senti, sono disposta anche a concederti il mio casco, ma deciditi. Io vado, con o senza di te. Senza offesa.” Ecco, il mio tentativo di rimanere tranquilla è andato giù per lo scarico.
Lui ci pensa un po’, mordendosi il labbro, poi prende un respiro profondo e mi segue “Ok, vengo anche io, ma vai piano perché ho il terrore delle moto e preferirei non averne ancora di più.” Dice velocemente. Spiazzata, mi volto a guardarlo.
“Hai paura delle moto?”
“Una paura assurda.” Mormora, guardandola.
“Ok, ti do il mio casco.” Affermo, cominciando a tirarlo fuori da sotto il seggiolino. Già ha paura, non voglio che si senta pure a rischio. Le strade sono pure scivolose..
“No, tienilo tu.” Rifiuta deciso. E’ strano, questo ragazzo. Lo fisso perplessa, poi glielo porgo “Prendilo.”
“No.”
“Perché no?”
“Perché poi non ce l’hai tu. Tienilo te. Mi fido della tua guida.” Dice, per poi deglutire. Rassegnata, mi infilo il casco e monto sulla moto, poi gli faccio un cenno incitandolo a montare. Ok, adesso ci vuole sangue freddo. Non devo farmi prendere dalla paura come prima, devo pensare a guidare. Sento Filippo sedersi dietro di me e posare intimidito le mani sui miei fianchi. Ciao, sangue freddo.
Respiro profondamente un paio di volte, poi chiedo al castano se è pronto.
“Sì..?”
“Sei ancora in tempo, Phil..”
“Sono pronto, tranquilla.”
“Tu sei tranquillo?”
“No. Parti.”
“Reggiti.” Gli ordino.
“Lo sto facendo.”
“No, tu mi stai toccando. Se partissi adesso, ti ritroveresti col culo a terra.” Lo informo, senza mezzi termini. Non che mi dispiaccia il modo in cui mi sta toccando i fianchi, ma se i ruoli fossero invertiti e se io avessi paura delle moto, manderei a quel paese la mia timidezza e mi ancorerei a lui come una cozza allo scoglio. O gli faccio schifo, o ha paura di essere invadente, o non vuole passare da fifone.
“Uhm.. Quindi.. Dovrei tipo stringerti di più?” ok, sto per ridere.
“Sì, dovresti tipo stringermi di più. Per una tua sicurezza, non per altro.”
Sospira, a disagio, poi lo sento borbottare qualcosa come “Io odio le moto..”
Mi sfugge un sorriso “Vuoi che ti faccia prendere un colpo partendo o preferisci reggerti sin dall’inizio? E’ come un abbraccio da dietro, forza.” Lo incito. Quando la sua presa diventa più decisa e sicura, accendo la moto e chiedo nuovamente una sua conferma. Mi aspetto solo un no a giudicare dal suo respiro affannoso, ma non è la risposta che dà.
“Sì, sì, parti..” dice con voce tremante.
Ansiosa di arrivare dagli altri, lo faccio. Nel momento in cui Filippo percepisce il movimento stringe ancora di più, senza arrivare ancora al mio soffocamento, per fortuna. Lo sento parlare tra sé e sé a bassa voce, ogni tanto col volume un po’ più alto, quando mi ricorda di andare con calma, che tanto gli altri dall’ospedale non scappano, anche se vorrebbe dire che non c’è più la necessità di rimanerci. Io lo rassicuro di tanto in tanto, cercando di mantenere una velocità tranquilla e scrutando con attenzione la strada. Non mi soffermo molto sul fatto che ho trovato una cosa che fa perdere il controllo a Filippo, avrò tempo per farlo quando non avrò altri pensieri molto più importanti per la testa come la salute di Simon e Jonathan.
Maledizione, sono stata via mezz’ora ed è successo tutto questo casino. E poi, porca puttana, proprio un bel modo di iniziare l’anno, questo.
Quando arriviamo sani e salvi nel parcheggio dell’ospedale, realizzo pienamente che lì dentro ci sono i nostri amici in chissà quale condizione. Mi tolgo il casco, non lo metto neanche apposto, e inondata dalla paura e dall’adrenalina comincio a correre verso l’edificio seguita da un Filippo piuttosto turbato dal viaggio –non per colpa mia-.
Saliamo le scale di corsa, subito dopo aver chiesto dei due feriti. Non diciamo una parola, risparmiamo l’ossigeno per arrivare prima. Sono quasi le quattro di notte.
Nel momento in cui mettiamo piede nella sala d’aspetto, percepisco sulla mia pelle la situazione.
Ginevra è in lacrime tra le braccia di Roberto, stanca, come se si fosse tranquillizzata solo da pochi minuti. Il ragazzo la culla e l’accarezza, baciandole di tanto in tanto i capelli con dolcezza. Vedere la bionda priva della forza che di solito la caratterizza è impossibile da sopportare, un po’ come lo sguardo spento e il viso inespressivo di Manuela, che sta con la testa poggiata sulla spalla di Marco. Poco più in là c’è Damiano, seduto con i gomiti sulle ginocchia e il busto in avanti, mentre Samuele cammina avanti e indietro col telefono attaccato all’orecchio.
Mi sento svenire, poi la mano di Filippo si posa sulla mia schiena, un po’ per supportarmi, un po’ per incitarmi a continuare il movimento che si era bloccato all’improvviso. Lo guardo, vedo che mi scruta, poi sussurra “Siediti, chiedo notizie a Samuele..”
Sembra quasi che prima di farmi sapere la verità, voglia proteggermi da essa. Annuisco, vado verso Ginevra, che appena mi vede si stacca da Roberto per abbracciarmi, scoppiando nuovamente in lacrime.
“Lui.. Sanguinava.. Ho paura, Elle..” singhiozza, esattamente come al telefono poco più di una mezzora fa. Mi mordo il labbro e chiudo gli occhi.
“Anche io..” Ma andrà tutto bene, staranno bene entrambi..” e dire che quelle erano le parole che nei film mi facevano pensare a quanto fossero degli illusi i personaggi. Giuro che d’ora in poi non sarò più della stessa idea. L’unica cosa che mi sta impedendo di andare nel panico è proprio la speranza, se non ce l’avessi.. Probabilmente non sarei neanche arrivata all’ospedale.
Prendo un respiro profondo e stringo per qualche minuto la mia amica, cercando di infonderle un po’ di sicurezza. Certo che staranno bene, quei due. Stiamo parlando di Simon e Jonathan, Cristo, non di due ragazzi qualunque. Non scorre del sangue normale, nelle loro vene. Come minimo usciranno da una stanza tra qualche secondo e ci diranno che era tutto uno scherzo, che ci stavano prendendo per il culo. Simon prenderà in giro Ginevra dicendole “Ma io non ti faccio sempre saltare i nervi? Avevi paura di non utilizzarli più, senza di me?
Ma l’espressione cupa di Filippo mentre si siede vicino a me mi dice che nessuno prenderà in giro nessun altro.
Ginevra si stacca e torna a farsi consolare dal suo Roberto, mentre Filippo si schiarisce leggermente la voce e si avvicina al mio viso per far sì che riesca a carpire le sue parole sussurrate “La tua è una calma apparente?” mi chiede.
Ci penso leggermente, poi replico “Più o meno.”
“Davvero vuoi sapere?”
“Certo.” Rispondo sicura, adesso. Annuisce abbassando lo sguardo –gesto insolito-, e inizia a parlare senza incrociare il mio.
“Ancora non sappiamo con esattezza cos’abbiano.. Ma siamo sicuri che quello messo peggio è Simon.” il mio cuore perde un battito, lui intanto si passa stancamente una mano sul viso “Ha battuto la testa.. Quando sono arrivati i soccorsi era vivo, ma non in buone condizioni. Jonathan invece era semi-cosciente, ma ha qualcosa di rotto, il braccio sicuramente non è messo tanto bene.” Sospira, tornando con gli occhi sul mio viso. E’ in questo momento che nota le lacrime che scendono anche sul mio viso “Elle..” mormora.
Mi porto una mano davanti alle labbra, iniziando ufficialmente a pensare al peggio. Simon ha battuto la testa? Non era in buone condizioni? Potrebbe succedergli di tutto, potrebbe aver avuto un trauma cranico, potrebbe perdere qualche capacità motoria, o mentale! Il respiro si affanna tutto d’un botto, i singhiozzi non mi permettono di riportare il ritmo alla normalità. Mi attraversa la mente anche il pensiero di poter soffocare così, piangendo, e il panico aumenta peggiorando la situazione. Filippo si spaventa quasi più di me e mi afferra il viso con le mani “Oh, Eleonora! Calma!”
Ovviamente, non funziona.
“Eleonora, se pensi di morire soffocata, muori soffocata. Concentrati sul tuo respiro, regolarizza! Cristo, ci stai spaventando tutti.” Dice, infine. Alzo lo sguardo e vedo che tutti mi stanno guardando mezzi terrorizzati, come se effettivamente non riuscissi a respirare. Cosa effettivamente vera. Torno a guardare Filippo e cerco di fare come mi dice, mentre lui non sposta le mani dal mio viso, ma, anzi, inizia ad accarezzarle per togliere le lacrime che continuano a scendere.
“Ehi, vuoi che faccia venire qui accanto a te qualcun altro? Magari Marco, mh?” come prima cosa mi viene da dargli dello stupido, perché pensa di non essere adatto per starmi accanto in questo momento, poi però mi accorgo che è giusto così. Ho bisogno di Marco. Lui è quello razionale, quello con più autocontrollo del mio team, uno di quelli con cui mi sento più a casa, e Filippo è consapevole di questi fattori.
Annuisco continuando a focalizzare la mia attenzione sul respiro, ripetendomi frasi che tentano di consolarmi, invano.
Simon e Jonathan stanno bene. Simon e Jonathan stanno bene. Simon e Jonathan stanno bene, meglio di me.
Filippo si alza e, dopo pochi secondi passati a stropicciarmi gli occhi e a trasformarmi in un panda, il riccioluto è accanto a me. Subito mi afferra per le spalle e mi stringe, trattandomi come io ho trattato Ginevra circa dieci minuti fa. Chi consolerà te, Marco?
“Tranquilla..” sussurra. Mi sento una cretina. Come ho potuto cercare di trasmettere forza a Ginevra quando io a malapena ce l’ho per me stessa?
“Ho paura..” dico “Ho paura che-” Simon non ce la faccia. Non dico queste parole, ho il terrore persino di pronunciarle. Ma Marco è sempre stato un tipo abbastanza sveglio.
“Elle.. Simon non ha ancora finito di fare scommesse a destra e a manca.” Mormora, facendomi sorridere nel pianto. Mi accoccolo maggiormente tra le sue braccia, ringraziando la sua altezza che adesso mi sta facendo sentire al sicuro. Anche se Filippo è più alto ancora, per non parlare di Samuele.
Alla fine mi ritrovo a battere ripetutamente il piede a terra per l’ansia, gli occhi chiusi ormai asciutti. Le lancette girano e girano, ma per tutti il tempo sembra essersi bloccato. Nessuno si muove, anche la scena sembra essersi bloccata.
Dopo quella che dovrebbe essere una trentina di minuti, si sentono dei passi concitati e nella sala d’aspetto arrivano altre due persone: i genitori di Simon. Solo in quel momento Marco si separa da me, per avvicinarsi e spiegar loro la situazione. Non ce la faccio a vedere le loro reazioni, così mi copro il viso con le mani e appoggio i gomiti sulle ginocchia. Non voglio vedere, non voglio sentire. Simon e Jonathan stanno bene.
Sento una mano che mi sfiora la schiena poco dopo, quando alzo il capo Samuele abbozza un sorriso e inclina la testa “Vuoi qualcosa? Damiano scende giù al bar per prendersi un caffè..”
Scuoto piano la testa, ma non riesco ad aprire la bocca per ringraziare. Nessuno noterà la mia maleducazione, adesso. Il ragazzo annuisce e con delicatezza mi avvicina a sé, ed io mi ritrovo appoggiata a lui come una bambola, senza la capacità di rifiutare quel gesto. Non penso neanche di avere la forza per rifiutarlo dentro di me. Semplicemente chiudo gli occhi e cerco di svuotare la mente, facendo prendere alla stanchezza il sopravvento. La mano che mi accarezza il braccio mi aiuta a rilassarmi, stessa cosa per il calore che sento spargersi per il corpo.
Ma no, non posso addormentarmi proprio adesso. Non ci riuscirei neanche volendo, col pensiero di non sapere cosa stanno passando in questo momento i due ragazzi. Cerco di mantenermi sveglia, nonostante non mi sposti da quella posizione. Deglutisco a fatica e apro gli occhi, e vedo un’altra coppia di adulti nella sala. Devono essere i genitori di Jonathan. Pensando a lui, mi viene un dubbio.
“Samu..” lo chiamo, piano.
“Dimmi.” Risponde immediatamente, con voce calma.
“Perché erano in macchina..? Dove stavano andando?” riesco a chiedere, dopo aver alzato il viso per guardarlo negli occhi. Ricambia il mio sguardo senza rispondere, poi scuote lievemente il capo “Non ne ho idea. Andrebbe chiesto a loro..”
Annuisco “Glielo chiederemo dopo.” Mormoro.
“Glielo chiederemo dopo..” ripete lui, sospirando.
 
Dopo aver scambiato qualche parola con Manuela, che dal mio arrivo non aveva aperto bocca, ho dovuto affrontare un’estenuante chiamata con mia madre, preoccupatissima sia per l’orario che per il fatto che fossi stata io a chiamarla e non il contrario. Quando le ho spiegato la situazione per poco non le è preso un colpo, e non sto a ripetere le svariate domande che mi ha porto senza darmi neanche il tempo di rispondere. Dopo un minuto per poco non scoppio a piangere, così le ho riattaccato in faccia. Stava peggiorando il mio stato emotivo e psicologico.
Non tanto quanto la visione del medico che si sta avvicinando al nostro gruppo, però.
Nessuno ha la forza di alzarsi e andargli subito incontro. Ci pensano i genitori dei due ad ascoltare le prime parole del medico, mentre noi studiamo le loro reazioni. Capisco che non ci sono buone notizie quando vedo la madre di Simon scoppiare a piangere dicendo “Oh mio Dio” in inglese.
Simon e Jonathan stanno bene.
Tutti gli uomini si avvicinano ai quattro genitori. Vedo chiaramente Roberto prendere un respiro profondo e tremante.
Simon e Jonathan stanno bene.
Li vedo parlare, poi Samuele infila le dita tra i suoi capelli lunghi, mentre Filippo si strofina il viso con una mano esattamente come aveva fatto parlandomi delle conseguenze fisiche di Simon e Jonathan.
Simon e Jonathan stanno bene.
Marco abbassa lo sguardo.
Cazzo.
 
 


Sono  proprio una testa di cazzo.
Potete dirlo tranquillamente, me lo sono detto da sola, non ci son problemi! Avreste ragione e tutto il mio appoggio!
Vi tengo ancora un po’ sulle spine, lo so, ma tranquille. Il prossimo capitolo arriverà tra quattro giorni, e non tra cinque.
Quindi, IMPORTANTE: il prossimo capitolo verrà pubblicato il 9 Novembre, perché il 10 non ci sarò per tutto il giorno. Sono a Roma, al concerto di Mika. :3
Però, chiedo venia, il capitolo successivo lo pubblicherò il 16. Sono in un periodo molto denso di impegni su tutti i fronti, scuola, sport e anche piacere (vedete il concerto), quindi scrivere non mi sarà facile. Scusate. :’(
Giuro comunque che sto facendo del mio meglio.
 
Sulla storia non dico niente se non di aspettare quattro giorni per sapere ufficialmente tutto quello che c’è da sapere. Stay strong, ok? LOL
Scrivere questo pezzo di storia è veramente un suicidio.
 
Grazie a tutti coloro che mi supportano e che hanno sofferto insieme a me su quest’incidente (perché significa che tenete ai miei personaggi, e ne sono tanto felice. *si commuove*).
Grazie a Francesca, che mi ha consigliato i danni e le conseguenze dopo il fattaccio. Sarei davvero persa senza di lei, in questo punto. D:
 
So, ci ritroviamo tra qualche giorno! :)
Un bacione!
 
Maricuz
   
 
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