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Autore: Master_Of_Puppets    05/11/2012    1 recensioni
Ci troviamo a Mosca nell'anno 2046, dieci anni dopo la Catastrofe, la Terra è stata devastata dalla collisione del meteorite Apophis. Prime a farne le spese sono state l'Europa e l'Asia, nell'arco di pochi mesi tutto il mondo era coperto da una densa nuvola di detriti e polvere che portò ad un inverno nucleare paragonabile a quello che 65 milioni di anni prima aveva estinto i dinosauri. Nei primi 5 anni la popolazione calò da 9 miliardi di abitanti a soli 3 miliardi e chissà quanti erano morti negli anni successivi. Dimitri è un 53enne che proviene dal Vecchio Mondo e il suo scopo è difendere gli abitanti del Nuovo Mondo con l'aiuto della sua organizzazione militare. Lui è il capo dei Fantasmi di Mosca e, assieme ai suoi tre figli e a tre ex spetsnaz comanda un gruppo di uomini senza timore della morte per far rispettare le nuove leggi che regolano il mondo e mantenere la pace.
Genere: Avventura, Guerra, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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"Il Distruttore"

“Le ruote che fischiano sulle rotaie d’acciaio, il freddo che penetra nella carne e si insinua nelle ossa e la solitudine della metro. Ora più che mai il ricordo di quel giorno è stampato nella mia mente: era metà gennaio e il mondo si stava spaccando in due, la notizia già resa ufficiale: “Apophis 99942 noto come “Il Distruttore” colliderà inevitabilmente con la Terra.” Nessuna missione per deviarne la traiettoria o per “salvare” l’umanità, nessun destino da cambiare, nulla, solo la vana speranza di sopravvivere alla catastrofe. Molti avevano iniziato a fare pazzie in vista di un futuro senza leggi né morale: presto tutto il mondo sarebbe caduto nella più completa anarchia. Le probabilità di impatto erano date al 92.4% quindi c’era uno spiraglio di salvezza, anche se minimo ma c’era! Proprio quel giorno in metro rividi un mio vecchio amico che senza dirmi nulla era venuto a vedermi e a salutarmi da Londra. Quando gli chiesi perché fosse a Mosca mi rispose “Sono venuto a vedere te vecchia volpe! Volevo vederti e stare un po’ con te prima della fine. Tu, credi finirà tutto così o pensi riusciremo a sopravvivere, in qualche modo?”. Io risposi che speravo che quel 5.6% di margine di salvezza divenisse realtà ma che era meglio non farsi troppe illusioni perché giorno dopo giorno quella percentuale diminuiva sempre più ed essendo progettista nei programmi militari russi sapevo bene che non c’era nulla in cantiere a parte qualche minima teoria su come evitare la fine. Il giorno successivo ero assieme a mia moglie e i miei figli col mio amico e sua moglie in un bar di Mosca a quattro passi dal loro appartamento, saranno state le 11 di mattina e faceva un freddo infernale, io bevevo un tè bollente lui caffè nero. Mi ricordo che mi ero dimenticato di dirgli della pessima qualità del caffè russo e al primo sorso vidi una smorfia di disgusto dipingersi sul suo volto e scoppiai a ridere chiedendogli scusa per non averlo avvisato e tutti ci mettemmo a ridere. Poco dopo andammo a casa mia, prendemmo la mia adorata metro. In quel momento i miei pensieri andarono ad un romanzo letto anni prima intitolato “Metro 2033” che ora mi pare essere più realistico che mai, nel libro c’erano bombe H a distruggere il mondo e non un asteroide ma il concetto non era poi così diverso. L’umanità si sarebbe comunque estinta e i pochi superstiti avrebbero dovuto vivere in un pianeta devastato e con un “inverno nucleare” di durata inimmaginabile. Mentre pensavo al racconto sentii il vento della metro che investiva la mia faccia ed infine i fanali, ecco la linea blu, la numero 3 che fa una sorta di U, dalla Mitino procede verso Sud fino alla Park Pobedy dove gira a Est e procede praticamente diritta fino alla Kurskaya e da lì verso Nord fino alla Schelkovkaya. Dalla Kuntsevskaya dovevamo arrivare alla Kievskaya che fa parte dell’anello che in quel periodo chiamavo affettuosamente “Anello dell’Hansa” proprio come viene chiamato in Metro. Dalla Kievskaya si doveva andare a Nord fino alla Novoslobodskaya e lì cambiare alla Mendeleevskaya e infine proseguire con la grigia fin qui, fino alla Dimitrovskaya. Ora il ricordo di quelle giornate lontane è debole ma ricordo che per fare tutto questo tragitto ci voleva meno di un’ora mentre oggi…beh, oggi, a 10 anni dalla catastrofe, la Metro è la casa di molti e in superficie ci andiamo noi Fantasmi, qualche predone e coloro che vogliono formare dei piccoli nuclei cittadini…comunque oggi se ci metti una giornata a fare un viaggio del genere e arrivi anche vivo devi considerarti fortunato. Bene ragazzi, la storia di oggi finisce qui…sono vecchio e vado a riposare! Voi dormite e fate bei sogni. Non prestate troppa attenzione ai ricordi di un vecchio Fantasma come me, dovete essere voi gli artefici del vostro destino e non imitatemi! Il mio “lavoro” se così si può chiamare non è affatto uno scherzo, anche i miei figli lo sanno…spero ritorneranno entro un paio di giorni così li rivedrò al Cremlino prima di partire insieme verso l’università…” concluso il suo racconto il vecchio si avviò alla sua “lussuosa” dimora adagiata su una delle pareti della Dimitrovskaya quando uno dei bambini gli urlò “Hey vecchio Dimitri! Qual è il tuo vero nome?!” il vecchio si girò, gli fece un sorriso e disse “Il mio è un nome che appartiene al Passato, quando sono diventato un Fantasma sono cambiato e con me è cambiato anche il mio nome! Noi Fantasmi abbiamo solo nome, la nostra vecchia identità viene rimossa e in quanto ai documenti ne abbiamo di nuovi coi nuovi nomi stampati! E ora va’ a letto!!” la risposta non soddisfò la curiosità del bambino che però si dovette accontentare e andò a dormire.
Dimitri stava per arrivare al suo appartamento quando vide che davanti alla porta c’erano un sacco di doni per lui: oltre al cibo, alcuni indumenti, qualche lettera e tre bottiglie di vodka c’era anche una rarissima Makarov da 12 colpi tenuta benissimo con 5 caricatori senza alcuna traccia di ossidazione. Si sorprese nel vedere lì pistola e cartucce visto che dovevano valere moltissimo ma vista la sua reputazione nessuno nel Nuovo Mondo si sarebbe sognato di toccare le sue cose o i regali che le persone gli facevano. Decise di prendere tutti i regali e portarli nell’appartamento, mentre rovistava tra i vari vestiti notò che c’era uno zaino pieno di pezzi di stoffa pulitissimi che pesava 8-9 chili così decise di aprirlo. Il contenuto lo lasciò senza parole: un AK-47 7.62mm stupendo, tutto il legno era tenuto in modo eccellente ed era stato trattato con una cera apposita inoltre la canna e tutti i meccanismi erano perfettamente tenuti e gli ingranaggi ben oliati e puliti. Per sicurezza lo smontò e vide che era stato modificato anche se era perfetto in tutto. Le modifiche erano molto simili a quelle di un AK-74 e di un AKM, la canna era stata segata alla fine in obliquo per annullare la tendenza dell’arma a impennare in fuoco automatico e il rompi fiamma era ottenuto attraverso quattro piccoli forellini nella parte terminale di canna che rimaneva inoltre erano stati aggiunti una slitta per mirini telescopici e due mirini: un PSO-1 per Dragunov e un’ottica NSP-2 notturna-infrarosso che, da sola, pesava 4 chili.
Dopo aver visto tutto questo arsenale Dimitri non sapeva come ringraziare le persone che gli avevano offerto quei doni ma pensò che forse non volevano che lui sapesse la loro identità e non andò a chiedere in giro. Poi iniziò a leggere le lettere che gli avevano scritto, vedendo che una era stata scritta a macchina decise di tenerla per ultima e così aprì quella di una certa Dana che gli scriveva “Carissimo protettore del Nuovo Mondo, sono Dana e ho 17 anni. So che tra poco compirai gli anni, me lo ha detto mio papà e ti facciamo tutti gli auguri! Mi ha detto di scriverti questa lettera di ringraziamento anche da parte sua, dice che tu gli hai salvato la vita un giorno di molti anni fa. Era salito in superficie a prendere della legna da ardere e a cacciare qualcosa da mangiare per me e mia madre quando è stato attaccato da dei banditi che lo hanno attaccato coi gas ed è rimasto cieco, poi sei arrivato te che hai ucciso i banditi e lo hai riportato a casa. Adesso è ancora cieco e per questo ha deciso di donarti il suo AK-47 e con tutto l’equipaggiamento. Lui non lo può più usare e quindi te lo vuole regalare per sdebitarsi. Dana, papà Boris e mamma Alisa” finito di leggere si scrisse il nome dell’uomo per andare a ringraziarlo di persona.
La seconda lettera era da parte di un certo Ermil, un bambino di 10 anni, che gli chiedeva che lavoro facesse prima di essere un famoso Fantasma e se avesse famiglia, si annotò anche quel nome per andare di persona a parlargli.
La terza invece era da parte di una certa Oksana di 23 anni che gli chiedeva se poteva diventare la sua fidanzata o almeno di poterlo seguire di persona in tutte le sue imprese poiché non voleva stare più col padre che la sfruttava e la maltrattava e pensò che avrebbe potuto portarla con sé fino a qualche qualche stazione o al Cremlino e infine quell’ultima lettera, scritta a macchina, incuteva timore. Prese la busta in mano e la aprì con un colpo secco del suo bellissimo coltello, probabilmente era unico al mondo, era in acciaio damasco a 270 strati e temperato, con l’elsa di argento lucente, impugnatura in avorio bianco e intarsi in oro ed era ovviamente tenuto alla perfezione. Aveva ucciso molte persone con quel coltello che si era comprato su internet anni prima al modico prezzo di 1500€. Iniziò a leggere “Salve, il mio nome è Artyom, non sono di questa stazione e non sono un Fantasma. Semplicemente ho saputo che si trovava qui e ho volto scriverle, per la verità questa lettera è sia da parte mia sia da parte di un suo caro amico che mi ha detto di firmarsi “Il Londinese”, e mi ha detto che leia avrebbe capito la sua vera identità. Comunque io volevo solo ringraziarla per rendere il Nuovo Mondo più sicuro con l’aiuto dlle sue squadre. Il suo amico mi ha solo detto di salutarla, dirle che sta bene, è a Londra, nella metro con sua moglie. Se vuole può andare a fargli visita. Mi ha detto una cosa che non ho sinceramnete capito ovvero:”Aggiungi un xd alla fine del messaggio”, ha poi aggiunto ridendo “lui capirà!”. La ringrazio ancora e la prego di accettare la mia Makarov come regalo per rendere più sicuro questo Mondo. Auguri di buon compleanno! Da Artyom e “Il Londinese”” appena finito di leggere pianse per la commozione, il suo vecchio amico era ancora vivo, stava bene e voleva vederlo. Questo Artyom gli aveva portato davvero buone notizie anche se aveva molto da imparare su come si usa una vecchia macchina da scrivere visti gli errori di battitura presenti nel testo era palese che non sapesse come cancellare.
Svelto si asciugò gli occhi si mise la Makarov tra i pantaloni e la vita tenendola ferma con la cintura, montò l’ottica notturna-infrarossi sul suo nuovo AK-47 e mise il PSO-1 nella sua custodia di cuoio e la ripose nello zaino assieme al resto dei regali. Così equipaggiato andò alla prima casa della lista: Boris, ecco la sua abitazione, molto modesta fatta di lamiere del treno e pezzi di compensato. Bussò alla porta e aspettò risposta, pochi secondi dopo aprì Dana, la ragazza di 17 anni che aveva scritto la lettera.
Appena lei lo vide venne paralizzata come da una scossa che le passava la schiena, era incantata da quell’uomo che si vedeva essere vissuto in un’altra epoca. I suoi 53 anni erano considerati un’età notevole e tutti gli portavano un profondo rispetto. Dal fondo della casetta una voce femminile disse “Allora Dana? Chi è alla porta?” Quando la ragazza rispose per poco non si mise a piangere nel pronunciare il nome “Dimitri”. Appena la ragazza rispose si vide sbucare da dietro la spalla della ragazza la faccia del padre di lei che subito le chiese informazioni su dove fosse il loro ospite, lui non esitò a presentarsi e prese subito la mano dell’uomo visibilmente in difficoltà a causa della cecità e disse “Salve signor Boris, sono Dimitri. Ho letto la sua lettera e sono venuto a ringraziarla di persona per il suo stupendo regalo, l’ho apprezzato moltissimo e non so come ringraziarla ma capisco cosa significhi per lei e accetto volentieri il suo AK, è davvero magnifico!” L’uomo per tutta risposta si mise a piangere, poco dopo arrivò anche la moglie che ringraziò Dimitri per aver salvato suo marito e averlo riportato a casa sano e salvo. Quando la donna ebbe finito di parlare al Fantasma il marito si asciugò le lacrime e gli disse “Dimitri, mio salvatore! Il mio AK è una misera ricompensa per quello che lei ha fatto a me, mi ha salvato la vita e mi ha riportato da mia moglie e mia figlia e oggi le posso abbracciare ancora! Se non fosse per lei sarei a marcire alla Savyolovskaya! Non la ringrazierò mai abbastanza per avermi salvato ma prego, resti con noi per cena” Lui declinò gentilmente l’offerta, doveva ancora far visita a due persone, dormire e prepararsi per partire il giorno dopo per tornare al Cremlino.
Arrivato alla casa del piccolo Ermil bussò e rivide la stessa scena di poco prima ma sta volta si fermò per una tazza di tè e tra un sorso e l’altro rispose a tutte le domande del bambino tra cui tre molto strane: “Come sono il sole e il cielo?”, “Cosa c’è lì fuori?” e “Cosa si faceva prima di Apophis?” Queste tre domande gli fecero pensare a quante cose non sapessero del Vecchio Mondo le nuove generazioni abituate alla distruzione o, molto spesso, solo ai tunnel bui della metro.
Infine andò a casa della ragazza ma, prima di passare riportò all’appartamento tutta la sua roba e si presentò a casa di lei senza nulla di valore, non sapeva perché ma non si fidava di lei. Quando bussò sentì dei passi veloci e leggeri che si avvicinavano, due lucchetti scattarono e la porta si aprì, il volto di una ragazza giovane e bellissima sbucò fuori dalla fessura della porta semiaperta e appena lo riconobbe gli disse “Sono pronta, quando si parte? Adesso? Ti prego portami con te, non posso più stare qui” e così dicendo mostrò una scottatura di sigaretta molto recente e aggiunse “mio padre mi ha detto che dovevo mettere tutto a posto, gli ho detto che lo avevo già fatto e lui per tutta risposta mi ha spento la cicca sul braccio...mi fa ancora male” Dimitri le disse di prendere tutto e seguirlo, l’avrebbe portata ad un appartamento poco lontano dal suo e sarebbero partiti la mattina del giorno dopo vero le 10:30. Poi si diressero ognuno al proprio alloggio, la salutò e, dopo essere entrato nel suo appartamento ripensò alla giornata, andò a letto, lesse l’ora 00.57, decise che era meglio dormire e si addormentò.
La mattina si svegliò da solo alle 9:00, si preparò, nascose per bene i regali nello zaino a parte la Makarov che, per sicurezza, teneva sempre nella cintura e andò a bussare all’appartamento della ragazza alle 10:25. Lei aprì subito, uscì col suo zaino, documenti e un piccolo coltello in tasca e si mise a seguirlo senza fare domande finché arrivarono al portello d’uscita. Solo allora lui le rivolse la parola e disse con tono serio e deciso “Devi sapere una cosa, tu sei vissuta sotto terra e i tuoi occhi non reggeranno la luce solare, tieni questi occhiali, non parlare per nessun motivo, non fare pazzie, non andare in giro, stammi sempre di fianco e può darsi che arrivi sana e salva alla tua meta” Immediatamente la ragazza prese gli occhiali, annuì sicura e squittì con voce acuta dalla paura “Basta che mi porti alla Mendeleevskaya o alla Lubyanka, lì conosco un po’ di gente che mi potrebbe aiutare”.
Nel sentire il nome di quella stazione Dimitri capì tutto, Lubyanka, la stazione dei predoni, la ragazza doveva essere proprio idiota per non sapere che un Fantasma qualunque sa perfettamente che a Lubyanka ci sono più grane che nella tana degli Sciacalli. Subito nella mente di Dimitri si disegnò un piano di cui non andava molto fiero ma era convinto che la ragazza volesse farlo cadere in un’imboscata così decise di abbandonarla alla prima occasione.
Appena usciti in superficie la ragazza restò immobile per una decina di secondi esterrefatta, Dimitri le diede un colpetto sulla spalla e le disse di muoversi e così si misero in cammino. Un deserto si apriva sconfinato davanti a loro, il sole era coperto dalle solite nubi grigio chiaro, da tempo non c’era una vera giornata di sole, la polvere di Apophis doveva ancora depositarsi, camminarono in direzione Sud per tre ore, superarono la Mendeleevskaya e la ragazza non disse nulla, era ormai evidente che era una spia dei predoni che volevano sbarazzarsi del capo dei Fantasmi di Mosca, gli unici in grado di ostacolarli. I Fantasmi erano in possesso del Cremlino all’esterno e sotto terra avevano il controllo di un complesso di 4 stazioni raggruppate a poche centinaia di metri dal loro centro di comando e di tutta la linea blu.
A quel punto Dimitri si fermò e le disse “Vedi quel boschetto di alberi morti? Va laggiù e prendi quanta più legna puoi, io vado a vedere se trovo qualcosa da mettere sotto i denti. Dammi pure il tuo zaino, lo porto io così non ti intralcia” Così dicendo aspettò che si fosse allontanata abbastanza da perderla di vista e decise di abbandonarla, col suo zaino da più di 10 chili e quello della ragazza si allontanò a passo spedito verso la stazione libera di Tverskaya, cinque minuti dopo aver abbandonato la ragazza sentì degli urli provenire da Est, probabilmente era stata presa da “Loro”, così venivano chiamate tutte quelle creature che erano spuntate dopo la Catastrofe. Dopo dieci minuti di cammino arrivò alla stazione dove prese un carrello fino alla Teatralnaya, altra stazione libera di proprietà dei verdi, chiamati così perché possedevano quasi tutta la linea verde o linea 2. Da lì c’era uno scambio con la linea blu, la famosa linea a U che era controllata dai Fantasmi dalla Kievskaya fino alla Kurskaya ovvero i due incroci della blu con l’anello. Da lì raggiunse in poco meno di 20 minuti la Arbatskaya che, assieme alla Borovitskaya, alla Aleksandrovky Sad e alla Biblioteka imeni Lenina formava il centro operativo sotterraneo dei Fantasmi Moscoviti (o Fantasmi di Mosca), da lì sarebbe finalmente arrivato al Cremlino in meno di un minuto.
Quando sbucò dal sottosuolo lo vide, alto, maestoso e ancora intatto, il Cremlino era La Roccaforte per eccellenza, nulla stava al suo confronto, era inattaccabile, fortificato con barricate di 4-5 metri di blocchi di cemento armato, rottami e detriti, avevano lasciato solo un piccolo varco con un enorme cancello. Una volta lì Dimitri fece il segnale prestabilito con le mani: un due fatto con pollice e indice della mano sinistra, un tre fatto con indice, medio e anulare della sinistra e un cinque unendo i due gesti, il tre con la sinistra e il due con la destra, poi c’era la sequenza con la torcia che erano un cerchio, due lampeggi, tre cerchi e luce fissa per qualche secondo. Dopodiché due guardie armate e corazzate spuntavano dalle torrette ai bordi del cancello e aprivano, a questo punto ti ritrovavi in un corridoio di due metri di larghezza con le stesse pareti di 4 metri ai lati che conduceva davanti all’unico ingresso rimasto agibile dall’esterno dove una guardia ti avrebbe chiesto la parola d’ordine che era una combinazione di numeri. Solo allora potevi veramente entrare nella fortezza anche nota come “La Roccaforte”, una volta superati tutti questi controlli Dimitri poté finalmente mettere piede nel suo amato Cremlino dove venne accolto calorosamente da tutti che subito gli chiesero come stava, cosa avesse fatto e come mai si portava dietro tutto quel bagaglio. Dopo aver mangiato, riso e chiacchierato con tutti decise di condividere la vodka con tutti i presenti che se la finirono tutta al primo giro, subito dopo molti dei presenti tornarono alle loro occupazioni e Dimitri fu finalmente solo così salì le scale verso il suo alloggio ai piani più alti.

[ho cancellato il vecchio capitolo perché modificarlo era un lavoraccio e così vado meglio io anche per la nuova organizzazione (purtroppo ho anche perso le vostre recensioni, mi dispiace)]
  
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