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Autore: Berty_Poppins    06/11/2012    2 recensioni
- Ho detto, Sakura, che questa cosa deve finire. Tu che fai l'infermiera deve finire. Vai. Via.-
Sentiva i suoi pezzi scricchiolare sotto i suoi piedi. Continuava a calpestarli, non li vedeva neanche e li calpestava senza accorgersene. Avrebbe voluto prenderlo e picchiarlo e dirgli quanto lui significasse -- perchè significava il mondo e non lo sapeva neanche.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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A chiudere gli occhi e a tappare le orecchie siamo bravi tutti.

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Too late, this is not the answer,
I need to pack it in.
I can't pull your heart together
with just my voice alone.
A thousand shards of glass, I came to meet you and...
... And you cut the piece out of me.

And as you ripped it all apart
that's when I turned to watch you.
And as the light in you went dark
I saw you turn to shadow.
If you would salvage some part of you that once knew love...
But I'm losing this,
and I'm losing you.

[...]It's too late now to stop the process.
This was your choice,
you let it in.
This double life you live
is eating you up from within;
a thousand shards of glass
you pushed beneath my skin
and left me lying there to bleed.

And as you showed me your scars
I only held you closer,
but as the light in you went dark
I saw you turn over.
I wanted always to be there for you and close to you,
but I'm losing this, and I'm losing you.

Apocalyptica ft Lacey Sturm - Broken pieces




Avrebbe anche potuto chiamarlo scarafaggio, non le avrebbe dedicato neanche uno sguardo. Non si sarebbe nè voltato nè indignato, non avrebbe irriggidito la schiena e non le avrebbe intimato di chiudere la bocca. Sarebbe comunque rimasto lì, nella stessa identica posizione che lo vedeva dare le spalle alla porta d'entrata -- come se il suo silenzio non fosse di per sè un invito a lasciarlo stare, no, lui ti dava pure la schiena per sottolineare la sua indifferenza verso tutto quello che entrava e usciva dalla suacasa, come se in realtà non fosse neanche lì, come se...
Lei cercava di capirlo, come sempre, ma giustificarlo era impossibile e non l'avrebbe fatto comunque -- troppe le volte che l'avevano visto nel torto, troppe le parole che non aveva ancora detto, pochissimi i momenti che l'avevano reso umano o quantomeno socialmente appropriato e non c'era giorno, non c'era giorno, che lo vedeva fissare qualsiasi altra cosa non fosse Konoha.
Ma lei cercava di capirlo anche quando lui si lasciava medicare ed i suoi occhi cadevano inevitabilmente sull'eccessivo pallore del viso, sulle vene bluastre che circondavano i suoi occhi, sulla pelle grigiastra del suo collo e sulla piega inesistente delle labbra secche, torturate dal troppo silenzio, graffiate e quasi sanguinanti... come se la realtà dei fatti non fosse una prova inconfutabile della sua perenne voglia di autodistruggersi. No, no, lui doveva continuare a stare in silenzio, a guardare Konoha come se l'origine delle sue pene risiedesse da qualche parte tra la montagna degli Hokage e la fine della foresta; e doveva ignorare qualsiasi cosa gli venisse detta.
Ad un certo punto Sakura aveva smesso di chiedersi perchè, in effetti, non si fosse ancora suicidato. Tanto era già morto, che male gli avrebbe fatto sventrarsi? Ma poi si dava della stronza e si guardava allo specchio con due occhi che non riconosceva, come se si aspettasse di vedere Sasuke dall'altra parte dello specchio che le comandava di lasciarlo andare.
Lasciarlo andare.
E dopo svariati mesi, dopo aver ricostruito quello che poteva essere rimesso in piedi e dopo aver chiesto perdono e pietà ai parenti, alle mogli, ai figli che non avrebbero mai più rivisto i loro cari, e dopo essersi inginocchiata mille e mille volte davanti a lui per salvargli almeno la vista, dopo aver gridato a pieni polmoni che Sasuke Uchiha non sarebbe mai morto per gli errori che altri avevano commesso -- dopo -- lei non aveva più aria.
Le mancavano pezzi e pezzi di pelle ed era come sentire i suoi polmoni sbriciolarsi ad ogni respiro tremulo. Ed il suo stomaco non reggeva più neanche un noodle. Le. Mancavano. Pezzi.
Solo il cuore -- ah!, l'ironia di questa vita -- sembrava combattere.
Perchè guardarlo sparire faceva male, ascoltarlo respirare come se da un momento all'altro potesse schizzargli via un polmone dal petto era fisicamente insopportabile, ma lei batteva per lui. Forte, sempre, ovunque.
Vedere le sue mani che si muovevano, che talvolta si stringevano così forte a pugno da rasentare il masochismo patologico, e che erano così bianche da sembrare già ossa -- ma non erano ossa quelle, era lui in tutto il suo doloroso egoismo, era lui che mandava un messaggio al mondo, era lui che si allontanava, di nuovo, dandole le spalle -- le davano un senso.
Magari oggi mi parlerà, si diceva ogni mattina mentre percorreva la strada verso casa sua. Magari domani sarà meglio, si consolava mentre ritornava.
Forse oggi riuscirò a far finta che non m'importi vederlo in questo stato, e forse lui mi parlerà perchè non gli è mai veramente piaciuto essere ignorato.
Non succedeva mai niente.
Mentre lui continuava a dare le spalle alla porta e a guardare Konoha come se la fonte dei suoi problemi fosse proprio lì in mezzo, tra la montagna degli Hokage e la foresta, lei si accorgeva di quanto, in realtà, lei fosse vuota.
Era una sensazione spiacevole sentirsi vuota perchè ti prendeva nel momento stesso in cui aprivi gli occhi e se ne andava -- no, no, te ne dimenticavi -- solo quando li richiudevi. Tutto quello che c'era in mezzo era solo... nulla. Dimentichi le cose basilari come mangiare e bere, scordi le parole che hai detto solo due secondi prima, non trovi neanche la forza di mettere un piede davanti all'altro per passare dalla tua stanza al bagno e ti senti così inutile. E pensi che passerà, certo che passerà, è solo un brutto momento che domani sarà più facile da superare, come se il tuo cervello fosse veramente così stupido da crederci. Come se a te importasse davvero qualcosa di quello che succederà domani.
Dopo altri mesi i suoi occhi erano migliorati, non erano più velati dal ricordo del vero e proprio abuso al quale erano stati sottoposti e non le erano mai sembrati così neri fino a quel momento. Ma forse era lei che oltre le lacrime e il risentimento ed i crudeli, crudeli, battiti del suo cuore non riusciva a non vederli così come li ricordava. Lui non l'aveva guardata in faccia neanche una volta da quando era stato riportato a Konoha, non si era neanche preso la briga di dirle dove, esattamente, potesse infilarsele le sue strafottute lacrime, perchè a lui non importava niente.
A lei mancavano pezzi ed erano tutti ai suoi piedi. Dubitava che i suoi occhi fossero in grado di vederli, non credeva neanche che servissero al loro scopo a quel punto.

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Prendere fiato, aprire la bocca ed usare le corde vocali non significa essere degni delle orecchie altrui. 

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Due anni dopo si era accorta di quanto stupida ed ignorante fosse stata durante tutto il corso degli anni precedenti, come se essere testimone del deterioramento di una delle persone più importanti della sua vita non fosse stato abbastanza patetico e triste -- e c'erano giorni in cui ricordava le parole che Sasuke aveva detto, il grazie che le aveva bisbigliato suonava estraneo e sbagliato anche adesso che sentiva di meritarselo sul serio.
Lui poteva uscire di casa ora, seguito a vista dagli Anbu ovviamente, anche se Sakura non credeva fosse possibile per Sasuke scappare con il suo chakra ancora sigillato.
Si chiedeva spesso, soprattutto quando si ritrovava a guardarlo nonostante tutto, come dovesse sentirsi e se c'era qualcosa che desiderasse o se gli sarebbe piaciuto uscire con altri esseri umani piuttosto che vagare da solo sulla linea che seperava Konoha dagli altri territori.
Naruto era riuscito a farlo mangiare per tre volte al giorno, Naruto riusciva a sopportare il suo silenzio -- Naruto lo capiva quel silenzio -- e sembrava non stancarsi delle rare occhiate assenti che Sasuke gli lanciava. La prima volta che i suoi occhi si erano posati su di lei era stato come inginocchiarsi sul tatami per raccogliere i pezzi che ancora marcivano lì in mezzo, poi Sasuke le aveva ridato le spalle, ma almeno lei aveva riconquistato tre quarti di polmone.
Adesso era pallido in un modo quasi normale, le vene attorno ai suoi occhi si vedevano ancora e le sue labbra erano ancora screpolate e certe volte sanguinavano anche, ma il suo respiro era tranquillo e Sakura non si preoccupava più di doverlo rianimare lì, sul tatami.
- So che probabilmente farai finta di non sentirmi,- gli aveva detto mentre cercava di non svenire lei stessa per l'emozione causatale da un suo brevissimo sguardo - ma credo che dovresti uscire di mattina. Sai, per... prendere un po' di colore.-
Aveva dimenticato quanto fosse doloroso dirgli qualcosa e venire ignorata perchè gli aveva detto qualcosa. Cercò di non dare a vedere la sua delusione e credette di vedere del sangue uscirle dalle vene dei polsi, come se stare in sua presenza fosse un vero e proprio salasso.
Ricordava con precisione chirurgica il modo in cui lui aveva voltato la testa ed il cuore le era letteralmente scoppiato in gola.
Ed avrebbe voluto andare lì e costringerlo a guardarla in faccia e parlarle. E chiederle scusa perchè se lo meritava, se lo meritava! E le sarebbe piaciuto potergli voltare le spalle e lasciarlo consumarsi fino all'osso per poi rinfacciargli quanto lui fosse stato stupido ed ignorante durante tutti quegli anni. Perchè lei non riusciva a vivere pensandolo da un'altra parte che non si trovasse a due passi dalla sua stessa casa, perchè lei batteva in continuazione per lui, anche quando erano altri a stringerla, anche quando lui voltava la testa in quel modo. Soprattutto quando i suoi occhi assenti si posavano su di lei, come una sfida, come una provocazione.
Come se si divertisse a vederla sgretolarsi.
Lei batteva ancora, ma le mancavano pezzi. Lui se ne stava semplicemente... in silenzio.

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Il latte versato non torna diligentemente nella bottiglia quando tu lo chiedi.
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Cominciò a comprendere cosa significasse non sopportarsi.
Perchè lei non poteva fargli domande, non ci riusciva, ed anche se lui le avesse fatto capire che in qualche modo, qualsiasi davvero, potevano comunicare senza per forza sentire il bisogno impellente di scappare, allora forse Sakura si sarebbe sentita in diritto di chiedergli perchè.
Si rese conto che chiudersi in ospedale aiutava. Vedere la vita che nonostante tutto non si fermava le dava quel minimo di speranza che le serviva per tornare a casa sulle proprie gambe. Capì, certo con un po' di frustrazione e rabbia, che Sasuke Uchiha sarebbe riuscito a sopravvivere anche fuori da Konoha.
Ed era un pensiero terribile da un certo punto di vista, anche perchè lei era certa che non sarebbe mai più riuscita a rattopparsi i buchi se lui fosse improvvisamente e nuovamente sparito.
Non credeva più che per tenerlo a Konoha si dovessero utilizzare mezzi estremi -- e nei recessi della sua mente ricordava che lei aveva voluto con forza e disperazione seguirlo in capo al mondo ed aveva creduto che per lui fosse abbastanza -- e da quando aveva ricominciato ad allenarsi, anche senza chakra, Sasuke sembrava sempre meno desideroso di tenere alta la sua supponenza -- come se in realtà fosse lui a fare un favore a loro, come se nulla in lui fosse cambiato, come se le cicatrici che marcavano i corpi di tutti loro non fossero mai state inflitte, guardate, sfiorate, dannate.
Dopo altri mesi capì che parlare di Sasuke con Naruto non aiutava. Per niente. Sembrava tutto più reale quando era la voce di Naruto a dire che le cose sarebbero andate bene, ad un certo punto lei aveva pure smesso di chiederlo -- perchè Sasuke continuava a guardare Konoha come se questa fosse un enorme, potente, demone pronto ad ingoiarlo vivo e continuava a non parlare anche se erano tante, tante, le parole che gli toccava dire -- e Naruto si era limitato a sorriderle di tanto in tanto o a metterle una mano sulla spalla o a lasciarla piangere silenziosamente nel suo abbraccio perchè dentro... dentro era un casino per tutti.
Secondo Tsunade non sarebbe stato saggio permettere a Sasuke di ricominciare le missioni, anche perchè nessuno si fidava di lui -- e come avrebbero potuto impedire una tale reazione? Lui era stato uno di loro, aveva sentito alcuni jonin proclamare a gran voce così che tutti potessero sentire. Era, certe volte le veniva pure da ridere perchè persistevano a parlare di lui al passato come se non abitasse nella loro stessa città.
Come se avessero ritrovato il suo corpo esanime piuttosto che il ninja debilitato e furioso e potenzialmente mortale. Era stato uno di loro, una volta.
Lei se lo ricordava. Ricordare faceva male e quando Sasuke la guardava era come rivedere il ragazzino che l'aveva protetta, quello che aveva accettato Naruto prima di qualsiasi altro, il genio che tutti avrebbero voluto avere in squadra per almeno una missione. E rivedeva anche il bastardo, fottuto, figlio di puttana che aveva voltato le spalle alla sua vita ed aveva condannato quella degli altri, quello che aveva cercato di ucciderla con tutte le intenzioni del caso, quello che nonostante tutto lei amava ancora e che le faceva perdere pezzi ogni volta che muoveva un muscolo.
Vederlo vivo e pensare che non c'era più niente di vero in lui. Tutta la sua vita, Sakura pensava quando la verità del clan Uchiha le ritornava alla mente, era stata costruita, perseguita e combattuta per una bugia.
Cercava di capirlo in quei rari momenti di silenzio buono, quando la sua testa si piegava un po' in avanti e le sue dita non cercavano di stritolarsi sui palmi, quando magari anche Naruto restava in silenzio a guardare la stessa Konoha che Sasuke vedeva con occhi pieni di riverenza, quasi a volergli dimostrare che c'erano tante, tante verità tra loro e tutto quello che era stato costruito tra la montagna degli Hokage e la foresta. In quei momenti lei sentiva nelle orecchie vecchie voci, rumori ormai passati, e sapeva che da qualche parte il vecchio Sasuke esisteva ancora.
Si era addormentata a casa sua una volta. Si era risvegliata sul tatami con la schiena indolenzita e la faccia impiastricciata. Kami, aveva avuto così tanta paura si mettersi a sedere da restare completamente paralizzata per alcuni minuti, poi l'aveva sentito spalancare gli shoji e si era issata a sedere più per orgoglio che per altro.
Lui era vestito con il suo solito kimono, i capelli non erano cambiati dal giorno prima e se guardava con attenzione poteva distinguere e contare tutti i tendini che ricoprivano le ossa dei suoi piedi.
Sasuke l'aveva guardata brevemente, aveva fatto questo strano movimento del collo, come avrebbe fatto un uccello davanti una mollica di pane, ed aveva preso un lungo -- luuuungo -- respiro dal naso.
Lei aveva fatto lo stesso, come se stare in sua presenza non fosse soltanto un salasso ma anche destabilizzante per il suo sistema respiratorio - Buongiorno.-
Uno dei suoi progressi l'aveva vista smettere di aspettarsi che lui avrebbe risposto a qualsiasi cosa gli venisse detta, c'erano voluti anni per raggiungere quel grado di accettazione e consapevolezza, anche se nel profondo non aveva mai smesso di credere che un giorno, forse, avrebbe sentito la sua voce che parlava con lei. Lei, non l'anbu che continuava a sorvegliarlo. Lei, non Kakashi che certe volte entrava di sopppiatto come per sorprenderlo. Lei, non Naruto che capiva il suo silenzio e sapeva come fare finta che fosse rumore.
- Scusa,- aveva continuato - non volevo...- si era passata una mano gelata dal nervosismo sul collo - Invadere ulteriormente i tuoi spazi.-
Aveva anche capito che il suono della sua stessa voce prendeva sempre le note più basse quando c'era lui nella stanza. Lei non era famosa per avere la voce più armoniosa di Konoha, era la prima a dire di possedere una delle voci più stressanti di tutto il Paese del Fuoco. Eppure parlare con lui, anche sapendo che non le sarebbe giunta risposta alcuna, faceva abbassare la tonalità di due tacche, come se le mancasse sul serio il respiro.
In vero era... meraviglioso stare semplicemente a guardarlo, anche se non aveva il suo chakra, anche se lei riusciva a percepire soltanto una piccola parte delle vibrazioni neutre e negative che lui emanava. Sentirlo era come stare sott'acqua e non avere paura di affogare.
Sasuke l'aveva guardata di nuovo e certamente aveva desiderato vederla implodere lì, sul suo tatami, ma a lei bastava questo.
Sasuke aveva annuito come per dirle 'ok, ho capito' e lei si era sentita intera per la prima volta in anni.

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Non puoi dire ad una persona di smettere di soffrire.
Semplicemente non puoi.
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Ricominciò a perdere pezzi il giorno dopo quando, entrando come sempre in punta di piedi, vide il sangue sulle pareti.
Non ebbe neanche la forza di urlare la sua più totale e grezza rabbia perchè le tremavano le ginocchia ed i polmoni si erano bloccati in un mezzo-respiro e la testa era da un'altra parte -- in un mondo dove non c'erano bugiardi e non esistevano guerre ed il silenzio non era la risposta più sincera che si potesse volere -- perchè c'eradelsanguesullepareti e sentiva l'odore di bruciato fin dentro il cervello, così le si appannarono gli occhi perchè era il fumo, era sicuramente il fumo, la causa delle sue lacrime.
E li sentì cadere sul tatami, gli ultimi pezzi che le rimanevano, quando si trovò davanti un Naruto con la faccia gonfia di pugni ed una spalla che decisamente non era più al suo posto ed un Sasuke che si asciugava il sangue, che si strofinava gli occhi contornati dalle vene bluastre, che faceva smorfie di dolore ad ogni respiro.
Sentì la sua cassa toracica aprirsi a libro per fare uscire tutto quello che le era rimasto dentro. Ed urlò. Urlò forte.
Perchè Naruto non poteva picchiare Sasuke e fare quella faccia da deficiente, perchè Tsunade avrebbe potuto rimettere Sasuke sotto stretta sorveglianza se uno di loro due fosse finito in ospedale, perchè Sasuke non poteva comportarsi come una specie di bambola gonfiabile che si limitava a stare lì nell'angolo fino a quando non si fosse sgonfiata per il poco utilizzo. Perchè c'era del sangue sulle pareti, lo sapevano loro cosa significava per lei vedere del sangue sulle pareti?
Ed entrambi la guardarono come se per la prima volta dopo anni riuscissero a sentire, provare e vedere le stesse cose, come se una bolla fosse improvvisamente scoppiata sopra le loro teste facendo un gran casino.
Tutto, dentro, era ancora un gran casino. Naruto continuava a capire il silenzio ed i pugni di Sasuke. Sasuke persisteva a voltare le spalle alla porta della sua stessa dimora e si costringeva ad asciugarsi il sangue delle ferite perchè il sangue, dopo un po', pizzica.
Lei era un mucchio di pezzi ai suoi piedi, non credeva che lui li avrebbe visti. Sinceramente non riusciva più a credere che i suoi occhi avessero mai, mai, funzionato sul serio.
Li medicò entrambi solo per senso del dovere, non guardò nessuno dei due in faccia.
Naruto bussò alla sua porta quella sera stessa, due ciotole di ramen take-away tra le braccia ed uno 'scusami' molto, molto timido sulle labbra.
Sasuke, ah, Sasuke la guardò per cinque minuti buoni in faccia due giorni dopo, le braccia incrociate al petto, il labbro inferiore ancora un po' gonfio e gli zigomi spigolosi di chi è dimagrito troppo e troppo in fretta.
- Mi aspetto...- disse lei quando il silenzio cominciò a rosicchiare il suo fegato, o almeno quello che ne restava - Più responsabilità da due shinobi fatti e finiti.-
Perchè era ciò che erano. Lui non aveva mai smesso di esserlo. Lei non gli avrebbe mai impedito di esserlo.
Fece per sorpassarlo, seriamente intenzionata a chiudere lì la cosa, ma si sentì gelare il sangue nelle vene quando lo sentì prendere un respiro deciso.
- Mi aspetto...- le rispose stringendo appena le dita sui palmi e piegando un po' le ginocchia come se parlare gli pesasse - Che d'ora in poi bussiate alla porta. Questa è casa mia.-
Ebbe la certezza di aver visto il profilo che ricordava da qualche parte in mezzo a quegli zigomi spigolosi.

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Niente ha senso quando vivi un problema in prima persona.
Ci sei tu e c'è il problema, indossa un elmetto, mettiti i guanti.
Smettila di vivere per il senso, prendilo a cazzotti quel fottuto problema.
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Avvertì la sua presenza alle spalle ancor prima di sentirlo respirare.
Non riusciva a capacitarsi di quanto fosse sensibile, di quanto tutti i suoi sensi fossero attenti quando lui era nella stessa stanza.
- Lo so.- disse prima che i suoi occhi la inchiodassero sul posto - Sarei dovuta entrare dall'altra porta, ma...- gesticolò senza mai guardarlo in faccia - Avevo le braccia piene e non potevo stare fuori a prendermi la pioggia, ti pare?-
Anche parlare era diventato più facile ora che Sasuke si muoveva in giro per la casa, ora che si alzava per andare ad aprire la porta.
Vedeva una profondità che probabilmente non esisteva quando lui apriva la porta.
Abbassò le buste sul tavolo e cominciò a tirare fuori le medicine che Tsunade le aveva ordinato di fargli prendere, come se Sakura avesse dimenticato che Sasuke Uchiha era ancora un paziente mezzo cieco con il chakra sigillato e manie di persecuzione - Queste sono per...- fece un gesto vago con il polso - Tutti i dolori che senti, in pratica. Questa è una pomata che devi mettere la sera prima di andare a dormire e...-
- Questa cosa...- masticò a fatica, muovendo appena le labbra e guardandola oltre le zazzera di capelli che gli copriva gli occhi - Deve finire.-
Sentirlo parlare, al contrario, era diventato complicato. In uno strano modo che l'aveva visto superare l'apatia e che l'aveva quasi costretto a rialzarsi in piedi -- Sakura non credeva fossero stati i pugni di Naruto a fargli capire la posizione in cui si trovava, credeva, anzi, che fosse stata l'immagine che Sasuke vedeva allo specchio la causa scatenante di quell'evoluzione, di quel miglioramento infinitesimale --, e che lo vedeva aprire la porta ogni giorno, ad ogni ora, Sasuke si era convinto di non aver bisogno di nessuno.
Non era strano, non era neanche una novità. Sakura aveva da poco capito cosa doveva significare per Sasuke essere prigioniero nel suo stesso corpo, nella sua stessa casa ed in una città che avrebbe voluto vedere distrutta, perciò non si stupiva più quando le uniche parole che Sasuke sembrava voglioso di dire erano 'questa cosa, qualsiasi essa sia, deve finire'.
Provava un grande senso di impotenza guardandolo negli occhi perchè quello che lui voleva non si conciliava affatto con quello che voleva lei o con quello che volevano la maggior parte dei loro amici. In un certo senso avrebbe voluto dargli tutto quello che desiderava -- nella sua testa Sasuke si meritava tutto quello che il mondo aveva da dare perchè era triste, era patetico ed era così insopportabile sapere che la causa del suo passato e del suo presente andava ricercata negli errori delle persone che avrebbero dovuto proteggerlo. In un altro senso avrebbe voluto picchiarlo. A sangue.
Fece finta che non avesse aperto bocca - Ti aiuterà con il bruciore.- spiegò mettendo la scatola con la pomata sul tavolo - So che non sei dell'umore di cucinare, ma vivere di insalata e pomodori non ti aiuterà a riprenderti come vorresti...-
- Ho detto, Sakura, che questa cosa deve finire. Tu che fai l'infermiera deve finire. Vai. Via.-
Sentiva i suoi pezzi scricchiolare sotto i suoi piedi.
Continuava a calpestarli, non li vedeva neanche e li calpestava senza accorgersene. Avrebbe voluto prenderlo e picchiarlo e dirgli quanto lui significasse -- perchè significava il mondo e non lo sapeva neanche -- e costringerlo a vedere che da solo non avrebbe combinato nulla. Non aveva mai combinato nulla.
E lei era lì che scricchiolava ai suoi piedi e lui non la vedeva. Era doloroso, era triste ed era patetico. Smettere non si poteva, non voleva, non riusciva.
Prese un profondo respiro anche se non sentiva più niente gonfiarle il petto - Prendi le medicine, metti la pomata.- si passò una mano sulla bocca per nascondere il suo incontrollabile tremore, come se lui potesse vederlo e sentirlo il fottuto freddo che sentiva fin dentro le ossa, ma lo guardò in faccia comunque e con una preghiera negli occhi - Ti chiedo solo questo Sasuke.-
Non si era aspettata il ghigno e neanche la risata, men che meno la dolorosa, acuta, fitta che la colpì dritta al petto.
- Chiedere?- e continuava a ridere, continuava ad ucciderla con ogni respiro che prendeva - Voi non sapete cosa significa chiedere!-
Ci provò a capirlo, ma era diventato difficile da un po' di tempo a quella parte. Ci provò con tutta se stessa a non giudicarlo, non avrebbe mai, mai voluto giudicarlo -- come non avrebbe mai voluto seguirlo in capo al mondo per riportarlo a casa, come non avrebbe mai voluto essere il bersaglio dei suoi colpi, come non avrebbe mai voluto guardarlo in faccia e vedere il nemico e pensare a quanto fosse inutile continuare una missione di salvataggio che sapeva troppo, troppo, di bugia. Ci provò, ma batteva in continuazione per lui ed i suoi pezzi venivano calpestati giorno dopo giorno e lui non aveva il diritto di parlare così.
- Tu sei la persona più egoista ed inutile che io abbia mai incontrato!- strillò battendo i pugni sul tavolo che s'incrinò un po' - Prenderai queste medicine e metterai questa pomata e farai quello che ti viene detto perchè io. Sono. Incazzata con te!, e non ti abbiamo salvato la vista per farti un favore, ma perchè è il nostro lavoro. Rispetta il lavoro degli altri!-
E lui strinse le labbra, serrò i pugni ed i suoi occhi non erano più così opachi - Via.-
Certo tirargli in testa la scatola con la pomata non era stata la sua mossa migliore quel giorno, ma almeno era riuscita a riprendersi un pezzo di orgoglio, anche se Sasuke non le aprì il giorno dopo.


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Respira.
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Cominciò a vedere dei seri miglioramenti quando Sasuke prese a mangiare cibi degni di essere chiamati tali. Gli piaceva la carne rossa, si accorse, soprattutto al sangue e con un sacco di sale sopra; l'accompagnava sempre con un'insalata di pomodori e finocchi ed alcune volte si era fatto sorprendere con un mandarino in mano ed uno in bocca. Li mangiava con la buccia, cosa che Sakura non si sarebbe mai sognata di fare anche se, bè, era commestibile da quello che i suoi genitori le avevano sempre detto.
Sasuke non amava particolarmente l'acqua liscia e non gli piaceva lavare i piatti, aveva il pallino del tatami-pulito-e-lindo (ed era per questo che Naruto era costretto a lavarsi i piedi prima di mettere un dito in casa sua) e da quando aveva riacquistato il suo peso forma passava la maggior parte della giornata ad allenarsi con i kata.
Non avevano più parlato della lite-che-non-era-accaduta e neanche della sua inutile emotività -- aveva imparato a sue spese che dopo la guerra le era impossibile tenere tutto imbottigliato, aveva capito che il suo corpo era capace di contere soltanto quello che le era stato magistralmente sistemato dentro ancora prima della sua nascita, non c'era spazio per altro, non sarebbe dovuto esistere altro spazio e così non si sentiva neanche tanto in colpa di avergli figurativamente sputato in faccia; in un angolino della sua mente si era persino convinta che fosse stata una proiezione mentale, che in realtà non fosse veramente accaduta... Il modo in cui Sasuke la guardava da quel giorno le dava torto.
- ... Quindi le ho detto chiaro e tondo che non sarei andato praticamente dall'altra parte del mondo per compiacere un vecchio bavoso e lagnoso, non ho fatto bene Sakura-chan?-
Aveva anche la distinta sensazione che Naruto sapesse tutto quello che le passava per la testa, la guardava come se volesse abbracciarla e schiaffeggiarla insieme e lei si trovava, per l'amor del cielo non sempre, a distogliere lo sguardo per ricordarsi che non era Naruto il problema.
Masticò lentamente quel poco che si era messa nel piatto ed annuì sorridendo appena - Certo avresti potuto dirglielo in un modo diverso.-
- Meh,- sbuffò buttando le braccia indietro per appoggiare la nuca sulle sue mani intrecciate - Baa-chan può infilarsi le sue strategie politiche su per il...-
- Naruto.-
- Ovviamente,- continuò ridacchiando come l'imbecille che era e guardando Sasuke con complicità - tutto questo significa che non potrò andare in missione per un mese! Non sei contento, S'uke?-
Lei roteò gli occhi al cielo e fece di tutto per non guardare l'oscuro mietitore che stava ordinatamente mangiando di fronte a lei, ma nonostante i suoi occhi fossero puntati sul riso al curry che aveva ancora nel piatto sentì i peli delle sue braccia rizzarsi e la pelle d'oca propagarsi dalla punta delle dita alla base del collo quando Sasuke aprì la bocca - Chiamami col mio nome, cretino.-
- Ma S'uke è più... che ne so?, moderno?-
- Quando qualcuno chiamerà te N'ruto...-
- Io mi chiamo Naruto!- al che il genio lo guardò con occhi cristallini, non mosse neanche un muscolo facciale ed il biondo grugnì qualcosa di irripetibile prima di cominciare a sbuffare come una teiera - Ok, va bene.- concesse - Però S'uke suona meglio.-
- Te lo suono nel...-
Sentendo la temperatura del suo viso aumentare, Sakura tossicchiò leggermente e l'Uchiha voltò appena il capo per gettarle uno sguardo artico - Direi che, ah,- battè ciglio più volte - è ora del tè!-
- Ma Sakura-chan, non hai finito il riso!-


- Credo stia migliorando.-
Sollevò gli occhi dalla cartella clinica che stava controllando e non si sorprese quando vide Naruto entrare nel suo studio come se niente fosse.
Si chiese per l'ennesima volta come riuscisse a preservare l'empatia che lo legava a Sasuke, come potesse, in tutta onestà, riuscire a guardarlo in faccia e vedere semplicemente Sasuke -- il rivale, il compagno di squadra, l'amico, il fratello, non lo psicopatico disposto ad impiantarsi gli occhi del suo stesso fratello pur di ottenere ciò che voleva, ovvero la totale distruzione di Konoha. Come riusciva a capire i suoi silenzi, lui che di per sè era il rumore fatto persona?
Certo Sasuke parlava di più e ti guardava dritto in faccia quando lo faceva, ma continuava ad odiare ogni istante della sua vita. Sakura sapeva, se lo sentiva sotto la pelle e dentro le vene, che ogni mattina Sasuke si chiedeva perchè non avesse ancora spazzato via la causa della sua vita disastrata.
Konoha non era stata costruita su acque pulite e tranquille, lei non credeva che delle citta così grandi potessero essere costruite senza colpo ferire, e le persone che l'avevano governata avevano dovuto fare delle scelte. Si sentiva profondamente in colpa per quello che era successo al clan Uchiha, non perchè erano stati spazzati via da un membro stesso della loro famiglia, ma perchè Sasuke nella sua personale ricerca dell'onore perduto aveva fatto la stessa cosa a loro, il suo team.
Costretti a seguirlo, portati all'esasperazione perchè ovviamente tutti a Konoha volevano vederlo morto tranne quei pochi che sapevano la verità. Li aveva ammazzati tutti.
Sakura si leccò le labbra secche ed appoggiò la schiena sul morbido rivestimento della sedia - Lo credi davvero?-
- Bè, almeno non cerca di bruciarci in gruppo...-
Ecco perchè parlare con Naruto di Sasuke non aiutava. Lui vedeva le piccole cose, lei avrebbe di gran lunga preferito risolvere il tutto più velocemente anche se sapeva che non era possibile.
Naruto era felice del semplice fatto che Sasuke fosse lì a portata d'occhio e d'orecchio, lei avrebbe voluto sentire Sasuke urlare e tirare le cose ed incazzarsi con tutti quelli che l'avevano rinchiuso nella sua stessa casa. Avrebbe preferito essere l'oggetto della sua rabbia per sapere da dove iniziare ad aggiustarlo.
- Io invece...- si morsicò le labbra e si accorse di quanto si sentisse pesante, di quanto il continuare a perdere pezzi le fosse dannoso - Io credo che lui odi stare qui, Naruto.-
A volte cercava di immaginare -- perchè non lo poteva di certo ricordare -- un Sasuke felice. Felice di stare dove il destino l'aveva messo, felice di poter semplicemente respirare senza fare nient'altro. Un tempo aveva creduto che le sarebbe bastato -- che a tutti sarebbe bastato -- riportarlo a casa, lì dove il destino l'aveva voluto, per potergli dare un motivo per restarci; in fondo prendersi le cose è facile, essere in grado di tenersele è un altro discorso.
Naruto questo lo sapeva, chi più di lui poteva comprendere cosa significasse non avere nulla dal principio e cosa volesse dire stare da soli in una città enorme che non ti vuole? Sakura aveva provato, davvero e con tutta se stessa, a capirli tutti e due e ad ogni tentativo si sentiva così male e così in colpa dal volersi espiantare il cuore con le proprie mani per metterlo ai loro piedi. Come se questo fosse bastato, si diceva sempre, come se a loro servisse un altro cadavere sul quale urlare e sputare al tempo stesso.
Naruto appoggiò entrambe le mani sulla sua scrivania, la punta delle dita che sfioravano le sue, e le sorrise quel sorriso un po' triste e un po' arrogante quando si accorse che lei stava silenziosamente piangendo - Non odia noi, questo è certo. Ieri mi ha pure dato un pugno e non avevo ancora aperto bocca!-
Suo malgrado si trovò a sorridere.


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Respira.
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Non aveva previsto che con tutti i pezzi che le mancavano fosse ancora in grado di arrabbiarsi così tanto e così forte da prendere un altro essere umano a pugni sulle gengive.
Non si ricordava neanche che i denti fossero così duri o che fosse così facile rompersi le dita, in tutta sincerità non aveva neanche pensato prima di far sbattere il suo pugno contro la faccia di quel grandissimo imbecille che aveva avuto l'ardire di consigliarle l'uso delle protezioni onde evitare tutte le malattie sessuali di cui Sasuke Uchiha era portatore.
Non bastavano i suoi dubbi ed i suoi contorti pensieri, no!, si disse cercando di non piangere dal dolore mentre usava il suo stesso chakra per salvare il salvabile, gli altri dovevano per forza ricordarle che Sasuke era la fonte di tutti i mali, che se lui fosse rimasto a Konoha tanti anni prima non ci sarebbe stata una guerra così sanguinosa da combattere e sicuramente non sarebbero morte tutte quelle persone e Sasuke stesso non sarebbe diventato il nemico pubblico numero uno di tutta la terra del fuoco.
Se Sasuke fosse rimasto, se l'avesse ascoltata, se le avesse fatto il favore di guardarla in faccia mentre la ringraziava di essere la ragazzina stupida e debole e tremendamente innamorata di lui, lei sarebbe stata una donna diversa e non avrebbe perso pezzi. Non avrebbe fatto fatica a respirare quando lui era nella stessa stanza e non si sarebbe lambiccata il cervello con domande che non avrebbero mai avuto risposta.
Se Sasuke non fosse stato Sasuke, se non avesse avuto questo senso di dignità e onore propri della sua famiglia, non avrebbe mai guardato Konoha, casa sua, come se la fonte dei suoi problemi ristagnasse da qualche parte tra la montagna degli Hokage e la foresta. E lei avrebbe potuto parlare con lui, avrebbe potuto capirlo e supportarlo. Non avrebbe dovuto pregarlo di prendere le dannate medicine all'orario prestabilito e non avrebbe mai costretto Naruto a guardarla piangere ed a... a smembrarsi quasi.
Non poteva aggiustarlo, questo l'aveva capito. Non poteva costringerlo a stare meglio. Non poteva obbligarlo a prendere le medicine o a rispettare le persone che gli avevano salvato la vista, a rispettare lei che l'aveva salvato, insieme a Naruto e Kakashi, dalla pena di morte. Non poteva fare niente se non stare a guardare, perdere pezzi nel frattempo e rompersi le dita per difendere il suo onore -- l'ironia della vita riesce sempre a colpire dove più serve a volte.
Si accasciò sul pavimento del bagno, una mano a coprire gli occhi fradici e come quando non si sa più se guardare a destra o a sinistra scoppiò a ridere.
Rise perchè si era rotta le dita per lui che aveva cercato di ammazzarla colpendola alla spalle, di nuovo;
rise più forte perchè oltre al dolore delle ossa rotte non sentiva più niente, per colpa sua;
e rise, rise ancora più forte, perchè lo amava da morire, così tanto da rompersi le dita, così tanto da fingere di essere integra quando in realtà non c'era più un lembo di pelle a coprirla.
Lei rise come avrebbe riso un pazzo, e pianse come avrebbe pianto una bambina lasciata sola a gelare sopra una panchina.


Certo non poteva non andare da lui in giorno dopo, sarebbe stato come rinunciare a se stessa e dargli il diritto di considerarla ancora una ragazzina illusa.
Lei non era un'illusa.
Sapeva esattamente chi aveva davanti ormai, e non era lo stesso ragazzo che aveva fatto parte del suo team. Non era neanche l'uomo che si era immaginata sarebbe diventato, non aveva più l'impellente bisogno di corrergli contro -- perchè lui era il tipo di uomo dal quale scappi, veloce, senza pensarci due volte -- ed aveva capito che se stava in silenzio non era perchè non aveva niente da dire, ma perchè tutto quello che c'era da dire su di lui e su cosa era lui e sul perchè lui era diventato l'uomo che era adesso, era stato già detto anni prima.
Quando se n'era andato, quando li aveva guardati dall'alto in basso, quando aveva ucciso suo fratello, quando aveva scoperto di aver ucciso la persona sbagliata, quando aveva giurato di vendicare il suo clan. Tutto questo era Sasuke, ma per quanto lui lo rinnegasse Sasuke era anche il tipo caustico che cedeva il suo bento ad un compagno di squadra legato ad un albero anche se il sensei aveva ordinato di non farlo; era quello che difendeva suddetto compagno di squadra, era quello che ti si metteva davanti per difendere anche te.
Era il rivale, il compagno, l'amico, il fratello. L'amore della sua vita.
Bussò tre volte con la mano buona, l'altra se ne stava pulsante al suo fianco bendata come una mummia, e pensò da dove cominciare ad aggiustarsi.
Quando le aprì con il suo solito kimono indosso, i capelli sempre uguali, le labbra un po' più rosee e senza l'ombra di un'occhiaia avrebbe voluto dirgli 'scusa, c'è un pezzo del mio polmone destro proprio lì accanto, saresti così gentile dal restituirmelo?'.*
- Ciao,- disse invece - posso entrare?-
E lui la fece entrare.







I had a mind to try to stop you. Let me in, let me in.
But I've got tar on my feet and I can't see;
all the birds look down and laugh at me,
clumsy, crawling out of my skin.

Rem - Let me In









N/A
Premettendo che dopo questa io e Sasuke Uchiha abbiamo ufficialmente chiuso ogni tipo di rapporto amicale potesse esserci tra di noi (e non c'è mai stato, credetemi), io me ne lavo le mani.
La colpa e di Vitto, prendetevela con lei e la sua SasuSaku che mi ha fatto scattare il pallino della SasuSaku. Colpa sua, sua! Inoltre non mi sono accorta minimamente di stare scrivendo una spin-off di Piece Of Life -- perchè io sono stupida ed è ora che voi lo sappiate, ma può anche essere letta come una cosa a sè. Ve lo consiglio caldamente, tra l'altro.
A-hem, perciò: l'avevo immaginata diversa (e non volevo neanche pubblicarla perchè, bò, non mi convinceva più), ad un certo punto lei o lui avrebbe dovuto baciare lui o lei perchè ovviamente è così che va a finire, no? E invece la mia rispettabilissima repulsione a scrivere suddetta scena (perchè io odio Sasuke Uchiha) mi ha fatto letteralmente buttare tutto all'aria. No scherzo, la fine è volutamente, come dire, aperta e un po' ignobile per mia scelta. Non è una fanfiction romantica, non è fluff, non è Sasuke che cerca di redimere i suoi peccati (perchè obiettivamente ha ragione ad essere un tantino avvelenato, ma soprassediamo perchèioodiosasukeuchiha quindi non vorrei mettermi involontariamente dalla sua parte), è Sakura che capisce cosa c'è davanti ai suoi occhi e che si accorge che non deve aggiustare niente, ma se lo vuole davvero deve tenerselo così com'è diventato. E fa male, non è dolce, non è semplice, non è... SasuSaku, per niente. E' come li vedo io, in pratica, ed io non sono una da fluff nè da cose coccolose, perciò, si, si può dire che questo è il meglio che posso fare per loro due. Mi piace perchè è, bò, c'è un po' di me lì in mezzo quindi sono di parte, ma mi piace com'è venuta anche se doveva essere più lunga, con almeno un bacio e sicuramente con più Naruto possibile.
Di nuovo, la colpa è di Vitto, le cose appuntite tiratele verso di lei, thank you very much.
(comunquesperodavverochevisiapiaciuta)
Angela.
* frase liberamente ispirata da questa: Hey, as you leave, Qhuinn wanted to say will you do me a favor? I think my left ventricle is on the floor, so don't step on it as you pull out. Thanks. Great. del libro di J. R. Ward - Lover Reborn.

  
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