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Autore: franceschina94    06/11/2012    1 recensioni
In un mondo di oggi una ragazza e la sua vita che vita più non è. Una storia che parla di droga, dipendenza, eccedenza e violazione.
Sofia è fragile e vorrebbe uscire da tutto questo.
I suoi "amici" a cui non gliene frega niente di lei.
Il suo lavoro e le uniche due persone che la fanno sentire importante. Ma forse ne arriverà una terza che la farà catapultare in un altro mondo. Quel mondo buono da cui Sofia sembrava essersi allontanata per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. Indecisione. No. 7. Lei sapeva che lui ce l'avrebbe fatta.


Si sentono voci su voci, pensieri su pensieri ma tutti futili, inutili e senza senso. A un certo punto della vita la gente inizia a farsi domande, a capire davvero. " Oddio, un brufolo". " Ho preso un brutto voto a scuola". E sarebbero questi i veri problemi dell'esistenza, quelli per cui si diventa depressi, infelici e senza vita? Sarebbero davvero queste cose a rendere la vita di una persona un vero schifo?


- Papà, voglio aiutarla e non ti sto chiedendo il permesso, semplicemente te lo sto dicendo -.
- Stefano, lasciala perdere. Hai visto com'è finita con tuo fratello? Vuoi di nuovo rivivere tutto quello? Queste persone non cambiano e dovresti saperlo ormai -.
- No papà, sei tu che non capisci.. non sono tutti come Mick! E ora scusa, devo tornare a casa -.
Stefano si incamminò verso la porta d'ingresso della casa dei suoi genitori. La discussione con suo padre, che ormai durava da quasi un'ora, era arrivata a toni davvero accesi e incontrollati. Orami tutti e due sostenevano le proprie idee fino all'esaurimento. Stefano non condivideva per niente quello che suo padre stava cercando di dirgli.  Quell'uomo era rimasto così afflitto dalla morte di Mick che, ogni volta che si ritornava su quell'argomento, diventava un'altra persona. I pregiudizi sulle persone che facevano uso di sostanze stupefacienti aumentavano e lui, con l'avanzare del tempo, era sempre più convinto delle sue tesi. 
- Prima o poi mi verrai a dire che avevo ragione -. Suo padre continuò il discorso, urlando da quel soggiorno e ancora seduto su quella poltrona da cui non si era nemmeno alzato. La verità era che non voleva di nuovo vedere Stefano immerso nel dolore come quando Mick scomparse. Era proprio di questo che aveva paura.. se la cosa fosse finita male sarebbe iniziato di nuovo un brutto periodo per il figlio e lui aveva paura che questa volta si buttasse giù definitivamente.
"Non credo proprio". Stefano non gli rispose nemmeno. Quell'affermazione non aveva il diritto di una spiegazione. Arrabbiatissimo, sbattè la porta per poi incamminarsi verso casa. I pensieri gli vorticavano nella mente. Se da una parte poteva capire il padre, dall'altra non riusciva a comprendere il perchè di quel comportamento così estremo. Lui ormai era riuscito a superare tutto quel dolore, allora perchè il padre, dopo parecchi anni, doveva ancora comportarsi in quel modo?
Ma di una cosa era convinto, prima o poi gli avrebbe fatto cambiare idea, conoscendo Sofia non si poteva fare altro.

Sofia era sdraiata sul letto di Stefano con una coperta a coprirle il suo corpo sfinito. Dopo quel giorno e quella richiesta di aiuto, lui l'aveva portata a casa sua e la teneva in ogni istante sott'occhio. Quendo non c'era lui, c'era Federica: erano una squadra imbattibile ormai.
Era da ben due settimane che non toccava niente e stava letteralmente impazzendo.

Per lei i primi giorni erano stati vicini alla normalità, ci aveva provato già moltissime volte a stare in astinenza per alcuni giorni, ovviamente senza successo. Ma arrivati al terzo le cose si stavano via via complicando. La voglia si stava sempre più impossessando di lei, la testa le scoppiava, sudava fredda e non riusciva a stare ferma, a darsi pace nemmeno per un momento. Durante tutto il giorno stava coricata a fissare il soffito che ormai sapeva descrivere a memoria nei suoi minimi particolari. Tutte le sfumature di blu delle pareti, le crepe del soffitto quasi invisibili, le tendine di un blu accesissimo e soprattutto il lampadario bianco a sfera posizionato proprio al centro del soffitto, tutte queste cose erano impresse nella sua mente. La voglia di cibo era scomparsa ormai da molto tempo, i suoi pranzi e le sue cene erano sempre più difficili da digerire e mandare giù e la colazione non esisteva nemmeno. Ma il tormento più stremato arrivava la sera in cui tutte le sue paure  e i suoi dolori si facevano più vivi nell'oscurità di quella camera.
Non riusciva a darsi pace, si muoveva in continuazione, urlava e soffocava i suoi pianti isterici sopra il cuscino. Notti e notti insonni a disperarsi per poi calmarsi sotto le cure protettive di Stefano. Lui, proprio per colpa sua, la mattina andava a lavoro stremato e il pomeriggio, al suo rientro, non poteva trovare pace.
Ora erano le nove di sera. Erano passati esattamente quindici giorni, giorni in cui aveva pensato anche di arrendersi, di abbandonarsi di nuovo a Lei. Era Stefano il suo unico appiglio. Lui non le permetteva di uscire nemmeno se lo pregava in ginocchio ed era sempre grazie a lui se lei ancora non era del tutto impazzita. C'era lui durante i suoi attacchi, era lui che Sofia pregava di procurarle un po' di quella sostanza ed era sempre lui che, con tono autoritario le negava tutto quello che avrebbe potuti destabilizzarla definitivamente.
Ma nonostante tutto questo, Sofia non ce la faceva più. Aveva resistito già abbastanza per i suoi canoni e la soglia del dolore era ormai lacerata, era distrutta. Quindi.. Che cosa stava sperando di ottenere? Si raggomitoló su se stessa per quei pensieri, si prese i capelli tra le dita e cominciò a dondolare per scacciare tutte quelle dolorose fasi  dalla sua testa.
- Ei -. Lui entró e vedendola così si sdraiò di fianco a lei iniziando ad accarezzarle la schiena. - Tranquilla Sofia -.
Ormai per lui quelle situazioni erano pura normalità. I suoi attacchi, i pianti, le urla durante la notte erano continui e irrefrenabili. Ma Stefano non si sarebbe mai arreso, non l'avrebbe mai lasciata da sola al suo dolore e ogni volta le stava accanto, la teneva stretta a lui per calmarla e poi aspettava che lei si addormentasse. 

Era domenica quella mattina del ventesimo giorno. Era uno di quei giorni invernali in cui il sole si mischia al vento gelido per dare un po' di felicità e calore. Dopo una delle solite notti insonni Stefano si chiedeva se non era il caso di affidarla a delle comunità che l'avrebbero saputa aiutare con più strumenti e conoscenze. Pensava che uno dei problemi potesse essere proprio lui. Forse doveva convincerla ad andare da persone specializzate, persone in grado di aiutarla seriamente. Lui, in realtà, non sapeva che cosa fare esattamente per riportarla in sesto. Ci stava provando con tutte le sue forze e con tutta la sua conoscenza in materia. Ma allora perché non vedeva i risultati? 

Quando, tempo prima,  aveva visto suo fratello nella stessa situazione, Stefano si era documentato, aveva letto libri su libri e aveva ricercato fonti attendibili sul web per capire come poterlo aiutare e da dove poter cominciare. Ma non aveva messo in conto un particolare: dire una cosa e poi farla era davvero complicato, non era affatto facile conciliare le sue volontà con quelle contorte del fratello. Infatti alla fine non aveva concluso niente.
Lui non riusciva a vedere Sofia soffrire in quel modo. I suoi pianti, le sue richieste di aiuto e le sue urla la notte erano strazianti e lo riportavano indietro nel tempo. Gli facevano pensare cose che non avrebbe voluto ricordare. Lui soffriva con lei.
Si era svegliato da poco e la sua mente aveva elaborato tutti quei pensieri mentre osservava il solito lampadario bianco al centro del soffitto.
Lei era di fianco a lui, rannicchiata contro il suo petto, tutta sudata e con due occhiaie profonde a segnarle gli occhi. Si era appena addormentata dopo aver trovato la pace tanto desiderata coccolata dalle mani di lui. Le sue dormite duravano circa tre ore scarse ormai. Chiudeva gli occhi per un tempo troppo breve e per il resto della giornata era in una continua agonia. E la sera, pure se stremata, non riusciva a calmarsi.

Stefano la stava osservando, accarezzandole i capelli ormai crespi e sudati. Aveva l'aspetto di una bambina indifesa con quella guancia appoggiata al suo petto, un nasino minuscolo al centro del viso e un corpo esile che lottava ancora per non crollare. Era rannicchiata su se stessa, come a proteggersi da qualcosa di esterno. Il suo colorito naturale, ormai, era scomparso. Le sue guance paffute non esistevano più. La sua pelle era pallida e diafana.
Stefano ricordava il loro primo incontro, in quella discoteca. Già a quel tempo l'aveva notata, anche per la sua bellezza un po' sobria ma naturale. Non avrebbe mai pensato che la situazione sarebbe potuta arrivare a quei livelli, ma ricordava ancora tutti quei giorni in cui l'aveva vista lavorare da Ele e Gió. Faceva il suo dovere e sembrava una ragazza normale, sorridente, senza alcun problema. Era bella, solare e ancora paffuta, con quel colorito che lo faceva impazzire. Era stata anche  una grande attrice a nascondere tutto il tormento che si teneva dentro per non far preoccupare nessuno. La sera si trasformava e anche a casa sua era un'altra persona. Più fragile, più spossata sia fisicamente che psicologicamente. Era diversa, il sorriso era solo un lontano ricordo. 
Stefano, senza svegliarla, si alzó per andare a mettere qualcosa sotto i denti. Era da parecchio che non mangiava e stava morendo di fame. Per lui, che mangiava in continuazione, stare senza cibo anche solo per un'ora era dura!
Questo punto era un altro problema che lo preoccupava. Sofia mangiava quasi niente o non mangiava affatto. Eppure lui non poteva forzarla come se fosse una bambina. Il suo corpicino aveva bisogno di forze, di cibo. Ma lei non ne voleva sapere. 
Aperto il frigo si appropriò di un pezzo della torta al cioccolato comprata il giorno prima. La addentò, avido di gustare quel sapore dolce e prelibato che lo aveva sempre conquistato. Dopo aver finito mise la moka sul fuoco e si preparò una tazza di caffè, giusto per non crollare sul pavimento da un momento all'altro.
C'era un silenzio tombale nell' intero appartamento. Solo il rumore del traffico cittadino di New York si percepiva in quell'enorme dimora. I clacson dei taxi, delle macchine che non vedevano l'ora di arrivare a destinazione e del vociare delle mille e mille persone che chiacchieravano camminando per i marciapiedi facevano da sfondo a quel silenzio che era sintomo di ansia e dolore.
Tutto questo venne interrotto da un urlo straziante. Stefano si alzò di scatto e corse al piano superiore. La vide. Era in lacrime che si dondolava sul letto dalla disperazione e con le mani nei capelli, la tipica posizione che assumeva quando non riusciva a controllarsi e far cessare il dolore.
Si stese di fianco a lei, le si avvicinò e l'abbracciò così forte da schiacciarle la testa contro il suo petto. 
Dondolava insieme a lei, per cercare di calmarla e confortarla quel poco che bastava a farle capire che lui c'era sempre.
- Ste, sto impazzendo -. L'aveva sentita sussurrare.
La strinse più forte a sè, facendole sentire tutto il suo calore.
No, non poteva andare avanti così. Sarebbe impazzita seriamente.

- Fede, finalmente sei arrivata -. 
- Scusa, quando mi hai chiamato ero a lavoro -.
Federica, da quando aveva scoperto tutto, non aveva mai abbandonato la sua amica. Le era sempre stata accanto e ogni giorno si informava sulle sue condizioni.
I due amici salirono le scale per fermarsi sullo stipite della porta della stanza.
- Fede, non so più cosa fare. Sta troppo male -.
Federica guardava la sua amica stesa su quel letto, inerme e stremata. Adesso si era tirata tutte le lenzuola a coprire il suo corpo.
- Stavo pensando di convincerla ad andare a uno di quei centri -.
Federica spostó repentinamente lo sguardo dentro gli occhi dell'amico. Non credeva alle sue orecchie. 
- Ste, lo sai bene che non ne vuole sentire parlare. Come ti viene in mente? -. L'aveva attaccato così, senza remore. 
- Si, lo so Fede. Ma l'hai vista? Magari sto sbagliando tutto -. Lui stava sussurrando. La sua voce era sofferente e intrisa di disperazione. Non sapeva che cosa fare ed era giunto a quella decisione estrema.
- Ste.. Lo sappiamo tutti e due che tu sai come tirarla fuori. Ci hai provato con Mick e non ha funzionato ma Lei non è lui. E poi lei non accetterebbe mai. Lei ha paura di quei posti. Piuttosto ritornerebbe alla vita di prima! -. Lui sobbalzó a quelle ultime parole. No. Non doveva assolutamente succedere.
Dopo quei lunghi chiarimenti scesero giù per prendersi una tazza di cioccolato come ai vecchi tempi, chiacchierando di cose futili e leggere per dimenticare per un attimo tutto quello che li circonadava.
Mezz'ora dopo Fede era già imbacuccata, pronta per ritornare a casa sua. 
- Allora, per l'ennesima volta, dovrò riferire a Giò ed Ele che non c'è stato nessun miglioramento -. Disse, sconfitta.
Ma, alzando lo sguardo, il viso dell'amico la fece stare male. Era triste e scoraggiato come non lo vedeva da parecchi anni.
- Ste, ce la farai. Lo sai anche tu -.  E, dopo aver visto un sorriso sul suo viso, se ne andò.
Ormai erano le sette. Preparò qualcosa per cena che potesse piacere anche a Sofia.  Aveva proprio voglia di patatine fritte, così si mise a cucinarle facendone due porzioni per poi salire su. 
Entrato in stanza, fece tutto con calma per non svegliarla. Era girata, dava le spalle alla porta. Girò intorno al letto e andò al suo lato, abbassandosi fino al suo viso. Ma, appena la guardò negli occhi, si accorse che era completamente sveglia. Gli occhi guardavano fissi davanti a sè. Si sedette sul letto e iniziò ad accarezzarle i capelli con tutta la sua dolcezza.
- Ti vanno un po' di patatine fritte? - Le chiese, continuando a coccolarla.
- Non mi vuoi più qui? -.  Disse lei a un tratto.
Sofia mosse le sue pupille verso il viso di lui con i suoi occhi lucidi e sul punto di piangere. Stefano rimase basito, immobile come una roccia a quella vista. Non aveva ancora afferrato appieno il suo discorso. 
- Ma che ti viene in mente? -.
Lei sbottò tutto a un tratto davanti alla faccia disorientata di Stefano. Scansò la sua mano ancora nei capelli e iniziò ad urlargli in faccia con tutta la voce che ancora le era rimasta.
- Cazzo Stefano, non fare il finto tonto. Ho sentito il discorso con Fede! -. Lacrime di puro nervosismo caddero da quegli occhi infossati che ormai le bruciavano irrimediabilmente. Era disperata.
- No Sofia, calmati. Tu resti qui con me! -. Lui cercò di abbracciarla per darle conforto e riprendersi la sua fiducia, ma lei continuava a scansarlo e graffiarlo.
- Sofia, mi hai capito?! Resti con me, non te ne vai da nessuna parte -. Lei si fermò un istante a osservarlo, dubbiosa se credergli o no e con una voglia immensa di farsi abbracciare.
- Promettilo -. 
- Promesso -. Non se lo fece ripetere due volte e le diede la sua parola.
Stefano riprovò a chiuderla nella sua possente morsa. - No, non mi toccare -. Ma lui non la ascoltò minimamente. La prese e le schiacciò il viso contro la sua camicia, facendola sfogare a singhiozzi. Lei tirava pugni contro il suo petto continuando a ripetergli quanto fosse sciocco.
Si sdraiarono, Sofia ancora appiccicata a lui con i respiri soffocati sul suo petto  e la calma che non ne voleva sapere di impossessarsi del suo corpo. Ormai la camicia di Stefano era zuppa delle sue goccioline salate.
- Basta Sofia, ti prego -. Continuava a ripeterle lui nell'orecchio, scoccandole bacini sulla tempia.
Lei, dopo un'ora insostenibile, smise. I suoi occhi arrossati e gonfi non ne potevano più. Bruciavano. Non riusciva ad aprirli.
- Ok piccoletta.. Adesso riposa -. Le disse, cullandola tra le sue braccia.
- Non lo fare mai più. Io ho solo bisogno di te -. Mugugnò lei, prima di cadere in un sonno inquieto.
Stefano, stremato, si dimenticò della sua cena e caddè nelle braccia di Morfeo subito dopo di lei.

***

- Congratulazioni figliolo, sono fiero di te -. Richard era un padre fiero del figlio. Stefano era diventato un medico a tutti gli effetti dopo anni di duro studio e sacrifici.
Quando Mick era morto, Stefano aveva solamente 17 anni. Quell'episodio l'aveva segnato profondamente tanto da farlo indurre a prendere la strada della medicina. Durante quell'episodio, lui si era sentito impotente davanti a tutto. Suo fratello se n'era andato troppo in fretta. Ogni volta che vedeva una persona alzarsi, riprendere in mano la sua vita e farla davvero sua, ripensava a Mick, quella persona che non si era fatto aiutare da nessuno, quel fratello che gli mancava ogni giorno e in ogni istante.
Adesso lavorava a capo del reparto di chirurgia generale. 
Ma una cosa la sapeva: avrebbe aiutato Sofia come non era mai riuscito a fare col fratello. 
Questi erano i pensieri di Federica, quell'amica fidata che non voltava le spalle davanti a niente, soprattutto a un amico.
Lei sapeva che lui ce l'avrebbe fatta.
  
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