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Autore: louehs    06/11/2012    5 recensioni
Istituto di riabilitazione Saint Patrick, Ohio.
Tutte le famiglie hanno una pecora nera. Un figlio che va tenuto nascosto e protetto come uno sporco segreto, rinchiuso in istituto, pronto per essere riabilitato e rigettato in società.
E se quello fosse proprio il luogo per ricomiciare a vivere?
||Brittany/Santana - Kurt/Blaine - Sebastian/OC - [possibile] Quinn/Rachel ||
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Nuovo personaggio, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                           Il capitolo è alquanto pesantuccio e potrebbe ferire la sensibilità di alcuni lettori... free hugs c:
 

I remember it all too well

" Okay, puoi dormire sul letto." Annunciò Sebastian, lanciando il trolley accanto alla scrivania.
Josh non aveva nemmeno avuto il tempo di concentrarsi su ciò che stava accadendo; si sentiva un passeggero nel suo stesso corpo, guidato dal desiderio. Ormai credeva fosse il caso di ammettere che si trovava da solo, in piena notte, nella camera da letto di un avvenente diciottenne che indubbiamente aveva delle pulsioni. E tutta quella situazione lo eccitava terribilmente.
Osservava inerme Sebastian che si slacciava la vestaglia rispondendo alla muta domanda di Josh: sì, sotto la vestaglia indossava unicamente l’intimo.

" Tu dove dormirai?" Chiese l’infermiere mentre il ragazzo si sfilava le ciabatte e si infilava sotto le coperte.
Che domanda idiota.
"Qualche ripensamento?" Chiese Sebastian stendendosi sul materasso a pancia in su. Sentiva i muscoli della spina dorsale inarcarsi per l’eccitazione. Si era ripromesso di andarci piano con lui: era come avere un libro tra le mani, una lotta continua tra la voglia di arrivare al traguardo e il desiderio di gustarne ogni pagina.
Josh cercò di assumere un’aria indifferente mentre si sfilava maglione e cappotto.

" O entri tu o entrano quei pantaloni." Annunciò risoluto Sebastian.
Il ragazzo inarcò le sopracciglia non del tutto sorpreso da quella condizione. Si fissò i jeans, indeciso. Sebastian indossava solo una canottiera ed un paio di mutande eppure non sembrava battere i denti più di quanto stesse facendo lui.
A me va bene, però devi tenermi caldo tu.
"Sebastian, credo sia il caso di parlare." Sbottò infine Josh, prendendosi il capo tra le mani. Non era quel tipo di ragazzo, non era uno di quelli che si lasciavano guidare dall’istinto. Lui era razionale: aveva bisogno di tempo persino per decidere quali calzini indossare la mattina. - Forse era per questo che si era laureato in inferieria anziché in medicina. - Non era fatto per le decisioni impulsive, esattamene come Simon: il suo ragazzo. Il suo meraviglioso ragazzo che si stava laureando in architettura, che giocava a tennis e che sognava di andare a Washington. Eppure era lì, a pochi battiti da un diciottenne con l’AIDS e che aveva il sorriso più luminoso che avesse mai visto, che gli faceva battere il cuore solo spettinandosi i capelli, e per la quale aveva una cotta da mesi. Forse lasciarsi andare non era così male.
" Josh non ho intenzione di violentarti mentre dormi, terrò le mani a posto. T sto solo offrendo una scelta."

Il ragazzo sospirò sfilandosi i pantaloni e infilandosi in fretta sotto le coperte, sentendo il corpo di Sebastian bruciare accanto al suo.
" Stai tremando." Gli fece notare Sebastian senza bisogno di aggiungere spiegazioni.
"Oh a quanto pare il 25 Dicembre indosso solo un paio di boxer e la mia temperatura corporea è pari a quella di un orso polare."
Sebastian lo ignorò e allungo un braccio per spegnere la luce sul comodino, immergendo la stanza nell’oscurità più assoluta tanto che ebbe paura di non ritrovare più il corpo di Josh steso nel suo letto.

Era abituato ad avere ragazzi nel suo letto ma non si era mai sentito così a suo agio con uno di loro. Sentiva la presenza di Josh a poche spanne da lui e continuava a combattere l’istinto di saltargli addosso. Probabilmente stava pensando al suo ragazzo, al bacio sotto al vischio che si sarebbero dovuti dare una volta arrivati e alle lenzuola natalizie nella quale si sarebbero rotolati. Non l’avrebbe mai ammesso ma era sinceramente dispiaciuto per Josh; si meritava solo il meglio.

Sebastian scollegò completamente il cervello da tutti quei pensieri così scomodi e allungo un braccio sul petto di Josh, avvicinandosi alla sua schiena. Si sarebbe aspettato un gemito di disapprovazione o di vederlo svicolare dalla sua presa eppure sentì le spalle del ragazzo rilassarsi al suo tocco e il suo collo tendersi in avanti lasciando scoperto l’incavo sotto alla sua mascella.
I due ragazzi respiravano l’uno l’odore dell’altro, talmente vicini da riuscire a coordinare i battiti dei loro cuori e la frequenza dei loro respiri.

Sebastian strinse un po’ più forte il corpo di Josh, facendo aderire la schiena del ragazzo contro il suo petto, come se fossero uniti in un solo corpo. Josh riusciva a sentire il respiro caldo e umido di Sebastian contro la sua nuca, come una lenta ninna nanna. Sebastian dal canto suo affondò il viso nel collo del ragazzo, inalandone apertamente l’odore e iniziando a muovere il naso sul collo del ragazzo, sfregando delicatamente contro più pelle possibile.
Josh iniziò a gemere silenziosamente a quel tocco, così delicato eppure così deciso, come se Sebastian stesse incidendo delle circonferenze sulla sua spalla con la precisione di un pittore.

"Sebastian." Mormorò mentre il ragazzo iniziava a spostarsi verso il suo lobo iniziando a muovere la lingua.
Sebastian non prestò attenzione a quel gemito disperato che segnava il confine tra la ragione e l’istinto. Non aveva mai voluto qualcosa tanto ardentemente come in quel momento, non ebbe nemmeno bisogno di ascoltare la fila di gemiti che uscivano dalle labbra di Josh mentre si concentrava su un succhiotto apparentemente delle dimensioni di una castagna alla base del collo del ragazzo.
Sentiva il piede di Josh muoversi avanti e indietro lungo il suo polpaccio mentre si staccava dal suo collo per permettere al ragazzo di girarsi e concentrarsi sulle sue labbra.

Erano come una droga. Calde, morbide, quasi intossicanti. Sentì la lingua di Josh prendere il controllo della situazione infilandosi nelle sue labbra, famelica. Gemevano debolmente l’uno sulle labbra dell’altro mentre soffocavano tutti i loro dubbi in quel bacio, così passionale, così cercato, così voluto, alla quale non riuscivano ad attribuire un significato negativo.
Come se non ci fosse nessun domani, nessun ipotetico fidanzato ad aspettarli a casa, nessun virus in circolo nel sangue di Sebastian, solo loro due. Josh e Sebastian e le loro labbra.

"Immaginavo che avessi questo sapore." Mormorò Sebastian, senza avere il bisogno di liberare Josh dalla pressione delle sue labbra. "L’ho sempre saputo."
L’altro ragazzo sorrise appena mentre delineava il labbro superiore di Sebastian con la lingua. Non ebbe bisogno di ulteriori commenti, stava già fornendo una risposta sufficiente.
Era tutto come l’aveva sempre immaginato, romantico, non smielato, eppure passionale, uno di quei baci che ti sconvolgono, che ti ribaltano lo stomaco e ti fanno venir voglia di avere di più senza riuscire a smettere.
Si sentiva un sedicenne che scopre i piaceri dell’adolescenza. Ecco come lo faceva sentire Sebastian: come un adolescente innamorato. Sapeva che quello che stavano facendo era completamente sbagliato, che stava incidendo una cicatrice indelebile sulla sua relazione con Simon e che non sarebbe mai più riuscito a guardarlo negli occhi, ma Josh in quel momento, tra le braccia di Sebastian, con le sue labbra premute sulle sue e le mani strette attorno alla sua vita, non aveva rimpianti.

                                                                                                                                     *

"La mia storia?" Chiese Kurt incredulo. Fissava Blaine da un minuto buono come per assicurarsi di aver capito bene cosa gli stava chiedendo. " Mi stai chiedendo di raccontarti la mia storia?"

Blaine arrossì violentemente senza però abbassare lo sguardo dagli zaffiri che brillavano spenti nel viso di Kurt.
" Ognuno di noi ha una storia che vale la pena essere ascoltata." Rispose risoluto. Non voleva mettere Kurt alle strette però non voleva nemmeno sentirsi così estraneo alla vita di Kurt.
Fissò il ragazzo con il terrore di averlo spaventato, di aver appena rovinato tutti i progressi che aveva fatto con lui, di aver appena richiuso quella porta che aveva faticato così tanto a far aprire.

Con sua grande sorpresa vide Kurt annuire lievemente, quasi sconsolato.
" Okay Blaine, forse ne hai il diritto. Ti sei fidato ciecamente di me senza sapere nulla sul mio passato e ti chiedo scusa per questo. Se vuoi davvero ascoltare la mia versione delle cose credo tu ne abbia il diritto." Annuì infine notando la luce che si era accesa negli occhi del ragazzo. " Però credo tu debba anche sapere che non è una favola e che non c’è nessun lieto fine, ma quale delle nostre storia lo ha?"

Blaine sentì un macigno depositarsi all’altezza del suo stomaco aleggiando sulla sua gabbia toracica. Pensò all’idea che aveva di Kurt, il ragazzo dagli occhi di ghiaccio per la quale aveva una cotta colossale che lo aveva portato in giro per l’Istituto, che aveva sempre un sorriso pronto e che riusciva a fargli battere il cuore solo sfiorandogli il braccio. Era sicuro di voler abbandonare quella visione celestiale gettandosi a capofitto nella dura e fredda realtà? Era pronto ad accettare che il suo Kurt non era l’essere perfetto che nelle sue fantasie gli afferrava il viso tra le mani e lo baciava contro la scrivania?
" Puoi iniziare." Annunciò Blaine con un tono un po’ troppo autoritario per suonare naturale.

Kurt era un ragazzo estremamente fragile. Il suo viso di porcellana e i suoi occhi celesti gli donavano un aspetto da angelo che era in grado di trafiggerti il cuore con un solo timido sorriso. Aveva perso la madre durante l’infanzia, crescendo con il padre, proprietario di un’officina in un paesino di provincia. Nonostante Burt avesse sempre fatto il massimo per il giovane figlio, non riuscì mai a colmare il vuoto lasciato dalla mancanza di una figura femminile di riferimento nella vita di Kurt. Non che Kurt glielo facesse pesare, anzi, cercò sempre di mantenere un comportamento autonomo e di non mostrare le sue debolezze al padre già incredibilmente apprensivo nei confronti del figlio, almeno finchè non arrivarono Carol e Finn Hudson, due raggi di sole nella triste e solitaria esistenza degli Hummel. Carol non cercò mai di prendere il posto della madre morta di Kurt, ponendosi principalmente come un’amica. La solitudine di Kurt venne alleviata in parte dall’arrivo del suo nuovo fratellastro e della sua matrigna ma la svolta essenziale arrivò alla fine del suo primo anno al liceo.

" Non ero mai stato popolare al liceo, ero apertamente gay, il che non mi ha semplificato l’esistenza. Ero il fratellastro del Quaterback il che mi ha aiutato a non venir spezzato in miliardi di pezzettini dai giganti della squadra di Football, o almeno non ogni giorno. L’estate dopo il mio primo anno di liceo ero già abbastanza grato per aver superato nove mesi in quel riformatorio sotto mentite spoglie quando arrivò lui." Nel pronunciare quella parola Blaine notò che gli occhi di Kurt si tinsero di una sfumatura che non aveva mai incontrato. Non sarebbe stato in grado di darle un nome, era un colore unico, quasi irripetibile. "E’ entrato nella mia vita come un alitata di vento caldo e inaspettato, sconvolgendola da capo a piedi. Era luglio, lui lavorava come barista nel locale in città in cui andavo per cercare un po’ di tranquillità. Frequentava la mia scuola, era un anno più grande di me e i soldi gli servivano per iniziare a mettere da parte quelli per il college. Voleva diventare un professore di letteratura." Continuò mentre la sua mente volava indietro negli anni, tornando a quell’estate.

" Ronan era diverso dagli altri. Amava stare seduto con me ad un tavolino, quando la clientela scemava nella tarda mattinata; rideva alle mie battute, mi aiutava con i compiti e mentre lo faceva, io lo guardavo ridere, incantato dall’alone di perfezione che emanava. Stare con lui era come sentirsi costantemente protetto da una forza superiore, come se tutte le preoccupazioni scivolassero lontano. Quando mi guardava negli occhi scatenava un uragano nel mio stomaco e quando rideva sentivo il respiro affannarsi." - si fermo un istante per prendere fiato e poi riprese - "Mi ricordo quando mi baciò la prima volta, quell’estate. Stava leggendo un libro di Shakespear mentre io mi perdevo a contare le sfumature di verde nei suoi occhi, quando vidi quelle iridi sempre più vicine alle mie. Fu il mio primo bacio. Ricordo ancora le farfalle che si libravano nel mio stomaco e il sudore sui palmi delle mie mani, le sue dita scorrere tra i miei capelli, come se al mondo non esistesse nulla di più importante del mio cuore che batteva a tempo con il suo."

" Le cose tra di noi iniziarono a farsi serie, tra un bacio e l’altro arrivò settembre, e per la prima volta in vita mia ebbi l’onore di entrare a scuola mano nella mano con il mio ragazzo. Il mio meraviglioso ragazzo dai capelli ramati e che mi baciava quando mi sentivo giù o non riuscivo più a farne a meno.
Era la cosa più simile ad una favola che riuscissi ad immaginare. Andare in giro per i corridoi con la sua giacca sulle spalle e con il suo odore sulla pelle valeva più di tutte le giacche da giocatori di football o vestiti firmati. Ronan mi presentò i suoi genitori e io gli presentai Burt, Carol e Finn.
Arrivò anche il momento in cui sentimmo il bisogno di un rapporto più intimo e decidemmo di lasciarci andare, di dare il tempo al tempo, e così accadde. La notte di Natale, due anni fa, io e Ronan perdemmo la nostra verginità, insieme. Ci donammo completamente l’uno all’altro, nella mia camera."

Kurt rabbrividì quando venne travolto dall’odore dei ricordi. Riusciva quasi a sentire l’odore della pelle di Ronan a contatto con la sua, il loro odore. Ricordava i gemiti del ragazzo sulle sue labbra e quel ti amo, sussurrato sotto le umide e calde coperte mentre la neve incorniciava il loro ricordo. Si era tenuto stretto ogni singolo dettaglio del loro momento perfetto, come se cercasse di proteggerlo dalla polvere che il tempo portava con se. A volte cercava di richiamare la pressione delle mani di Ronan sul suo corpo, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare.
"Fu il momento più bello della mia vita, le sue labbra, le sue mani, la neve fuori dalla finestra…
Poi tutto finì di colpo."

Blaine boccheggiò, ancora intontito dalla potenza del suo racconto e dalle sfumature che gli occhi di Kurt avevano assunto durante i progressi della storia. Era impaurito dalla domanda che stava per sfuggirgli dalle labbra, temendo di veder crollare Kurt in mille pezzi di fronte a lui.
" Ti ha lasciato?" Chiese Blaine mentre sentiva un moto di rabbia montargli nel petto.
Kurt scosse la testa ridacchiando per l’ingenuità di quella domanda. Doveva riuscire a terminare il racconto, a togliersi quel macigno dalla coscienza ad aprirsi completamente con un ragazzo che in una settimana era riuscito a riaprire un varco nella coltre di nubi che lo circondava.

" Un giorno, in pieno inverno tornai a casa e mi precipitai in camera per chiamarlo, come al solito dopo le mie lezioni di canto. Lasciai che il telefono squillasse per quello che mi sembrò un lasso di tempo infinito. Poi mi rispose qualcuno. Non era Ronan, non era sua madre e nemmeno suo padre. Era un agente della polizia."
Kurt abbassò lo sguardo sui suoi polsi appena prima di sentire Blaine trattenere il fiato come in bilico su un precipizio.
" Un pirata della strada, una curva ghiacciata dal freddo pungente. Ronan non arrivò nemmeno in ospedale, l’ambulanza tentò di rianimarlo in tutti i modi ma ormai non c’erano più speranze. Era il 29 Dicembre, tenemmo una veglia funebre la notte di capodanno. Ricordo il funerale, quando Finn mi dovette sorreggere accanto alla bara, un attimo prima che cadessi."

Kurt rabbrividì, sentendo ancora la stretta di Finn sulle sue spalle mentre sentiva le gambe cedere sotto al peso dei rimpianti. Ricordò il volto pallido e perfetto di Ronan, quasi scolpito nel marmo, la sua mano scorrere un’ultima volta sulla sua guancia. Ricordava tutto troppo bene.

"Kurt." Blaine non voleva sentire altro, non ne aveva bisogno. Voleva fermarsi lì, abbracciare Kurt e dirgli che era al sicuro che poteva contare su di lui, ma capì di aver perso Kurt tra i ricordi, dolorosi come i segni rossi che gli stava mostrando sull’avambraccio sinistro.

" Credo non ci sia bisogno di spiegarti come sono arrivato a tagliarmi, vero? Molti dei ragazzi dell’Istituto sono qui per il mio stesso motivo, ammetto di averti catalogato così all’inizio, in fondo è la soluzione più facile per combattere il dolore. Non biasimarmi Blaine, ti prego.
Ero stanco della vita ma allo stesso tempo terrorizzato dalla morte. Iniziò tutto dopo il funerale, con una lametta che trovai in cucina. Non provai nemmeno dolore, sembrava tutto ovattato, persino l’odore del sangue non mi infastidiva come avevo immaginato. Quando Finn se ne accorse diedi la colpa al gatto che girava nel nostro cortile ma non ci mise molto a capire come erano andate realmente le cose.
Arrivai in istituto in pieno inverno, passai settimane a piangermi addosso, devastato. In poche settimane avevo perso Ronan, la mia famiglia, la voglia di vivere e la mia dignità. Grazie a Neal, il medico della struttura riacquistai la fiducia nel futuro nel giro di sei mesi e quell’autunno ero già a casa. Sembravano tutti così contenti di vedermi. Papà, Carol, Finn, persino a scuola sembravano tutti più felici. Io invece ero il fantasma di ciò che un ragazzo dovrebbe essere. Ogni minuto che passavo in quella città era come immergermi a capofitto nel passato, la situazione era insostenibile, il dolore insopportabile."

Blaine aveva voglia di vomitare, di scappare, di piangere. Continuava a guardare Kurt mentre si scioglieva davanti ai suoi occhi. Riusciva a sentire il dolore del ragazzo sulla sua pelle, le sue lacrime traboccare dai suoi occhi. Voleva sentire un lieto fine che non sarebbe mai arrivato.

" Siamo tutti legati a doppio filo a questo posto. Siamo senza speranza, siamo come dei giocattoli difettosi, dei bambini spaventati dal mondo odierno. Tu credi che Sebastian sia qui per cercare una cura per l’aids? Lui è qui da poco meno di me, è come nel crepuscolo della sua vita da persona indipendente, come se prolungasse la sofferenza alleviandola alle persone a lui vicine. O Santana, che non può lasciare andare Brittany, che non riesce ad accettare l’idea di dover tornare alla realtà, o Quinn che non ha niente per cui continuare a combattere. Blaine tu non appartieni a questo posto, tu sei migliore di tutti noi. Sei solo la conseguenza di un errore, farà male ma tu ne uscirai a testa alta, con qualche cicatrice forse." Continuò sfiorandosi con l’indice le cicatrici rosso sangue ancora fresche. "Ma ne uscirai."

Blaine sentì qualcosa accendersi all’improvviso dentro di lui. Sembrava quasi un ossimoro, dato che non aveva mai barcollato in un buio più pesto di quello, eppure in qualche punto indefinito del suo cuore una flebile luce stava illuminando la situazione. Kurt credeva in lui. Non voleva deluderlo e non l’avrebbe fatto. Sarebbe riuscito a portarlo fuori di lì insieme a lui. Le lacrime accompagnavano queste sue mute considerazioni, lacrime che non gli permisero di vedere Kurt che si alzava dal suo letto e si infilava sotto alle sue coperte, il più lontano possibile da Blaine, in modo da poter combattere da solo la guerra civile che si era scatenata dentro di lui.

                                                                                                                                *

Santana si passò nervosamente la mano tra i capelli corvini. Era irrequieta e tesa come una corda di violino.
Aveva preferito non svegliare Brittany scendendo nonostante avesse paura a lasciarla da sola la mattina. E se avesse avuto uno dei suoi attacchi? E se avesse avuto un’altra crisi?

"Ehi Santana!"
Quinn sembrava una principessa con i capelli biondi perfettamente stirati che le sfioravano le spalle e il vestito buono che le ricadeva morbido sulle gambe snelle. Una principessa che stringeva una sigaretta tra le labbra.

"Fabray, cosa ci fai qua?" Chiese Santana corrugando le sopracciglia.
Già sarebbe stato difficile parlare con suo padre senza scoppiare in lacrime, non poteva permettersi di avere Quinn accanto che si intrufolava silenziosamente nella sua vita.
" Cerco di ricucire i rapporti con la mia famiglia." Rispose sinceramente la ragazza, riportandosi la sigaretta alle labbra.
"Siamo in due allora." Concluse Santana appoggiandosi al muro opposto, fissando nervosamente il portone.

Lei e Quinn avevano sempre avuto un rapporto ambiguo, era la cosa più simile ad un’amica che riuscisse ad immaginare oltre a Sebastian, eppure entrambe sembravano indossare una maschera che pesava su quella loro strana amicizia. Entrare così di getto nella vita della bionda le sembrava quasi scortese. Non amavano parlare delle loro vite oltre all’istituto, era troppo doloroso per tutti. Preferivano cancellare momentaneamente tutto ciò che si lasciavano alle spalle, come se fosse possibile dimenticare.

" Vuoi fare un tiro?" Chiese Quinn porgendole la sigaretta. La mora scosse la testa, sistemandosi la gonna sui fianchi.
" Non voglio fornire ulteriori motivazioni a mio padre per criticarmi." Rispose alzando le spalle.
Quinn fece un ultimo prolungato tiro al mozzicone, prima di lanciarlo fuori dalla finestra con un gesto secco.
" A quanto pare i nostri genitori sono più simili di quanto pensassimo." Rispose Quinn annusandosi i capelli.
Non voleva che suo padre le facesse notare che puzzava di fumo, non voleva che suo padre le facesse notare niente. Voleva che la guardasse come un tempo, come la principessina bionda che era sempre stata. Non come la pecora nera della famiglia, la ragazza madre, la delusione più grande della sua vita.

" Lopez, ti stanno aspettando." Annunciò l’infermiera, aprendo leggermente la porta della sala.
Santana sentì il respiro diventare affannoso ed ebbe paura che le sue ginocchia cedessero sotto tutta quella tensione. Riusciva a intravedere gli occhi di Neal che la incoraggiavano ad entrare mentre stringeva la mano a sua madre. Voleva scappare, tornare in camera e forse vomitare. Stava chiaramente entrando in panico.
Incrociò lo sguardo di Quinn e capì che la ragazza aveva la sua stessa stretta alla bocca dello stomaco, forse la principessina bionda non era poi così diversa da lei.
" Buona fortuna." Le mormorò Quinn abbracciandola all’improvviso, come farebbe una vecchia amica.
Santana affondò la testa nei suoi capelli, annusando un po’ di quel fumo che aveva rifiutato poco prima.
"Anche a te." Mormorò prima di entrare nella stanza con passo tremolante.

Santana notò subito sua madre. La signora Lopez non passava inosservata con quei capelli ramati e la camicetta aderente. Santana notò inoltre che i suoi occhi erano addolciti da una sfumatura rossastra, evidentemente dovuta al pianto. Le era mancata così tanto sua madre; era stata la sua unica luce nel buio che aveva anticipato l’Istituto.
La ragazza le sorrise timidamente, combattendo l’istinto di correre ad abbracciarla. Santana intravide con la coda dell’occhio Neal che le annuiva per incoraggiarla a sedersi accanto a lui.

Santana prese posto accanto al medico, stando ben attenta a non alzare lo sguardo e incontrare gli occhi color pece dell’uomo seduto di fronte a lei. La sua strategia sembrava funzionare finche l’uomo non ruppe il silenzio nella stanza.

" Ti trovo bene." Scandì lentamente l’uomo. Ogni sillaba da lui pronunciata era come una coltellata in pieno petto, una pietra lanciatale addosso con forza.
Sentì Neal posarle una mano sul braccio, incoraggiandola a parlare.
" Santana continua a seguire una terapia basata sull’ aumento dei carboidrati e del ferro. Siamo convinti di essere quasi arrivati ad una completa guarigione, oltre che ad un chiaro rafforzamento delle sue ossa." Iniziò il dottor Paker, cercando di fornirle delle basi per intavolare un discorso. " Santana ci teneva così tanto a mostrarvi i suoi progressi."

Cazzate

. Montagne di cazzate. Lei non voleva che lui la vedesse così. Debole, fuori allenamento e impreparata. Lei non voleva che lui vedesse cosa le aveva fatto, lei non voleva che lui la vedesse è basta.
" Sei così bella." Disse all’improvviso sua madre, allungando una mano sul tavolo, cercando di intrecciare le loro dita.
Santana cercò di rimanere impassibile, di fingere che quel contatto non la disturbasse, che nulla fosse passato dal periodo in cui indossava il body della Nazionale Americana. Pensò che d’altronde sua madre l’aveva sempre sostenuta e che non era colpa sua se i suoi impegni lavorativi le avevano impedito di seguire il lento declino del corpo, e soprattutto della felicità della figlia.

" Mi sei mancata mamma." Mormorò infine la ragazza, alzando lo sguardo per incatenarlo a quello della madre. Le era mancato il calore di quegli occhi.
" Ha risolto i suoi problemi mentali?" Chiese freddamente il padre, rivolto a Neal.
Il medico si schiarì la voce, visibilmente irritato da quel linguaggio.
" Santana non soffriva di problemi mentali. Aveva un disturbo dell’alimentazione, causato da stress e da depressione, oserei dire. Disturbo che ha portato all’indebolimento della struttura ossea."
L’uomo sbuffò, annoiato da tutti quei termini tecnici. Non era un dottore, era un allenatore e come tale gli interessava essenzialmente una cosa.
" Quando potrà tornare ad allenarsi?"

Santana s’irrigidì di colpo. Sentì lo stomaco contorcersi come pressato da due mani strette attorno ai suoi fianchi. Sentì Neal parlare accanto a lei, pronunciare parole che nella sua testa non avevano alcun significato logico. Non sentiva niente. Era vuota, un vuoto incolmabile, un vuoto che sembrava il segno di una rabbia repressa a lungo, pronta a esplodere.
" Due anni." Scandì la ragazza. Facendo calare un silenzio irreale nella stanza. Sentiva lo sguardo di tutti i presenti puntato su di lei, ma i suoi occhi ardevano in direzione di quelli del padre. " Non mi rivolgi la parola da due anni e credi di essere in grado di venire qui e prendere in mano la mia vita come se nulla fosse, come se tu non l’avessi rovinata. Tu non hai idea di come mi sia sentita, tu non hai idea di come mi senta adesso. Mi fai schifo. Ho passato due anni a dare la colpa a me stessa per ciò che mi è accaduto, ma ora capisco. E’ solo colpa tua. E’ stata tutta colpa tua, tua e della tua insana voglia di aggiungere un nuovo trofeo alla tua collezione, ma sai una cosa? Sono cambiata, non sei più in grado di manipolare me o il mio corpo. Non voglio vederti, mai più. Voglio che tu esca da quella porta con la consapevolezza di aver distrutto la vita a tua figlia, anzi, voglio che tu esca di lì sapendo che tua figlia ti odia e che non c’è nessun auto, nessun cellulare abbastanza costoso da poter cambiare ciò che provo." Urlò Santana alzandosi dalla sedia di scatto. " Io ti odio
."

Quella sua ultima frase rimase sospesa nell’aria, mentre la ragazza usciva dalla stanza senza che Neal facesse nulla per trattenerla o convincerla a ripensarci.
Aveva appena chiuso una porta che non si sarebbe mai più riaperta, ne era certa.


N.d.A.
5000 parole. Non ho mai scritto un capitolo così lungo, quindi mi scuso con i poveri martiri che l'hanno letto tutto. ç___ç
Ho pensato fosse il caso di mettere l'avvertimento a inizio capitolo per avvisarvi sulla parte di Kurt çç  Allora abbiamo svelato anche la sua storia, eh? Spero ne sia valsa la pena. La storia di Ronan è nata mentre ascoltavo l'omonima canzone della Swift ( come il titolo del capitolo. Canzoni molto allegre LOL). Giuls è coccolosa e vuole bene a tutti çwwç Ha fatto tanto schifo la storia della sua prima volta? Mi sento blasfema a non scriverla con Blaine lol
Siamo anche arrivati al dunque con la sebosh. Sì, ho adorato scrivere di loro due nel letto lo ammetto *ww* Sono davvero cucciolosi çwwç e sono contenta che vi piacciano. La mia adorata beta l'ha definito Smut ma non credo sia il termine più adatto.. diciamo slash spinto?
Santana. Awwn sì, la mia bambina. Volevo farla urlare un po',far uscire anche la sua voce e credo che una strigliata al padre sia più che giustificata.
La Giuls si sta facendo più pippe mentali su questo capitolo che Katniss nell'intera saga di Hunger Games. Sul serio,ho paura di aver rovinato la storia di Kurt mandandola sul banale e ci terrei ad avere un parere ç_ç
Detto questo grazie a tutti coloro che leggono e recensiscono,siete meravigliosi asdfghjkl 200 visite in 3 ore? ma cosa sta succedendo? *_____*
Grazie mille ancora e a martedì c:
Giuls

 
  
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